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Autore: Pwhore    04/03/2012    1 recensioni
Chiuse gli occhi e respirò a fondo, riaprendoli pochi secondi dopo. Aveva sperato così tanto che quello fosse solo un brutto sogno, ma aveva dovuto ricredersi ogni volta che si era guardato attorno. Una grigia stanza d'ospedale impregnata dal puzzo di malati, una macchina che emetteva continuamente un bip bip preoccupante, mobili pieni di medicine e per ultimo, il particolare più doloroso: Jack.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Certo che proprio a te doveva succedere, eh Jack? -
Il ragazzo sospirò, sistemandosi alla bell'e meglio sulla sedia spartana che aveva trovato nel corridoio di fuori.
- Insomma, voglio dire, c'ero anch'io là, sarebbe dovuto succedere a me -.
Accennò una smorfia che sarebbe dovuta essere un sorriso tranquillizzante e scosse la testa. Chiuse gli occhi e respirò a fondo, riaprendoli pochi secondi dopo. Aveva sperato così tanto che quello fosse solo un brutto sogno, ma aveva dovuto ricredersi ogni volta che si era guardato attorno. Una grigia stanza d'ospedale impregnata dal puzzo di malati, una macchina che emetteva continuamente un bip bip preoccupante, mobili pieni di medicine e per ultimo, il particolare più doloroso: Jack.
Si morse il labbro e giocò un po' con le mani, tenendo lo sguardo basso. Guardare il suo migliore amico era ancora così dannatamente difficile, anche dopo tutto quel tempo. Ogni volta pensava di potercela fare, di poter battere le lacrime, ma la verità è che non avrebbe mai superato il trauma, come temevano i suoi compagni e il suo manager. Era andato a far visita a Jack più o meno tutti i giorni da quando aveva avuto l'incidente ed era finito in coma, ma ancora faceva fatica a credere che l'amico non fosse più accanto a lui.

''Andiamo Alex, non fare lo scemo. Abbiamo qualcosa d'importante da fare oggi, non puoi semplicemente prendere e andartene perché è l'ora delle visite giù all'ospedale. Voglio dire, non è mica detto che si risvegli proprio questo pomeriggio! Cerca di capire, è importante per le vostre carriere, per il vostro futuro, non per me. Non mandare tutto all'aria anche stavolta, porca puttana!''

La voce del suo manager gli rimbombava ancora in testa. In poche parole gli aveva chiesto di abbandonare il suo migliore amico per pensare ai soldi, e Alex non riusciva a capire come si potesse essere così cinici. Si alzò dalla sedia senza fare rumore e si avvicinò al letto, il cuore che batteva veloce come la prima volta che l'aveva visto. Sembrava così angelico e dolce rispetto al solito Jack, sempre pronto a fare qualche stupida battuta sulla madre del prossimo e a fare qualcosa di pericoloso. Scosse lievemente la testa. Per una volta non era stato lui il coglione della situazione. Strinse le labbra e inspirò amareggiato, sbuffando.
- Sai Jack, se avessi fatto il deficiente come al solito, forse ora saresti qui al mio fianco. Buffo, no? Fai come ti pare e stai bene, poi quando decidi di dar retta ai tuoi amici finisci male - storse le labbra e spostò i capelli dalla fronte del ragazzo.
- Non posso fare a meno di pensare che sia tutta colpa mia - ammise, accarezzandogli la guancia.
- Se ci fossi io al tuo posto sarebbe decisamente meglio - sospirò. Tacque qualche istante e il rumore del respiratore riempì la stanza, facendo sentire Alex molto più sofferente e solo. - Mi manchi, Jack. -
Pronunciò l'ultima frase con estrema lentezza e sofficità, respirando a fondo e stringendo la mano dell'amico.
- Mi manchi come non mi è mai mancato nessuno prima d'ora. Sai, sono venuto qui praticamente tutti i giorni da quando sei stato ricoverato e non me ne sono ancora pentito. Vederti stare male è una coltellata al cuore, ma non vederti è ancora peggio.. Manchi a tutti, Jack. Vorremmo tanto rivedere un tuo sorriso o arrabbiarci un'ultima volta con te. Così è troppo.. troppo sbagliato. Dobbiamo portare fino in fondo il nostro sogno, ricordi? Tutto quello per cui abbiamo lottato fin'ora è finalmente a portata di mano e non dobbiamo lasciarlo scappare, lo so, ma senza di te è così difficile.. Tutto quello che faccio sembra essere sbagliato e tutte le mie certezze sono crollate come castelli di carta sotto la spinta del vento. Tu sei una delle poche persone che so che non mi tradiranno mai, eppure sei così lontano ed io ho montagne di cose da dirti. Davvero, potrei parlarti per ore e ore, molto più di quanto non faccia ultimamente. Mi manca terribilmente la tua voce e il fatto che tu non sia realmente qui con me, ora. Vorrei poterti stringere, baciare e dirti, 'brutto coglione, mi hai fatto preoccupare', per poi scoppiare a piangere contro il tuo petto e sentire la tua mano correre lungo la mia schiena. Vorrei poter tornare alla vita che facevamo prima, ai tour, a tutte quelle cazzate che ci facevano sentire così vivi. Vorrei che tu potessi annuire e dire 'Sì, Alex, hai proprio ragione', o farmi capire che in qualche modo mi stai ascoltando, perché non so più in cosa credere.. -. Tacque qualche secondo, come a recuperare il fiato, e si strinse le sopracciglia con due dita, ricacciando indietro le lacrime.
- Diamine, Jack, perché fa tutto così schifo? - mormorò con voce rotta. - Perché deve sempre esserci qualcosa che va male? Merda. Avrei tanto bisogno di uno dei tuoi scherzi, ora - aggiunse, accennando un sorriso e scuotendo la testa.
- Sono sempre i migliori che se ne vanno, Alexander - commentò l'infermiera. Alex sussultò, voltandosi di scatto. Non l'aveva sentita arrivare.
- Andiamo, Gaskarth, l'orario delle visite è finito - lo avvertì la donna, indicandogli gentilmente la porta con il capo. Aveva una voce dolce e calda e cercava sempre di fare la cosa giusta, ma con il ragazzo non sapeva che pesci pigliare. Perdere il proprio migliore amico non è una cosa facile, specialmente se l'amico in questione è qualcuno di importante come Jack Barakat era per Alex. Non aveva idea di come aiutare il chitarrista a emergere da quella spirale autodistruttiva nella quale si era rintanato, ma più volte gli aveva permesso d'intrufolarsi nella stanza quand'era buio, in modo da passare più tempo con l'altro, e quei piccoli gesti le avevano dato l'impressione che il castano non sarebbe mai stato in grado di staccargli la spina. Erano mesi che non lo vedeva andare in vacanza o fare qualcosa che non riguardasse la band e Barakat; più volte lo aveva sentito discutere col manager a causa delle sue visite continue e ancor più spesso lo aveva visto piangere. Bastava guardarlo in faccia per capire che stava crollando, ma non sarebbe certo stata lei a fare la differenza nella sua vita, quindi si era tenuta abbastanza alla larga da lui e lo aveva sostenuto da lontano. Alex se n'era accorto, ma sapeva che per quella donna non significava molto e che si muoveva per pietà, così aveva deciso di evitare ogni contatto con lei, per quanto fosse possibile.
Alzò lentamente gli occhi dal suo migliore amico e la squadrò, la vista offuscata dalle lacrime che aveva soppresso fino a quel momento.
- Solo altri cinque minuti - la pregò. - Cinque minuti e me ne vado -
La donna sospirò, impietosita, e mosse la mano come per approvare. Uscì silenziosamente dalla stanza e si mise ad aspettare in corridoio, lanciandogli qualche occhiata attraverso la porta a vetri. Alex storse la bocca.
- Hai visto, Jack? Sono già passate due ore - commentò. - Il tempo vola, qui con te - mormorò, abbassando lo sguardo. Aspettò qualche secondo, poi si alzò e si riavvicinò al letto, guardando attentamente il viso dell'amico.
- Ti stai sciupando, sai? - scherzò con aria affranta, giocherellando con i suoi capelli lunghi.
- Quando ti sveglierai ti porterò da un parrucchiere e sistemeremo i tuoi amati spinaci, va bene? - Sorrise da solo, tranquillizzandosi.
- Con il mio discorso di prima non volevo farti preoccupare Jack. Ovunque tu sia, pensa solo a te stesso e a guarire, okay? Io me la caverò, in qualche modo; ma ti prego, ti prego, torna in te e apri gli occhi - tacque nuovamente, rimuginando sul da farsi. Diede un buffetto sulla guancia al chitarrista e sorrise impercettibilmente, mentre le sue labbra scandivano un ''Buonanotte, Jack''.
   
 
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