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Autore: Pwhore    04/03/2012    1 recensioni
Chiuse gli occhi e respirò a fondo, riaprendoli pochi secondi dopo. Aveva sperato così tanto che quello fosse solo un brutto sogno, ma aveva dovuto ricredersi ogni volta che si era guardato attorno. Una grigia stanza d'ospedale impregnata dal puzzo di malati, una macchina che emetteva continuamente un bip bip preoccupante, mobili pieni di medicine e per ultimo, il particolare più doloroso: Jack.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Alex rientrò a casa con un gusto amaro in bocca. Ogni volta che andava dal compagno si sentiva uno schifo, ma non poteva farne a meno. Aveva bisogno di vedere il viso di Jack e sentire il battito del suo cuore lottare dentro il suo petto; aveva bisogno di vedere il suo corpo alzarsi dopo ogni respiro per poi riabbassarsi, lentamente. Aveva bisogno di sapere che l'altro non si stava lasciando andare al mondo parallelo nel quale viveva ma che stava cercando di tornare a casa da lui.
Lanciò la giacca sul divano senza farci molto caso e si diresse verso il bagno. Si aggrappò con entrambe le mani al lavandino e si guardò allo specchio. Non aveva fatto la barba neanche quel giorno, constatò, così si passò un dito sulle guance. Avvertì un pizzicorio sulla pelle e ritrasse la mano, infastidito. Negli ultimi mesi si era lasciato un po' andare e si era dedicato più a Jack che a se stesso, ma non se ne rendeva veramente conto. Gli sembrava normale, l'unica cosa da fare, e quindi continuava a farlo. Quando incontrava quelli della band era il più taciturno, sempre perso nei suoi pensieri, e non riusciva a lavorare bene. Il manager si stava incazzando di brutto con lui, in quell'ultimo periodo, ma a Alex non poteva importar di meno e faceva di tutto per sottolineare che l'unica cosa che aveva davvero importanza per lui in quel momento era Jack. Non che l'uomo si sforzasse di capirlo, comunque, per lui erano solo soldi.
Alex fece una smorfia e sputò nel lavabo, turbato. Aprì l'acqua e se ne schizzò un po' in faccia, cercando di calmare quel turbine di emozioni che aveva dentro. Rimase immobile qualche secondo, a guardare le goccioline schiantarsi contro la mensola degli spazzolini, poi si spinse all'indietro, agguantando un asciugamano. Se lo passò sul volto e si scompigliò i capelli, sospirando. Posò il pezzo di stoffa sul bordo della vasca e uscì dalla sala da bagno, andandosi a sdraiare sul letto. Chiuse gli occhi e si addormentò in pochi istanti, precipitando in sogni cupi e senza amore.
Il telefono lo svegliò qualche ora dopo, verso l'alba. Alex imprecò e saltò giù dal letto, correndo alla ricerca del cellulare. Lo trovò all'entrata, sotto il divano, se lo portò all'orecchio e premette il pulsante verde.
- Pronto? - biascicò, la voce impastata dal sonno e gli occhi che gli si chiudevano.
- Alex, Alex sono io! - esclamò eccitato Rian.
- Ehy Ry. Quante cazzo di volte devo dirtelo, di lasciarmi in pace la mattina presto e di non chiamarmi quando sei ubriaco? - mugolò. - E parla piano, mi stai uccidendo un orecchio. - aggiunse, camminando controvoglia in giro per la cucina.
- Scusa, c'è Zack che urla e sta facendo un casino della madonna - fece l'altro. - Comunque hai sentito la notizia? -
Alex scosse la testa, troppo assonnato per anche solo pensare a qualcosa che potrebbe essere una sorpresa per lui.
- Il dottore ha detto che possiamo andare a trovare Jack tutti insieme! - gli urlò l'amico.
- Che cosa, cioè, davvero? - boccheggiò Gaskarth. Da quando una volta erano arrivati ubriachi e si erano intascati qualche medicina, non era stato più permesso a Zack e Rian di entrare in camera del loro chitarrista. Il direttore dell'ospedale se l'era presa molto anche se i due avevano restituito tutto, quindi solo il cantante poteva andare a trovarlo. Ogni tanto gli portava dei regalini dei suoi due amici, come dei fiori o delle candele profumate, visto che sarebbe riuscito a sentire il loro odore e a esserne lieto. A Jack il silenzio e le parole del singolo Alex non sembravano dispiacere, però.
- Come avete fatto a fargli cambiare idea? - domandò, in preda all'adrenalina.
- Noi niente, Gas, dev'essere stata la tua aria da barbone col cuore infranto a farlo riflettere - rise Zack.
- Zack, bada a come parli - lo rimproverò scherzosamente.
- Va bene, mamma. Allora, a che ora ci vediamo? -
Alex scosse la testa. Quel coglione aveva fin troppa energia, nonostante fossero solo le sei del mattino.
- Sai, esistono delle cose chiamate orari di visita - lo sfotté.
- Ah già. Vabbè dai, per noi faranno un'eccezione! - gongolò Rian, riprendendo possesso del telefono.
- Preparati, tra venti minuti passiamo a prenderti - lo informò, chiudendo lì la chiamata. Il cantante rimase immobile qualche secondo a rigirarsi cellulare tra le mani, incredulo. Era da tanto che non facevano visita a Jack tutti e tre insieme. Era da tanto che non erano più davvero al completo. Lanciò il telefono sul letto e ci si sdraiò sopra, sorridendo.
- Things are looking up, oh finally - si ritrovò a canticchiare. Diavolo, se ci stava, in quel momento. Saltò in piedi e si fiondò sotto la doccia, portandosi dietro i vestiti che aveva preparato qualche sera prima e di cui si era completamente scordato.
Nel giro di un quarto d'ora era fresco e ripulito come non lo era da tempo. Si era fatto la barba e aveva accordato la chitarra, prima d'infilarla in una custodia e ficcarsela sulle spalle. Questa notizia gli aveva dato la scarica di adrenalina che gli serviva per scuotersi di dosso un po' di mestizia, e ringraziò mentalmente il direttore dell'ospedale mentre apriva la porta di casa. Si appoggiò con entrambe le mani al corrimano e lanciò un'occhiata verso il piano terra, da dove sentiva arrivare un vociare allegro e eccitato. Chiuse la porta a chiave e corse lungo la tromba delle scale, raggiungendo i suoi amici a metà strada.
- Ehy man, come va? - lo salutò Zack con una pacca sulla spalla.
- Alla grande! - esclamò Alex, il volto illuminato da un enorme sorriso. - Andiamo? -
Rian annuì con decisione e spinse il cantante in avanti, gentilmente.
- Abbiamo lasciato la macchina fuori dal portone, muoviti o ce la sequestrano - lo ammonì, superandolo. Zack rise e diede un buffetto sulla guancia a Gaskhart, sfoggiando un sorriso a trentadue denti e un'aria rilassata e felice.
- Andiamo, Gaskarth, we're living the dream again - mormorò, sfrecciando poi giù per le scale. Il cantante si lasciò sfuggire un sospiro contento, si passò una mano sul volto e respirò a fondo, poi raggiunse gli altri ed entrò in macchina.

   
 
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