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Autore: Darling Eleonora    04/03/2012    1 recensioni
Rosanne ha vissuto un'infanzia troppo dura, dove i sogni di una bambina non hanno vita lunga. Per colpa degli altri che la vedano come una bambina perfetta, invece spingerla a migliorarsi, la soffocano con le loro aspettative rendendola una piccola adulta e la spingono a odiare se stessa.
Dal Prologo:
« Era per lo sguardo che gli adulti e anche i suoi stessi coetanei le riservavano che, mano a mano, era diventata il suo stesso opposto, una sorta di alter ego. Per esempio: le cose che da bambina la rendevano felice come il sole, le bambole, il succo di mela e gli aquiloni, con il crescere le avrebbe odiate. Qundi, stufa di tutte le apettative dei grandi nei suoi confronti, dentro era maturata; o meglio, era scaduta la sua infanzia. Proprio come un catone di succo di mela andato a male senza aver avuto il tempo di berne un poco.»
 Solo pochissime persone tra tutte quelle che conosce la apprezzano per quello che è, e una in particolare riuscirà a darle l'infanzia che le è mancata da piccola, riportandola ad amare se stessa e ha coltivare quelle speranze e quei sogni di cui era stata privata.    
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parole alle spalle


In genere Rosanne odiava le serate mondane che sua zia obbligava i suoi genitori a organizzare, anche se doveva prenderne sempre parte e alle volte doveva esibirsi in una prova di canto o quant’altro. Ma quella sera era diversa, non vedeva l’ora di accogliere sua nonna in una delle sue rare visite.
-Cara, stasera sei così graziosa con quell'abito azzurro...                                                                                                   
La distraesse una delle tante signore altolocate tra gli invitati, questa volta si trattava della migliore amica di sua madre.
-Signora Sonde, la nostra Rose è sempre graziosa!
-Non lo metto certo in dubbio, Emilise. Per giunta so da sua madre che ottiene eccelsi risultati a scuola, ne abbiamo parlato in una delle nostre belle passeggiate in riva al fiume, circa una settimana fa. Ma correggimi se sbaglio, mia cara Rosanne.
Si rivolse quasi con malizia alla bambina che non ebbe il tempo di formulare una risposta adeguata.
-Ma questo è niente, Signora Sonde. L 'ha mai sentita suonare il flauto? Sembra di sentir cantare l'usignolo.
-Certo che l’ho sentita, è colma di grazia ed eleganza: non sprecare tempo e trovati un buon partito da sposare, per te non dovrebbe essere affatto difficile.
-Oh, Signora Sonde, avete partorito un pensiero così complimentoso per la nostra Rose… Avanti, tesoro, ringrazia. 
-Grazie Signora Sonde.
Ogni bambino sarebbe felice di ricevere simili complimenti, ma non Rosanne. Fin da bambina le erano stati rivolti simili complimenti ma il suo intuito le diceva sempre che erano tutte smancerie forzate: la verità era che la maggior parte dei nobili, dentro quel salone sontuoso, desideravano la decaduta della sua famiglia. Suo nonno era il sindaco di Gwynt, lei apparteneva alla famiglia più potente e antica, le altre che appartenevano ad un ceto sociale simile al suo cercavano di aggraziarsi la loro amicizia, persino adulando una bambina che non aveva ancora compiuto gli otto anni di età e che di faccende burocratiche non ne capiva nulla. Lei  viveva ancora nella sua ceca infanzia, aveva solo gli avvertimenti che le lasciava sua nonna:
-Al di là di un sorriso possono celarsi mille inquietudini Rosanne; non essere giudiziosa e cerca di non soffermarti mai sulle apparenze. Guarda il vento di Mittlestoock - le disse un giorno riferendosi al piccolo paese di compagna dove lei abitava -In primavera trasporta polline e carezze ma appena ne ha l’occasione, durante l’inverno, fa appassire le piante e porta fame e gelo. 
Sua nonna aveva sempre parole giuste da pronunciare, era la persona a cui teneva di più. Tutto il contrario di suo nonno e del resto della sua famiglia: anche suo padre, un giorno, avrebbe dovuto intraprendere la strada per il titolo di sindaco, quindi non aveva tempo per la famiglia e quanto a sua zia Emilise, l’avrebbe capito da più grande a sue spese, era solo un’opportunista. Nessuno era mai riuscito a capire cosa passasse per la testa di suo marito Tomas, quando qualche anno prima se l’era sposata. Sua madre invece, era una donna mite e controllata; vista da tutti come la padrona di casa Vancour dalla indubbia bellezza straniera, ma null’altro. Per questo ammirava la decisione presa anni fa dalla madre di suo padre: quella di rimanere a vivere in campagna anche se lontana dal marito,  sposato tanto anni fa da un matrimonio combinato.
 Da lontano, in mezzo al frastuono delle chiacchiere altolocate e dalle note del quartetto d’archi chiamato per rallegrare la serata, sentì i profondi battenti al portone annunciare l’arrivo di qualcuno. Sua madre le venne incontro  facendo oscillare l’abito lungo color lavanda e con un sorriso sulle labbra rosse le prese la mano dicendole:
-Rose, è arrivata tua nonna, vieni ad accoglierla con me?
 Lei annuì entusiasta e poco dopo vide l’anziana signora farsi largo mentre riceveva i saluti di tutti.
-Ma dove è la mia cara nipote? Rosanne, piccola!
-Nonna!
La andò ad abbracciare e a sfiorare con le guance paffute la pelliccia di visone, come adorava sempre fare. Qualche minuto dopo sedeva alla sua destra, in uno dei divanetti della grande sala stracolma di gente che beveva champagne.
-Tutte queste feste, a dir la verità, a me non piacciono proprio. Chissà cosa passa per la mente di tua zia Emilise,  fortuna che c’è Tomas a frenarla un poco, che dio lo benedica. Ma dimmi, piccola mia, tu come stai? Ogni volta che ti vedo diventi sempre più alta!
Le disse avvicinando il viso al suo e mostrando tutti i solchi della pelle sotto gli occhiali dalla montatura d’orata.
-Non lo so, credo di stare bene. Ma anche a me non piacciono queste feste.
Sua nonna sorrise ammirando l’espressione crucciata della bambina.
-Rosanne, mi ricordi tanto tuo padre. Quando era piccolo come te era scombussolato dagli eventi, impotente come una foglia trascinata nel vento: presto anche tu sarai così. Ma non preoccuparti, tutti dicono che è l’età più bella.
-E tu quale dici nonna?
Le chiese stupita domandandosi come era possibile che lei fosse a conoscenza del suo futuro.
-Sono ancora giovane come posso saperlo io!
Tutte e due risero di gusto quando, a un tratto, l’anziana signora spalancò gli occhi marroni esclamando:
-Ah! Quasi dimenticavo, piccola… ti ho portato un regalo!
-Dovvero?
Chiese Rosanne con gli occhi che le brillavano. Sua nonna voltò il busto dalla parte opposta e un attimo dopo, come per magia, scoprì tra le mani una scatola circolare in latta, decorata con  disegni di giocattoli e fiori. Porse la scatola alla bambina e quella l’aprì venne travolta dall’aroma di canditi dei biscotti tipici di Mittlestoock di cui andava matta.
-Così ogni volta che ne mangerai uno penserai alla nonna. So che non sei una bambina ingorda quindi, se ne mangerai almeno solo uno al giorno mi penserai spesso!
La bambina rise e andò ad abbracciare la nonna ringraziandola di cuore. Ma, quando l’orologio a pendolo del salone scoccò la mezza notte, sua madre dovette spedirla dritta a letto. Dopo un bacio sulla guancia di sua nonna e un saluto generale agli ospiti, si infilò la lunga camicia da notte. Come suo solito, non andò a dormire immediatamente, ma si rifugiò nella biblioteca adiacente al salone per continuare ad ascoltare i violini. Purtroppo dovette invece rinunciare alla lettura visto che, se avesse acceso la luce, sua madre l’avrebbe scoperta e sgridata.
Dopo pochi minuti però accadde quello che temeva: si accesero le luci e un brusio di voci entrò nella stanza, costringendola a nascondersi sotto la tovaglia ricamata di un tavolino tondo. Non riuscì a identificare subito chi fosse entrato ma dalla visuale che aveva, notava delle calzature da donna e degli abiti lunghi.
Una voce di donna che non riuscì a identificare, allora, emise un risolino:
-Signora S, per quanto avete intenzione di rimanere ancorata alla Signora Vancour?
Chiese la donna riferendosi alla madre di Rosanne.
-Non scocciare Beatris, lo sai, mi devo tenere ben stretta quella donna.
Riconobbe la voce della Signora Sogue. Rosanne pensò di aver udito male: la Signora Sonde che conoscevano era molto legata alla loro famiglia e persino a lei, che aveva ricevuto dalla donna  numerosi regali.
-La dovreste lasciar perdere!
Sussurrò imperterrita una terza donna, probabilmente quella che indossava il vestito rosso, dato che lo vide oscillare alle sue parole.
-Anche tu ti intrometti? Lo so benissimo: è insulsa, pensa solo alla famiglia e alle sue noiose passeggiate, una sempliciotta insomma. Ma devo esserle fedele per mantenere lo status mio e di mio marito. È  grazie a lei che in tutti questi anni la nostra vita è migliorata, non mi dispiacerebbe se mio figlio un giorno si sposasse con sua figlia.
Rosanne era scioccata.
-Chissà cosa c’avrà trovato suo marito quando l’ha portata a vivere a Gwynt. È un uomo così bello e affascinante, anni fa avrebbe potuto sposare te invece di quella donna mediocre!
Insisté la donna dal vestito scarlatto.
-Già, ma non preoccuparti… Mi sto lavorando anche lui.
Disse la Signora Sonde con una voce maliziosa, provocando le risa di ilarità delle compagne.
-Ora sarà meglio tornare o quella stupida della Vancour mi manderà a cercare, quanto è insistente...
-Ohohoho, Signora S, non so come fate a sopportarla!
Rise di gusto la donne che era entrata per prima.
-Ora tacete Signorina Ghilbern, e torniamo ai nostri festeggiamenti: non è saggio parlare scortesemente dei padroni di casa in casa loro.
Stavano per chiudersi la porta alle spalle quando, Rosanne, che era arretrata scandalizzata, per sbaglio  tirò un lembo della tovaglia spessa facendo così cadere a terra il vaso di ceramica  che vi era poggiato sopra.  
La Signora Sond si voltò di scatto allarmata. Andò in direzione del tavolo tondo in cui era nascosta la bambina, vi girò attorno e con la scarpetta analizzò sospettosa i cocci. Rosanne si coprì la bocca con entrambe le mani e ordinò al suo cuore di non fare tanto rumore. La mano della Signora Sond si protese verso il lembo pendente della tovaglia. Fece per scoprirlo quando accanto a Rosanne, sfrecciò Serafine, oltrepassando il sipario della stoffa ricamata. La donna vide emergere il gattino e lasciò andare il lembo sospirando irritata.
-Stupido gattaccio! Mi hai fatto prendere un colpo!
Disse e così facendo diede un calcio all’esile animale.
Poi, finalmente la porta di chiuse permettendo a Rosanna di riemergere dal suo nascondiglio.
Andò ad abbracciare il gattino miagolante e pianse. Serafine grata delle sue carezze sul pelo rossiccio le leccò le guance, asciugandole via le lacrime.  Voleva bene a quella gattina molto più che a tante persone presenti messe assieme.  
Dopo poco, sua zia la trovò e lo disse a sua madre e a suo padre, ma solo dopo che la festa ebbe fine, per salvare la reputazione di cui andava tanto fiera.
Venne rimproverata ma non disse nulla, si prese la colpa del vaso e mentì dicendo che era andata lì per leggere visto che non riusciva a dormire e così aveva fatto.
E quella fu la prima volta in cui Rosanne mentì ai suoi genitori.
 
  
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