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Autore: Margaret Moonstone    05/03/2012    2 recensioni
Morte disse: "Specchio specchio delle mie brame, chi è la più potente del reame?". Quello rispose: "Ahimè padrona, tu sei forte, ma qualcuno lo è più di te... Amore."
E fu così che Morte cercava, Amore scappava, Dio assisteva, e venne fuori un Pandemonio. E Pandemonio generò le creature che persino Morte teme, tutti temono...tutti tranne Amore.
Una storia fantastica di avventura,mistero,passioni,bugie e soprattutto...Amore.
Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                   CAPITOLO IV
 
Il silenzio nella stanza si era fatto opprimente, lo si poteva percepire come fumo denso che aleggiava nell’aria intorno a loro, emettendo come un fischio che perforava le orecchie e imponeva loro di tacere.
Beatrìce sapeva che se avesse rotto quel silenzio qualcosa dentro l’uomo che aveva di fronte avrebbe superato il punto di massima tensione e si sarebbe spezzato distruggendo l’equilibrio che si era creato. Sarebbe stato come gettare una pietra sulla superficie piatta di un laghetto, e vedere la pellicola trasparente dell’acqua frantumarsi in una miriade di spruzzi, come uno specchio rotto in mille pezzi.
Schegge di vetro che lacerano la pelle facendo colare minuscole gocce di sangue, avrebbero fatto solo male.
 
Era buio, nella casa del mercante, l’unica luce era quella debole delle lampade a olio della strada su cui dava la finestra spalancata accanto al tavolino a cui erano seduti, uno di fronte all’altro, in silenzio.
 
-“Lei può vedermi, non è vero?” la domanda improvvisa di Thomas la fece sussultare. Non lo aveva ancora detto a nessuno. Annuì.
-“E… sa perché?”
-“No-  rispose dopo alcuni secondi-  però… è accaduto subito dopo che mi sono risvegliata dal morso di…ecco io… non so cosa stia succedendo, lei non può capire…”
L’uomo la guardò negli occhi serio.
Era chiaro che lui poteva capire.
-“Ora mi ascolti bene. Sono tante le cose che ho da dirle e che la riguardano direttamente, ma la prego di farmi parlare e di non interrompermi, non è facile neanche per me.
 
Beatrìce intrecciò le mani in grembo e si concentrò su un punto a caso alle spalle dell’ uomo che si apprestava a dirle finalmente la verità.
 
Thomas iniziò a parlare. La sua voce grave infondeva tranquillità, le parole la cullavano in uno strano torpore di cui non riusciva a capacitarsi, come se stesse vivendo un sogno, pur essendo ben sveglia e padrona di sé stessa.
Le sue parole erano sorgente pura da cui lei attingeva finalmente la tanto agognata verità, la dissetavano, tirandola fuori dalla lenta agonia che aveva rischiato di risucchiarla per l’Eternità.
 
-“Venivo da una famiglia molto religiosa, gente capace di tenerti a digiuno per giorni se solo saltavi una messa. Ero considerato una specie di pecora nera: non ero un grande osservante, avevo un istinto ribelle e la lingua tagliente, ma non avrei mai fatto male a nessuno. Agli occhi dei miei genitori ero un buono a nulla, per questo, quando mi ritrovai sul luogo di un delitto, nemmeno loro vollero credere alla mia innocenza.
Allora era diverso: erano tempi loschi, regnava la corruzione, così a mio padre bastò elargire una cifra considerevole alla guardia che mi sorprese per far sì che la cosa passasse inosservata. Ma non me la sarei cavata così facilmente: i miei mi sottoposero a punizioni e sacrifici terribili, e quando decisero che avevo “espiato”, mi indussero a confessarmi al loro prete di fiducia.
Chiese e sacramenti non mi erano mai piaciuti, ma dovevo accettare: mio padre minacciava di togliermi i viveri, e io sapevo con certezza che il suo non era solo un modo per spaventarmi.
E così mi recai nella vecchia chiesa di Saint George, per incontrare il sacerdote che mi avrebbe liberato da un crimine che non avevo mai commesso. Ricordo il terrore nei suoi occhi quando mi vide, e poi nulla. So solo che tre giorni dopo venni ritrovato da un amico al vecchio cimitero, sdraiato a fianco a una lapide, privo di sensi. Ero confuso, mi sentivo malissimo e non ricordavo cosa mi fosse successo, ma il peggio doveva ancora venire. Edgar, il mio amico, sosteneva che fossi cambiato, e che la mia vicinanza in qualche modo lo turbasse. Non era il solo: tutti quanti mi evitavano, c’era chi sosteneva di non conoscermi nemmeno, e quando chiesi a Edgar della mia famiglia, lui rispose che da tre giorni non se ne avevano notizie.
Quando tornai a casa, uno spettacolo orribile mi si parò davanti: mio padre, mia madre, le mie tre sorelle…erano tutti morti. Avevano squarci alla gola e ferite su tutto il corpo: c’era sangue ovunque. Solo Eveline, la mia sorellina più piccola, sembrava scomparsa. Mentre osservavo quello scempio, con orrore mi resi conto di non provare nessun tipo di rabbia, sgomento…nessuna emozione. L’idea di tutto quella violenza quasi mi elettrizzava.
Spaventato, una paura di me stesso che esisteva ormai solo nella mia ragione, non nei sentimenti, corsi via e, guidato da un istinto tutto nuovo, mi ritirai nei boschi. Mi accorsi di essere cambiato: sentivo la malvagità scorrermi nelle vene, ma, con quel briciolo di umanità che ancora mi rimaneva, promisi che non avrei fatto nulla di crudele, a nessuno. Diventavo ogni giorno più debole, avevo bisogno di violenza per nutrirmi, ma non sarei mai ceduto. Non mi sarei mai arreso al demonio che si stava impossessando di me. Per impedirmi di compiere qualsiasi gesto malvagio, passavo la maggior parte del tempo a dormire, per terra, in mezzo alle foglie: non avevo nulla da temere, anche le bestie feroci non osavano avvicinarsi.
Una volta sognai una donna bellissima, con qualcosa di famigliare. Mi disse di essere simile a me, una giovane che in punto di morte era stata trasformata da qualcuno in angelo, e che poi era stata scacciata dal Paradiso perché la sua anima non era quella immacolata di un autentico essere divino. Mi spiegò che a me era successa la stessa cosa, con la differenza che io ero stato destinato all’Inferno. Funzionava così: qualcuno, in possesso di qualche arcano segreto, stava scegliendo, in base a cosa non ci è dato saperlo, uomini o donne da uccidere e indirizzare verso Inferno o Paradiso, Bene o Male. Così, quando queste anime giungevano nei potenti centri delle due entità, venivano subito riconosciute come intruse, magari a causa di gesti che richiamavano la loro umanità, ed erano bandite. Angeli e demoni tornavano così sulla terra, come creature ripudiate da Dio, non più umane né divine: vampiri. E ’così che nascono le stirpi di redivivi: il primo componente di ogni dinastia diventa tale perché perde la sua umanità ma non gli è concesso morire una seconda volta; la sua esistenza si protrae per l’eternità. Di solito questo avviene ad autentici angeli e demoni, che compiono errori fatali, questa volta, invece, c’era qualcuno che manovrava questo processo per creare nuove stirpi. Ciò era strano: come saprai tutti i vampiri presenti sulla terra erano stati sterminati durante la Guerra, eppure c’era qualcuno che, secoli dopo, tentava di riaffermare la loro presenza.
Quella notte compresi molte cose, e solo al termine del sogno riconobbi in quella donna colei del cui omicidio ero stato accusato. Volevo capire, volevo sapere chi compiva un gesto simile e perché. Decisi di tornare al cimitero dove tutto era partito, alla lapide dove ero stato ritrovato. Era molto antica, e le scritte illeggibili, ma consultando alcuni archivi riuscii a risalire al nome del proprietario: Ivan Rotten. Venni a conoscenza di molte dicerie sul suo conto: in tanti sostenevano di averlo rivisto più volte, dopo la sua morte, di solito nei pressi delle chiese; gli si attribuivano gli omicidi più cruenti, e si vociferava che potesse essere addirittura discendente di Lucifero. All’epoca erano tutti molto superstiziosi, non bisognava fidarsi più di tanto, ma che qualcosa di oscuro girasse attorno a quell’uomo era ormai certo. Iniziai una ricerca esasperata di quell’individuo, ma non ce n’era traccia.
Erano ormai passati anni, quando mi decisi a tornare nella chiesa di Saint George, dove era iniziato il mio incubo. Scoprii che era stata rasa al suolo, e al suo posto era sorta una residenza regale, abitata da una vecchia  che in passato era stata regina, e dalla sua cerchia di giovani dame. E lì riconobbi Isabel, la ragazza del sogno. Riuscii a introdurmi nel palazzo, e quando la raggiunsi lei non parve sorpresa: mi parlò di aver conosciuto a corte un’avvenente giovane, che, era certa, aveva subito il nostro stesso destino. Era diversa però, mi disse, infatti non era stata trasformata in vampiro, e pareva avere ancora molte caratteristiche umane. Forse lei poteva aiutarci…tu, Beatrice, potevi aiutarci. La tua vita era molto importante, così decidemmo di tenerti all’oscuro di tutto, per non esporti a pericoli. Nel frattempo ci rendemmo conto di come lo stare vicini l’uno all’altra placasse la nostra sete di sangue, e diminuisse anche la nostra intolleranza agli oggetti consacrati. Io non avevo mai ucciso nessuno, ma lei sì: ci vuole una certa forza per resistere a certe tentazioni, e lei non poteva possederla. Mi pregò di starle vicino, così non avrebbe più avuto bisogno della morte degli altri per vivere, se quello si poteva chiamare “vivere”…
Lei rimase a corte e, per non dover mai uscire alla luce del sole, finse di voler prendere i voti: come sai, il regolamento di madre Anastasia prevede che per i primi anni le giovani suore si dedichino esclusivamente alla preghiera, restando sempre chiuse a palazzo. Le costò terribili sforzi vivere tra cerimonie e oggetti consacrati, e probabilmente senza la mia vicinanza non ce l’avrebbe fatta, ma non aveva scelta: non poteva perderti d’occhio per un solo istante.
Io invece passavo le giornate in un rifugio nel bosco, quello dove prima avrei voluto portarti, e di notte Isabel mi raggiungeva di nascosto. Stavamo bene insieme. Non ci amavamo, non avremmo potuto farlo, ma eravamo “necessari” l’uno all’altra.
Imparai a nutrirmi di animali, e fu proprio durante la caccia che un giorno mi imbattei in un uccello strano, nero, diverso dagli altri volatili presenti in natura. Non appena lo morsi, un sapore orribile mi invase la bocca e la gola. Più che sangue, pareva veleno, che rischiava di corrodermi le viscere. Ma il disgusto passò in secondo piano quando mi resi conto che l’uccello si stava lentamente trasformando in un essere umano. L’immagine di Gabriel, del tuo Gabriel, si sostituì a quella del colombo lasciandomi sbalordito. Lui non parlava, aveva il terrore nello sguardo e tremava convulsamente.
Ne parlai con Isabel. Secondo lei anche tu eri uno di noi, eppure non riusciva a spiegarsi il perché del volatile. Solo quando lui, tre giorni dopo, riprese ragione capimmo che era come te: diverso anche da noi, probabilmente per un errore, non era mutato in vampiro. Secondo Isabel era perché il Male non riusciva a prevalere in voi, ed eravate rimasti in stato neutrale. Ma per Gabriel le cose cambiarono: io l’avevo morso. Il suo sangue mi disgustava perché era in parte divino, ma lo avevo comunque trasformato. Lui era il primo discendente della stirpe di vampiri inaugurata da me.
Noi Beatrìce, io, te, Isabel e chissà chi altro, siamo Anime di Mezzo, non redivivi. Chi viene morso lo è… Gabriel lo è. Ma noi no. Tu poi, tu hai qualcosa in più. Tu puoi aiutarci a capire e a salvare le vite innocenti che Rotten sta usando per il suo piano ancora sconosciuto.
Continuando, la prima cosa che Gabriel chiese quando riprese coscienza eri tu. Volva vederti, ma noi riuscimmo a convincerlo che sarebbe stato troppo pericoloso: ancora non era abituato a gestire la malvagità che aveva dentro, e avrebbe potuto farti del male. Così ogni giorno, con l’aiuto e il sostegno di Isabel, ti osservavo al castello e portavo a Gabriel tue notizie. Lui era sempre più inquieto, sapevamo che non lo avremmo trattenuto per molto.
E infatti l’altra notte è scappato da te. Isabel è arrivata per fermarlo, ma il suo furore era troppo e l’ha uccisa. L’avrebbe fatto con te se lei non fosse intervenuta. Ti ha morsa, ma tu non sei divenuta una vampira, perché come credevamo, hai qualcosa di più. In compenso hai perso la cecità, unica caratteristica umana.
E adesso Gabriel è scomparso, Ivan si è rifatto vivo, Isabel è morta e io non ho la minima idea di cosa faremo. Ma qualcosa faremo, Bea, non possiamo continuare così. Se mi aiuterai potremo finalmente uscire da questo incubo.
Ce la faremo, vedrai. Andrà tutto bene."
                                                                                  *   *   *
 
Silenzio. Dopo tutto questo, silenzio.
Dentro di lei però regnava il caos.
Era esausta, pareva avesse vissuto di persona il racconto di Thomas.
Era confusa, le faceva male la testa e non era sicura di aver davvero capito bene.
Era spaventata, ora sapeva che per anni aveva vissuto ignara di un pericolo terrificante.
Era frastornata, mille emozioni le scoppiettavano nel cuore indecise su quale dovesse prevalere. Senza sapere cosa pensare, senza sapere se essere arrabbiata, triste, impaurita…senza sapere niente, in balia dei propri sentimenti, pianse.
 
Thomas con molto tatto le lasciò un po’di tempo per ricomporsi, dopodiché si avvicinò e con infinita dolcezza le posò una mano sulla spalla. –“Ti capisco, so cosa provi”, fu un sussurro quasi impercettibile ma che le carezzò la mente regalandole un minimo di conforto.
 
-“Un ultima cosa Beatrìce, poi ti lascerò in pace. Tu sei diversa, ma pur sempre un’Anima di Mezzo. Anche se non possiedi certe caratteristiche, come l’indifferenza ai sentimenti, ne hai altre che ti accomunano a noi: la bellezza, l’influenza dei sogni e… la possibilità di vedere davvero lo spirito che si è impadronito di te.”
La ragazza lo fissava senza capire.
-“Beatrìce, tu cosa vedi quando ti guardi allo specchio?”
La domanda la spiazzò: fino al giorno prima era stata cieca, e per il resto non aveva avuto occasione di specchiarsi.
Senza attendere risposta, Thomas estrasse dalla tasca un elegante, piccolo specchio da signora, e glielo porse.
 
Prima che l’oggetto andasse in mille pezzi, lasciato cadere dalle sue mani tremanti per lo stupore e lo sconforto, Beatrìce riuscì a scorgere nitidamente nel suo riflesso i tratti inconfondibili del ragazzo che amava e che, a quanto pareva, stava diventando il suo peggior incubo.
 
Fortunatamente i miei infiniti impegni mi hanno lasciato un briciolo di tempo, che ho subito impiegato per far procedere la mia storia. Sì, capisco che possa risultare tutto un po’complicato, ma preferivo rivelare una volta per tutte come stavano le cose, o almeno una parte delle cose…! Che ne dite? Se lo trovate un po’…pesantino non esitate  comunicarmelo!! Davvero, volevo ringraziare Darkry, Nereis e Nye per le recensioni che hanno lasciato e che (mi auguro) lasceranno ancora. Grazie anche a chi  mette questa storia tra seguite o ricordate…avere anche un vostro parere mi farebbe felice!
 Detto questo vi saluto!:D
Un bacio
*…lady Black Rose…*
  
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