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Autore: Stateira    07/10/2006    12 recensioni
uno sfogo liberatorio, come l'ha definito Black Cat. Essere Harry, fin nell'animo, e soffocarsi di parole soltanto per riuscire a spiegare l'amore fra uomini e dèi.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia follia più dolce, le tue labbra, Draco Lucius Malfoy, maledetto figlio di un mondo che non hai mai capito

La mia follia più dolce, le tue labbra, Draco Lucius Malfoy, maledetto figlio di un mondo che non hai mai capito. Se per ogni volta che non mi hai ascoltato avessi acceso una candela, allora ora questa stanza ora sarebbe sole, sarebbe come un mondo da chiamare nostro.

Vorrei portarti lontano, noi due, vorrei potermi illudere che ti basterebbe, che ti basterei, che sarebbe tutto quanto grande, e bellissimo, ed io sarei felice, ti guarderei dormire, e mi innamorerei, Dio, Draco, mi innamorerei ancora, e ancora di te, e non sarei mai stanco, mai, di stare male per te, e di sentirti fra le braccia, e ancora, prendimi le mani, dimmi che ci sono cose che non muoiono, dimmelo perché ne ho bisogno, perché non riesco più a credere a nulla, perché sono freddo e pesante, sono come un fusto morto di un albero che una volta aveva avuto foglie, e non è di acqua, che ho bisogno, ma di te.

Ho bisogno di poterti salvare da questa guerra, ti prego, Draco, vieni con me, salvati, e salvami, e corriamo, fino a perdere il fiato, fino a morire, lontanissimo, perché voglio vivere, adesso, voglio vedere, com’è che i fiumi corrono verso il mare, voglio stare ad ascoltare che cosa raccontano gli alberi, voglio essere normale, Draco, voglio essere normale, e sentirmi unico, ma unico diverso, unico Harry, unico uomo come tanti, unico che ama come nessuno, perché tu non puoi essere amato, tu devi essere disperatamente venerato.

Dentro a tutte le scuse, quelle che ci raccontiamo, quando non possiamo vederci, quelle che senti di dovermi dire, per chissà quali paure, quelle che inventi per non voler vivere, lo so, non ha senso, ma adesso non importa, ti prego, dimmi che non ti importa, se straparlo, dimmi che mi capisci, che lo senti anche tu, che voglio andare via di qui, che non voglio vincere, ma solo fuggire.

Andiamo, andiamo via di qui, possiamo farlo, siamo liberi, Draco, liberi ed illusi, liberi ed adolescenti, liberi e sconfitti, vieni con me, andiamo a cercare il fuoco, nelle terre dei semi da cui germogliano le gocce di pioggia, seguimi, seguimi perché ho bisogno della tua voce, che mi ripete che sono pazzo, che sì, sono pazzo per davvero, che non mi importa più niente di niente, vieni via con me, e dimmi che non mi ami, che non mi amerai mai come ti amo io, e poi ti prego, spogliati, e scusami, perdonami cento volte, soffiami la tua anima nella bocca, aprimi le porte del cielo. Vieni via con me, con me, Draco, e non andare via mai con nessun altro che non sia io, o ti ucciderò, mi ucciderei, spezzerei il delicato bruciore dei tuoi occhi increduli, fra tepori e sapori diversi, noi due, sempre uguali.

Non possiamo, noi, stare a guardare, mentre gli anatemi uccidono, mentre il mondo collassa sui suoi figli miseri e gelosi, non possiamo, noi, elevarci a dèi, non possiamo noi giudicare, e bere succo e vino, non possiamo volare un po’ più in alto, Draco, dimmi che non possiamo, dimmi che sogno, che sogno, che è questo il mio posto, che è questo il mio porto, ma dimmi che è anche il tuo. Dimmi che siamo nati lo stesso giorno, dimmi che ci siamo sempre guardati negli occhi, dimmi che la magia non esiste, che è tutta una favola, un libro, ma che noi siamo veri.

 

Spiegami, Draco, perché la gola mi si è annodata, spiegami, se puoi, perché non ho più fame, perché non ho più sete, perché non mi serve che guardarti, per nutrirmi, mi basta scendere,e vederti, al tuo tavolo, lì, con la schiena contro la parete, pane e sale, ed assenzio fumoso, verde.

Credevo di saper parlare la lingua dei serpenti, e invece la tua non la so parlare, perché, Draco, dimmi perché la tua lingua la so soltanto baciare?

Dormi sulla mia spalla, e fammi sentire padre, dormi appoggiato al mio grembo, dormi con il volto affogato nel mio cuscino, e lascia che io costringa il mondo a tacere, a fermarsi, per un maledetto momento, lascia che io pretenda che mi stiano a sentire, ma intanto tu continua a dormire, non voglio che tu mi senta parlare a uomini e draghi, non voglio che tu abbia paura, non voglio che tu creda che io sia soltanto un pazzo, distrutto, ragazzo innamorato, non pensarlo, perché io ne morirei, non pensare che io sia uomo, tu che sei per me il dio delle candele accese, non ricordarti, che io sono soltanto un uomo.

Svegliati, poi, quando ancora il sole non ci ha rubato un altro giorno, sveglia il nostro destino e costringilo a correre, e a scorrere, spingilo in avanti, con forza e grazia, con carezze e fruste, ma tu, che vai e vieni come miele, come l’idea di un sapore dolce che conosco e a cui non so dare un nome, tramutati in un disegno incantato, e docile, e adesso fermami, Draco, fermami. Baciami, e fammi tacere.

  
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