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Autore: Shari Deschain    06/03/2012    0 recensioni
«Cosa ci fai qui?», domanda il vampiro.
Uno sbuffo ironico è la risposta che ottiene per prima. «Lo sai perché sono qui», aggiunge però Lexi subito dopo, tanto per essere quanto più chiara possibile.
L'altro si limita ad annuire, pur non sapendo se lei possa vederlo o meno. La sensazione di stanchezza torna di nuovo, prepotentemente, a prendere possesso del suo corpo. Non la fame però. O almeno non ancora. Ma anche quella verrà presto.
Stefan posa una spalla contro lo stipite della porta e continua ad osservare la stanza buia, mentre la figura di Lexi si sposta verso le finestre.
«Non ho bisogno del tuo aiuto», mormora sottovoce. Mente sapendo di mentire, ma non può farne a meno.
«Già sentito», ribatte infatti lei, scostando bruscamente le tende.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lexi, Stefan Salvatore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wanted dead or alive '
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#2 - Summer of Corruption



Detroit, Giugno 1924.



Lexi's driving me crazy. More animal blood, more misery.”







Il caldo è soffocante, molto più di quanto dovrebbe ragionevolmente essere all'inizio dell'estate, e perfino le mosche che ronzano tutt'intorno alla stanza, grosse e pesanti, sono così stordite dalla temperatura inaspettata da non riuscire nemmeno a volare come si deve.

L'appartamento in cui lui e Lexi si sono trasferiti è una specie di seminterrato, poco più di una cantina, in realtà. Un buco di cemento arroventato, spoglio di qualsiasi decorazione non strettamente necessaria e appena appena vivibile per dei vampiri, figuriamoci quindi per degli esseri umani. Lexi dice che è il posto migliore per passare inosservati tra le centinaia e centinaia di persone che affollano Detroit dopo il boom dell'immigrazione. A Stefan sembra semplicemente una tana per topi.

Le loro opinioni non sono mai state così contrastanti su qualcosa come lo sono su quel luogo (eccettuato ovviamente un paio di piccole cose, tipo il senso dell'esistenza di un vampiro e il rispetto della vita umana. Pochezze, davvero).

Già dal primo giorno, Stefan ha riservato a quella città un odio profondo, che fino a quel momento ha dedicato a davvero ben poche cose, considerato il lungo corso della sua vita. A Lexi invece Detroit piace molto. Non lo dice mai esplicitamente, ma Stefan vede come le si illuminano gli occhi quando torna a casa, quando parla della gente che ha incontrato, delle cose che ha visto.

Ai suoi occhi quell'agglomerato umano di varie razze in guerra tra loro non è altro che un grosso ristorante a cielo aperto, ma questo alla sua compagna non può dirlo. Non che lei non lo intuisca da sola, ovviamente, ma perlomeno evitano di discuterne. Cortesia: la prima regola della convivenza. Non sempre la rispettano. Anzi.

Il problema è che Stefan non capisce perché mai dovrebbe prendersi la briga di mostrarsi o perfino essere! , ancora umano, dato che non lo è più da ormai sessant'anni e il cambiamento non gli dispiace affatto, gli sembra anzi una miglioria, checché ne pensi al proposito Lexi. C'è anche da dire che quel periodo non aiuta affatto le tesi della sua amica: l'umanità non sta mostrando la sua faccia migliore, e perfino lei è costretta ad ammetterlo.

Discutono spesso su questa cosa, a volte anche violentemente. Parlano della guerra appena finita e di quella che nelle strade è soltanto all'inizio, parlano dell'Europa, della politica, delle nuove scoperte scientifiche, degli ultimi film esposti al cinematografo. Di qualsiasi cosa, insomma.

Lexi non gli permette di uscire, ma in cambio gli racconta storie, gli porta giornali, gli riferisce notizie e pettegolezzi, cerca di farlo ridere. E gli procura il sangue, ovviamente. Da quanto Stefan è riuscito a capire, è riuscita a soggiogare il macellaio del quartiere, ed è lì che si procura, giorno dopo giorno, quella robaccia orribile che il vampiro è costretto a cacciarsi giù per la gola per calmare i crampi della fame.

Stefan pensa spesso di mandare tutto al diavolo, di voltare le spalle a Lexi e cambiare città, Paese, o perfino continente, di ricominciare tutto daccapo. Poi si rende conto che non c'è proprio nulla da ricominciare, che in fondo le cose vanno meglio rispetto a due anni prima, e che Lexi ha ragione quando dice che andranno ancora meglio con il tempo, che se ce l'ha fatta una volta può farlo ancora.

A volte quelle parole riescono veramente a confortarlo e a dargli speranza. Altre volte ha solo voglia di gridare a Lexi che sono tutte stronzate, che c'è un motivo se continua a ricascare sempre nello stesso baratro, che lei dovrebbe smettere di cercare di salvarlo e piantargli piuttosto un pezzo di legno nel petto. A trattenerlo è solo l'idea della sua risata davanti a quelle affermazioni. Non crede di poter sopportare una cosa del genere.





Un sottile alito di vento fa scricchiolare dolcemente la porta, lasciata aperta nell'inutile tentativo di rinfrescare l'aria, e Stefan si volta a fissare il riquadro incorniciato dagli infissi di legno marcio. Tutto ciò che riesce a vedere, considerato il dislivello tra la casa e la superficie, è un pezzetto di cielo, azzurrissimo e sgombro di nuvole, e sotto di esso una striscia di strada, color grigio impolverato e quasi altrettanto sgombra di esseri umani. Quasi.

Sul marciapiede di fronte a quello dove si affaccia la porta del seminterrato, infatti, una ragazzina si è fermata a riposare all'ombra di un albero e si guarda intorno con aria stanca e annoiata. Ha la fronte sudata, le mani sporche di terra, e il vestito leggero le aderisce alla pelle in un modo che molti riterrebbero al limite dello scandaloso. Sotto il braccio porta un cesto pieno di frutta, e con la mano libera si sventola lentamente il volto con il cappello.

I loro sguardi si incrociano nonostante i diversi metri di distanza, come naturalmente attirati l'uno dall'altro. Lì dall'altra parte della strada lei sorride, un sorriso candido e ingenuo che Stefan ricambia per riflesso, pur senza alcuna ingenuità né candore.

Non è niente di che, pensa intanto, solo una ragazzina di strada che cerca di mettere insieme i soldi della cena. Probabilmente un'orfana, oppure una delle prime figlie di una nidiata troppo numerosa di bambini. In entrambi i casi, una persona che non verrà pianta troppo e la cui scomparsa non farà molto rumore.

Nel momento stesso in cui quei pensieri emergono dal suo subconscio per palesarsi ad un livello più cosciente, Stefan scuote violentemente la testa, disgustato da se stesso. Si alza in piedi e si avvia verso la porta, intenzionato a sbattergliela in faccia. Ma ormai è troppo tardi.

«Una pesca, signore?», domanda la ragazzina, affacciandosi timidamente nello specchio dell'entrata. Stefan la osserva dal basso, costernato. Vorrebbe dire di no, ma non ci riesce. Il suo sguardo si perde lungo la linea del collo di lei, seguendo una goccia di sudore che vi scivola a rilento, fino a perdersi tra l'incavo dei seni appena accennati.

«Ho anche delle belle mele, signore», continua lei con allegria, mentre il vampiro diventa dolorosamente conscio del rumore del suo piccolo cuore che batte ad un ritmo lento e regolare, a così pochi metri da lui. I pensieri si accavalcano confusamente nella sua mente mentre i morsi della fame gli attanagliano ogni singolo muscolo del petto.

«Signore?», lo richiama la ragazzina, ora con tono preoccupato.

«Va' via», cerca di dirle Stefan, ma il suono strozzato che esce dalle sue labbra è intraducibile persino a lui stesso. Lei fa l'enorme errore di scendere un paio di scalini, avvicinandoglisi per controllare che stia bene.

Prima ancora che riesca a prendere una decisione razionale, Stefan sente il proprio volto cambiare, le zanne crescere fino ad affondare nel labbro inferiore, le vene intorno agli occhi ingrossarsi pericolosamente.

Mi dispiace.

La ragazzina urla. Stefan scatta istintivamente verso di lei. Lexi arriva al momento giusto, come sempre. O quasi.





Il silenzio nella stanza è oppressivo quasi come il sole di mezzogiorno, che è riuscito a trovare lo spiraglio dell'unica finestra presente nella stanza e ora gli brucia crudelmente una guancia. Lexi non dice nulla, ma ogni suo gesto e sguardo emanano furia e delusione. Se la disapprovazione fosse materia tangibile, ora mezza città ne sarebbe invasa.

Stefan cerca di allungare le braccia, indolenzite dalla scomoda posizione a cui sono costrette, ma le corde gli stringono i polsi troppo forte per concedergli qualsiasi tipo di movimento. L'idea di fare fisicamente del male a Lexi gli ripugna, ma in quel momento non può fare a meno di accarezzarla, e se non fosse legato probabilmente non ci penserebbe due volte ad avventarsi su di lei, pur sapendo che potrebbe batterlo senza difficoltà.

L'incapacità di muoversi, tuttavia, non pregiudica quella di riflettere. O di parlare. Ci sono molti modi per ferire una persona, e le parole non sono affatto la meno efficace: Stefan lo ha imparato fin da bambino, grazie ai modi taglienti di suo padre.

«Tutto questo non ha senso, Lexi. Se non è stata quella ragazzina sarà un'altra. Se non è successo oggi succederà domani, o tra due anni. Perché non lasci perdere e basta?»

Lexi gli dà le spalle, intenta a sistemare in una ciotola colorata la frutta che la sua mancata vittima ha lasciato cadere nella sua fuga disperata. Fuga che si è conclusa poco dopo, ovviamente, dato che non le si poteva certo permettere di gridare al resto della città che c'è un vampiro affamato tenuto prigioniero in una cantina dei quartieri popolari.

«Non appena ti sarai ricordato di non essere un animale in trappola ma un essere senziente, con una mente e dei sentimenti, capirai da solo perché non lascio perdere. Siamo ancora a metà lavoro, Stefan. Anche se pensavo che ormai avessi acquistato più controllo, devo ammetterlo», replica seccamente la vampira, continuando ad impilare le mele in una piramide perfetta.

«Non ho mai avuto controllo, lo sai. È proprio questo il problema, no?», sospira Stefan, abbandonandosi contro il materasso e cercando una posizione quanto più possibile comoda, considerate le circostanze.

Lexi si volta finalmente a guardarlo, l'espressione dura addolcita da una sfumatura di compassione che Stefan non è sicuro di gradire molto. Sempre meno doloroso di un paletto nello stomaco, certo, ma anche decisamente più difficile da incassare.

«Questo è un problema che posso aiutarti a risolvere», risponde Lexi, conciliante. «Ti riporterò sulla giusta via, Stefan. Che ti piaccia o meno»

Stefan ribatte con una risatina sdegnosa, poi piega appena la testa di lato e fissa il suo sguardo in quello di lei. Le riserva la stessa occhiata che di solito rivolge alle sue vittime, e il suo sorriso si accentua visibilmente quando lei mostra di esserne innervosita.

«Non sarebbe più facile il contrario?», le chiede allora Stefan, con un tono più suadente che veramente serio. «Non sarebbe più facile se invece di cercare di fare di me un vampiro civilizzato non fossi tu a lasciarti corrompere, Lexi? Ci divertiremmo molto di più», le assicura, tendendosi in avanti il più possibile, fino quasi a lacerarsi la pelle dei polsi ancora incatenati.

Dal volto della vampira sparisce subito qualsiasi traccia di simpatia o comprensione, e torna l'espressione accigliata e delusa.

«La mia idea di divertimento è molto diversa da quella che hai in mente tu», risponde duramente lei, lanciandogli uno sguardo di chiaro avvertimento. Non le piacciono quei discorsi, Stefan lo sa. Forse è per questo che lo divertono tanto.

«Oh, lo so», continua quindi, sempre sorridendo, ma le sue labbra assumono una piega decisamente più crudele. «La tua idea di divertimento è imitare gli esseri umani, fingere di essere una di loro, comportarti come pensi che si comporterebbero loro con te, se dovessi mai ritrovarti alla loro mercé. Povera illusa»

«Smettila, Stefan», gli ordina Lexi, e l'aria si carica ancora di più di tensione ora che anche lei riesce a stento a trattenere il proprio istinto violento, che probabilmente le sta suggerendo di sbattergli la testa contro il muro fino a farci un buco.

Stefan, com'era ovvio, non smette affatto. Anzi, decide di rincarare.

«La tua idea di divertimento è passare anni interi in compagnia di persone che non ti vogliono, cercando di convincerle a guardarti come esempio perché non hai nient'altro a cui aggrapparti. Io sarò anche un mostro, Lexi, ma tu sei un essere decisamente più patetico», continua con un ghigno.

Più veloce di un battito di ciglia, Lexi attraversa la stanza e gli pianta un paletto al centro del petto, calcando con forza per fargli più male possibile. Ma il dolore non serve a niente questa volta. Non di fronte alla sua rabbia, che Stefan è contento di essere riuscito a suscitare fino a quel punto.

«Brutta idea provocare chi ha il paletto dalla parte del manico, non credi?», dice Lexi, con un tono che vorrebbe essere quanto più distaccato possibile, ma lui non si lascia ingannare.

Capisce di averla ferita ferita profondamente, per giunta , e per un attimo la soddisfazione è così forte che il vampiro piega indietro la testa e ride, ride così forte da farsi bruciare la gola, ride come potrebbe ridere qualcuno che stia perdendo il senno, ride fino a piangere.

Quasi nemmeno si accorge del modo in cui lei fa ruotare il pezzo di legno, scavando a fondo nella carne, ancora e ancora, prima di costringersi ad estrarlo completamente, ammettendo quindi la propria resa. Quando diversi minuti più tardi Stefan riesce finalmente a ricomporsi, Lexi è già sparita, la porta è sbarrata e il suo sangue continua a riversarsi sulla maglietta, sulle lenzuola e sul letto, tingendo tutto di un rosso vivo.





Lexi sparisce per due giorni interi, e Stefan quasi si convince di essere stato abbandonato lì a marcire per il resto dell'eternità. La fame gli fa dolere ogni singolo muscolo del corpo, e persino la prospettiva della robaccia di scarto del macellaio di turno diventa improvvisamente molto appetitosa. Non che abbia modo di procurarsela, comunque. Ha provato infinite volte a liberarsi dalle corde, ma tutto ciò che è riuscito ad ottenere è di segarsi ancora più a fondo i polsi, perdendo altro sangue, diventando quindi sempre più debole.

Le ore passano indolenti, ogni secondo un tormento eterno che Stefan non ricorda di aver mai provato prima. Bugia, ovviamente, perché in realtà c'è già passato una volta, e sa anche che peggiorerà di parecchio prima di diventare anche solo lontanamente sopportabile.

Ma intanto, immerso nella luminosità cocente di quella cantina, impossibilitato a qualsiasi tipo di movimento, Stefan si trova costretto a scendere a patti con se stesso.

Ripensa alla ragazzina terrorizzata. Al volto deluso di Lexi, alla sua espressione ferita di cui, per pochi secondi, è stato così fiero. Torna ancora più indietro nel tempo. Torna a Chicago, a quella sensazione di perdita affogata violentemente nel sangue. Facce e nomi. Lettere incise su un muro. Vite spezzate in cambio di poche ore di divertimento.

Il caldo è una cappa quasi solida, intorno a lui. Il sangue ha irrigidito i suoi vestiti, e ora li sente addosso pesanti e ruvidi. La puzza lo disgusta fino alla nausea, la quantità indecente di mosche che gli ronzano vicino gli fa rivoltare lo stomaco. Se questo non è il fondo, manca davvero poco prima di toccarlo, considera tra sé.

Le notti sono più facile da gestire, sebbene non portino comunque alcun tipo di riposo. Il buio, perlomeno, riesce a nascondere un po' di quell'orrore. Lexi è ormai il suo pensiero fisso. I suoi occhi addolorati diventano un'ossessione. Non ha mai voluto farle del male. Non a lei. Forse nemmeno ad altri... perlomeno così era una volta. Sì, c'è stato un tempo in cui il dolore degli altri lo feriva, e provocarlo era davvero l'ultima cosa che avrebbe voluto fare.

E non succedeva poi così tanto tempo addietro.

Quando Lexi torna come lui in fondo sapeva che avrebbe fatto , a Stefan sembra che siano passati anni interi.

Lei rimane in piedi ai bordi del letto e lo fissa dall'alto, con un'espressione indecifrabile sul volto e una fiaschetta di sangue animale stretta tra le dita. Stefan ne sente l'odore, ma non è su quello che si concentra.

«Mi dispiace», sussurra all'amica, con una voce arrochita e stanca.

Lexi sorride.

«Bentornato», dice solo, prima di sedersi al suo fianco.



   
 
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