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Autore: Cathy Earnshaw    06/03/2012    1 recensioni
Alcesti è una giovane donna orgogliosa e intraprendente. Vive con la madre e le tre sorelle minori nella ricca città di Darkfield grazie all'eredità lasciata loro da Sir Merthin, suo padre, Cavaliere scomparso in circostanze non accertate. Ma il vento sta per cambiare. La ragazza sta per intraprendere un viaggio sulle orme del genitore che la porterà a scoprire il potere della magia, il valore dell'amicizia e la forza dell'amore.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le prime luci dell’alba quando Alcesti varcava la radura delle ninfe. Clodia la stava aspettando.
- È successo qualcosa, amica mia?-
- Ho bisogno di te, Clo. Domani parto per Licantropia-.
- E vuoi che venga con te-.
- Conosci Kellenwood e comunichi con la natura-.
- Avverto le altre e arrivo-.
 
Lungo la strada per Alia, Alcesti raccontò a Clodia di Joseph e degli esperimenti col veleno. La ninfa disse di sapere tutto. Il vento le portava molte notizie.
Davanti alle stalle le aspettava il Principe. Salutò Clodia con un cenno del capo e puntò lo sguardo severo su Alcesti.
- Potevi dirmelo- disse dandole una mano per aiutarla a scendere da cavallo.
- Mi avresti lasciata andare?- domandò lei.
- No- rispose secco Kysen.
Quella mattina, le due giovani, Kysen, Yurika e Frate Rudolph si presentarono da Lady Philippa.
- Benvenuta ad Alia, Ninfa. Mi è stato riferito che sei disposta a partire con la Fenice. Spero che tu ti renda conto del pericolo a cui ti esporrai-.
- Si, Maestà. Ma Alcesti ha bisogno di una compagna, e chi meglio di un abitante della foresta?-
- In tal caso, ti ringrazio a nome di tutta la città. Prima della vostra partenza, in qualsiasi momento, ti sarà fornito tutto ciò di cui avrai bisogno-.
Poi si rivolse a Rudolph.
- Dicci tutto, Rud-.
Il vecchio si schiarì la voce:
- È necessario che la Ninfa non venga morsa. Se ciò dovesse succedere, non possiamo prevedere le conseguenze. Attente agli artigli. Sono molto affilati. Tenete gli occhi e le orecchie aperte, perché sono silenziosi, e si muovono nell’ombra. Se doveste rimanere ferite… beh, Alcesti, sai curare quelle ferite. Non ho altro da dire-.
- Grazie, Frate Rudolph. Domattina partirete di buon ora. Farete avere vostre notizie ogni giorno. Se dovessero esserci problemi, rientrerete immediatamente. Buona fortuna-.
 
Il passo morbido dei cavalli segnava il ritmo del cammino. Clodia e Alcesti avevano lasciato Alia da un paio d’ore, e non avevano ancora aperto bocca. Alcesti aveva ancora davanti agli occhi il suo Principe, che la salutava con una carezza piena di apprensione e le sussurrava “giurami che tornerai”. Sapeva che la decisione di partire l’avrebbe fatto soffrire, ma era inevitabile: se qualcuno doveva rischiare, lei era quella che aveva più possibilità di cavarsela. Clodia non avrebbe avuto problemi. Poteva sparire in qualsiasi momento, e comunque Alcesti dubitava che i lupi l’avrebbero attaccata. Infondo era una creatura silvestre, era neutrale…
- Mi dispiace-.
Clodia interruppe le sue riflessioni.
- Per cosa?- domandò la ragazza.
- Per Kysen. Sembrava distrutto-.
- Grazie, Clo…- rispose acida Alcesti.
Ripiombò il silenzio. Erano ormai giunte ai margini di Kellenwood. Doveva essere lì che Joseph era stato aggredito. Fermò Chronos e si guardò attorno, per individuare una sorta di baracca. Si diresse senza riflettere verso il povero rifugio.
- Dove vai?-
Clodia la stava seguendo, preoccupata per la sua strana reazione. Alcesti smontò da cavallo e bussò. Nessuno rispose, così entrò. La baracca era vuota, eccetto per un tavolo, una sedia e un giaciglio di paglia.
- Sen’è andato- commentò tra sé e sé Alcesti.
- Chi?-
- Joseph. È qui che l’anno attaccato.- Scosse la testa, scoraggiata. – È uno di loro ormai…- concluse, con un filo di malinconia nella voce.
Uscita dalla povera abitazione, risalì sul suo cavallo e, senza aspettare la ninfa, si inoltrò nella vegetazione.
- Si può sapere che ti prende?!- Clodia non si era mossa, arrabbiata per il comportamento della compagna di viaggio.
Alcesti si fermò, si voltò e tornò verso di lei.
- Non lo so, Clo. Sono inquieta. Mi viene da piangere pensando a Kysen, e speravo di poter parlare con Joseph prima di raggiungere Licantropia, se non altro per occupare la mente, ma questo non è stato possibile. Pensare che si sia unito a loro mi fa arrabbiare. È una sconfitta personale. Perciò, se sono una pessima compagna di viaggio, perdonami, ma non posso evitarlo-.
Clodia chinò il capo, poi disse semplicemente:
- Ok. Ti lascerò in pace-.
 
Lasciarono i cavalli ai margini della foresta per procedere a piedi. La Fenice sapeva di non avere bisogno di legare Chronos: non si sarebbe allontanato, e in caso di pericolo avrebbe avuto la possibilità di scappare. L’altro cavallo l’avrebbe sicuramente seguito.
La vegetazione del nord non era molto diversa da quella della zona occidentale, eppure aveva un ché di macabro. Forse era la sua immaginazione, pensava Alcesti, ma la luce che filtrava dalle piante era più fredda, più morta.
La Fenice teneva gli occhi aperti, ma non notava alcun movimento sospetto. Gli unici rumori provenivano dalle lontane cime, dove gli uccelli si godevano il sole caldo di luglio. Ma ogni suo passo poteva essere il primo che muoveva nel territorio dei lupi. Frate Rudolph le aveva raccontato che molti anni prima, quando lui era ancora bambino, era giunta derelitta dal mare la prima di quelle creature allora sconosciute. La città la aveva accolta con magnanimità, ma si era resa presto conto dell’errore irrimediabile commesso: l’uomo-lupo era scappato portando con sé dodici vittime. Negli anni, il numero dei licantropi era aumentato, e questo aveva convinto il Re a cercare una negoziazione. Gli accordi erano chiari: Alia avrebbe concesso loro una parte di territorio, ma se avessero sconfinato non avrebbe avuto pietà. Da allora, la parte di Kellenwood sotto la giurisdizione dei lupi era chiamata Licantropia.
Le due ragazze avanzavano silenziose, i nervi tesi allo spasmo, il battito cardiaco ai limiti della fibrillazione. Ogni scricchiolio poteva essere il preludio di un attacco.
- Puoi scomparire, Clo?- domandò improvvisamente Alcesti.
Clodia la guardò con apprensione.
- Perché?-
- Perché non sappiamo come reagiranno alla tua presenza. Ti ho già messa abbastanza in pericolo…-
La ninfa si rilassò e sorrise.
- Posso seguirti sotto forma di brezza, se credi che possa essere meglio. Anche perché, non offenderti, ma temo che da sola non saresti in grado di captare la loro presenza…-
Alcesti sorrise a sua volta, e la ninfa si dissolse. La ragazza la percepiva ugualmente al suo fianco, e questo la rassicurava.
 
Il tempo trascorreva lento e piatto, ogni secondo identico al precedete. Non accadeva nulla. Maya sembrava incandescente contro il fianco della Fenice. Potevano essere passate ore oppure soltanto pochi minuti quando qualcosa mutò: un alito di vento soffiò, al suo orecchio, l’avvertimento della Ninfa. Alcesti ebbe appena il tempo di evocare un incantesimo scudo prima che quattro uomini armati le piombassero addosso. Assistette, protetta dalla cupola lucida, all’abbattersi delle loro lame e dei loro sortilegi contro lo schermo. Rendendosi conto di essere stati anticipati, rimasero per un attimo interdetti, ma pochi secondi dopo stavano già martellando con ogni genere di colpo contro lo scudo. Il numero delle persone attorno ad Alcesti continuava ad aumentare, e la ragazza si stava facendo prendere dal panico. Il suo cervello lavorava a pieno regime per trovare il modo di uscire da quella situazione difficile, sapendo che per contrattaccare avrebbe dovuto sciogliere l’incantesimo che la proteggeva. Non poteva essere abbastanza veloce. Loro erano troppi. Sotto ai colpi pressanti, la cupola si indeboliva sempre di più. Che stupida pensare di poter andare da sola… sarebbe morta lì, nel mezzo della foresta, unicamente per colpa della sua presunzione… cosa avrebbe fatto Kysen quando l’avesse saputo? Non sapeva per quanto tempo ancora avrebbe retto il suo incantesimo. Proprio quando stava per cedere, una voce si levò più forte delle urla e delle esplosioni. Prima un grido indistinto, poi più chiaro. Qualcuno si stava avvicinando velocemente.
- Fermi!-
Gli attacchi cessarono immediatamente. Alcesti non credette ai propri occhi vedendo arrivare Joseph!
- Fermi!- continuava a ripetere, facendosi largo tra la folla. – È un’amica, non è qui per combattere!-
Quando Joseph fu davanti a lei, Alcesti dissolse la cupola. L’uomo sospirò di sollievo.
- Sei impazzita? Cosa ci fai qui?-
- Non sono impazzita. Sono qui come messaggera. Grazie per il tuo aiuto-.
- Messaggera?!- domandò perplesso.
- Ho bisogno di parlare con il vostro capo-.
Joseph annuì.
- Seguici. Ti portiamo dal Capobranco-.
La ragazza si incamminò con Joseph in testa alla colonna di licantropi riflettendo sull’idea di capobranco. Si sentivano anni luce lontani dagli esseri umani, e quella ne era la prova.
Camminarono in silenzio per diversi minuti, fino a giungere in una sorta di cittadina nel folto del bosco. Piccole abitazioni di legno sorgevano qua e là tra il verde, attorno a una tetra radura. Arrivata al centro dello spiazzo, Alcesti si vide circondare dalla schiera di lupi. Joseph si unì a loro. Sembravano tutti in fremente attesa.
Dopo qualche minuto, la cerchia si aprì per lasciar passare un uomo.  
   
 
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