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Autore: Elpis    06/03/2012    7 recensioni
I personaggi di Kodocha sono cresciuti.
Sana è felicemente sposata con Akito, Naozumi convive con Fuka, Tsu ed Aya sono addirittura diventati genitori. Quanto a Rei, continua ad essere il manager affettuoso della sua pupilla e a coltivare il suo idillio con Asako.
Quattro coppie, ognuna con un passato diverso alle spalle.
Quattro coppie i cui destini si intrecciano in un gioco di linee dai contorni non ben definiti.
E se bastasse un test di gravidanza a ingarbugliare tutto e a rompere quei delicati equilibri?
Estratto 15° capitolo:
"Kami, vi prego, fate che almeno il bambino si salvi".
Una parte di lei avrebbe solo voluto abbandonarsi al vuoto dell'incoscienza, l'altra lottava per mantenere a fuoco ciò che la circondava e rimanere presente. Avvertiva un gran vuoto all'altezza del petto, un vuoto da cui nemmeno il dolore delle contrazioni riusciva a distrarre.
"Posso essere egoista, almeno per un momento?"
C'era un nome che martellava nella sua mente, più forte della voce dei medici, più insistente del rumore dei macchinari elettrici, più penetrante della paura.
"Akito-kun.
Ho bisogno di te, Akito-kun."
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Endless Love'
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                                                    In bianco

 

 




 

Sana fissava quel tubetto di plastica con spasmodica impazienza. Le istruzioni dicevano di attendere tre minuti e lei per sicurezza aveva persino messo il timer nel telefono. Ma iniziava a sospettare che fosse rotto, perché i secondi passavano con una lentezza angosciante e le dita incrociate le formicolavano per il fastidio. Che poi era anche una cosa abbastanza stupida, visto che non sapeva nemmeno lei cosa sperare.
Voleva davvero avere un figlio? Una domanda del genere non se l’era mia posta fino a quando Kurumi non le aveva depositato quel test di gravidanza fra le braccia.
La risposta più sincera che riusciva a dare in quel momento era: forse. Forse non le sarebbe dispiaciuto un pargoletto che saltellava per la casa tirando la coda a Maro-chan, forse non l’avrebbe infastidita sentire una piccola boccuccia attaccata al suo seno, avvertire il lento fiorire di una vita nel suo corpo. Forse non sarebbe stato tanto male ricercare i lineamenti di Akito nel viso del loro bambino… dio, quanto avrebbe voluto che avesse i suoi occhi d’ambra…
Un suono acuto, trillante, la riportò bruscamente alla realtà e con un sussulto spense la sveglia del cellulare. Chiuse gli occhi, improvvisamente timorosa, rimandando l’inevitabile. I palmi delle mani le sudavano e se il cuore le avesse battuto appena un po’ più forte, probabilmente le avrebbe incrinato qualche costola.
Akito… avrebbe desiderato sentire il contatto fresco e rassicurante della sua mano nella sua. Ma lui era a lavoro in ospedale, non sarebbe tornato fino a sera, e lei non poteva aspettare così a lungo. Un brivido angoscioso le attraversò la schiena. E se lei fosse stata incinta e lui non avesse voluto un figlio? Ma no, cosa andava a pensare… Akito la amava, come avrebbe potuto non adorare il frutto del suo ventre?
Oltretutto Sana sospettava che i bambini al marito piacessero molto. Certo, non lo dava a vedere – era pur sempre Hayama, dopotutto – ma quando Aya gli aveva messo Shinichi fra le braccia, lo aveva cullato un po’ con gesti impacciati e a Sana era sembrato di vedere le sue labbra incresparsi in un’ombra di sorriso. Dopo alcuni minuti lo aveva deposto fra le braccia di Tsuyoshi con un filo di esitazione che ad un osservatore attento poteva apparire come riluttanza.
Il solo pensiero di Akito con un pargolo fra le braccia – con il loro pargolo fra le braccia – le scaldò il petto, accendendo due punte di rosa sulle guance.
Fece un lungo, lento, respiro poi aprì gli occhi. Sul display del tubetto si scorgeva un tondo, inequivocabilmente attraversato da una linea verticale che lo tagliava da parte a parte.
Frastornata, compose il numero di un cellulare.
<< Pronto? >>
<< Kurumi? >> chiese con tono di voce irriconoscibile. << Sono incinta. >>
Nel pronunciare per la prima volta quella parola ad alta voce la sua mano salì istintivamente ad accarezzare il ventre.
Lentamente un sorriso luminoso le affiorò alle labbra.

 

 

                                                                                                 ***

 

 

Asako accese l’ultima candela, gettando un’occhiata critica alla stanza. Aveva spento la luce e la camera da letto era rischiarata solo dal flebile chiarore di tanti, piccoli lumini, tutti rigorosamente rossi.
Il gigantesco letto con la testata intarsiata era ricoperto di morbidi e spumosi cuscini e una parte della coperta era sollevata, in un chiaro invito. Sul comodino c’era una bottiglia di champagne e un vaso con dieci piccole rose sul punto di sbocciare.
Asako sorrise soddisfatta, prima di posizionarsi davanti allo specchio a muro.
Aveva un completino di pizzo nero, aderente anche se non eccessivo, che metteva in risalto la vita sottile e la sua terza piena, strizzandole il seno e spingendolo verso l’alto. Dopo aver provato varie acconciature, aveva deciso di lasciare i capelli sciolti ed essi ricadevano, morbidi e setosi lungo il suo corpo, arrivandole fino alla vita. Le candele tremolavano, accendendoli di riflessi rossastri.
Udì la porta aprirsi e sussultò, alla ricerca di qualche particolare che le fosse sfuggito.
Si rilassò: era tutto perfetto.
<< Asako, sono a casa! >> urlò Rei dalla cucina.
<< Sono in camera, amore! >> lo chiamò con un tono che sperò suonasse invitante.
Udì il rumore dei suoi passi strascicati che risuonava nel corridoio e il cuore le tamburellò a un ritmo frenetico nel petto. Quella notte, la notte del loro decimo anniversario, sarebbe stata indimenticabile.
Rei entrò in stanza con gli occhiali sollevati e una mano che massaggiava la sella del naso. Accese la luce e, senza nemmeno guardarsi intorno, crollò a peso morto sul letto.
Asako rimase per un attimo interdetta ma decise di ricacciare in profondità dentro di sé la delusione iniziale e gli si avvicinò, fino quando la sua testa china non fu all’altezza del suo ventre.
<< Giornata pesante, amore? >> gli chiese suadente, accarezzandogli i capelli scuri.
Finalmente Rei alzò lo sguardo, ma avrebbe potuto essere trasparente per l’attenzione che quello le dedicò.
<< Oh, Asako, è successa una cosa terribile. >> si lamentò con tono melodrammatico.
Lo guardò attentamente, cercando di intuire cosa lo preoccupasse al punto da non fargli nemmeno notare la serata romantica che aveva preparato per loro.
<< Cosa è successo, Rei? >> gli chiese, abbandonando il tono seducente a favore di uno maggiormente comprensivo. << Non ti senti bene? >>
<< No, io sto benissimo. È Sana che mi preoccupa. >> le rispose guardandola con i suoi bellissimi occhi angosciati.
Sana. Istintivamente Asako si irrigidì e la sua mano smise di giocherellare con i capelli, ricadendo lungo il fianco. Avrebbe dovuto immaginare che c’era di mezzo lei. C’era sempre in mezzo lei quando Sagami si comportava in modo così apprensivo.
<< Oggi si è sentita poco bene. >> chiarì, fissandola come se Kurumi avesse la risposta alla domanda che lo attanagliava. << Ha vomitato. >>
Lo disse con il tono con cui avrebbe potuto annunciare un’apocalisse. Asako sentì l’irritazione che saliva, lenta ma inesorabile dentro di lei. Dieci anni che stavano insieme e quella testa di rapa non la guardava neppure solo perché la sua pupilla aveva avuto un lieve malore di stomaco?
<< E non era neanche la prima volta! >> rimarcò a sostegno della sua tesi. << Cosa posso fare? >>
Asako dovette fare un grosso sforzo su se stessa per non rispondergli che poteva andare a quel paese. Inspirò profondamente, pensando che forse non tutto era ancora perduto e sforzandosi di dominarsi per salvare la serata.
Il viso le si schiuse in un sorriso rassicurante – a volte essere un’attrice era utile anche nella vita privata – mentre con voce pacata gli rispondeva:
<< Ho parlato con Sana, Rei. Non devi preoccuparti di niente, davvero. >>
La fissò per alcuni interminabili secondi nei quali Asako pensò, sperò, che finalmente avesse notato che si era fatta bella solo per lui. Poi i suoi occhi si inumidirono.
<< La mia piccola… coraggiosa… Sana…. >> quasi singhiozzò. << Sempre attenta a non far preoccupare gli altri! >>
Si sarebbe quasi strappata i capelli dalla frustrazione.
<< Perché ci sono tutte queste candele? >> domandò lui, gettando finalmente uno sguardo alla stanza.
<< Era andata via la corrente. >> gli rispose amareggiata.
Rei annuì, per niente insospettito, troppo preso dal pensare alla sua piccola Sana.
<< Forse si dovrebbe far visitare da un dottore… >> si perse di nuovo nelle sue elucubrazioni, portandosi una mano al mento. << Va bene che Akito è fisioterapista (1), ma non è proprio la stessa cosa… >>
Kurumi strinse i denti e decise di fare un ultimo tentativo. Gli si posò sulle ginocchia e gli piazzò la scollatura - appena velata dal completino intimo – proprio sotto il naso. Per un attimo Rei si interruppe e il suo sguardo fu calamitato dal seducente solco tra i seni perlacei. Asako provò una soddisfazione profonda nel constatare che finalmente era riuscito a smuoverlo un po’. Avrebbe voluto baciarlo e spingerlo delicatamente fra le lenzuola ma Rei scosse il capo, come per recuperare la concentrazione.
<< Potrebbe essere qualcosa di grave… >> riprese a parlare << E oltre che per la sua salute mi preoccupo anche per la sua carriera: proprio ora che le cose stavano andando così bene… >>
Asako accavallò le gambe, mordicchiandogli il lobo dell’orecchio.
<< Rei… >> sussurrò a fior di labbra.
Lo sentì rabbrividire sotto il suo tocco, ma era ancora teso e la sua mente era presa da tutt’altre questioni.
<< Due volte in una settimana… cosa potrebbe essere? >>
<< Rei… >>
Lui sussultò, preda di un pensiero improvviso, e la scostò malamente.
<< Asako-chan e se fosse un tumore? Al pancreas o al fegato… >>
Lei lo guardò, in parte riversa sul letto e con i capelli arruffati, sgranando gli occhi. Solo lui poteva pensare a una cosa simile per una semplice nausea.
<< Rei… >> tentò di nuovo, di interromperlo.
<< Sana, piccola mia! >> gemette questo stringendosi la testa fra le mani. Asako sentì la pazienza scivolarle di dosso.
<< REI, SANA NON STA MORENDO È SOLO INCINTA! >>
Silenzio. Un secondo dopo aver pronunciato quella frase, Kurumi si pentì di aver rivelato quello che Sana le aveva confidato in segreto. Si sollevò, scrutando attentamente l’espressione di lui.
La guardava con la bocca spalancata e uno sguardo vitreo, il corpo teso e come congelato. Una statua di sale.
Asako si alzò, sospirando, e si rimise la vestaglia.
Una cosa era poco ma sicura: quella sera non avrebbe fatto sesso.

 

 

                                                                                                   ***

 

Akito staccò il turno alle otto di sera, stanco ma soddisfatto. Non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura ma apprezzava il suo lavoro. Aveva provato in prima persona il senso di impotenza che dava il non avere più il dominio sul proprio corpo ed aiutare le persone nella riabilitazione – del corpo ma anche dell’anima – lo faceva sentire più leggero. Come se almeno in parte riuscisse a ripulirsi di tutte le colpe che aveva collezionato quando era solo un ragazzino.
Entrando in casa e osservando Kurata accucciata davanti al forno da cui fuoriusciva un fumo nerastro, Akito pensò che il lavoro non era l’unica cosa che gli piaceva. Gli piaceva la vita. Quella stessa vita che dieci anni prima aveva disprezzato fino al punto di chiedere a Sana di piantargli un pugnale nel cuore, quella vita che adesso stavano faticosamente costruendo insieme. Gli piaceva la vita con Kurata.
Chiuse il portone e il rumore fece sussultare Sana che rischiò di rovesciare la teglia per terra. Tutto sommato non sarebbe stata una grande tragedia: a giudicare dall’odore aveva preparato un’altra delle sue ricette assurde e incommestibili.
<< Hi >> disse in quello che per loro ormai era divenuto un saluto abituale.
Lei si girò a fissarlo, con sul volto il solito meraviglioso sorriso a cui non era ancora riuscito ad abituarsi. Sulla fronte aveva alcune chiazze di farina e all’angolo delle labbra qualcosa che assomigliava tremendamente a cioccolata.
Akito si tolse il cappotto e lo posò sull’appendiabiti, prima di avvicinarsi per salutarla come si deve.
Nell’osservarla da vicino notò che i suoi occhi erano più lucidi del solito, quasi febbricitanti, e che non riusciva a stare un minuto ferma. Ventitré anni compiuti ed è ancora scalmanata come quando era una bambina.
La tirò verso di sé e lei gli cinse il collo con le braccia, attenta a non sporcarlo.
<< È andata bene la giornata? >> gli chiese.
<< Ora va meglio. >> le rispose prima di imprigionare la sua bocca in un bacio morbido e lento.
Si staccò dopo alcuni secondi con il sapore di Kurata e di cioccolato sulla punta delle labbra. Per un attimo il suo sguardo si incupì, poi lei lo invitò a mettersi a tavola dato che la cena sarebbe stata pronta fra pochi secondi.
L’idea di Sana era quella di cucinare pollo al curry – una ricetta in cui non si era mai cimentata – ma difficilmente si sarebbe potuto desumere le origini di quella poltiglia nerastra che lei gli depositò nel piatto, peraltro sporcandolo di sugo.
Fece finta di niente e ingoiò il primo boccone, dando prova di un discreto coraggio. Era più che sicuro che uno di quei giorni lei lo avrebbe mandato all’ospedale per intossicazione alimentare, si trattava solo di capire quando.
<< Com’è? >> gli chiese, fissandolo speranzosa.
<< Terribile. >> sentenziò impassibile.
Per un attimo un bagliore minaccioso attraversò sguardo di Sana, poi quella chinò il capo e riprese a mangiare, cambiando argomento.
La cena proseguì senza grandi scossoni. Kurata rovesciò il sale, fece cadere un bicchiere, si macchiò il vestito con il vino. Fu solo quando inciampò nel riporre i piatti nella lavastoviglie che Akito decise di alzarsi dal tavolo. La abbracciò da dietro e lei sussultò sorpresa, prima di rilassarsi fra le sue braccia e abbandonarsi contro il suo corpo. Le disegnò una scia di baci dalla mandibola fino al collo, poi le mormorò contro l’orecchio:
<< Kurata, vuoi dirmi cosa c’è che non va? >>
Lei si irrigidì all'istante e anche se non poteva vederla sapeva che i suoi occhi avevano assunto un’aria guardinga. La girò lentamente, fino a quando i loro volti non furono ad un soffio di distanza.
<< Cosa intendi, scusa? >> gli chiese, con aria perfettamente innocente.
Akito la osservò con un lampo di divertimento nello sguardo.
<< Guarda che non me la fai. Lo capisco sempre quando hai qualcosa che non va. >>
Sana rise, di un riso nervoso e lievemente isterico.
<< Ma che dici… >> affermò scuotendo la sua buffa testolina.
<< Hai mangiato la cioccolata al latte e lo fai solo quando c’è qualcosa che ti preoccupa e hai bisogno di “un po’ dolcezza”. >> la interruppe, elencando con le dita. << Ti sei messa a cucinare una ricetta nuova perché volevi distrarti; non mi hai urlato contro che sono un maleducato quando ti ho detto che il tuo pollo fa schifo... >> si interruppe per riprendere il fiato e godersi la sua faccia attonita. << Ah, dimenticavo: va bene che sei imbranata ma di solito non rischi di distruggere tutto quello che tocchi. >>
Sana lo fissò, immobile, per una manciata di secondi.
<< Merda! >> bisbigliò poco finemente, cercando di divincolarsi.
Akito non glielo permise, stringendola ancora di più a sé.
<< Allora? >> le chiese, inarcando un sopracciglio.
<< Allora cosa? >> ribatté lei, arrossendo un poco. << Diventi loquace solo per farmi il terzo grado? >>
<< Non costringermi ad usare le maniere forti, Sana. >>
Sgranò gli occhi e schiuse quella piccola bocca che lui avrebbe solo voluto riempire di baci.
<< Non oserest…>>
Non riuscì a finire perché Hayama le bloccò i polsi con una mano e con l’altra iniziò a farle il solletico, fino a costringerla a piegarsi in due.
<< Ahahaha… Aki, basta… per favore… >>
<< Sputa il rospo, Kurata, e ti libero in un secondo >>
<< Aki davvero… è una cosa seria…. >>
Rinsaldò la presa e le fece il solletico ancora più forte. Tutto quel suo dimenarsi gli stava facendo venire strane idee in mente, ma si sforzò di mantenere il controllo, almeno fino a quando non fosse riuscito ad estorcerle il segreto.
<< Aki, basta… mi viene da piangere! Va bene, va bene te lo dico… ma lasciami! >>
<
< Prima parla e poi smetto >> le rispose, facendo fatica a trattenere un sorriso.
Aveva tutti i capelli scompigliati e le gote sembravano andarle a fuoco.
<< Sono incinta! >> esalò con le lacrime agli occhi.
La sua mano si arrestò all’istante e mentre quelle due parole si facevano strada nella sua mente, lentamente lasciò la presa sui polsi.
Dalla faccia preoccupata di Sana, dedusse che la sua espressione non doveva essere delle migliori.
<< Co-come? >> sfiatò aggrappandosi alla speranza di aver capito male.
Sana si dondolò sui piedi, attorcigliando una ciocca di capelli con le dita.
<< L’ho scoperto solo oggi e forse c’era un modo migliore per dirtelo… >>
Continuò a parlare ma lui smise di ascoltarla, lontano mille miglia da quella conversazione, da quella stanza, da quella vita. Lontano mille miglia da lei.
Aprì il portone e si precipitò fuori, mentre Sana era ancora nel bel mezzo di una frase. Il freddo della notte lo accolse in un abbraccio gentile, senza riuscire a scacciare la patina che avvolgeva i suoi pensieri disorganizzati.
Per la prima volta dopo molti anni provò l’irrefrenabile bisogno di correre.

 

 

                                                                                                        ***

 

 

Fuka si svegliò nel cuore della notte, avvertendo un inconsueto fastidio al basso ventre. Si alzò, scostando delicatamente il braccio di Naozumi che le circondava la vita e gettò un’occhiata distratta alla stanza. Lei e Kamura vivevano in un lussuoso e spazioso attico, proprio nel cuore di Tokyo. Aveva scelto personalmente l’arredamento di quella camera: le linee moderne e futuristiche si sposavano in toni di blu cobalto e bianco, colori che a suo avviso trasmettevano un senso di pace e tranquillità.
Eppure quella sera avvertiva una strana agitazione che si mescolava alle fitte allo stomaco, mandandola in confusione. I suoi piedi scalzi percorsero a passi silenziosi il parquet e, avvolta solo in una lunga camicia bianca che un tempo apparteneva a Nao e che aveva trasformato nel suo pigiama, uscì nel balcone.
L’aria fredda di quella notte di Aprile fu come uno schiaffo in piena faccia. Rabbrividì e si strinse le braccia intorno al corpo, gettando lo sguardo sul panorama sottostante.
Anche a quell’ora tarda della notte Tokyo era un brulicare di luci e rumori soffusi. Distrattamente Fuka pensò che lei e quella città si assomigliavano: sempre in movimento, sempre indaffarate, perché fermarsi significava lasciare spazio ai dubbi e alle incertezze che non sapevano e non volevano affrontare.
Apparentemente perfette, in realtà fragili.

<< Ehi. >>
La voce di Naozumi la riscosse dai suoi pensieri. La osservava dalla finestra, con gli occhi arrossati per il sonno.
<< Prenderai freddo a stare lì fuori. >>
Un secondo poco annullò la distanza che li divideva, avvolgendola in un morbido abbraccio. La pelle di Naozumi sapeva di bucato e muschio. Fuka si abbandonò al calore di quel contatto, isolandosi dal resto del mondo.
<< Non riesci a dormire? >> le sussurrò dolcemente contro l’orecchio.
Fuka si limitò ad annuire, il capo appoggiato alla sua spalla.
Lui la strinse più forte a sé.
<< Potremmo impiegare il tempo in un altro modo, invece che gelarci sul balcone… >> le propose scherzoso, ma con un lampo di malizia nei suoi occhi blu.
Fuka sospirò, rivolgendogli un sorriso di scusa.
<< Ho il ciclo. >> lo informò, studiando attentamente la sua attenzione.
<< Oh >>
Un lampo di tristezza gli attraversò lo sguardo ma sparì così velocemente che Fuka si chiese se fosse stato solo il frutto della sua immaginazione.
Un secondo dopo gli occhi di Naozumi tornarono chiari e limpidi. Senza aggiungere altro la abbracciò da dietro, lasciando che anche il suo sguardo vagasse per le strade di Tokyo.

 

 

                                                                                               ***

 

 

Un vagito vigoroso esplose nel cuore della notte. Appena un attimo dopo Misa aggiunse la sua voce a quella del fratello, non volendo essere da meno. Tsuyoshi inforcò gli occhiali e si alzò per accudire i gemelli, questa volta senza che fosse Aya ad incitarlo a farlo.
Una cosa era certa: anche quella notte l’avrebbe passata in bianco.

 





 

Note:

1. Il fatto che Akito faccia il fisioterapista non è una mia invenzione, l'ho trovato in Deep Clear.

 

 

 

Ciao a tutti!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Cosa mi dite di queste quattro coppie? Forse la reazione di Akito potrebbe sembrarvi un po' strana, per ora ho le labbra cucite, ma verrà spiegato tutto a tempo debito.
Mi scuso per il clamoroso ritardo, purtroppo ho davvero un bel po' da fare in questo periodo.

Passando ai ringraziamenti: un grazie sincero a angel92, tokykia, ryanforever, Paola19 e sabry92 per aver recensito il prologo. Grazie anche a chi ha aggiunto la ff tra le seguite/ricordate/preferite ed ai lettori silenziosi.

Una domanda: come lunghezza vi va bene? Se è troppo lungo – e quindi noioso – ditemelo: a me non pare il vero di pubblicare capitoli più corti! :D
Un grosso bacio a tutti
Ely

  
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