Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Trappy    07/03/2012    5 recensioni
Lui è sempre stato il mio Love Penalty. Non una pena d'amore, non solo almeno. Nella mia lingua preferita penalty non vuol dire solo pena o tormento, anzi in verità per il mio gergo professionale lo considero sempre come un rigore: un'opportunità che può cambiare la tua partita in maniera determinante, segnando oppure sbagliandolo malamente per rimpiangere l'occasione mancata. E si sa, certe situazioni vanno prese di punta... ma io ho sempre adorato i tacchi!
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Love Penalty by Trappy


A Valentina, mia beta nonché carissima amica e un po' sorella maggiore.

Ti voglio bene.


• CAPITOLO XXII •
Ordinary life



In futuro non farò mai più affidamento su piani, congetture o progetti, tanto le cose non vanno mai come da copione, né tantomeno come dovrebbero andare se seguissero il normale corso degli eventi.
E stavolta non era così difficile: mio fratello e Simone giocano alla Play, mio padre è al ristorante, mia madre andrà presto ad aiutarlo e, finalmente, io e te rimaniamo da soli. Questo è quello che avevo supposto sarebbe successo e che avevo spiegato a Filippo, peccato che in questo momento io mi trovi a bere una tazza di tisana bollente insieme a Simone, mentre Filippo e Valerio si stanno ammazzando alla Play. Quindi sì, decisamente qualcosa è andato storto. E gli spaccherei la tazza in testa, a quel deficiente. Ma dico, lui mi ha portato ad architettare tutto questo, lui ha piagnucolato sul fatto che non ci saremmo visti finché fossi stata dai miei, lui ha insistito per accompagnare – e ha fatto insospettire – Simone per cosa? Giocare alla Play tutto il pomeriggio! Si è messo in mezzo alla disputa per l’allenatore migliore di PES, e in pratica ha cacciato Simone a suon di sconfitte. Non solo è matto, ma anche incredibilmente infantile, assolutamente inaffidabile e dannatamente insensibile. Oh yes, he is. Se non fosse per la tisana che la mia santa madre ci ha preparato prima di andare giù al ristorante, non saprei proprio che fine avrebbe fatto a quest’ora. Tra l’altro stasera deve farsi trovare al centro sportivo per le nove, visto che il mister l’ha convocato e la squadra si ritroverà lì per il ritiro pre-partita. No, basta, qualsiasi pensiero io aggiunga a questa vicenda non farà altro che avvelenarmi il sangue!
Se continuo così rischio d’impazzire, da quando sono uscita dall’ospedale è stato un vero incubo, niente di meno, prima con mio padre e ora con questo scemo. Il signor capofamiglia in macchina non ha neanche acceso la radio per non farmi agitare e, non appena arrivati a casa, mi ha proibito anche di aprire la finestra per paura di un raffreddore, ha messo sottochiave tè, Coca Cola e caffè; è arrivato anche a pagare mio fratello pur di non farmi comprare le sigarette – come se fossi così dipendente da non poterne proprio fare a meno. Manca poco che passi veramente il limite, sta diventando davvero pesante!
Inoltre non riesco proprio a capire che problemi abbia Filippo per essere così scemo e, mentre sorseggio la mia tisana che dovrebbe essere rilassante, mi viene una grossa idea.
« Questa storia deve finire, tu avrai la tua sfida e io la mia vendetta! », dico, a denti stretti, senza aspettarmi una risposta.
Finisco di bere come se nulla fosse, prendo la mia tazza e quella di Simone e le ficco nel lavandino, senza neanche darmi la pena di sciacquarle, e vado di là, alla pseudo ricerca di un libro che, guarda caso, è nella libreria di fianco al televisore. Ovviamente non mi faccio scrupoli nel passare davanti al divano molto lentamente, attirandomi le maledizioni dei due: Valerio perché gli ho impedito di far segnare Messi, e Filippo perché si è fatto un clamoroso autogol con se stesso – sì, è sulla play, ed è decisamente insopportabile. Bene, troppo poco, così impara a ignorarmi nella mia convalescenza!
Attendo qualcosa oltre le male parole ma, quando vedo che ricominciano palla al centro, capisco che il sabotaggio non ha sortito gli effetti sperati e questo mi costringe a passare al piano 2.0: molto distrattamente e certamente senza dolo, il mio piede s’incastra nel cavo della ciabatta elettrica con le prese di Play e tv, spegnendole entrambe in un colpo solo. Chiedo falsamente scusa e mi volto a controllare le reazioni che, nonostante mi aspettassi esagerate, sono oltre ogni mia previsione: mentre Simone se la ride alle loro spalle, ammiccando verso di me e assaporando la sua vendetta, Valerio e soprattutto Filippo sono rimasti a bocca aperta e occhi spalancati, con il joystick ancora in mano e senza spiccicare una mezza parola.
« Io ti uccido », dice invece Filippo, in quello che a me sembrava shock ed è, invece, una strana elaborazione del lutto. Mi guarda con i suoi occhi di ghiaccio infuocati, e io faccio appena in tempo a scattare verso la mia camera che lo vedo alzarsi e seguirmi per staccare probabilmente la mia, di spina. Riesco a sgusciare in camera, ma non sono abbastanza lesta a chiudermi la porta alle spalle, così lui entra e sento la porta sbattere dietro di sé, mentre io non ce la faccio più e scoppio a ridere. Solo che, dopo un secondo, sono io a sbattere contro la porta mentre lui mi massacra di solletico nei punti giusti, dove sa che non riesco proprio a trattenere le risate: pancia, fianchi e schiena vengono invasi dalle sue dita che mi fanno soffocare dal gran ridere, mentre tento inutilmente di pregarlo di smetterla, per carità.
« Ti sei ricordata quant’è sacra la supremazia a PES tra maschi? Ora subisci! », mi dice, evidentemente divertito anche lui, però.
« E tu ti sei ricordato il mio semplicissimo piano? Hai subito le mie ire da donna trascurata! », ribatto, in un momento di tregua dalla tortura del solletico. Ecco, ci mancava solo il singhiozzo! Quello per aver riso troppo non mi veniva da secoli!
« Ah sì? »
« Sì! », esclamo, interrotta da un altro singhiozzo.
« Allora rimediamo, ma solo per salvaguardare le prossime partite! », mi dice, all’inizio malizioso, ma scoppiando di nuovo a ridere.
« Seriously?! Allora vatti a spupazzare la Play e lascia riposare una malaticcia come me! ».
Tento di spingerlo fuori dalla stanza senza troppa convinzione e, infatti, lui resiste impeccabilmente alle mie spinte e richiude la porta con uno strattone, facendomi cadere sul letto.
« Adesso voglio spupazzare te... », sussurra, serio all’improvviso ma con un bel sorriso dolce che, se non lo conoscessi, mi scioglierebbe – actually, it does anyway. Si siede sul letto – sfatto dalla mia inattesa pigrizia da convalescenza – e mi bacia, così, senza senso, con una mano sulla mia guancia. « Qualcosa in contrario? », aggiunge, staccandosi solo per ricevere un mio cenno di dissenso, prima di essere di nuovo baciata da quella bocca – e, aggiungo, quella persona – fantastica.
Peccato che, evidentemente allarmati dall’improvviso silenzio e credendo in corso un probabile omicidio, Simone e Valerio irrompono in camera, facendosi notare per un’abbastanza rumorosa esclamazione di stupore – il « Cristo! » in coro credo che me lo ricorderò per lungo tempo – e per l’immediato botto della porta che si richiude. Guardo Filippo e scoppiamo a ridere all’unisono, prima di renderci conto che effettivamente dovremmo chiarire la situazione, che non è delle migliori.
Scendo dal letto, convincendomi a togliermi di dosso questo sacco di figaggine ambulante, per andare a stanare mio fratello ed evitare che nel giro di cinque minuti metta in allerta tutto il web sul nostro amichevole scambio di materiale biologico. Oh sì, ne sarebbe capacissimo, anche solo perché adora Filippo così tanto da spargere ai quattro venti il fatto che sua sorella ci sta insieme, più o meno – come se non fossero già amici da una vita, povera bestia. Quindi esco dalla stanza seguita da Filippo che con un passo copre due dei miei e mi tiene distrattamente due dita con la mano, come un bambino, e andiamo a cercarli, trovandoli a sorpresa seduti sul divano a giocare, come se non fossero appena entrati in camera mia vedendoci in atteggiamento poco fraintendibile.
« Valerio, ascolta... so quello che hai visto e capisco che ci sia rimasto un po’ male, ma ti assicuro che è un po’ più complicato di quel che sembra... », comincio a dire, abbastanza imbarazzata – possibile che non riesca a parlare decentemente di questa faccenda senza andare nel pallone?
« Complicato? Non c’è nulla di complicato, lo sapevano tutti tranne voi due! E papà, ovviamente. Non è complicato, è solo fantastico! », m’interrompe, e riceve manforte anche dal suo amichetto.
« Infatti! Non so chi credete di far fesso, ma deve essere davvero molto fesso per non aver già capito l’ovvio. E voi siete i primi fessi della lista! », dice infatti, rivolgendosi a entrambi.
Io rimango zitta per un attimo a pensare. Che cosa, di grazia, avrebbe capito tutta questa gente geniale, se fino a ieri non sapevamo niente neanche noi?! E poi, anche ammettendo che fosse palese, non mi sembra che ci sia stata tanta folla intorno a noi, non tanto da capire qualcosa. Forse solo Amir, visto che in proposito ha rimediato un pugno; al massimo anche Julio e Irina, visto che gliene stavo parlando prima di collassare a cena; anche Amaranta l’avrebbe capito se fosse mia amica, ma evidentemente non lo è, proprio perché non l’ha capito – nonostante sia stata capacissima, invece, di mettermi più volte la pulce nell’orecchio e poi approfittarsene. Mi ha anche chiamata in questi giorni ma, ovviamente, non le ho mai risposto e neanche intendo farlo, o pensare a lei più del dovuto, cioè per niente.
« Scusa Valerio, ma tutti questi presunti geni dovranno essere smentiti e anche con forza. Nonostante la tua sveltezza da paguro, penso che capirai che non è per niente una buona idea divulgare la notizia di questa specie di relazione e, se non ti bastasse, noi non vogliamo che si sappia per il momento. È una cosa privata e tale dovrà restare, hai capito? Lo stesso vale per te, signor davvero molto fesso », gli dico, calcando la voce su cosa privata. I due sbuffano in sincrono e Simone rotea gli occhi, mentre Valerio parte alla carica.
« Cioè non posso dirlo a nessuno? »
« E neanche scriverlo o farci sopra dei rebus, se è per questo », confermo.
« Neanche per rimorchiare? »
« Non capisco perché dovresti parlare di tua sorella a una che ti piace e come questo possa andare a beneficio della tua causa persa, e comunque assolutamente no! »
« Ma che gusto c’è ad avere un cognato famoso se non te ne puoi vantare?! », protesta.
« Prima cosa, nessuno ha parlato di cognati, se proprio ci tieni sposatelo tu. Secondo, quale parte del “non dirlo a nessuno” non capisci? E terzo, non siamo un fenomeno da baraccone! »
« Fratello, smentiscila per favore! Nemmeno in discoteca? Sono sempre così ubriache che neanche se ne ricorderebbero! », interviene Simone, ritenendo forse inutile e controproducente parlarne con me. Guardo Filippo con sguardo assassino, stroncando sul nascere quell’espressione quasi conciliante che non promette nulla di buono.
« Forse in discoteca... », azzarda, e si becca uno scappellotto sulla nuca dalla sottoscritta. Risposta sbagliata!
« Non si ricorderanno di quello che fanno con te, magari! », lo punzecchio, cercando di deviare il discorso da qualche altra parte in modo che si scordino della questione privacy accettandola passivamente. Evidentemente c’è proprio qualcosa che non va in me, o è il linguaggio maschile a essermi del tutto sconosciuto e incomprensibile o viceversa, visto che lo stesso Filippo mi risponde con un poco elegante “Oh-fidati-non-sai-di-cosa-stai-parlando!” con relativo ringraziamento fraterno e bis di violenza da parte mia. Niente, sono proprio senza speranza, come pretendo di mettere qualcosa in testa a certa gente? È una missione impossibile anche per me!
« Dio, non vi facevo così pettegole! Se proprio non riuscite a starvene zitti, fate le comari e parlatene tra di voi! », li zittisco tutti e tre, e anche Filippo sembra tornare in sé e volersi rendere utile, visto che è anche stato lui il primo a tirare fuori il discorso top-secret.
« Ok ragazzi, seriamente ora. Dato che ancora non sappiamo come andrà, è meglio se per il momento lo tenete per voi, anche perché una volta rivelato non avremo più pace. Come favore personale, ecco! Ce la fate? », interviene infine, con una diplomazia che non usa quando parla con me. Sembra un’altra persona! Possibile che io ci abbia provato in tutti i modi e lui con due parole li abbia convinti?! Perché sembra proprio funzionare, accidenti alle loro onde cerebrali maschili o qualsiasi cosa ci sia sotto, e i due si danno un’occhiata rassegnata prima di tornarsene a giocare alla Play, finalmente in pace.
« Come cavolo hai fatto? », gli chiedo, sconcertata dall'efficacia delle sue parole.
« A volte è meglio il miele dell’aceto, ricordatelo... diciamo che mi dovevano un favore e quella parolina gliel’ha ricordato. Inoltre sono risapute le mie capacità di ammaliatore e tu ne sei la prova vivente, mogliettina », mi dice, avvicinandosi e prendendomi per i fianchi, abbassandosi fino a che il suo viso non è pericolosamente vicino al mio.
« Farò finta di essere ammaliata e di non aver sentito il tuo stupido discorso, ma solo perché non sopporterei un altro bacio sul naso prima dell’astinenza fino a domenica... », replico, azzerando la distanza con un bacio vero. Forse è vero che sono stata ammaliata, ma non certo dalla sua lingua – o almeno non dal suo aspetto loquace! « Due giorni mi sembrano lunghissimi, mi chiedo come ho fatto a fare finta che mi facessi schifo per tutto questo tempo! », aggiungo, strusciando il naso contro il suo. Lui sorride sulle mie labbra e mi bacia di nuovo, mentre ci rifugiamo di nuovo in camera chiudendo a chiave, scongiurando il rischio di un’apertura improvvisa della porta da uno qualunque dei membri della mia famiglia.
« Deve solo arrivare martedì e poi tornerai a casa tua, sarà tutto più facile... sto già pensando a una o due cose che ti faranno impazzire, ci tengo che torni presto la Ilia schizzata di sempre! », tenta di rassicurarmi ma, non so perché, l’unico risultato che ottiene è di farmi arrossire come un pomodoro.


Filippo
Lo so, lo so, lo so che è stata una cazzata e che dovrei fare un migliaio di mea culpa, che sono stato avventato e che sarebbe stata l’ultima cosa che avrei dovuto fare in una situazione del genere, ma non ho potuto farci niente. È stato più forte di me, quando mi passa una cosa in testa la devo fare o rischio d’impazzire, anche se non ho pensato granché bene alle conseguenze della cosa. Ma chi se ne frega poi, io l’ho fatto di cuore e d’istinto, è stato bello, è stato strano, come tornare indietro negli anni e ritrovarmi di nuovo all’esordio in serie A, con una dedica da fare e una ragazza ad aspettarmi per saltarmi al collo. Be’, non è un esordio ma un gol al rientro dall’infortunio; la ragazza comunque è la stessa e vuole sempre saltarmi al collo, solo che probabilmente lo farà per staccarmi la testa. Ma non ho potuto farci niente!
« Che cosa vuol dire che non hai potuto farci niente?! Potevi non indossarla, per esempio! », mi sbraita la ragazza in questione dall’altra parte del telefono, mentre sono in macchina diretto a cena. Sono affamato come un lupo e anche in ritardo, ma la partita è finita quasi alle otto, poi tra dichiarazioni, docce, pullman fino al centro per prendere la macchina non potevo fare prima di così. Ovvio che non mi avranno aspettato, sono le dieci passate. Spero solo che Giulio abbia tenuto in caldo qualcosa per me, ne avrò davvero bisogno per reggere la serata che si prospetta.
« Certo, quello potevo farlo, ma mi è piaciuta così tanto! E poi non c’era mica scritto niente di male », ribatto, cercando di nascondere il divertimento per questa telefonata.
« No, era solo un invito a tutti gli sciacalli di controllare ogni tuo minimo spostamento da qui a finché non saranno contenti! »
« Dai, non è detto, magari domani esce qualcosa di meglio e se ne fregano della mia maglietta... non pensavo neanche di segnare, l’ho messa solo così, perché mi andava! E ha anche portato bene »
« Non certo a me! Cerca di evitare impatti di testa col pallone la prossima volta, non ti fanno bene per niente »
« Ma veramente? Oltre a dirmi per l’ennesima volta che sono un coglione pensi anche di ringraziarmi o vuoi tenermi il muso? »
« Non credo che ti ringrazierò, però è stata una cosa molto carina », ammette, e sono sicuro che se fossi lì la vedrei sorridere. Poco, ma lo farebbe.
« Più di quanto mi aspettassi! Comunque sono quasi arrivato, ci vediamo tra un po’ », le dico, abbastanza soddisfatto. « Un bacio », aggiungo, sussurrando, e riaggancio.
Non capisco proprio perché si arrabbi tanto, veramente. Io ho solo fatto una cosa che reputavo abbastanza carina da farle piacere, che le ricordasse di quando stavamo bene insieme e che ho sempre tenuto a lei, in un modo o nell’altro. Proprio non ci trovo nulla di male a indossare una maglietta con dedica, neanche ci avessi scritto sopra “Ilia Flamini nata a Roma il 17 gennaio 1986 ti amo e ti voglio sposare”! Era una semplicissima maglietta con la stampa “For you”, non l’ho neanche fatta fare, l’ho vista in un negozio e l’ho presa, tutto qui. E che ne sapevo io che avrei segnato, poi? In otto anni ho fatto venti gol, non sono proprio un habitué! È stata una serie di casi – la maglietta che mi piaceva e che ho indossato proprio la sera in cui faccio il mio primo e, suppongo, unico gol stagionale – coadiuvati dal fatto che mi sembrava adatto, in quel momento, far vedere quel For you al mondo, o forse solo a lei, che però si è imbestialita. Tutto sommato io lo so che lei non è davvero arrabbiata e che in fondo le è piaciuto il gesto e, se non fosse così paranoica, l’avrebbe anche ammesso e ringraziato. Ma visto che lei è paranoica, ora pensa che tutti vorranno seguirmi per scoprire a chi era destinata la scritta – cosa che ho ampiamente spiegato ai microfoni essere rivolta ai nostri tifosi, sperando che sia bastato.
Parcheggio la mia Smart sul retro del ristorante e scendo al volo per entrare. Ho una fame che davvero mangerei anche la gamba del tavolo! Individuo subito tutta la combriccola al solito tavolo cinque, così vado subito lì a sistemarmi nel posto vuoto vicino a Simone, dopo aver fatto un saluto generale e aver visto un piatto di carbonara fumante, che spicca tra le insalate degli altri. Devo ammettere che Giulio, oltre ad avere un tempismo perfetto, fa sempre le cose in grande!
« Filippo, non fare il maleducato! Saluta e ringrazia come si deve prima di mangiare! », mi fa mia madre di fronte a me, scusandosi mortificata al posto mio per la mia maleducazione, o presunta tale. Io mando giù la forchettata di spaghetti che avevo già in bocca e saluto, di nuovo, e ringrazio, di nuovo, e mi nutro, di nuovo.
« Daniela, non preoccuparti, sono anni che facciamo cene a quest’ora, ormai siete tutti di casa », mi difende Silvia, bontà sua, rivolgendomi un gran sorriso che mi sembra più di una semplice gentilezza.
« Grazie Silvia, comprensiva come al solito! E Giulio dov’è? Con papà? La carbonara è perfetta anche stavolta! », le dico gentilmente, notando che mio padre e metà famiglia Flamini è assente ma, ovviamente, faccio a meno di fare domande sull’altra persona mancante. Non sarebbe proprio da me.
« È in cucina a preparare il dolce e il secondo per te, tuo padre gli fa compagnia. Dovrebbero arrivare! », m’informa, ancora con quello strano sorriso. Che uno dei due fratelli abbia parlato? No, Valerio tiene troppo a quel piccolo segreto, e Ilia non fa altro che convincersi di tenere la cosa per noi. Che l’abbia capito? Ancora più improbabile, non mi sembra che ci abbia visti insieme. Cristo, Ilia mi sta attaccando le sue paranoie e Silvia ha sempre quel sorriso! Maledetti segreti, mi faranno diventare pazzo...
« Filippo! Sei proprio maleducato! Anzi, io e tuo padre ti abbiamo educato fin troppo bene, non so proprio come tu faccia ad essere così sprovveduto! Non chiedi nulla di Ilia? », sbotta di nuovo mia madre, visibilmente imbarazzata dal mio comportamento irrispettoso. Sto per rimediare al non-chiedere-nulla-di-Ilia quando mio fratello scoppia a ridere con il boccone d’insalata a metà strada, e io lo guardo truce. È possibile essere così impanicati solo dopo due minuti di cena? No, non credo proprio. Devo rispolverare un po’ la mia faccia di bronzo! « E tu che hai da ridere? Vale lo stesso per te, sai? », rincara la dose mia madre, e credo di cominciare a capire cosa intendeva Ilia a proposito del suo rapporto con lei, senza però trovare nulla di vero. Sì, mia madre esagera sempre un po’ con l’etichetta e l’apparenza ma, se qualcuno la vedesse quando è a casa, si accorgerebbe che non è niente di più di una madre qualsiasi e una donna che vuole sentirsi sempre al massimo. Cosa tutt’altro che anormale, mi pare! Anzi, in giro ne vedo di peggio, molto peggio...
« Scusate, ma glielo dice sempre anche Ilia », dice semplicemente Simone, tornando compostamente a mangiare la sua insalata.
« Questo perché Ilia è una ragazza intelligente e sa distinguere le persone per bene da buffoni come voi due! »
« Sì mamma, hai ragione, scusatemi. Pensavo di andarla a trovare dopo visto che dovremmo vedere un film con Valerio e Simone, comunque, come sta Ilia? », domando, sperando di sembrare sinceramente interessato. Non che non sia interessato, ma ci ho parlato dieci minuti fa, perciò...
« Meglio, sta meglio caro, grazie di aver chiesto », risponde mia madre, e mi viene un sorriso automatico. È unica, Daniela Mancini è decisamente unica! « Come mai ve ne state a casa invece di andare per locali? », aggiunge, sospettosa. « Ti senti male? »
« No mamma, sono solo stanco! Sono rientrato oggi, era la prima partita intera dopo l’infortunio, preferisco riposarmi. Ma grazie, cara, di aver chiesto », le dico, prendendola in giro e sfoderando il mio sorriso migliore che, però, non riesce a evitarmi uno scappellotto.
« E avete chiesto se non disturbate, almeno? », incalza. Mio Dio, mamma, ti prego! Sono esasperato! Silvia mi guarda e sorride – ancora – prima di venire in mio aiuto e rassicurare mia madre sul fatto che almeno fino alle tre saranno indaffarati qui al ristorante. Io le rispondo con un sorriso, notando che a ogni bugia che aggiungo al mio già ben nutrito repertorio il suo diventa sempre più inquietante e meno dolce. Maledetta, maledetta paranoia!
Approfitto di un momento in cui mia madre mi trova insolitamente educato – o almeno abbastanza da non interrompermi di nuovo – per mangiare finalmente in pace i miei spaghetti e pensare a cosa ci sarà per secondo, tanto domani ci sono già gli allenamenti e io ho un ottimo metabolismo…
Parlando del diavolo, proprio Giulio e mio padre ritornano al tavolo dalle cucine, con sette tiramisù, cinque caffè e un piatto pieno filo all’orlo di fettine di vitello e supplì, ovviamente con l’aiuto di un cameriere.
« Ciao pà, ciao Giù! La pasta ottima come sempre, sei il meglio! », dico, mentre il cameriere mi mette il piatto di fronte e sento l’odore inconfondibile di fritto che m'invade il cervello. Non dovrei, in teoria, mangiare questa roba ma, come ho detto prima, oltre all’allenamento ho il fattore naturale dalla mia parte, perciò me li godo e basta.
« No, te sei il meglio! Abbiamo visto la partita di là, gran gol! E poi la maglietta... grande! », si gasa, dandomi una pacca sulla schiena così forte che per poco non mi fa cadere la forchetta di mano.
« Che maglietta? », s’impiccia subito mamma. E via che ricomincia con le domande proprio quando vorrei mangiare!
« Niente mà, una maglietta con scritto “per te”, per tutti quei tifosi che mi sono stati vicini dopo l’infortunio », le spiego, e stavolta è Valerio che scoppia a ridere e rischia di essere ammazzato.
« E non era meglio “per voi”, allora? Sicuro che fosse per i tifosi? »
« Certo mà, per chi sennò? E comunque è in inglese, sia te che voi, l’ho vista e l’ho comprata, non l’ho neanche fatta fare »
« Questo però è meglio se non lo dici », mi dice Giulio facendomi l’occhiolino, che è anche peggio dei sorrisi di Silvia. Devo smetterla di pensare alle bugie e sentirmi colpevole, non sto rubando né ammazzando nessuno, e non saranno un sorriso o un occhiolino a farmi capitolare!


Ok, ora forse posso capire Ilia quando ha fatto saltare la corrente della tv; giuro che, se potessi, lo farei anch’io in questo esatto momento, e non per approfittarne, sia chiaro. Avevo fatto portare a Simone l’ultimo film di Natale di De Sica, per ridere un po’ – anche se Ilia li trova demenziali e un po’ anch’io, ultimamente; un film così, senza infamia e senza lode, giusto per passare la serata; Avatar perché è un capolavoro, anche se devo ammettere che quando l’ho visto mi sono quasi commosso; mi ero spinto perfino su un thriller, che di solito evito perché mi fanno venire l’ansia; ovviamente l’immancabile horror per spaventare qualcuno.
Ebbene, di tutto ciò, cosa mai poteva scegliere di vedere Ilia?! Un maledetto kolossal con tanto sangue, tante teste che volano, tante vene aperte in due e poca storia. In teoria dovrebbe essere lei ad esserne turbata, soprattutto perché sottolinea continuamente le discrepanze con la storia vera e, invece, sono io che sto chiudendo gli occhi ogni tre per due per non rischiare di vomitare. Sia chiaro che io non ho paura, è solo che ho un piccolo problema: mi sento male anche se qualcuno mi tocca le vene sulle mani, per non parlare di quelle dei polsi e delle braccia; il solo sfiorarle mi fa uscire di testa – non da tutti, ovviamente, ma quasi. È il fatto di sapere che c’è il sangue, che mal sopporto, a darmi fastidio e, tra l’altro, il giorno in cui vedrò troppo sangue in partita penso che sarà anche l’ultimo della mia carriera! Oddio, anche gli occhi no, mi fanno più senso del sangue in sé! Troppe vene violate, troppi arti innocenti strappati dal corpo, troppe teste ruzzolate giù dal collo... che schifo. Riesco a resistere solo perché accanto a me c’è Ilia sul divano che mima gli affondi della spada o i colpi del martello, e la visione è leggermente divertente, anche se non posso ridere perché la darebbe a me una martellata in testa. È così presa dalla violenza senza senso di questo film! Non c’è una trama, non c’è un fondo di verità, non c’è assolutamente niente per cui valga la pena vedere questo maledetto film, e lei ne è entusiasta da morire.
« Non possiamo fare qualcosa di più divertente? Questo film è noioso »
« Così noioso che te la stai facendo sotto! Non mi sono dimenticata del tuo problemino, ricordi che stiamo insieme da tipo... una vita? », replica lei, senza staccare gli occhi dallo schermo. Merda.
« Quello? Mi è passato da tipo una vita! Seriamente, è noioso, non ha niente di vero »
« Sì, come no... a me piace. E poi che vorresti fare, giocare alla play? No, grazie »
« Veramente ci sarebbero un sacco di cose interessanti che potremmo fare... », dico, tra me e me, e la guardo di sottecchi per vedere come reagisce. Infatti la vedo subito arrossire e voltarsi per la prima volta contro di me, rossa in viso per l’imbarazzo e, suppongo, per la rabbia.
« Sei un coglione! Ti ricordo che siamo a casa dei miei, idiota, e che anche se fossimo in un motel a ore te lo potresti scordare! Mi chiedo perché tu sia ancora qui, guarda! »
« Non intendevo quello, guarda quanto sei maliziosa! Potremmo... che ne so, cambiare film? », suggerisco, sconfitto. Non ne posso più di vedere tutte queste teste che rotolano!
« Mm. Allora ammetti che non hai per niente superato quel problema col sangue! Ammettilo! », esclama, trionfante.
« Sì, va bene! Mi disturba! Ti prego, cambiamo film! »
« 'I love shopping', prendere o lasciare! »
« Come vuoi, meglio la ragazza con la sciarpa verde del centurione col moncone », le dico. Mi arrendo. Voglio tenermi nello stomaco la meravigliosa cena di Giulio ancora per un po’, e val bene guardare una scema che spende anche quello che non ha in scarpe e vestiti. Mah...


« Finalmente è chiuso! »
« Shh, piano papà, Filippo si è addormentato. Ha ancora qualche problemino col sangue e non riusciva proprio a guardare il film », sento, da una voce ovattata ma vicina a me. Sposto la testa leggermente di lato per riprendere il sonno da dove ho interrotto, e urto qualcosa che ha tutta l’aria di essere un braccio.
« Allora lascialo dormire, domattina andrà a casa. Valerio? »
« Ah, è uscito con Simone quando è finito il film »
« E tu perché non sei a letto? »
« Papà... tutto il giorno, non ho per niente sonno! Ho messo un altro film... camera »
« Mm. Va bene. Io vado, sono... non fare tardi... notte... ».
Ahh, che divano comodissimo...


Ilia
« Finalmente è chiuso! », urla mio padre, aprendo il portone. Sobbalzo senza volerlo, guardando Filippo accanto a me in un’improbabile posizione che dorme da quasi un’ora. Alla fine non ha retto neanche Becky Bloomwood.
« Shh, piano papà, Filippo si è addormentato. Ha ancora qualche problemino col sangue e non riusciva proprio a guardare il film », gli dico, piano, e glielo indico. Lui si avvicina e lo guarda con un sorriso, mentre il bello addormentato si volta e sbatte contro il mio braccio.
« Allora lascialo dormire, domattina andrà a casa. Valerio? »
« Ah, è uscito con Simone quando è finito il film »
« E tu perché non sei a letto? »
« Papà, sono stata a letto tutto il giorno, non ho per niente sonno! Ho messo un altro film, quando finisce vado in camera », mi lamento. Davvero, come si può pretendere che io dorma dopo due giorni passati tra letto, sedia e divano? Secondo me è anche peggio, altro che riposo!
« Mm. Va bene. Io vado, al contrario di te sono stanco. Non fare tardi, mi raccomando! Buonanotte tesoro », dice, e si accosta per darmi un bacio sulla fronte.
« Buonanotte papà, a domani », gli rispondo, e aspetto che entri in camera per rimettere play al dvd e vedere gli ultimi dieci minuti.
Quando il film finisce, non riesco a non essere felice del solito lieto fine, e guardo sorridendo il bambino accanto a me che, nel frattempo, non si è mosso di un centimetro e, anzi, ha ripreso a russare leggermente. Per fortuna non è fastidioso, almeno quando dorme. M’intrattengo nel quadretto ancora per poco, poi mi alzo per andare a prendere una coperta nel mio armadio. Trovata, la dispiego a metà e gliela butto addosso, tanto per scrupolo. Non vorrei che si ammalasse sul divano di casa mia! In realtà vorrei mettermi anch’io sotto la coperta e dormire qui, ma poi chi lo spiegherebbe agli altri tre membri della famiglia? “Sai papà, noi ci odiamo, ma ci odiamo forte eh, però dormiamo accoccolati insieme sul tuo divano”. No, direi proprio di no. Gli stampo un bacio sulla guancia e lo guardo ancora per un secondo, prima di tornare in camera mia e restarci, finché non viene sonno anche a me e mi addormento.



• Chatter Place •
Prima cosa: odio NVU. Sto provando a portare tutto su WordPad, se per caso fosse più leggero, ma ho i miei dubbi. In ogni caso dubito che sarà formattato come tutti gli altri capitoli, perciò scusate il disordine! Per lo stesso motivo devo togliere, almeno per questa volta, le storie che vi consiglio, ma avrò la mia vendetta!
Poi... ancora una volta non ho aggiornato presto come avrei voluto, e mi scuso con voi di questo ritardo, sperando che prima o poi non perdiate davvero la voglia di aspettare!
Questa è un po' la vita quotidiana di Ilia e Filippo in versione piccioncini, ma ancora in cattività data l'apprensione di Giulio. Dal prossimo capitolo saranno allo stato brado (non so proprio perché li paragono a degli animali, poveri bimbi miei :D) e posso anticipare che vedremo Filippo impegnarsi parecchio per fare le cose per bene, anche se... stop, mi fermo qui :D
Per domani, auguri donne! Siete tutte meravigliose, non certo solo l'otto marzo ma sempre, però dirselo e sentirselo dire fa sempre bene!
Per venerdì, vado incontro a una missione mentalmente suicida, pensatemi un pochino e se sarò fortunata vi racconterò le mie imprese in quel dell'Urbe! :)

Vi ricordo il nuovo profilo su Facebook solo per EFP, cercate Trappy EFP o clickate direttamente!


• Thanks To:
Tutte voi che leggete in silenzio e a tutte voi che recensite, grazie!
A tutti i 76 che hanno messo Love Penalty tra i preferiti, i 46 tra le ricordate e i 172 che la seguono... grazie mille!


Un saluto a tutti,
E.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Trappy