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Autore: Dernier Orage    08/03/2012    1 recensioni
Frammenti di vetro o lomografie di vita quotidiana.
* Geometrie Umane (1987)
* What I Need (1999)
* I Soldati che Restano (2037)
* I'm a stranger here (1997)
* Whatever happens, I love you (1990)
* Rappelle-toi (1978)
* Altrove (2027)
* Il tatto nell'audacia (1981)
* Quanto può essere profonda una persona? (1982)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'No Human Can Drown '
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Rappelle-toi. Toi que je ne connaissais pas. Toi qui ne me connaissais pas*






Brest, Maggio 1978

La sua prima malattia seria fu il tarlo dell’amore. Lo sconvolse, insinuandosi prima sotto le pieghe dell’endocardio e poi contaminarlo, attraverso le vene e i nervi, nel resto del corpo. Ogni tessuto, ogni organo, ogni vena e arteria. Depositato sui tessuti ossei venne assorbito fino al midollo.
L’ultimo fu il cervello, che reagì violentemente come punto da una spina. Negò tutto, cercando di spingerla fuori, schiacciando dapprima i bordi dell’amicizia quasi fraterna, poi quelli delle letture impegnative che si imponeva di affrontare, poi della sensibilità artistica, infine della fase preadolescenziale e i suoi cambiamenti ormonali; inutile dire che non ci riuscì.
Provò ad allontanarsi in modo discreto, quasi con un calcolo matematico decise quante ore al giorno concedersi insieme oltre a quelle scolastiche, per poi scoprire che i pomeriggi passati nel campo da calcio vicino ai magazzini del porto, con dei compagni di classe di cui conosceva a malapena il nome e il cognome e sicuramente non sarebbe riuscito a distinguerli controluce – con lui accadeva invece – non erano altro che la lenta agonia del sentire lo stomaco contorcersi in spire sempre più strette.
Aveva invitato una ragazza a bere qualcosa in un cafè di rue de Siam, era stato piacevole, lei arrossiva e chinava la testa, lasciava i lunghi capelli a nasconderle i lineamenti, indossava una camicetta smeraldo dai bottoncini dorati, era carina; poggiava distratta le labbra rosse sul vetro blu del bicchiere di succo di frutta, rideva leggera con la mano davanti alla bocca, aveva provato a parlarle di musica ma lei sembrò non capire, le aveva chiesto cosa le piaceva, lei aveva risposto questo pomeriggio, questo momento mi piace.
L’aveva guardata intensamente, poi aveva distolto lo sguardo e vagato sul bancone di legno e poi in fondo alla sala, dagli ultimi tavolini, divisi dai separé di vetro smerigliato, offuscati dalle volute di fumo.
E vide quella mano, bianca, ossuta, le nocche arrossate e ruvide, posata su dei lunghi boccoli biondi. L’aveva riconosciuta nel fremito, nello stringere tra le dita quei capelli che parevano morbidissimi, nell’avvicinare i visi per il bacio.
Si era alzato, non si era voltato indietro.
Nell’aria calda aveva strascicato qualche passo.

Dall’altra parte della strada c’era la sua bicicletta verde bottiglia.







* Jacques Prévert - Barbara
   
 
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