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Bad Girl
[Isabella Swan]
Cap. 51 - The butterfly effect
Quando ti svegli e hai la sensazione ch e il tuo
braccio sia completamente addormentato, non reagisce ai comandi e anche la
sensibilità è nulla, come se esso appartenesse a qualcun altro ma basta meno di
qualche minuto perché le dita ricomincino a muoversi.
Tutta me stessa si sentiva esattamente così: intorpidita,
lenta, paralizzata, solo che le cose non miglioravano col passare del tempo.
Congelata, mentre tutto intorno le cose cambiavano
senza che me ne accorgessi.
Evitai accuratamente di passare davanti casa di
Alice. Vedere tutti quei fiori posati lì davanti con tutte quelle dediche e le
vecchiette scuotere il capo afflitte, non facevano altro che accrescere il mio
senso di smarrimento di vivere in una grande menzogna. Così optai per la strada
più lunga da percorrere, sebbene fossi ansiosa di rivedere Alice. Volevo godere
di ogni minuto passato in sua compagnia, finché potevo.
Mentre guidavo considerai che in realtà le
trasformazioni facevano parte della vita stessa. Come la morte. Ognuno di noi subisce
nel corso degli anni, per forza di cose, mutamenti fisici e mentali. Trasformazioni.
Quello di Alice era un piccolo grande evento che
avrebbe determinato, come un effetto domino, un cambiamento non solo per se
stessa ma inevitabilmente anche per le nostre vite. Bastava un sassolino
scagliato nell’acqua per creare sulla superficie cerchi concentrici sempre più
grandi attorno ad esso.
Una
mutazione definitivamente immutabile, suonava buffo e privo di senso ma per Alice
stava per diventare una realtà.
Vita o
morte?
Aldilà dell’altisonante shakespeariana, chi, potendo scegliere, non avrebbe
preferito la prima?
Non potevo certo biasimarla per aver scelto di
continuare a vivere e io stessa, se avessi saputo, avrei premuto affinché lei
optasse per questo. Ma ingannare la morte aveva comunque i suoi contro…
Parcheggiai il pick-up nel piazzale di casa
Cullen e scesi chiudendo la portiera alle mie spalle che emise un tonfo sordo.
Non appena mi avvicinai alla porta qualcuno fu già pronto ad aprirmi.
« Ciao », Edward mi salutò spostandosi di lato
per lasciarmi libero il passaggio.
« Ciao », risposi schiva per dirigermi di corsa
al seminterrato senza che nessuno mi accompagnasse.
Lo scantinato di casa Cullen in realtà non era
altro che una specie di bunker blindato. La prima impressione che mi aveva dato,
non appena attraversata la porta spessa quanto due muri accostati (che per
fortuna trovai aperta), era quella di trovarsi in un ospedale. All’interno,
infatti, vi si trovavano diversi strumenti medici e piccole attrezzature. I
neon bianchi illuminavano quello che non era altro che un unico vastissimo vano
del perimetro pari alle stanze del piano di sopra e un piccolo bagnetto spoglio.
Dietro un piccolo divisorio si trovava il
lettino dove era disteso il corpo di Alice.
« Isabella », la voce musicale di Esme mi diede
il benvenuto seguita da un dolce sorriso. Aveva i capelli color caramello
raccolti sulla testa in uno chignon da cui spuntavano piccole ciocche
sbarazzine.
Con una piccola spugnetta imbevuta d’acqua era
intenta a lavare delicatamente le braccia di Alice. Avrebbe potuto senz’altro
farlo molto più velocemente e ugualmente bene ma svolgeva quel compito come l’avrebbe
fatto un qualsiasi umano, con l’aggiunta però di una cura e un amore che non mi
era difficile percepire.
Salutai a mia volta, stupita di non trovare
Jasper che braccava assiduamente quel luogo in attesa che Alice si svegliasse.
Il mio sguardo si posò su Alice. Rispetto al
giorno precedente notai che stava già perdendo il suo colorito rosato e non
potei fare a meno di sentire una fitta all’altezza della bocca dello stomaco
poiché adesso sembrava davvero morta.
« Ti spiace aiutarmi? », disse la giovane donna
passandomi una spazzola.
Annuii sedendomi su uno sgabello che qualcuno si
era preoccupato di portare laggiù per me e iniziai a spazzolare i capelli corvini
di Alice. Le setole procedevano con fin troppa facilità. Le sue ciocche erano
setose, morbide e luminose come dopo uno di quei trattamenti professionali dal
parrucchiere.
« Può sentirci? », le domandai dopo qualche
minuto di silenzio.
Quando l’avevo vista, il giorno precedente, non
ero riuscita a far altro che piangere e baciarle le guance e le mani. Il calore
e il colorito della sua pelle mi avevo rassicurata ma non ero ugualmente
riuscita a dire una parola, nulla di tutto ciò che avrei voluto dirle.
Esme assentii muovendo leggermente la testa. «
Il ricordo più vivido della trasformazione è senz’altro il dolore », iniziò ma
si fermò immediatamente, forse notando l’espressione che dovetti aver assunto a
quelle parole.
« Edward ti ha mai raccontato di come fui
trasformata? », mi domandò subito dopo.
Edward, sebbene rispondesse volentieri alle mie
curiosità, non era molto incline a parlarmi degli affari degli altri. Sapevo
esclusivamente che quando Esme fu trovata lottava tra la vita e la morte e che
Carlisle la trasformò per farne la sua compagna.
Seppur non avessi risposto, lei continuò.
« Nel 1911, quando ero solo una ragazzina di
sedici anni, mi ruppi la gamba cadendo da un albero. La mia famiglia viveva in
una fattoria fuori Columbus e mia madre mandò mio fratello a cercare il dottore
locale che però quella sera non c’era.
Era già calato il buio quando mi portarono nel
piccolo ospedale della città. Ricordo che promisi a mia madre che non mi sarei
mai più arrampicata sugli alberi mentre lei mi ripeteva che se mi fossi
comportata come conveniva a tutte le signorine della mia età questo non sarebbe
successo e che se fossi rimasta zoppa nessun brav’uomo mi avrebbe voluta
sposare.
Il dottore che mi curò era di una bellezza
angelica e mi rassicurò dicendo che solo un folle non avrebbe voluto sposarmi ».
« Carlisle? », domandai affascinata dal suo
racconto.
Annuii e sulla sua guancia destra comparve una
piccola fossetta come se parlarne la emozionasse ancora.
« Sì, e non dimenticherò mai quel nostro primo
incontro.
Il mio grande sogno era quello di trasferirmi ad
Ovest e diventare un’insegnate ma mio padre non riteneva fosse rispettabile per
una signorina vivere da sola. In quello stesso periodo Charles Evenson, figlio
di amici di famiglia, mostrò il suo apprezzamento per me e così la mia famiglia
mi convinse a sposarlo all’età di ventidue anni.
Mi resi presto conto di aver commesso un errore.
Le mie idee sul matrimonio e sugli uomini furono presto disattese da quello che
era diventato mio marito. Il lato privato di Charles era diverso da quello che
si sforzava di mantenere in pubblico. Era un uomo violento che abusava di me. Quando
fu chiamato per combattere la prima Guerra mondiale fu un grande sollievo e quando
scoprii di aspettare un bambino decisi di scappare. Non volevo che la mia
creatura crescesse in quella casa ».
Esme si fermò un momento. Se non avessi saputo
che fosse un vampiro, avrei potuto giurare di riuscire a vedere una lacrima
scorrerle sul viso. Poi, con sguardo distante, continuò a raccontare.
« Purtroppo Jeremy morì poco dopo la sua nascita
ed io, ormai sola, presi la decisione di raggiungerlo ».
Smisi di respirare a quel punto. Se non me
l’avesse raccontato lei stessa sarebbe stato difficile credere fosse andata
davvero così.
« Mi crederono morta e mi portarono direttamente
in obitorio. Non avevo idea che Carlisle stesse lavorando proprio ad Ashland.
Quando mi vide si ricordava ancora di me e della ragazza felice che ero stata
quando avevo sedici anni, così decise di salvarmi.
Le mie condizioni erano davvero critiche e il
veleno dovette risistemare diverse ossa rotte. Probabilmente è per quello che
ho sofferto tanto durante il processo di trasformazione. L’unica cosa che mi
dava la forza era sentire la voce di Carlisle sempre al mio fianco ».
Osservai il corpo immobile di Alice.
« Non posso esserne certa, ma credo che lei non
stia soffrendo », mi rassicurò.
« Posso farti una domanda? ».
« So già cosa stai per chiedermi e sì, sono
contenta che Carlisle l’abbia fatto », rispose esattamente a ciò che stavo per domandarle.
La domanda mi era sorta spontanea: in fin dei
conti Esme aveva preso la terribile decisione di suicidarsi e invece, ironia
della sorte, ora era costretta a vivere per sempre. Per Alice era diverso: lei
aveva scelto di diventarlo.
Strizzò la spugnetta in una piccola bacinella e
lambì la pelle bagnata con un asciugamano bianco. « Ho sempre sognato di avere
una figlia femmina », mi confidò fissando Alice e io non potei fare a meno di
avere un po’ paura.
Esme sorrise comprensiva. « Fui trasformata in
vampiro quando il mio corpo era ancora quello di una madre. L’essere un vampiro
enfatizza le tue percezioni, le tue emozioni e senza dubbio anche le tue attitudini
e inclinazioni. Edward, ad esempio, fin da quando era umano aveva la
propensione a capire e comprendere le persone… Se c’è una cosa che credo di
aver ereditato dalla mia umanità è il mio senso di maternità e protezione. Sono
felice di aver avuto la possibilità di fare da mamma a dei ragazzi stupendi e
adesso di occuparmi di Alice… ».
Pensandoci, per Esme non doveva essere stato
affatto facile. Per un secolo era stata l’unica donna in una casa di vampiri.
Non aveva mai potuto confrontarsi con nessuno.
« Quanto ti ci volle per non essere più tentata
dal sangue umano? », quella era la domanda di cui avevo più timore di sentire
la risposta ma che era indispensabile le facessi. Tradotta suonava: quanto
tempo ci vorrà prima che possa rivedere e riabbracciare Alice?
Mi scrutò forse per valutare se essere onesta o
meno, e poi rispose. « Non poco. È un desiderio che è sempre presente solo
sopito all’interno di noi. Quando Alice si sveglierà sarà molto forte perché
dentro di lei scorre ancora sangue umano e il desiderio di bere sarà
insopportabile ».
« E’ per questo che non potrò più vederla? »,
nonostante l’avessi già preventivato, non potei fare a meno di piangere.
In un attimo Esme fu da me. Asciugò le mie
lacrime e cercò di confortarmi.
« Adesso ti lascio sola con lei », disse, « così
potrai parlarle ».
Bad Girl
[Jasper Cullen]
Cap. 51 extra - dr Chestnat
Non c’era niente di più irritante di stare in un
posto quando si vorrebbe essere da tutt’altra parte.
Lo psicologo della scuola, il dott. Chestnat,
aveva insistito con il vedermi. Era convinto di riuscire a risolvere la mia
sofferenza e di farmi elaborare il lutto.
Cazzate. Se Alice fosse morta realmente, nemmeno
se avesse avuto il controllo diretto sulla mia mente avrei potuto
accettarlo.
La verità era che se non avessi dovuto fingere
di essere un comune ragazzo avrei volentieri fatto a meno di lui e della sua
terapia per quelle ore ogni giorno.
« La fase che stai passando è una fase molto difficile…
», disse l’uomo di fronte a me sistemandosi gli occhialini rotondi sul naso.
Cercai di trattenere una risata. Era la
milionesima volta che me lo ripeteva.
Ma cosa voleva saperne quest’uomo?
Di sicuro da queste tre sedute avevo appreso più
io di lui, che viceversa. Di fronte a me visualizzavo la figura di un uomo che
cercava di nascondere le sue insicurezze, titubanze che sicuramente non avrei
rilevato se non avessi avuto potere di farlo. Sulla sua fronte un velo di
sudore, quasi si stesse impegnando a elaborare chissà quale teoria freudiana. Non
mi sprecai nemmeno a utilizzare il mio potere su di lui per tranquillizzarlo.
« La morte della tua amica è sicuramente un
evento tragico ma bisogna riuscire a trarre le cose belle da tutto », continuò retorico.
« Qual è il tuo ricordo più bello che hai di
Alice? », mi domandò.
Finsi di pensarci intensamente. Sapevo
esattamente quale fosse, anche se nella mia testa se ne alternavano più di uno.
Ma di certo non l’avrei detto a lui.
Non accennai quindi a nessuna risposta, come
sempre del resto.
Il signor Chestnat aveva catalogato la mia
svogliatezza e totale mancanza di interessamento nei suoi confronti come una
“fase di negazione”, o almeno era questo che aveva scarabocchiato nei suoi
appunti. Con una freccia poi aveva aggiunto: “assenza si lacrime”. Ottima osservazione, Watson.
Osservai il timer sulla scrivania, aspettando
ansiosamente il momento in cui sarebbe suonato.
Erano ormai passati tre giorni dal momento in
cui Alice aveva subito la trasformazione. Edward aveva passato quei giorni in
allarme, concentrato sui pensieri delle persone, semmai avessero sospettato di
noi e fino allora nessuno lo aveva fatto. Il signor Brandon e Isabella erano le
uniche persone che giornalmente, senza creare alcun sospetto, erano venute a
farci visita, fino ad oggi. Da domani ogni umano si sarebbe dovuto tenere alla
larga il più possibile da casa nostra. L’Alice vampira era un’ incognita
persino per me che avevo avuto a che fare con una miriade di neonati. Mi ero
persuaso che lei sarebbe stata meno selvaggia e più controllata considerato che
la sua trasformazione era frutto di una scelta consapevole. Allo stesso modo
ero conscio della forza che avrebbe avuto e sapevo che senza Emmett non sarebbe
stato facile tenerla a bada.
Tic. Premetti il tasto per
interrompere il cronometro, poco prima che questo suonasse.
« Per oggi abbiamo terminato », annunciò il
dott. Chestnut.
« Temo che questa sia la nostra ultima seduta
dottore », comunicai, « adesso mi scusi
ma vado di fretta: ho un appuntamento al quale non potrei mancare per nulla al
mondo… ».
Ciao
ragazze!
Non
riuscirò mai a scusarmi abbastanza con voi per il ritardo con cui posto.
Cercate di comprendermi.
Il
capitolo come avrete notato è un capitolo di passaggio. Non viene detto nulla
di nuovo. Infatti la storia di Esme è la sua vera storia http://it.wikipedia.org/wiki/Esme_Cullen
Personalmente
non la conoscevo così nel dettaglio quindi ho deciso di riportarvela. Mi piaceva che Isa avesse la possibilità di
passare un po’ di tempo con Mamma Cullen.
Fatemi sapere se ho fatto bene.
“Chestnut”
(il nome dello psicologo) tradotto vuol dire castagna. È il modo in cui io e le
mie compagne di classe appellavamo il nostro prof. di matematica per il suo
modo di vestirsi sempre delle tonalità del marrone.
Non
so se avete notato che il rapporto Isa-Edward si è un po’ incrinato, vedremo
presto perché…
Nel
prossimo, come avrete capito, Alice si sveglierà…
Spero
che mi lasciate un piccolo commento! È appurato che mi aiutino a scrivere.
È
da un po’ che me ne dimentico ma è assolutamente indispensabile che io lo
faccia: un GRAZIE megagalattico alla mia beta Barbara che pazientemente corregge le mie pazzie.
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Come sempre un GRAZIE a chi ha inserito la ff tra le
preferite/seguite e chi legge in silenzio.
Invito chi non l’avesse ancora fatto ad iscriversi.
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