Ci
sono riuscita!!! Commossa ç_ç proprio questa sera
ho finito di scrivere e ho
davvero voglia di pubblicare invece non ho nessunissima
voglia di rileggere
il capitolo.
Un
augurio speciale a tutte le donne di EFP, sono ancora in tempo!
>.<
Ahahahah,
Muhahahah SI! SANGUE!!! Eh-Ehm ok ora basta, questo era un modo per
avvisarvi
che in questo capitolo Neah sarà alquanto crudele (Crudele
è la parola giusta?
Bah…), almeno nella prima parte.
Non
restateci troppo male... se lo meritava >.< non dico
altro perché non
voglio fare spoiler ;)
Non
so che altro dirvi ^^”
Buona
lettura.
Capitolo
13. Un’ anima sporca.
Parte
3.
“Ho
rinunciato alla
mia anima. Sono colpevole di tradimento.”
[30 Seconds to Mars
– Stranger in
a Strange Land]
Si
ridestò nello stesso posto in cui era svenuta, sulle scale a
pochi passi dalla
porta della sua stanza, rimase per qualche istante in quella scomoda
posizione
mentre la vista –solo quella dell’ occhio destro-
tornava lentamente.
Sospirando
e con qualche difficoltà riuscì a mettersi a
sedere, la mano non la reggeva,
non la riusciva a più muovere e il colorito scuro era quasi
arrivato fino al
polso.
Un
pugnale. Fuoco. Bende. Non serviva altro per amputare una mano.
Quando
calò il colpo con forza sul polso inizialmente non
sentì nulla, il dolore venne
dopo, quando il sangue cominciò a sgorgare copioso e fu
costretta a passare il
moncherino sul fuoco per cauterizzare la ferita.
Perdere
una mano le andava anche bene se le avesse risparmiato il braccio, la
spalla e
tutto quello che l’ infezione avrebbe deciso di mangiarsi.
“Maledetti
Generatori, vi divertite a giocare con la vita altrui in questo modo
spregevole.”
Aprì
il pesante portone che dava sull’ esterno. Il vento le
lambì la pelle pallida,
scostando dal viso la ciocca di capelli scuri che aveva volutamente
lasciato
cadere sopra l’ occhio cieco, inspirò a pieni
polmoni l’ aria della sua città
natale accorgendosi della vitalità che la impregnava, come
una pulsazione, un
richiamo.
Voltandosi,
alzò lo sguardo puntando gli occhi sulla torre in cui si
trovava la sua stanza
e le si strinse il cuore quando vide l’ imponente figura nera
del drago
aggrappata al suo tetto appuntito. Pietrificato, il suo corpo teso
nello spasmo
prima del volo, gli artigli affilati che avevano lasciato segni
indelebili
sulla scura costruzione, la coda lunga si avvolgeva sulla torre, le ali
completamente spiegate, ampie, sottili e poderose, i suoi due paia di
occhi
sembravano ancora rilucere di quella rossa rabbia che lo animava
durante le
battaglie, sulla testa spigolosa svettavano due lunghe corna e la bocca
spalancata era bloccata nel suo ultimo ruggito contro la luna.
Si
costrinse a distogliere lo sguardo da quella splendida creatura che
sembrava
ancora pulsare di vita, i suoi occhi caddero sull’ esile
figura che ora era in
piedi davanti a lei, un moto d’ irritazione la pervase quando
si accorse che si
trattava della piccola Lishe che la guardava da sotto le sue lunghe
ciglia
scure, fra le braccia stringeva convulsamente un’ oggetto
circolare.
Rimasero
per lunghi istanti a fissarsi con astio, il vento sembrava essersi
fermato, in
attesa che il tempo riprendesse a scorrere, e questo sembrò
accadere quando la
bambina alzò del tutto lo sguardo su Neah, nei suoi occhi
scuri c’ era spazio
solo per la rabbia, causata chissà da cosa.
“È
meglio non avere anima piuttosto che averla sporca come la
tua.” Disse la
bambina rabbrividendo. Allungò poi le esili braccia
mostrando ciò che teneva al
petto; uno specchio con una cornice nera finemente decorata. La
superficie
argentea non rifletté subito la sua immagine
bensì si coprì in parte con nere
macchie, in mezzo a quella cupa cornice apparve un volto, Neah vi si
riconobbe
anche se in quell’ immagine non c’erano cicatrici
ed entrambi gli occhi erano
sani. Gli occhi di un ipnotico color ametista, intenso e affascinante
non
celava lo sguardo sveglio, malizioso. No, non era lei, era Lysander
-Lys-, sua
madre.
Una
fitta le colpì il cuore e non riuscendo a sopportare la
vista di quello
splendido viso che sorrideva appena, macchiato dagli scuri aloni dello
specchio, alzò lo sguardo sulla bambina che a sua volta la
fissava impassibile.
Alzò
lo specchio coprendosi il volto così che Neah fu costretta a
guardare il
riflesso sullo specchio, che questa volta era il suo, un’
espressione
sofferente e la pelle deturpata da quelle orribili cicatrici veniva man
mano
ricoperta di chiazze scure fino a sparire dietro una cortina
d’ oscurità.
Neah
sentiva qualcosa grattarle contro lo sterno, qualcosa che chiedeva di
essere
liberato, era rabbia? Non le importava, quindi lo lasciò
libero. Un’ altra
folata di vento gelido scosse i loro abiti di luce e tenebra.
La
ragazza si inginocchiò con estrema calma per guardare meglio
in faccia Lishe
che aveva scostato appena lo specchio.
“Non
ha senso andare avanti se si è così
sporchi.” Disse la piccola che arretrò di
un passo quando la ragazza allungò le braccia verso di lei.
Una quiete glaciale
le era scesa in corpo, vedeva quello che avrebbe fatto in uno specchio
di
purissimo ghiaccio.
“Vieni
qui, piccola Lishe.” Disse Neah soave, ma la bambina non dava
segni di volersi
avvicinare “Sorella.” Disse infine la ragazza
facendo crollare le insicurezze
della piccola, pronunciare quell’ ultima parola le era
costato uno sforzo
sovrumano, naturalmente non la considerava sua sorella.
Sulle
labbra della piccola si formò un lievissimo sorriso e si
lasciò toccare le
braccia dalle mani –solo una perché
dell’ altra era rimasto solo un moncherino-
fredde della ragazza.
“Vieni
qui.” Continuò lei con tono dolce ed
inaspettatamente al prese in braccio,
Lishe strinse convulsamente lo specchio tra le braccia nel terrore di
perderlo.
Gli occhi neri della piccola si specchiarono in quelli corvini di Neah
con uno
sguardo interrogativo.
Neah
teneva la bambina in modo da avere il braccio buono libero, quando
iniziò a
parlare.
“Non
importa avere l’ anima pulita o sporca, e sinceramente a me
non importa.” Una
pausa, nella quale la piccola la guardò con
intensità. “Continuerò ad andare
avanti, a camminare, e non sarà di certo la figlia
dell’ uomo che odio a
fermarmi con i suoi giochetti da quattro soldi allo specchio.
Chiaro?” Chiese
Neah alla bambina che ora la guardava con rinnovato odio.
Fece
per parlare ma la ragazza la bloccò
premendole un dito sulle labbra. “Non puoi
permetterti di parlare,”
Ricominciò la vampira facendo lentamente scendere il dito
sul morbido profilo
della piccola, sul collo fino alla clavicola prima da staccarlo.
“Non hai
ancora capito come funziona questo mondo.” Concluse
infilandole la mano libera
nel petto, il sangue iniziò a sgorgare viscido sulle sua
mani e Neah si inebriò
di quella sensazione che ogni volta le dava alla testa, la bambina la
fissava
con gli occhi strabuzzati e la bocca aperta in un muto grido, lo
specchio le
cadde dalle mani rompendosi al contatto con il terreno in mille schegge
scure.
Sentiva
il pulsare rapido del suo piccolo cuore e non provò nulla
quando glielo strappò
dal petto.
Rimase
a guardare quel colore ipnotico che si impossessava del nero
dell’ ossidiana,
la gola prese a bruciare così come il marchio che aveva
sulla schiena, si
accorse del cambiamento del colore dei propri occhi. Ma non si sarebbe
abbassata a berlo da terra. Sospirando passò oltre.
Scese
la lunga scalinata, non facendo caso alla figura seduta sugli ultimi
gradini. I
suoi abiti sporchi di sangue venivano mossi dalla lieve brezza che si
era
alzata, il cielo ancora coperto da uno coperta di grigi nuvoloni e
l’ aria
appesantita dall’ umidità.
Neah
si passo la mano destra sul moncherino che era rimasto della sinistra,
sospirando. Non era una grave perdita, una mano sola le bastava e
comunque
avrebbe trovato un Generatore disposto a
‘riattaccarla’, sapeva che potevano
farlo, come quello lì, Azue, semplicemente toccandola era
riuscito a farle
marcire la mano –ah, di certo l’ avrebbe ammazzato
il prima possibile-. Li
detestava, con tutto il suo cuore, anche se nel corso della sua vita
aveva
avuto occasione di incontrarne ben pochi le avevano sempre dato un
senso di
ribrezzo, resuscitare le persone era una cosa orribile, una volta che
si è
morti si è morti, o no? L’ anima se ne va via.
Si
fermò con un piede sullo scalino sottostante.
L’
anima,
storse la bocca
infastidita dal suo stesso pensiero, non aveva mai creduto a tutte
quelle
stronzate sulle anime, eppure sapeva che una volta morti qualcosa
cambiava
radicalmente –a parte il fatto della pelle che va in
decomposizione o del fatto
che ti ritrovi sotto terra, eccetera eccetera-.
Ma
comunque non le importava più di tanto, l’ unica
cosa che aveva bisogno di
sapere era se c’ era un posto per lei.
Arrivò
in fondo alle scale quando sentì dei colpi di tosse,
voltò la testa e vide
Zephit che si stava coprendo la bocca mentre tossiva con in mano una
bottiglia
di liquido trasparente, quando finalmente riuscì di nuovo a
respirare la guardò
con le lacrime agli occhi –causate ovviamente dal mancato
soffocamento-.
“L’
hai uccisa.” Commentò piatto l’ elfo,
non la stava accusando. “I Generatori
avranno da lavorare.” Terminò lui sospirando
l’ aria umida.
“Già,
e probabilmente morirà una seconda volta.” Disse
Neah con la voce lievemente
irritata.
“Faresti
bene ad andare via prima che tuo padre si accorga dell’ odore
del sangue.” Neah
si voltò alzando la vista fino al corpo riverso della
bambina, il sangue si era
allargato ancora e ora colava lento, verso di loro, dagli scalini.
“Non
vorrai farti torturare ancora.” Continuò
l’ elfo notando il silenzio della
ragazza, che a quel commento si voltò verso di lui
fulminandolo con lo sguardo.
“Infatti,
stavo andando.” Disse dirigendo lo sguardo verso le strade
deserte.
“Dove?”
Chiese con curiosità lui, bevendo un sorso dalla bottiglia
trasparente, aveva
già gli occhi lucidi ma non era affatto ubriaco, gli ci
sarebbe voluto molto di
più che una semplice bottiglia di vodka. “Questo
mondo è diventato un mortorio,
sembrano morti tutti.” Disse le ultime parole sussurrando
appena, ma di certo
lei l’ aveva sentito.
“Gli
Umani.” Sussurrò lei pensierosa guardando il
cielo, quando sentì un colpo alla
bocca dello stomaco, abbassò lo sguardo e vide il familiare
fodero chiaro della
sua spada appoggiata contro il suo cappotto, guardò
l’elfo interrogativa.
“Va
via da qui, il prima possibile, ovunque, ma lontano da questo
posto.” Disse lui
con rinnovata urgenza, fissando le vie della città che si
stendevano davanti a
loro. Tutto quel silenzio, la mancanza di persone ad affollare le via
altrimenti chiassose, la morte stessa sembrava aver abbandonato quel
luogo. Neah
afferrò la spada guardando l’ elfo che ora si era
messo a sorseggiare dalla
bottiglia trasparente.
“E
tu?”
Zephit
accennò un sorriso. “Finché Azue
è vivo non rischio la vita.” Concluse
soddisfatto, portandosi alle labbra la bottiglia. “O almeno
credo.” Disse con
le labbra che sfioravano il vetro della bottiglia, mentre le
sopracciglia si
aggrottavano al pensiero di uno dei tanti possibili futuri che si era
immaginato.
“Perché
fai questo?” Chiese lei con pura curiosità,
sfoderando appena la spada, alla
bellè meglio a causa della mano mancante,
per
controllarne il filo.
L’
elfo alzò le spalle mentre un tuono ruggiva in lontananza.
“Morto, sono già
morto. Mi sembra giusto aiutare le persone che possono ancora
vivere.” Fece una
pausa avvicinando il collo della bottiglia alle labbra. “E
poi ad essere
sincero non mi importa niente di quella che sta architettando quello
stronzo.” So di essere morto, lo so
da tempo.
Detto
questo bevve un lungo sorso dalla bottiglia temendo di aver fatto
arrabbiare la
vampira a causa dell’ insulto a suo padre.
I
suoi occhi rimasero quieti.
“Grazie.”