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Autore: Shari Deschain    09/03/2012    1 recensioni
«Cosa ci fai qui?», domanda il vampiro.
Uno sbuffo ironico è la risposta che ottiene per prima. «Lo sai perché sono qui», aggiunge però Lexi subito dopo, tanto per essere quanto più chiara possibile.
L'altro si limita ad annuire, pur non sapendo se lei possa vederlo o meno. La sensazione di stanchezza torna di nuovo, prepotentemente, a prendere possesso del suo corpo. Non la fame però. O almeno non ancora. Ma anche quella verrà presto.
Stefan posa una spalla contro lo stipite della porta e continua ad osservare la stanza buia, mentre la figura di Lexi si sposta verso le finestre.
«Non ho bisogno del tuo aiuto», mormora sottovoce. Mente sapendo di mentire, ma non può farne a meno.
«Già sentito», ribatte infatti lei, scostando bruscamente le tende.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lexi, Stefan Salvatore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wanted dead or alive '
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#3 - Fall From Innocence




Praga, Settembre 1930.





La punta della stilografica disegna ghirigori astratti nell'aria, pochi centimetri al di sopra della pagina bianca, senza però mai sfiorarla. Stefan sbuffa, poi prende tra le mani il proprio diario ed inizia a sfogliarlo a caso, senza vederlo veramente. Pagine e pagine di parole che non ha voglia di leggere e di storie che preferisce non ricordare. Troppo dolore concentrato in un solo posto. Non a caso Lexi minaccia spesso di bruciarglielo, quel benedetto diario.

Il vampiro sospira e alza lo sguardo sulla grande vetrata di fronte a lui. Fuori da lì Praga è battuta da una pioggia impetuosa, così fitta da creare una sorta di pesante sipario semitrasparente, che incombe minaccioso sull'intera città.

Venire in Europa è stata un'idea di Lexi, ovviamente. Cambiare del tutto aria, lasciarsi alle spalle quello che è successo, vedere nuovi posti, iniziare daccapo. Così ha detto, o almeno questo è quello che gli sembra di ricordare. Non le ha prestato molta attenzione, ad essere onesti.

Non si può comunque dire dispiaciuto di aver lasciato l'America, il cui clima di Grande Depressione non gli avrebbe di certo giovato all'umore, come afferma scherzando Lexi certe volte. Si trovi su un continente o su un altro, Stefan non ha comunque molta voglia di ridere al momento, e se da una parte gli dispiace essere un compagno di viaggio così poco gradevole, dall'altra sa che a Lexi non importa affatto. La cosa, inoltre, non le impedisce affatto di trascinarselo dietro nei suoi giri per la città, tra negozi, musei e locali di dubbio gusto.

Stefan di solito sbuffa ma poi si lascia coinvolgere senza troppe discussioni. Le lunghe passeggiate lo aiutano a distrarsi e, stando entrambi sempre ben attenti a non trovarsi mai a lungo nel mezzo di una folla, anche a controllarsi meglio. Altre volte semplicemente non se la sente di affrontare il mondo esterno, e allora rimane lì in albergo, a leggere e ad ascoltare musica. O a tentare di scrivere, come ad esempio sta facendo in quel momento.

Il vampiro getta un ultimo sguardo al diario e poi si decide a chiuderlo una volta per tutte, avvolgendolo strettamente nel suo laccio di cuoio. Non sa davvero cosa scriverci sopra, né come anche solo iniziare a descrivere questi mesi di viaggio, passati a spostarsi ininterrottamente da una parte all'altra dell'Europa, senza una meta precisa né un itinerario che abbia un minimo di senso. A dire il vero non fanno altro che prendere il primo treno in partenza dalla stazione più vicina, e scendere poi alla fermata che piace a Lexi. Hanno già girato quasi tutto il nord est europeo, in quel modo.

A Stefan però riesce difficile tenere il conto delle città, ricordarne i nomi o apprezzarne le bellezze. È come se fosse avvolto in una bolla di sapone, sottile ma fin troppo concreta, che lo tiene separato dalla realtà, pur lasciandogliela intravedere.

Fa molta fatica perfino a parlare con Lexi, che pure non esita ad invitarlo puntualmente a sfogarsi con lei se sente il bisogno di scaricarsi un po' di peso dalle spalle. Stefan sorride e la ringrazia, cordiale come si è imposto d'essere sempre nei suoi riguardi, ma sa che quello è un peso che può condividere con nessuno, tanto meno con qualcuno che non ha la minima idea di cosa significhi portarlo.

Non saprebbe proprio come spiegare quella sensazione di vivere a metà tra il passato e il presente, né il fatto di sentirsi due persone diverse, completamente opposte l'una all'altra, eppure con la stessa faccia, gli stessi ricordi e le stesse esperienze. Gli risulta fastidioso persino guardarsi allo specchio, perché non sa mai quale Stefan gli stia restituendo lo sguardo.

Ci ha provato, in un paio di occasioni, a raccontarle di tutto questo, ma non è sicuro di essere riuscito a spiegarsi a dovere. Lexi comunque ha sorriso e gli ha detto che forse era un bene, che quello potrebbe essere uno stadio decisivo per il suo processo di guarigione.

Ma Stefan non si sente malato, solo stanco. E sì, beh, anche affamato, ovviamente, ma la fame sta imparando a sopportarla, pur trovandosi sgomento di fronte alla prospettiva di doverci convivere per il resto dell'eternità.

In tutto ciò la parte peggiore sono forse gli incubi, perché quelli non ha modo di affrontarli, può solo subirne la furia violenta e autodistruttiva. Sono anche l'unica cosa che, nonostante la buona volontà, non può nascondere a Lexi, dato che spesso e volentieri se la trova di fianco, nel cuore della notte, con le mani strette intorno alle sue e un sorriso rassicurante sul volto. Non gli fa mai domande, non gli chiede mai chi gli dia la caccia durante quelle notti. Forse perché conosce già la risposta e forse anche perché non ha il cuore di fargli notare che in fondo se lo merita. Stefan gli è decisamente grato per questo.

La pioggia continua a battere insistentemente contro i vetri, e il vampiro si domanda dove diamine sia finita la sua amica. Sa che voleva fare un giro nel centro storico della città, ma è uscita ormai da più di sei ore, e l'acquazzone non ha smesso di riversarsi sulla città nemmeno per un momento. Stefan osserva la pioggia e si domanda se non sia il caso di andare a cercarla. Non perché creda che possa succederle qualcosa, ma solo perché, beh, ha improvvisamente voglia di averla accanto.

Non fa in tempo a finire di pensarlo che la porta dell'appartamento si spalanca di botto, lasciando entrare una Lexi fradicia dalla punta dei capelli a quella delle scarpe, carica di enormi pacchetti e raggiante di felicità.

«Devi venire con me a visitare il centro della città. Voglio vedere il Castello da vicino, e poi ci sono dei quartieri bellissimi e tu devi, devi vederli!», esclama come prima cosa, con una determinazione che a Stefan preoccupa abbastanza.

Però non si prende la briga di contraddirla, anzi, l'ascolta attentamente mentre lei parla di Staré Město, Malá Strana e altri nomi impronunciabili, o comunque pronunciati indubbiamente male. In uno slancio di generosità le promette anche di accompagnarla a fare il giro della città in battello, e addirittura arriva ad assicurarle che farà del suo meglio per sorridere almeno un paio di volte durante il corso della giornata.





Lexi ha provato più volte a mostrargli il lato meraviglioso della loro natura. Ha provato a spiegargli la meraviglia dell'assistere allo spettacolo di un mondo che cresce e cambia, fino a trasformarsi in qualcosa di totalmente differente. Gli ha parlato del tempo, di quanto poco sia importante per loro, tanto che si tende spesso e volentieri a dimenticarsi perfino della sua esistenza, per poi riscoprirne l'importanza quando ci si rende conto che quello che si è abituati a considerare ieri è diventato un decennio fa, e che in quegli anni durati attimi sono accadute un sacco di cose inaspettate. Lexi gli ha descritto tutto questo e poi gli ha detto di immaginarsi il mondo, quello che avrebbero potuto girare mille volte, fino ad arrivare nei suoi angoli più nascosti, e ogni volta l'avrebbero trovato diverso.

Stefan ha ascoltato, ha capito e ha immaginato, ma ancora non è sicuro di essere riuscito a figurarsi l'eternità. È un concetto che ancora oggi, più di ottant'anni dopo la sua morte, non gli riesce bene di assimilare.

Ne comprende un pezzettino adesso, camminando per le piccole strade acciottolate, tra negozi appena costruiti e grandi monumenti del passato. Non è sicuro che quella sensazione gli piaccia, gli sembra anzi un po' angosciante l'idea di rimanere immutato come una statua o una vecchia chiesa mentre il mondo intorno a lui evolve e va avanti. Decide comunque di non mettere a parte Lexi di quella riflessione, più che altro perché non ha alcuna voglia di discuterne.

Per raggiungere i vari quartieri attraversano più volte il Ponte Carlo, e si fermano in continuazione di fronte ad ogni nuovo artista di strada, musicista o pittore che sia, ascoltando ed osservando tutto quello che hanno da mettere in mostra.

Per quel giorno la pioggia decide di dare loro una tregua, e nonostante le nubi minacciose sopra le loro teste, nemmeno una goccia d'acqua rovina la loro gita. Quindi Lexi continua a ridere e a trascinarlo in giro per la città, e come promesso Stefan cerca di divertirsi o almeno di fare finta , e sorride perfino ben più di due volte.

Alla fine si rivela essere per davvero una delle più belle giornate che Stefan abbia mai vissuto da molto, molto tempo.





«Damon è in città», gli dice Lexi, qualche giorno dopo la loro escursione nel centro di Praga. Il suo tono è quanto di più colloquiale possibile, ma i suoi occhi raccontano tutta un'altra storia.

Stefan non sa bene come reagire alla notizia. Ha cercato di pensare a suo fratello il meno possibile in quegli anni, e vorrebbe decisamente continuare in quel modo. È già abbastanza impegnato a combattere contro se stesso, non ha davvero le forze per guerreggiare anche contro Damon.

«Ci hai parlato?», domanda allora, più per prendere tempo che altro.

Lexi gli scocca un'occhiataccia quasi offesa.

«Ho di meglio da fare che perdere tempo con quell'idiota», sbotta, arricciando il naso.

Stefan alza un sopracciglio, ma non commenta. Gli è capitato raramente di sentire Lexi parlare di Damon forse perché lui stesso fa di tutto per evitare l'argomento , ma tutte le volte che è successo non ha potuto fare a meno di notare qualcosa di strano nel suo modo di farlo. Non per gli insulti (quelli Damon se li va a cercare un po' da chiunque), ma per quell'impressione di non detto che aleggia tra le sue parole. Quasi che lei gli stesse nascondendo qualcosa, come se tra di loro ci fosse una specie di patto di cui lui non è tenuto ad essere a conoscenza. Cosa alquanto improbabile, conoscendo lei (e conoscendo lui, anche), ma di tanto in tanto Stefan non riesce a fare a meno di pensarci.

«Non sono sicuro di essere dell'umore giusto per sopportarlo», dice allora il vampiro, chiedendosi intanto quando mai sia dell'umore giusto per sopportare suo fratello.

Lexi si limita ad annuire.

«Domani partiamo, allora», decide, alzandosi dal divano su cui si era stravaccata un paio d'ore prima e dirigendosi verso l'armadio, probabilmente per iniziare a fare le valigie. Poi, come un ripensamento, si volta indietro e aggiunge: «Non stiamo scappando, Io non scappo davanti a nessuno, tanto meno davanti a quel bell'imbusto di tuo fratello»

«Certo che no», concorda Stefan. E non sa perché, ma gli viene da ridere. Lexi non condivide affatto la sua ilarità, quindi il vampiro è costretto a nascondere la risata dietro un finto colpo di tosse. Cosa che comunque non gli evita di ricevere una cuscinata dritta sul naso.





Stefan ci mette molto poco ad impacchettare le sue cose, anche perché non è che poi ne abbia così tante. Trovandosi sempre in costante movimento preferisce non appesantirsi troppo con i bagagli, e sia lui che Lexi tendono a procurarsi ciò che serve loro nel posto in cui decidono di fermarsi, invece di trascinarsi chili e chili di valige in giro per il mondo.

L'ultima cosa che infila nella sacca da viaggio è il suo diario, su cui ancora non è riuscito a scrivere una sola riga. Se lo rigira per un attimo tra le mani, valutando per qualche istante l'idea di abbandonarlo lì, in quella camera d'albero, come una sorta di lapide ad un passato che ora sta cominciando davvero a considerare come morto.

Alla fine, però, decide di non farlo: forse perché una parte di lui sente di non essere ancora pronto per quel passo simbolico o reale che sia ─, forse perché sa che in futuro ne avrà ancora bisogno, o forse, più semplicemente, perché è un dannato nostalgico.

Lexi osserva quel piccolo dibattito interiore con le braccia incrociate al petto, le sopracciglia alzate e una smorfia che la dice lunga sulla sua opinione in proposito.

Stefan le mostra la lingua.

Infine, dopo aver gettato un ultimo sguardo alla stanza, Stefan indossa il lungo cappotto nero, i guanti di pelle e il cappello che Lexi gli ha regalato giusto qualche giorno prima, durante una sosta al loro vagabondaggio. Una volta pronto afferra la sacca con una mano e offre educatamente l'altro braccio alla sua compagna che lo afferra ridendo, dopo essersi prodigata in un inchino perfetto.

Uscendo nell'aria frizzante dell'autunno, Stefan scopre di sentirsi di nuovo magnificamente bene, e questa volta ─ davvero per la prima volta ─ ciò non ha niente a che fare con il sangue.

   
 
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