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Autore: AlexisLestrange    09/03/2012    10 recensioni
È nostra, lo sai?
È nostra. Mia e tua. E lo sarà per sempre.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Supernatural - Season ½'
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Passarono la notte in ospedale.
 
La sera prima, proprio dopo che Jane fu sistemata e dichiarata fuori pericolo, la
donna, che Sam presentò come la famosa dottoressa Josephine Redstone, aveva
spiegato loro la situazione, e Dean si sorprese della facilità con cui aveva parlato di
fantasmi e mostri con loro.

«Come già sapete, con la scomparsa di Maryanne, la parte di lei presente in Jane è
andata perduta» aveva detto, in tono incredibilmente professionale. «Dopo la già
dolorosa separazione dalla gemella, si è ritrovata di colpo con la metà delle energie,
delle forze, di tutto quello che aveva. È stato un bel colpo per il suo fisico, lo ammetto.
Ma ora deve solo abituarsi a cavarsela con quello che le resta».

Josephine aveva sorriso -a Dean sembrava del tutto fuori luogo, ma sembrava così
tranquilla!

«Quando si rimetterà?» aveva chiesto allora Sam.

«Credo che domani pomeriggio potrà già uscire dall'ospedale, se tutto va bene»
rispose lei, e Dean la interruppe.

«E dove andrà? Non ha più una casa, né qualcuno che si prenda cura di lei». L'idea di
aver dato fuoco alla tanto amata reggia della bambina lo faceva sentire, in qualche
modo, responsabile della sua sistemazione futura.

«La prenderò io con me» sorrise ancora la dottoressa. «Siamo molto legate, ho badato
a lei per molti anni... starà bene, ne sono sicura».

Dean annuì, e non disse più nulla.

«C'è un'altra cosa che dovete sapere, ma questa volta non è una bella notizia»
aggiunse Josephine dopo qualche istante.

I due fratelli si voltarono verso di lei, sorpresi.

«Mio padre, il capitano Redstone... chiede da ore notizie sul caso» fece la donna,
abbassando lo sguardo con aria colpevole. «Io vi sono davvero molto grata per aver
risolto questa storia, ma...»

«...ma nessuno ci crederà mai, giusto?» concluse per lei Sam, alzando gli occhi al
cielo. «Tanto meno Redstone»

«Già» Josephine sorrise dispiaciuta. «Io farò in modo di coprirvi con mio padre, e non
dovrete preoccuparvi di nessuna conseguenza, ma non potete restare ad Ironwood a
lungo, o lui verrà a cercarvi per farvi di persona delle domande».

«Tranquilla, ce ne andremo il prima possibile» fece Sam, annuendo.

«Ce ne andremo non appena avrò visto che Jane sta bene» aggiunse Dean, inarcando
un sopracciglio, e nessuno lo contraddisse.

Fu così che passarono là la notte.

Non c'era molto spazio per loro, e così Dean si ritrovò un'altra volta a dover dormire
su una sedia, proprio accanto al lettino di Jane.

Sam fu invitato ad andare a casa con Josephine, ma rifiutò, e rimase col fratello. La
donna indugiò appena, poi li lasciò soli e se ne andò.

La notte trascorse lunga, infinita, e nessuno dei due riuscì a chiudere occhio. Quando i
primi raggi del sole s'infiltrarono tra le tapparelle bianche fino a dentro la stanza,
erano uno più esausto dell'altro.

Dean si stiracchiò, sbadigliando. Era ancora mezzo addormentato quando notò che
Jane si stava muovendo debolmente: si sentì improvvisamente sveglio e le si avvicinò.

La bambina aprì piano gli occhi e si guardò intorno.

«Dove... dove sono?» momorò, e anche lei sembrava stanchissima.

«Questo è un ospedale, Jane» le rispose Dean, incredibilmente sollevato. «Qui curano
le persone che non si sentono bene... ma non preoccuparti, non ci starai per molto.
Ormai sei guarita, e stasera potrai andare a casa».

Lei sorrise appena. «Quale casa?» fece, fissandolo dritto negli occhi. «La mia non c'è
più».

«Lo so, ma presto ne avrai una nuova» si affrettò a rispondere lui. «Una più bella,
dove non sarai sola... ci sarà la dottoressa Josephine con te, sempre. Lei ti piace, no?
Ti farà da mamma».

«Josephine?» Il volto di Jane si illuminò, ma poi fu come oscurato da un pensiero
improvviso. «E tu? Anche tu rimani a farmi da papà, vero?»

Dean sentì qualcosa di strano che gli si stringeva nel petto.

«Io... mi piacerebbe tanto, Jane, ma devo proprio andare» rispose, e si sentì davvero
crudele. «Sai, ci sono tante altre persone che hanno fantasmi, come quello di
Maryanne, che gli fanno del male. Io e Sam... noi dobbiamo aiutarli».

«Ci può andare solo lui» replicò fredda Jane, lanciando uno sguardo assassino a Sam,
che, seduto dietro di loro, stava facendo del suo meglio per fingere di non ascoltare.
Dean non poté fare a meno di sorridere.

«Ma noi facciamo tutto insieme, sai?» disse, per poi avvicinarsi alla bambina, e
sussurrarle all'orecchio: «E poi Sam non è mica bravo come me a catturare mostri, ha
bisogno che lo aiuti».

Jane capì che stava scherzando e rise appena, incerta.

«Mi mancherai tanto, Dean...» sussurrò, triste. Per un attimo nessuno dei due disse
nulla, e lei rimase a fissare il vuoto con i suoi occhi azzurri, incredibilmente vivi.

Poi, d'un tratto, la bimba sorrise.

Dean la guardò interrogativo, sorpreso da quel rapido cambiamento d'umore.

«Sai a cosa sto pensando?» fece Jane, d'improvviso tutta allegra.

Lui scosse la testa.

«In tutti i libri... nelle storie, e nei film» cominciò Jane, osservandolo attentamente.
«Quando due persone si lasciano per un po' di tempo, ognuna dà all'altra un
oggetto... qualcosa di suo. Così, ogni volta che uno guarda quell'oggetto, pensa a
quella persona, e non ci si dimentica mai».

«È una bella idea» fece Dean, sorridendo, e subito cercò di farsi venire in mente
qualcosa da regalare alla bambina. Purtroppo, riflettendoci, i suoi averi consistevano
in una macchina, una quantità industriale di armi da fuoco, manuali di esorcismo, e
varie tessere e documenti falsi. Nulla che potesse dare una bambina.

Fu una sensazione strana. In vita sua aveva sparato, ucciso, bruciato cadaveri,
mentito, ingannato e molte altre cose, ma fu solo quando pensò di non avere nulla da
regalare alla piccola, e alla delusione di lasciarla a mani vuote, si sentì la persona più
meschina del mondo.

«Jane, mi dispiace... io non ho proprio niente da darti» confessò, con aria colpevole.

Lei non smise di sorridere.

«Neanche io» commentò allegra. «Tutto quello che avevo si sarà ormai distrutto
nell'incendio».

Dean non capiva. «E allora come pensi di risolvere il problema?» domandò, confuso.

«Ti ricordi quel panino che mi hai preparato l'altra sera? Quello che abbiamo mangiato
insieme quando Sam non c'era?» disse, per tutta risposta, Jane.

Lui annuì.

«E poi te l'ho preparato anche il giorno dopo, no?» continuò la bimba, allegra. «Sai,
mi ricordo ancora la ricetta, perchè ti stavo guardando mentre lo preparavi. Una fetta
di pane, maionese, formaggio, prosciutto...»

«...uova, altra maionese, e un'altra fetta di pane, sì» concluse per lei Dean, senza
riuscire a trattenere una risata. «Ma tutto questo cosa c'entra?»

«Stavo pensando» rispose Jane, gli occhi che brillavano «che d'ora in poi, quel panino
mi ricorderà il giorno che l'abbiamo mangiato insieme. Per me sarà un po' come un
panino alla Dean. E così tutte le volte che ne preparerò uno uguale, penserò a te. E
per te sarà lo stesso».

Di nuovo, Dean non riuscì a non scoppiare a ridere. Era un'idea così sciocca, così
infantile... gli piacque subito.

«D'accordo» fece, senza smettere di ridere. «D'accordo, faremo così».

«E adesso avvicinati un po'» gli disse Jane, sorridendo.

Dean, anche se sorpreso, obbedì, e subito le sottili braccia della bambina si
allungarono per abbracciarlo. Avvertì la sua stretta, per quanto debole, la sentì quasi
aggrapparsi a lui, e ricambiò con la maggior delicatezza possibile.

Quando si separarono, Jane aveva gli occhi lucidi.

«Devi proprio andare?» gli domandò, quasi implorante.

Dean annuì. Si voltò a guardare Sam, che si era alzato e stava cominciando a
racimolare le cose che avevano sparso nella stanza durante la notte passata in
ospedale.

«Ehi, Dean!» lo chiamò ancora la bambina, e lui si girò a guardarla. Sorrideva di
nuovo.

«Mi vieni a trovare quando sono più grande?» gli chiese, speranzosa. «Così vedi come
sono cresciuta».

Lui avrebbe voluto dirle che sì, certo, si sarebbero rivisti, ma non sarebbe stato giusto
darle una garanzia che non era certo di mantenere. Troppo pericoloso.

«Ci proverò» rispose, con un mezzo sorriso.

«Non te ne scordare» si raccomandò Jane, e aveva un'aria così severa che Dean quasi
rise di nuovo.

«Non me ne dimentico, tranquilla!» le assicurò. Sam gli fece cenno di andare, e Dean
si voltò un'ultima volta verso di lei. «Ciao, principessa» le disse, sorridendo ancora.

«Ciao, Dean» sussurrò Jane. Fece un cenno con la mano anche a Sam, poi si voltò su
un fianco e chiuse gli occhi, come per dormire.

I due si allontanarono dalla stanza, percorrendo i lunghi corridoi bianchi dell'ospedale.
Uscirono: la macchina era parcheggiata proprio là davanti, e, senza una parola, ci
salirono sopra. Poco dopo erano già sulla strada.

Non avevano una meta precisa, o almeno, Dean non ne aveva. Il fratello, di fianco a
lui, già stava sfogliando uno dei quotidiani locali, che Josephine gli aveva fatto avere il
giorno prima, e di tanto in tanto leggeva ad alta voce le notizie di qualche omicidio
seriale o persone scomparse, interrompendosi, quasi deluso, quando arrivava il
momento della cattura del colpevole.

Per quasi metà mattina andarono avanti così, l'uno parlando, l'altro ascoltando a tutto
volume la musica alla radio: Sam ogni tanto proponeva una destinazione, che veniva
scartata dopo poco.

Non era importante dove andare, dopotutto: bastava lo sfrigolare delle ruote
sull'asfalto a mettere Dean di buonumore.

Fu solo verso mezzogiorno che si fermarono per la prima volta, ormai lontani
chilometri di Ironwood: Dean aveva avvistato un fast food, e si affrettò a parcheggiare
l'auto.

Aveva proprio voglia di un panino alla Jane.


Note dell'autrice:

Accidenti, la storia è finita. Proprio finita finita. E se state leggendo qui, vuol dire che l'avete letta proprio tutta, ben quattordici capitoli, quindi, beh, wow. Grazie. E se avete resistito tutto questo tempo, ce la fate a fermavi due secondi a sentire quello che ho da dire? :)


Bene, prima di tutto devo ASSOLUTAMENTE ringraziarvi per aver letto questa storia. Per averla aggiunta alle preferite, o alle seguite. Per averla recensita.
Ma davvero, soprattutto, per averla semplicemente letta. Siginifica talmente tanto, per me, vedere il numero delle visite crescere di volta in volta, non potete immaginare.
Sì, lo so, sono noiosa :) Passiamo alla prossima notizia?

Mi fate un piacere? Per favore? Sì? Recensite questo ultimo capitolo?
A me di solito non importa molto delle recensioni, ma accidenti, è l'ultimo capitolo, anche solo scrivere "la tua storia è stata molto bella" oppure "no faceva schifo", a me interessa, davvero. Quindi, se avete un secondo di tempo, vi prego, ditemi cosa ne pensate. Grazie :)

Sì, sono ancora noiosa. Vi dico una cosa velocissima: mentre scrivevo questa storia, ho fatto un piccolo collage di foto. Volete vederlo? Basta cliccare qui --> http://browse.deviantart.com/?qh=§ion=&q=home+sweet+home+supernatural#/d4rcioe 
Boh, era solo per dirvelo.

ULTIMA E PIU' IMPORTANTE NOTIZIA!
Pensavate di esservi liberati di me, con questo capitolo? Ahahahahah, poveri illusi.
Signori e signori, sappiate che da oggi questa storia fa parte di una serie, "Supernatural - Season ½" (http://www.efpfanfic.net/viewseries.php?ssid=4252&i=1).
E indovinate un pò? Questa serie ha già una  nuova storia, il cui primo capitolo è appena stato pubblicato. Per cui, se questa fan fic vi è piaciuta, e avete voglia di seguirne un'altro, potete andare a seguire "The Beauty and the Beast", proprio qui ---> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=983823

E se invece già sentite la mancanza della piccola Jane e vorreste saperne di più, andate a dare un'occhiata a "Un Winchester mantiene sempre la parola", a questo link --> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1017048&i=1

Detto questo, vi lascio.

Ancora un grosso grazie a tutti voi.

Un bacio,

Relya
   
 
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