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Autore: MrBadGuy    10/03/2012    2 recensioni
"Ti passerà la depressione?"
"Quale depressione?"
"Quella che ti ha portato via da me".
Consumarono la loro giornata cercando di dimenticare,
cerando di non pensare all'avvenire.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprii gli occhi, sbattei la mano sulla sveglia di Jasmine, realizzando che gliela avrei potuta rompere solo dopo averci sbattuto il mio arto ancora addormentato.
Non avevo chiuso occhio, mi ero girata e rigirata nel letto.
Mi recai alla caffetteria prima del solito, con venti minuti di anticipo avevo alzato la serranda ed ero entrata di fretta, acceso le luci e mi ero seduta su uno sgabello ad aspettare i primi clienti, avevo appoggiato le braccia sul bancone.
Chiusi gli occhi per un attimo.

Il bar era pieno, era piuttosto ovvio che il liceo a cui eravamo accanto era uscito due ore prima e si era affrettato per prendere i tramezzini ancora caldi. Giravo per i tavoli con il blocchetto per le ordinazioni nella mano sinistra, pronta a scrivere velocemente quel che i clienti desideravano.
“Un toast con maionese, prosciutto cotto e mozzarella”
“Una pizzetta con mozzarella”
“Un tè con biscotti alla vaniglia grazie”.
Correvo da una parte all'altra per servire e ordinare, per ordinare e servire.
Momento di pausa.

Avrei pulito il bancone e rimesso a posto le sedie, poi sarei tornata a casa.
Avevo lasciato la serranda chiusa per metà, la porta di vetro opaco chiusa a chiave.
Sentivo la pioggia battente cadere sulle teste delle persone, sugli ombrelli, sui tetti e l'asfalto; pensare che il cielo la mattina era sereno, e, siccome era raro che piovesse a New York, o meglio, era meno frequente di Londra, non mi ero portata l'ombrello dietro. Sentii bussare sulla serranda.
Sicuramente era Amanda, la mia collega, che aveva dimenticato qualcosa dentro lo spogliatoio...
Aprii la porta e alzai la serranda, e, aspettandomi di vedere la testa mora della mia compagna di lavoro esclamai falsamente scocciata "Che ti sei persa ora?".
Forse ero impazzita, probabilmente stavo andando fuori di testa.
"Sono ancora in tempo per un tè?" la voce, con una sfumatura di scuse, echeggiò nel silenzio della sera inoltrata;
"Che vuol dire?"
"Il tè. Me ne puoi fare uno?"
"Un tè?", sfoggiai la faccia da ebete più riuscita dell'Universo, lui aggrottò le sopracciglia e lo invitai a entrare.
Lui annuì e si avvicinò al bancone, e, dopo essersi accomodato su uno sgabello tamburellò sulla superficie laccata, “Come ti chiami?”
“Io...?”, lui si guardò attorno chiedendomi ironicamente se ci fosse qualcun altro, al che aggiunsi: “Antea. Tu?”.
Non volevo davvero saperlo, semplicemente desideravo non sembrare cortese; avevo il cuore in gola, e, mentre mettevo l'acqua a scaldare avevo la sensazione che le ginocchia mi fossero diventate burro, burro fuso.
“Brian Samuel Epstein” annunciò lui, mettendosi bene la cravatta; che presentazione degna di imprenditore, o meglio, di manager di band musicali con un caschetto in testa e dei completi scuri addosso.
Afferrò la mia mano e ne sfiorò il dorso con le labbra, addirittura il bacia mano? Stavo per svenire, perché non solo il vecchio Brian e quello che mi ero ritrovata davanti erano uguali fisicamente, ma anche nell'eleganza e nei comportamenti.
Bevemmo la bevanda uno davanti all'altro, io stavo in silenzio ad ascoltare i suoi racconti, che, onestamente, non mi erano entrati in testa.
Ero troppo concentrata sul suo viso, le mani, il collo; non poteva essere nessun altro, se non Brian, il mio Brian.
“Torni a casa da sola?”
“Sempre”
“Ho la macchina parcheggiata qui fuori, vuoi un passaggio?”
“Io...” mi accompagnai con un gesto goffo della mano,
“Non è una proposta di matrimonio!” mi prese in giro, sorseggiando le ultime gocce di tè.
La faceva facile lui!
Non era quello che si era ritrovato un amico di cui si era chiaramente vista la bara essere sotterrata, comparire all'improvviso.
L'avevo stretto, il corpo di Brian Epstein, l'avevo stritolato fra le mie braccia, sperando che riprendesse a respirare.
Ma non era successo.
Non nel 1967.
Che fosse accaduto con qualche anno di ritardo?
   
 
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