Crossover
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Autore: Registe    10/03/2012    3 recensioni
Prima storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
In una Galassia lontana lontana (ma neanche troppo) l'Impero cerca da anni di soffocare l'eroica Alleanza Ribelle, che ha il suo quartier generale nella bianca citta' di Minas Tirith, governata da Re Aragorn e dal suo primo ministro lo stregone Gandalf. I destini degli eroi e malvagi della Galassia si intrecceranno con quelli di abitanti di altri mondi, tra viaggi, magia, avventure, amore e comicita'.
In questa prima avventura sulla Galassia si affaccia l'ombra dei misteriosi membri dell'Organizzazione, un gruppo di studiosi dotati di straordinari poteri che rapisce delle persone allo scopo di portare a termine uno strano rito magico da loro chiamato "Invocazione Suprema"...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 16 - L'orribile verità


Carahdras

Il Carahdras




“Zachar, aiuto!”.
“Reggiti, Ash!”
Boba vide stagliarsi dalla neve a pochi metri da lui una roccia nuda; la raggiunse con un balzo, assicurando contro di essa le microlame della sua armatura e stringendo il masso con tutte le sue forze mentre la valanga dipinse di bianco tutto quello che era intorno a lui.
La quarta Stanza della Memoria aveva scelto proprio i suoi ricordi; erano memorie di un’avventura vissuta diversi anni prima, quando ancora Kaspar non era un Signore Oscuro e la galassia centrale era un luogo pacifico e sicuro.
Quando la coltre di bianco smise di avvolgere la sua visuale, il cacciatore di taglie resettò i numerosi comandi della sua armatura, controllando che tutte le funzioni ed i parametri fossero sotto controllo e non avessero riportato danni a causa del gelo. Certo, le armature mandaloriane erano testate per resistere persino alle peggiori condizioni climatiche di Hoth, ma si trovavano sul Carahdras, il monte più alto e tempestoso della Terra II, e il governatore Fett sapeva di non potersi distrarre nemmeno un po’.
Il sistema di riscaldamento automatico sciolse la brina sulla visiera ed usò i sensori per cercare tracce dei suoi compagni. La macchia rossa che si agitava diversi metri più sotto era indubbiamente la loro guida.
Accese il suo zaino a razzo e scese. Auron aveva ancora Kaspar svenuto sulle spalle, ed il cacciatore di taglie si augurò che quel grandissimo bastardo non si svegliasse proprio in quel momento delicato; il soldato stringeva un polso di Zachar, impedendole di cadere nello strapiombo sottostante insieme ad Ash.
Per quel che lo riguardava, la maga poteva benissimo spiattellarsi sul fondo del burrone e non fare più ritorno. Ma da quanto aveva capito l’ameba era vitale per tornare a casa tutti interi “Ok, tenete duro, adesso arrivo!”.
Abbassò l’energia dello zaino e scese di quota, portandosi a livello dei due malcapitati che penzolavano.
Se adesso le dessi una bella coltellata nel fianco sono sicuro che Tarkin ne sarebbe felice.
La tentazione c’era eccome, soprattutto dopo tutto quello che Zachar e Kaspar avevano fatto passare loro.
“Ehi, Boba, sono qui! Ehi, dai, prendimi!”.
Ash era in preda al panico, e come tutti i ragazzini idioti stava guardano verso il fondo ed aveva iniziato a scalciare come un ossesso “VIENIMI A PRENDERE!”.
Boba tirò un sospirone sotto il casco e lasciò perdere qualsiasi cattivo proposito, soprattutto perché Auron non riusciva a reggere il peso dei due e di Kaspar sulle spalle allo stesso tempo.
“Perfetto, Ash, ti tengo. Lascia la mano di Zachar!”.
Raccolse il ragazzo e riprese quota, cercando di ricordarsi se aveva abbastanza propellente per trasportare due persone contemporaneamente; quei maledetti Membri dell’Organizzazione lo avevano rapito prima che potesse fare il controllo quotidiano del serbatoio di energia e sapeva che prima o poi lo zaino avrebbe smesso di funzionare.
Per sua fortuna l’oggetto resse il peso di entrambi, ed arrivato sul ciglio del burrone scaricò quel ragazzino idiota senza tanti complimenti, mentre la loro guida riuscì a portare Zachar in salvo ed a farla adagiare nella neve. Kaspar venne sbattuto per terra con molta malagrazia, proprio come il sacco dell’immondizia che era.
“Uffa, sono stanchissimo, non ce la faccio più!” fece Ash, rovistando per l’ennesima volta nel suo zainetto alla ricerca di cibo.
“Più che per la stanchezza” osservò il cacciatore di taglie “vi posso dire con sicurezza che tra poco arriverà una bella tempesta e calerà la notte. E dovremmo seguire loro”.
Fece un cenno della mano volto verso l’alto, a svariati metri sopra le loro teste, ricordando a tutti gli altri di chi fossero quei ricordi e cosa dovessero fare lì dentro.
Erano passati ormai diversi anni da quella missione: i Signori Oscuri erano stati mandati a calci nel sedere dall’Imperatore Palpatine sulla Terra II nel tentativo di riforgiargli l’Unico Anello, un’esperienza che il cacciatore di taglie aveva ben viva nella sua mente. Erano rimasti svariati mesi su quel pianeta, senza una navetta o mezzi per tornare indietro, ed avevano rischiato la vita un giorno sì e l’altro pure. E, tra le tante disavventure, avevano provato a scalare il Carahdras, la più grande montagna della Terra di Mezzo, con le sue nevi perenni e le mille tormente.
La Stanza della Memoria stava proiettando di nuovo quell’esperienza.
E di sicuro non aveva scelto a caso l’ambientazione del Carahdras.
Uno dei ricordi più importanti era avvenuto lì, su quella montagna, quella sera di tanti anni prima proprio a causa di una sosta forzata per una terribile tempesta di neve.
“Wow, Boba, è proprio come quella volta! Guarda là, c’è Darth Maul che trasporta le valigie di Dooku!”.
Già, dimenticavo …… c’era anche Ash quella volta ……
“Molto poetico” la voce dell’ameba era, se possibile, ancora più gelida dell’aria del monte “Io direi di cercarci un riparo alla svelta”.
“Sai, per essere un’ameba devo dire che sai fare delle osservazioni davvero geniali!”.
“Credi che mi faccia piacere stare nei tuoi ricordi?”.
“Oh, se lo desideri puoi sempre tornare nella stanza precedente e fare il divertissement del tuo caro mocho! Ti si addice!”.
Come da manuale Auron intervenne da bravo cane poliziotto, mettendosi davanti alla sua preziosa Invocatrice ed impedendo a Boba di continuare a dire ad alta voce cosa pensasse davvero di quella ragazza “Adesso basta. Seguiamo i tuoi ricordi, cacciatore di taglie!”.
Il governatore Fett lasciò cadere la discussione: la guida era lì soltanto per proteggere Zachar e Kaspar, e qualsiasi cosa potesse architettare ai loro danni sarebbe andata in fumo; detestava trovarsi senza alleati, senza Tarkin e Maul a coprirgli le spalle, senza un esercito di droidi e cloni e la certezza di avere qualche asso nella manica.
No, non aveva assi nella manica e non sapeva quale carta usare per uscire da quel luogo.
Come previsto, la sera scese molto rapidamente. Al tramonto le nevi del Carahdras avevano un colore sublime, arancione e rosa che si mescolavano all’azzurro del cielo; quel mondo aveva un cielo azzurro, limpido, non come quello terso di Coruscant o carico di nuvole nere come quello di Kamino. Era una delle caratteristiche della Terra II, il mondo dei loro avversari, i Ribelli. Qualsiasi paesaggio, dalla più umile campagna ai boschi degli elfi, riusciva a mozzare il fiato più di qualsiasi altro pianeta sotto il dominio imperiale. Purtroppo non era nella condizione di apprezzarlo al massimo: l’aria gelida stava penetrando sin sotto l’armatura, e guardando Ash in maglietta a mezze maniche si rese conto che doveva accelerare il passo.
Andò avanti, senza curarsi né della guida né di Zachar o Kaspar.
Ricordava benissimo l’ubicazione della grotta dove lui e gli altri avevano trovato riparo durante la vecchia, reale missione, ma le voci che giungevano da lì avrebbero potuto guidare benissimo anche un cieco.
Gli avevano spiegato che doveva rivivere i suoi ricordi …… beh, semplicemente non ne vedeva l’ora. L’avrebbe di nuovo stretta tra le braccia, fosse stata anche solo un’illusione.
Quando entrò nella caverna ritrovò tutti i Signori Oscuri riuniti, proprio come tanti anni prima.
“Ragazzi, qualcuno ha qualche idea su come scaldarsi? Non mi sembra che nei nostri zaini ci sia qualche fuscello di legna in dotazione!”.
Ecco il ricordo di Tarkin, stanco ed irritato proprio come quella volta; lanciava occhiate furibonde a tutto e tutti.
Se fosse stato per lui cancellerebbe qualsiasi ricordo di questo viaggio dalla sua vita!
Alle sue spalle sentì Auron arrancare mentre i membri del suo gruppo entravano nella caverna, ma non li degnò di molta attenzione: era molto più intento a sorridere davanti al ricordo di Saruman e Dooku che, a dispetto di ogni condizione climatica, si erano portati numerose valigie su per il monte contenenti i loro effetti personali. Quasi gli scappò una risata quando li vide aprire con eleganza le valigie ed estrarne con trionfo delle pellicce “Io e Dooku ci siamo portati qualcosa per coprirci perché siamo sempre preparati ad ogni evenienza!”.
“Saruman, per me potresti usare anche quella specie di pelliccia che ti ritrovi al posto della barba” fece con noncuranza il ricordo di Maul, che cercava di sintonizzare la sua radio portatile per ascoltare i risultati delle Olimpiadi di nuoto della Terra I.
“Per quel che mi riguarda voi, feccia della galassia, potreste anche scavarvi una buca come gli animali e dormire per terra. E buon pro vi faccia!”.
Una delle loro storiche litigate.
Quella volta vevano passato quel viaggio saltando alla gola l’uno dell’altro, con l’unica certezza che l’Imperatore non avrebbe accettato alcun fallimento nella missione, dovendo scendere a compromessi tra loro per poter arrivare vivi alla meta finale.
Si girò verso il suo gruppo: Zachar aveva un’espressione di puro odio dipinta sulla faccia quando vide Tarkin; pur sapendo che era soltanto un’illusione la sua ira traboccava da ogni poro. Di contro il ricordo del suo amico continuò ad ignorare tutti loro, continuando a sbraitare sulla condizione poco dignitosa ed arrivando ad accettare di dormire appiccicato a Maul per non congelare.
Nessuno degli altri Signori Oscuri prestò ai nuovi arrivati molta attenzione: Saruman e Dooku si prepararono con cura i loro giacigli e Maul si isolò dal resto del mondo mettendosi le cuffiette.
Ash fece un saluto con la mano alla proiezione di Brock, ma quello si sdraiò ed iniziò a russare così forte che avrebbe potuto causare da solo una valanga.
“Direi di imitarli” fece la guida, e per l’ennesima volta il corpo di Kaspar svenuto venne lanciato per terra ed abbandonato in un angolo, e Boba vide Ash staccarsi dalla squadra e sistemarsi accanto a Brock, proprio come tanti anni prima.
Adesso …… adesso è il mio turno …
Cercò Zam.
Quella notte di tanto tempo fa si erano semplicemente sdraiati uno accanto all’altra per combattere un po’ il freddo e nulla più; ma il cacciatore di taglie sapeva che da quella sera il suo cuore aveva iniziato a legarsi a lei in maniera indissolubile. Si era reso conto di chi fosse lei in realtà, di quello che provava dietro la sua aura di invincibilità, del fatto che vivesse in costante equilibrio tra i ricordi del passato e le sofferenze del presente. Aveva pensato a queste ed altre cose mentre si stringeva a lei, ed aveva imparato a guardarla sotto una nuova luce.
Aveva ringraziato il gelo del Carahdras per quello.
Avrebbe accettato di ripetere mille e mille volte quell’avventura solo per ripetere all’infinito quel momento, e adesso le Stanze della Memoria stavano per avverare il suo desiderio.
Ma, si rese conto solo in quell’attimo, lei non c’era.



Si erano addormentati tutti, Zachar compresa. Le immagini illusorie dei suoi amici erano sempre lì, avvolti in un sonno profondo tra qualche coperta ed il russare di Ash e Brock.
Dopo aver tanto pensato, il cacciatore decise di prendere il coraggio a quattro mani e seguire uno dei principali consigli di Tarkin “Vuoi scoprire qualcosa? Alza il sedere e cercalo!”.
Auron aveva annunciato di voler fare il primo turno di guardia, e si era seduto per terra, a gambe incrociate, fissando torvo la nevicata che infuriava a pochi metri dall’ingresso del loro rifugio; nonostante Boba fosse più che certo di non aver incontrato bestie pericolose su quel monte, l’uomo aveva deciso di instaurare lo stesso dei turni di guardia. E non era una cattiva idea, considerato che avevano sempre Kaspar tra i piedi.
“Qualcosa non va?” fece l’uomo, senza nemmeno voltarsi.
“Sì. I miei ricordi, i miei veri ricordi, non sono questi. Questa compagnia è incompleta, manca una persona!” la frase successiva la ammise in un soffio “Qualcuno di molto importante per me!”.
Auron si girò, fissandolo con il suo unico occhio da dietro le lenti degli occhiali. Boba aveva la netta sensazione di non andargli a genio, ed un cacciatore di taglie di solito non si sbagliava su queste deduzioni. Un peccato, perché il senso pratico del mercenario non gli dispiaceva. Ma aveva anche il presentimento che nascondesse loro qualcosa.
“Evidentemente non è qualcuno di così importante”.
“E INVECE LO E’! E’ la vostra idiota Stanza della Memoria ad essere difettosa!”.
Auron non aveva idea di ciò che stava dicendo.
Dopo Tarkin e Maul, Zam era la persona più importante della sua vita.
Anche dopo mille incomprensioni, lei aveva ancora in pugno il suo cuore. Quello era il ricordo in cui aveva scoperto di essere innamorato di lei, importante come poche cose al mondo.
Lo sguardo della guida era ancora più penetrante “Non credo che spetti ad un comune essere umano di dubbia reputazione il giudicare la potenza delle Stanze”.
Dubbia reputazione a chi?
Gli si parò proprio davanti, cercando di intimidirlo con la sua armatura ed il sordo rumore di un blaster che si attivava “Mi stai dando del pazzo, guida?”.
Non funzionò affatto. L’uomo davanti a lui non fece caso né al luccichio del metallo né alle armi in bella vista; continuò a guardarlo, torvo, al di sopra della sua ridicola montatura; Boba lo aveva visto in azione per pochi attimi, ma abbastanza da sapere che se quel mercenario poteva fermare Kaspar sarebbe stato capace di ridurlo in pezzettini da monetine da un centesimo in pochi istanti. Ma non poteva permettersi di dirgli che il ricordo di Zam non era importante.
Non dopo quello che era stato costretto a vedere nella Stanza precedente.
“Del pazzo non credo proprio. Della persona infida e senza scrupoli sì!”.
“Per quale motivo?”.
“Zachar mi ha raccontato quello che tu ed i tuoi compari le avete fatto in passato. Non vi siete fatti scrupolo ad ingannarla facendo leva sui suoi sentimenti!”.
“E a te cosa importa?”.
Quella guida era un perfetto idiota. Era chiaro che non si era mai trovato a tribolare ogni giorno contro le cospirazioni di Kaspar ed i suoi mille tentativi di ucciderli e farsi bello davanti all’Imperatore. Non aveva idea di quali intrighi lo stregone era capace e di quanto sacrificio era stato necessario per uscirne incolumi; per colpa sua Daala era stata accusata addirittura di alto tradimento ed era stata costretta a nascondersi addirittura presso l’Alleanza Ribelle, rendendo infelice il suo migliore amico.
Quell’oca di Zachar era stata l’unica alternativa possibile per salvare l’ammiraglio: erano stati costretti a sacrificare lei per permettere a Daala di fuggire, e lo avrebbero fatto non una, ma mille volte. Era una stupida ameba al servizio di Kaspar, ed il mondo sarebbe stato di certo migliore se quei due fossero spariti per sempre dalla faccia dell’Impero Galattico.
Non avevano bisogno della loro magia e della loro arroganza.
L’oca si era lamentata con la guida, e questo la rendeva ancora più fastidiosa di quanto non fosse.
L’uomo si prese in giusto tempo per guardarlo negli occhi, tenendogli testa come poche persone sapevano fare. Forse per mostrargli che non era solo un burattino al servizio dei Membri dell’Organizzazione.
“Il mio dovere è proteggere l’Invocatrice in ogni situazione. E non mi sento sicuro ad averti nel gruppo, cacciatore di taglie”.
Già, come se io mi sentissi sicuro a girare con Kaspar e Zachar senza nemmeno un plotone di assaltatori dalla mia parte ……
Per un attimo gli balenò l’idea di attaccarlo, aprirgli un buco nel petto e far fuori Zachar e Kaspar mentre erano ancora nel sonno. Si fermò solo ricordandosi ciò di cui era capace l’uomo davanti a lui. Se lo avesse abbandonato in quella Stanza non avrebbe saputo come uscirne.
Guardò di nuovo verso l’interno della grotta, ma l’immagine di Zam non si era formata in nessun angolo.
Auron non aveva intenzione di rivelargli nulla di più, e di sicuro non gli avrebbe estorto nemmeno una parola anche se fossero andati avanti a discutere per tutta la notte.
Se la Stanza della Memoria non voleva ricreare l’illusione della donna che amava lo avrebbe fatto lui: si sdraiò a terra e cercò di immaginare il corpo ed il viso di lei con tutta la forza che aveva. Non avrebbe permesso a quel maledetto Castello dell’Oblio di cancellare la sua bellezza e la sua perfezione. La amava ancora, nonostante tutto.



“Grazie …… per quello che hai detto”.
Zachar si portò alle spalle di Auron, sfiorandogli la manica. Era troppo agitata per dormire e faceva troppo freddo su quel monte, dunque non era riuscita a sprofondare in un sonno ristoratore; aveva sentito il governatore Fett alzarsi, minacciare Auron, alzare la voce incurante di tutti coloro che riposavano in quella grotta, esseri umani ed illusioni. Avrebbe preso volentieri quel clone maledetto a Palle di Fuoco e mandato le sue ceneri ai suoi due degni compari, ma non voleva che i Membri dell’Organizzazione se la prendessero con Auron per la sua scomparsa “Quest’uomo ed i suoi amici sono stati il mio incubo per molto tempo”.
Era certa di averlo colto alla sprovvista, ma vide con piacere che lui le rivolse un sorriso.
“Invocatrice, lei dovrebbe dormire”.
“Auron, posso chiederti di darmi del tu?”.
Si mise seduta vicino a lui, incantata e terrorizzata allo stesso tempo dal panorama al di fuori del loro rifugio. Nel Regno delle Tenebre non c’erano notte e giorno, solo una perenne oscurità; non c’erano vento o nuvole, e mai una sola goccia d’acqua era caduta dal cielo.
Era la prima volta che fissava una tempesta di neve e ghiaccio. Il vento, là fuori, mandava delle urla di dolore, scuoteva i fianchi della montagna ed il buio del cielo era costellato di neve, tanta neve che si abbatteva a pochi metri da loro. Uno spettacolo superbo, che non avrebbe mai avuto occasione di osservare con i suoi occhi se fosse rimasta in eterno al fianco di Kaspar.
Una delle tante occasioni nuove per cui si sentiva di dover ringraziare quello strano Castello.
Da quando era lì dentro si sentiva rinata, più forte, come se avesse iniziato ad aprire gli occhi sul mondo solo in quegli attimi.
Non si accorse di star rabbrividendo finché Auron non le avvolse il proprio mantello intorno alle spalle. Poteva sentire ancora il calore del suo corpo ed il suo profumo impregnato in quella stoffa rossa.
“Quel Boba Fett mi piace sempre meno. E mi dispiace che tu debba sopportare la sua presenza”.
“Lo so, ma …… quando tornerò all’Impero riavrò di nuovo lui ed i suoi amici tra i piedi. Dubito che riuscirò mai a liberarmi della loro insolente presenza. Ed io che un tempo ho anche cercato di aiutarli ……”
“Non sei obbligata a tornare con loro”.
Cosa?
E dove sarebbe potuta andare? Odiava l’Impero e chi lo comandava, odiava tutti i Signori Oscuri e la propria debolezza. Era chiaro quello che Kaspar ne pensasse di lei, le Stanze della Memoria le avevano mostrato la verità: era stata soltanto un’idiota a credere che il loro amore sarebbe stato eterno. L’Imperatore l’avrebbe fatta cercare ovunque, perché senza lo stregone lei rimaneva l’unica vera maga al suo servizio. Al suo ritorno da quel viaggio non sarebbe cambiato nulla. “Potresti rimanere qui!”.
Non era del tutto serio, lo poteva leggere dai suoi occhi e dalle pieghe intorno alla sua bocca. Era sempre stato imperscrutabile, ma nel corso degli eventi aveva imparato a non giudicare solo i suoi gesti calcolati e freddi, ma anche il suo raro sorriso. Forse lui si accorse dei suoi dubbi, perché le mise una mano sulla spalla “Potresti entrare nell’Organizzazione, dico sul serio! Sono sicuro che sarebbero felici di avere una maga come te nel gruppo!”.
Proprio così.
Tutti volevano la sua magia, non lei.
Kaspar voleva qualcuno che lo consolasse di tanto in tanto, l’Imperatore aveva bisogno di carne da cannone e di certo anche i Membri dell’Organizzazione avrebbero apprezzato un’incantatrice dalla loro parte.
“Sai, non è necessario che tu ti costruisca un’arma tutta da sola! Ne hanno così tante nel salone dei cimeli! Appartenevano ad altri membri, sono sicura che quello strumento musicale azzurro si adatterebbe molto a ……”
“E tu?”.
Non sapeva da dove le fosse scaturita quella domanda. Ma era lì, con lui, una delle poche occasioni che avevano di parlarsi senza nessun altro tra loro. Quando Kaspar le aveva dato del divertissement lui aveva reagito in maniera sorprendente, molto più di quanto il semplice ruolo di guardia del corpo gli avrebbe permesso.
Tu saresti felice se io restassi?”
Rimase a guardarlo, sorpresa per la propria intraprendenza.
Lui abbassò la testa, lasciandola in dubbio. C’era qualcosa di sbagliato in ciò che aveva chiesto?
Rimase lì, avvolta nel suo mantello, cercando di scrutare un cambiamento nei lineamenti dell’uomo che aveva accanto. Qualcosa che la aiutasse a capire cosa passasse nella sua testa, in parte curiosa di sentire la risposta.
Seguì un minuto di silenzio agghiacciante.
Auron aveva chiuso gli occhi ed il suo respiro si era fatto più profondo, grave “Zachar, devi andartene da qui”.
Ma cosa ……
“Mi dispiace, ma non ce la faccio più. Non voglio che tu arrivi all’Invocazione Suprema. Avrei dovuto fermarmi molto prima” scosse la testa, e la ragazza vide nei suoi occhi una letale unione di rabbia e tristezza “Una volta usciti da questa Stanza ti riporterò indietro!”.
“Auron, che cosa ……?”
“Ascoltami e rispondimi” si avvicinò a lei e le strinse con vigore la mano. Aveva le mani dure e tagliate, diverse dalla pelle perfetta e levigata di Kaspar. Ma quelle mani non riuscivano a celare il nervosismo della sua guida, e la ragazza ebbe paura di quello che l’uomo stava per dirle “Tanti anni fa, nel Regno delle Tenebre, come sei riuscita a sconfiggere Endimion?”.
“Auron, cosa c’entra con ……?”
“Dimmelo e basta!”
Il cuore le batté all’impazzata, non capiva per quale motivo lui si stesse comportando in quel modo. Rivide davanti a sé l’espressione snervante di Endimion, ma continuava a non capire perché la sua guida avesse un’espressione così agitata…… “Lo ingannai …… finsi di creare una Catena di Fulmini e poi evocai delle Lame di ……”
“NO”
Cosa gli prende adesso?
“No, Zachar! Questo è quello che è accaduto nella prima Stanza della Memoria! Io ti sto chiedendo quello che è accaduto DAVVERO!”
“Auron, calmati” doveva riprendere la situazione in pugno, perché stava dicendo frasi senza senso? “Fidati di me. Ti ripeto che ho ucciso Endimion con le mie mani, lo ho sconfitto e sono diventata una dei Quattro Malvagi del Regno delle Tenebre”.
“No. Non sono andate così le cose. E tu purtroppo non te lo ricordi più”.
Il ghiaccio del Carahdras la avvolse del tutto. Auron stava forse impazzendo? Non era così folle da non ricordare uno degli eventi principali della sua vita, non ne aveva alcun motivo. Fissò i suoi occhi, adesso terribilmente vicini ai suoi, che non riuscivano ad allontanarsi.
La sua mano la strinse quasi con violenza
“Zachar, le Stanze della Memoria hanno il potere di far rivivere i ricordi più importanti della nostra esistenza. Ma anche di modificarli, se necessario. I miei padroni, i saggi e potenti Membri dell’Organizzazione, hanno alterato i vostri ricordi. Tu ……” il suo tono si fece basso, ma le sue parole la martellarono, accompagnate dal forte vento al di fuori della grotta.
“Tu …… non hai mai vinto il torneo da sola. E’ stato Kaspar ad aiutarti”.
“Kaspar …… figuriamoci …… Auron, tu deliri!”.
Cosa stava dicendo? Ricordava ogni singolo atto di quello scontro. Kaspar era rimasto ai piedi del trono della regina, immobile come un cagnolino al guinzaglio; aveva perso ogni speranza in lei dopo le lezioni, l’aveva abbandonata e lei aveva dovuto tirare fuori gli artigli per rimanere in vita. Kaspar era stato solo un silenzioso spettatore.
“Zachar, non solo tu …… anche Ash …… e quel Boba. Mi ha detto di non trovare l’illusione della donna che ama in questa grotta. E’ un condizionamento dei miei padroni, sono certo che col tempo si dimenticherà di averla mai conosciuta qui”.
Non me ne importa niente del governatore Fett e di quella maledetta di Wesell!
Cosa sta succedendo? Perché mi sta dicendo queste cose?

“Le vostre menti sono condizionate, Zachar. I vostri veri ricordi sono stati cambiati, e così anche tu…… ti hanno resa più intraprendente e più forte, ti hanno liberata dal controllo di Kaspar! Ma tu …… non sei davvero così …… mi dispiace ……”
Lei …… non era davvero così ……
Cosa voleva dire ……..
E cosa volevano i Membri dell’Organizzazione, perché ……
E quali altri ricordi ……… quali sono i miei veri ricordi?
E, soprattutto, c’era una sola domanda che poteva porgli “Perché?”.
“Hanno bisogno che tu completi il passaggio attraverso le Stanze per portare a termine l’Invocazione Suprema. Nell’ultima stanza libererai l’energia accumulata durante questo viaggio, ma per farlo tu ……”
“IO COSA?”
“Dovrai morire”.
Zachar non trovò le forze per rispondere. Davanti a lei c’era solo Auron ed il suo spadone, ed intorno la grotta, i ricordi, Ash, Fett, la neve, tutto iniziava a vorticare. Chiuse gli occhi, aggrappandosi a tutti i suoi ricordi, incapace di distinguere quali fossero reali e quali finzione. Auron, l’unico punto fermo in quell’enorme vortice, la stava stringendo e la ancorava al mondo reale. Chiuse di colpo le palpebre e rivide il suo duello con Endimion, la magia che crepitava, il suo scudo alzarsi, i fulmini che mutavano in lame di ghiaccio e ……
E di nuovo lui, di nuovo lo scontro, ancora una volta la magia che si formava con identico tempismo, la stessa espressione dipinta una seconda, poi una terza ed una quarta volta sul volto dell’avversario. Strinse gli occhi più forte che poté e la scena iniziò a ripetersi, perfetta come prima, un caleidoscopio dipinto del sangue del suo nemico e della sensazione di vittoria e potere che si accostava a quella scena.
Tutta la soddisfazione era un sogno, le aveva detto Auron.
Possibile …… che ci fosse anche Kaspar in quel momento?
Si concentrò sulla sua memoria, ma quella scena si ripeté una quarta ed una quinta volta. Identica, precisa, delicata, e lasciò che svanisse nel nulla tornando a guardare il viso della sua guida. Non le ci volle molto a capire quanto gli fosse costato rivelare una cosa del genere “Auron …… immagino che i Membri dell’Organizzazione non siano molto contenti di ciò che tu mi hai rivelato”.
“Lo so ma …… non ce la facevo più ad ingannarti. Non voglio vederti morire”.
Lui le aveva detto che questa sua nuova forza era fasulla, scaturita dai falsi ricordi che il Castello ed i suoi padroni le avevano messo nella testa.
Ma se era una bugia ……
Senza nemmeno riflettere si protese verso di lui e lo baciò.
Non aveva alcun motivo per farlo, i suoi sentimenti erano solo bugie, ma ricordi condizionati o meno si lasciò trascinare da quella spinta. Il sapore di quelle labbra era un po’ salmastro, secco, ma almeno era reale.
Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere o ricambiare, perché al semplice contatto del suo viso e del suo corpo aveva capito quale fosse l’unica via da seguire “Fammi uscire di qui. Userò l’energia accumulata per dare una lezione a questi Membri dell’Organizzazione. Non dovrai più servirli”.
Improvvisamente non aveva più freddo.
“Mi terrò questi ricordi falsi, Auron. Ma prima mi sbarazzerò di questa gente spregevole che gioca con la mente altrui”.
“No. Questo non puoi farlo!”.
La sua voce …… sembra diversa ……
Auron le lasciò la mano di colpo, alzandosi e portando un palmo proprio a livello della fronte “Zachar …… tu non devi fare del male ai Membri dell’Organizzazione!” fece, ma la ragazza ebbe l’impressione che la pupilla dell’uomo si restringesse mentre tutto il corpo si piegava in due.
“Auron, ti senti male?”.
“No. Non devi fare del male ai Membri dell’Organizzazione. Loro sono saggi e potenti!”.
Il tono di voce era tornato quello dell’Auron intransigente e fermo con chiunque, ma più che un soldato le sembrava un disco rotto “Non devi fare loro del male. Sono saggi e potenti. E io ……”
La spinse lontano, e lei si trovò con la schiena nella neve. I lineamenti di Auron sembravano sconvolti, continuava a portarsi la mano alla fronte e nella foga aveva lasciato cadere i suoi occhiali; raccolse subito tutta la magia a sua disposizione, e mentre l’uomo si agitava cercò con foga la presenza di qualsiasi incantesimo nell’aria che potesse star disturbando Auron.
Ma non c’era nulla, lì, oltre la neve.
“Non devi …… fare …… del male”.
Troppo tardi Zachar si accorse del pericolo. Aveva sempre puntato gli occhi sull’uomo e sulla sua spada, temendo una reazione violenta, ma non si accorse della strana boccetta fino a quando non fu troppo tardi. Lui la estrasse con violenza dalla cintura, strappando la corda, e gliela lanciò contro con inaudita violenza. Prima ancora del dolore delle schegge di vetro nel braccio alla sua mente arrivò una sensazione di intorpidimento profondo, e nonostante la coltre di ghiaccio il mondo intorno a lei si tinse di nero.
“Auron ……”



Mu era ancora scosso per la battaglia quando il Portale Oscuro si aprì davanti ai suoi occhi.
Non ci volle molto a capire che qualcosa non andava.
Auron era in uno stato pietoso, senza giacca e con un’espressione indicibile dipinta sul viso; non gli vide ferite addosso, ma se aveva abbandonato la sua Invocatrice la situazione era grave.
“Mu, ti devo parlare. ORA”.
Il sacerdote lanciò uno sguardo sospettoso verso la sua compagnia, incontrando solo gli occhi luminosi di Mistobaan che lo fissavano torvo; tutti gli altri erano addormentati, stremati, e solo gli dèi sapevano quanto Mu si sentisse in colpa per quello che stava succedendo. Il punto dove Mara lo aveva colpito continuava a pulsare, ma forse era solo la sua coscienza ad alimentare quel dolore.
“Ho deluso i Membri dell’Organizzazione, Mu. Non so cosa mi sia preso”.
Incurante di tutto Auron gli raccontò ciò che era accaduto nella Quarta Stanza, dalla litigata con quel Boba Fett fino al bacio con l’Invocatrice “Ora l’ho addormentata con uno dei sonniferi che ci ha consegnato padron Vexen …… ma adesso lei sa tutto, e quando si sveglierà ……”
“Auron, ti rendi conto di quello che hai fatto?”.
“Sì, Mu, non trattarmi da idiota! Ma non ce la facevo più”.
Si rimise con lentezza gli occhiali sul viso, ed il sacerdote sentì il suo sguardo posarsi su di lui.
“A costo di mandare a monte l’Invocazione Suprema non voglio sacrificarla!”.
“Auron, anche a me non piace l’idea di dover perdere la mia Invocatrice, ma è il nostro compito!”.
Ma non trovò la forza di supportare la sua affermazione.
Si rese conto di dirlo con gli occhi a terra, fissando gli stivali dell’amico e stringendo i pugni più che poteva. Strinse con forza anche il suo rosario, come a voler conficcare i grani nella pelle, ma l’unico dolore che sentiva era quello degli occhi di Mara mentre la sua amica annegava in dei ricordi che non le appartenevano.
“Auron …… dobbiamo fidarci di quello che ci hanno detto i Membri dell’Organizzazione!”.
“Perché?”.
Che domanda è questa?
“Perché sono saggi e potenti, è chiaro!” come poteva essere altrimenti?
Come poteva Auron dubitare della loro grandezza? Nella sua mente comparve l’espressione di padrona Larxen che danzava tra i fulmini e di padron Axel che poteva incendiare il mondo intero. Rivide lo sguardo serio di padron Marluxia che camminava a passo lento per le stanze e l’azzurro indecifrabili degli occhi di padron Zexion, che con i suoi poteri riusciva a sapere ogni cosa. Ed in ultimo, maestoso, c’era padron Vexen nel suo laboratorio, lo scudo nella mano sinistra, la cui mente poteva spingersi dove nessun altro uomo poteva arrivare.
Non aveva motivo di dubitare della loro onnipotenza.
“Mu …… ti sei sentito?”.
L’immagine dei suoi signori sfumò e tornò ad osservare il pavimento ed i piedi di Auron, incapace di spiegare perché il suo cuore fosse così in subbuglio.
“Anzi …… ci siamo mai ascoltati? Io e te” Cosa mi vuole dire?
“Me ne sono accorto poco fa, parlando con Zachar. Ma volevo esserne sicuro e per questo sono venuto da te. Tu stesso mi hai detto di non voler sacrificare i membri del tuo gruppo, ma ……”
“Ma i Membri dell’Organizzazione sono saggi e potenti, loro sanno ciò che è giusto e ……”
“MU, CAVOLO, QUANTE VOLTE ABBIAMO RIPETUTO QUESTA CANTILENA?”
Tante.
Troppe.
Si era sempre nascosto dietro a questa frase.
L’aveva usata come scudo quando aveva rapito le due donne dalla loro casa ed aveva impedito a Daala di prendersi cura di sua figlia. L’aveva ripetuta a Mara sul Baan Palace quando lei lo aveva colpito. Ma soprattutto l’aveva ripetuta mille volte a se stesso.
Era la scusa sua e di Auron, la motivazione che li aveva condotti in quel Castello e li aveva portati a giurare fedeltà a quei cinque uomini vestiti di nero; era convinto della loro onnipotenza, convinto fino al midollo, loro erano saggi e potenti ……
L’ho pensato anche adesso ……
Auron lo scosse nelle spalle con violenza, e il suo sguardo incrociò quello del suo amico, e vide una luce di rabbia che iniziava lentamente a comprendere “Allora, Mu, quante volte l’hai ripetuta? Quante volte l’abbiamo usata per giustificare quello che non ci piace, eh?”.
“Auron, tu lo sai, io ……”
Si sentì scuotere come una bambola di pezza, e la testa iniziò a pulsare; mille immagini arrivarono alla sua mente, e lasciò cadere il rosario per stringere quella pioggia scrosciante di pensieri, suoni ed immagini che lo stava assalendo.
“IO NON VOGLIO FAR LORO DEL MALE, MA ……”
“MA? MA?”.
“MA I MEMBRI DELL’ORGANIZZAZIONE SONO SAGGI E POTENTI! E ……”
Le parole erano arrivate prima ancora che lui potesse anche solo formulare l’idea, il semplice pensiero. Avevano attraversato la sua mente come un fulmine, oltre il viso di Daala, il pugno di Mara, il sorriso gelido di Tarkin e gli occhi di Mistobaan. Erano arrivate per prime, poteva sentirle rimbombare nelle orecchie.
La frase successiva la pronunciarono insieme, proprio come, tanto tempo prima, lui ed i suoi confratelli snocciolavano in coro i salmi appena imparati davanti al maestro Sion “ …… e padron Vexen è il più saggio e il più potente di tutti”.
Ebbe paura come mai fino a quel momento.
Paura di se stesso e di quelle frasi che improvvisamente gli suonavano come terribilmente estranee.
L’orribile sensazione che qualcuno gliele avesse insaccate a forza nel cervello.
A chi appartenevano quelle parole?
Fissò Auron, e capì che sul proprio viso vi era dipinta la stessa espressione di paura e disgusto che vedeva nell’amico.
“Hanno condizionato anche noi”.
  
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