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Autore: Gra Gra 96    11/03/2012    4 recensioni
Il sogno, qualunque esso sia, non è mai alla nostra portata.
E’ qualcosa di incredibile, di unico, d’inafferrabile…
Per anni e anni si attende con crescente impazienza il meraviglioso momento in cui lo si vedrà realizzato. Ma si rimane sempre soddisfatti da quanto ottenuto, o no?
Ebbene, solitamente è la delusione ad averla vinta sulla felicità. Perché?

Lily si prepara a frequentare il suo primo anno ad Hogwarts, mentre una forte rabbia nei confronti della cugina s'irradia sempre più in lei.
Rose ha deciso di seguire il ragazzo che ama a Beauxbatons, mettendo al primo posto l'amore rispetto all'amicizia e alla famiglia.
Tante avventure accompagneranno Rose e Blue alla ricerca dell'ideantità misteriosa della madre di quest'ultimo.
Tante avventure accompagneranno la piccola Lily ad Hogwarts.
L'intenso rapporto tra le due cugine è davvero destinato a scomparire per sempre?
E Scorpius avrà veramente voltato pagina, dimenticando i bei giorni trascorsi con Rose e riversando le sue attenzioni su Lily?
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Roxanne Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wherever you go, you'll be always Rose... '
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Puoi volar!

Era trascorsa non più di una settimana dal giorno in cui Albus aveva messo piede per la prima volta a Hogwarts. Lo smistamento, la forte gelosia provata nei confronti della cugina, le lezioni, i nuovi insegnanti, i compagni di casa, la nascita delle prime amicizie e inimicizie.

Erano successe davvero troppe cose in troppo poco tempo e il ragazzino, di appena undici anni, sentiva un impellente bisogno di pace, serenità e silenzio, tanto silenzio. La Sala Comune era sempre ridondante di voci, di urla e di risa e risultava quasi impossibile starsene in santa pace.

Così Albus aveva deciso di infrangere le regole per la prima volta e di andare da solo a spasso per il castello di notte. Sarebbe stato davvero eccitante muoversi di soppiatto tra sinistre armature e fantasmi agghiaccianti, stando ben attento a non produrre il minimo rumore che potesse attirare l’attenzione del custode o di qualche insegnante.

La sua meta sarebbe stata la Torre di Astronomia, dalla quale avrebbe potuto godere di un panorama stupendo. Pensando al suo programma notturno era come se sentisse già la piacevolezza dello starsene accovacciato sul terreno ad ammirare le stelle.

Naturalmente sarebbe uscito dal Dormitorio solo quando tutti i suoi compagni si fossero addormentati. Non conoscendoli ancora bene, non poteva sapere se fidarsi o meno di loro.

Nel dubbio era meglio non rischiare. Così, a mezzanotte in punto, dopo essersi accertato che tutti fossero tra le braccia di Morfeo, sgattaiolò fuori dal Dormitorio.


Quatto quatto, superò anche la Sala Comune e si ritrovò nel buio e silenzioso corridoio del settimo piano. Secondo i suoi calcoli per arrivare alla Torre di Astronomia sarebbe dovuto scendere al quinto piano e poi, dopo aver percorso un pezzo di corridoio, usare le scale a chiocciola, giungendo infine nel luogo prestabilito. Quanto gli sarebbe piaciuto possedere una Mappa del Malandrino o un Mantello dell’Invisibilità come quello di suo padre!

Assorto nei suoi pensieri, andò a sbattere contro un tavolino di legno sul quale era poggiato un vaso di cristallo, che cadde a terra fragorosamente.

«Chi va la?!». Oh, no: qualcuno si era accorto della sua presenza e quel qualcuno non poteva essere altri che il signor Gazza, arcigno custode della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Doveva fare qualcosa, e alla svelta, prima che il vecchio lo trovasse. Tastò il muro alla ricerca di una porta all’interno della quale trovare  rifugio e la fortuna fu dalla sua parte.

«Chissà dove sono capitato!» mormorò piano, guardandosi tutt’attorno alla ricerca di qualcosa.

Improvvisamente notò un barlume di luce provenire dall’interno della stanza e lo seguì. Quando l’ebbe raggiunto, capì di non essere solo: una gigantesca pianta, simile ad un cactus babbano, stava al di sotto di un enorme e luminoso lampadario. Spinto dalla curiosità, Albus la toccò. Non l’avesse mai fatto! Nel momento esatto in cui poggiò la mano su una delle strane bolle di quel vegetale, venne ricoperto dalla testa ai piedi da un liquido denso, verde scuro, odorante di letame rancido.

«Che schifo!» esclamò il ragazzo, pieno di disgusto, facendo un balzo all’indietro.


Quella stupida pianta avrebbe pagato caro quell’affronto! Impugnata la bacchetta, l’impulsivo Grifondoro pronunciò uno dei pochi incantesimi imparati in quei primi giorni di scuola: «Incendio!». Dopo di che di quella strana creatura rimasero solo le ceneri.

«No! La mia Mimbulus Mimbletonia!» l’urlo straziato echeggiò nella stanza, facendo sobbalzare Albus.

«Chi ha osato togliere la vita alla mia adorata Mimbulus Mimbletonia?!».


In poco tempo quella voce assunse un volto, quello del professor Paciock, insegnante di Erbologia. E anch’egli riuscì ad identificare l’assassino della sua cara “piantina”.

«Non ci posso credere! Albus Severus Potter, sei stato proprio tu a darle fuoco!» sbraitò.

«E’ stata legittima difesa, professore» balbettò l’undicenne. «Quel mostro mi aveva attaccato!».

«Se tu fossi rimasto nel tuo letto e non avessi toccato la mia Mimbulus Mimbletonia, lei non ti avrebbe ricoperto di Puzzalinfa. Quindi la colpa di quanto accaduto è solo ed esclusivamente tua. Pagherai per questo terribile affronto, Potter! Nonostante sia amico di tuo padre, non te la farò passare liscia, sappilo!» ringhiò l’uomo con un diavolo per capello.

A questo punto fu la volta di Albus di uscire fuori dai gangheri. «Non solo per colpa della sua pianta sono pieno di questo liquido puzzolente, ma per giunta sarebbe pure colpa mia? E’ sua la responsabilità di tenere creature di questo tipo nelle stanze del castello!».

«Si da il caso che questa sia la mia stanza personale, quindi non è affar suo ciò che ci tengo!» ribatté l’altro, sempre più irato, facendosi rosso in volto come un pomodoro.

«Vada al diavolo, razza di ebete!» borbottò Albus, mentre si avviava fuori dall’ufficio dell’uomo.

«Cos’ha detto, signor Potter?». Lo sguardo dell’insegnante si era fatto ancora più minaccioso.

«L’ho appena invitata ad andare all’inferno!» sbottò il Grifondoro. Dopo di che scappò via.

***

La lezione di Storia della Magia si stava rivelando più noiosa del solito; anche il professor Ruf sembrava in procinto di appisolarsi a causa delle sue stesse parole.

Lily giocherellava distrattamente con una ciocca di capelli arancioni, mentre accanto a lei Elinor seguiva con lo sguardo una mosca che svolazzava attorno all’aula. Nessuno dei Serpeverde sembrava stare prestando la minima attenzione alla lezione, e lo stesso si poteva benissimo dire dei Grifondoro, anch’essi annoiati all’ennesima potenza. Hugo parlava sommessamente con la sua compagna di banco, Alice Paciock, sua migliore amica nonché ottima confidente e dispensatrice di consigli. Insomma, il suo punto di riferimento.

«Secondo te, dovrei parlare con Lily per cercare di ricostruire il nostro rapporto di amicizia?».

La biondina strinse le spalle. «Non conosco abbastanza bene tua cugina da riuscire a prevedere una sua possibile reazione. Però, come si suol dire “tentar non nuoce”… ».

«E allora tenterò!» decise Hugo. «Ma ho bisogno del tuo aiuto per allontanare momentaneamente da Lily quel serpente a sonagli di Elinor Zabini».

Un sorriso malandrino si dipinse sul volto di Alice. «Sarà un vero piacere!» sogghignò.

Da qualche banco più indietro proveniva un indistinto mormorio, prodotto da due ragazze di nostra conoscenza. «No, no e poi no! Scordatelo!» esclamava la Serpeverde dai lunghi capelli pel di carota, scuotendo vigorosamente il capo. «Non chiederò a Daniel di aiutarmi a conquistare il suo migliore amico. E sai perché? Perché Scorpius non mi piace. Lo vuoi capire una volta per tutte?!».

E poi, nonostante tutta la mia rabbia nei suoi confronti, non sarei mai così meschina da mettermi insieme al suo ex. Tra l’altro, per cosa poi, per essere paragonata costantemente a Rose? Ho un orgoglio e un’identità da difendere, io, e non intendo rinunciarvi.

«Chi ti capisce è bravo!» brontolò Elinor, imbronciandosi e incrociando le braccia.

In quel momento l’attenzione delle due ragazze venne catturata dall’arrivo di un bigliettino di carta. Non avevano idea di chi fosse stato a lanciarglielo, ma decisero comunque di leggerne il contenuto. Diceva così:
 
Sangue verde a strisce argentate?
Elinor Zabini, hai le ore contate.
Pitone, Cobra, Serpente a Sonagli,
nessuno potrà sciogliere i tuoi brogli.
La tua arroganza cara pagherai,
entro la fine della giornata in un incontro soccomberai.
La tomba dove in pace il tuo corpo riposerà,
neanche un minuscolo fiore conterrà.
Vuoi evitare una terribile morte?
Che cosa aspetti: sfida la sorte!
Questo pomeriggio presso il Platano Picchiatore,
avrai la possibilità di riscattare il tuo onore.
Vieni alle cinque, non tardare,
il tuo avversario non fare aspettare.
Incantesimi e fatture da ogni parte voleranno,
o te o il tuo avversario in pieno colpiranno.
Che Salazar Serpeverde ti infonda il coraggio,
di sfidare un discendente di Godric di tale lignaggio.
 
«Oh, Merlino! Credo che per le prossime ventiquattro ore avrai qualcosa di più importante da fare che elaborare possibili storie d’amore tra me e Scorpius!» rise Lily tra i denti.

«Perché ovviamente intendi presentarti alla sfida, non è vero?» aggiunse.

La mora esitò un po’ prima di rispondere. Per la prima volta in tutti quei mesi appariva insicura, spaventata, timorosa e indecisa sul da farsi. Dov’era finita l’impavida e scaltra Serpe?

«Non saprei. Probabilmente è solo uno scherzo di cattivo gusto… » mormorò.

«E anche se fosse? Daresti una bella lezione all’artefice dello scherzo!» ribatté l’amica, che non intendeva rinunciare affatto a quello che si prospettava un pomeriggio di puro relax.

La Zabini assottigliò gli occhi in un espressione così truce da mettere paura persino ad un grosso e pericoloso Troll di montagna. Non poteva accettare il fatto che qualcuno si stesse facendo beffe di lei, Lily lo sapeva fin troppo bene.

«Chiunque sia stato, sappi che la pagherà cara, molto cara!» sibilò minacciosa.

***

Quella mattina i sette Grifondoro atterrarono in una radura alquanto desolata. Il paesaggio brullo e privo di vegetazione trasmetteva un non so che di inquietante. In cielo il sole giocava a nascondino con le nuvole e una leggerla pioggerellina bagnava il terreno arido e incolto.

«Questo posto mi mette i brividi!» gemette Roxanne, guardandosi attorno con aria allarmata.

«Non avere paura: ci sono io qui con te» le sussurrò con dolcezza Lorcan, prendendola per mano. Lei ricambiò la stretta e sorrise, seppur un po’ forzatamente.

«Ecco che ricominciano a fare i piccioncini!» Lysander alzò gli occhi al cielo, indispettito.

Prima che il fratello potesse ribattere qualcosa, Albus prese la parola: «Bene, in quanto capo della spedizione di salvataggio, vorrei dirvi … ».

«Cosa ti fa pensare di essere il capo della spedizione?» lo interruppe Charlotte seccamente.

Il ragazzo trasse un lungo respiro. «Devo ricordarti che sono stato io a organizzare il piano?».

Senza aspettare una risposta da parte della compagna, continuò: «Vorrei ricordarvi di stare molto attenti, di muovervi con cautela, di prestare attenzione alle mie indicazioni e di non agire impulsivamente. Per prima cosa troveremo quel fantomatico pozzo e per farlo ci divideremo in coppie.  Roxanne e Lorcan perlustreranno il Nord della radura, Charlotte e Frank il Sud, Lysander e Violetta l’Est; io ispezionerò l’Ovest. Sono stato chiaro?».

Detto questo si sparpagliarono come era stato loro indicato. Non molto tempo dopo Frank richiamò l’attenzione del gruppo. «Ragazzi, credo di aver trovato qualcosa!».

E difatti l’imponente costruzione di mattoni era proprio lì, nascosta tra le sterpaglie.

«Come diamine faremo ad arrivare nella parte più profonda del pozzo?» chiese Lysander.

Albus sorrise malandrino. «Volando, naturalmente!». Tutti gli altri rimasero assolutamente basiti dalla sua affermazione. Nessuno di loro era in grado di trasfigurarsi in un volatile!

«Al, non costringermi a chiamare il San Mungo!» lo minacciò Lorcan, scrutandolo torvo.

«Non sono impazzito!» esclamò il ragazzo. «Prima di partire sono riuscito a procurarmi delle pasticche speciali, chiamate “Animagus Temporaliter”, che permetto di assumere per un’ora le sembianze dell’animale che si desidera. Sono o non son un genio?».

«Sei assolutamente straordinario, Albus Severus Potter! La tua idea è a dir poco stupenda!» si complimentò Violetta, facendolo arrossire fino alla punta delle orecchie.

«Grazie, Vi» mormorò sommessamente, cercando di mascherare il profondo imbarazzo.

Dopo di che distribuì le pasticche ai compagni, che si affrettarono a ingurgitarle. Ognuno di sapeva fin troppo bene in che tipo di volatile avrebbe voluto trasformarsi. Roxanne assunse le sembianze di un tenero e soffice passerotto; Charlotte iniziò a gracchiare come una cornacchia; Violetta divenne elegante e sofisticata come solo un cigno sa essere; Lorcan e Lysander si trasformarono rispettivamente in un passerotto e in un gabbiano; Frank si trasfigurò in un picchio; Albus Severus… beh… lui ingerì una pasticca difettosa!

«Perché un piccione, dico io? Perché?! Dovevo proprio trasformarmi in uno degli animali più disgustosi, sporchi, emarginati, bistrattati, insultati, vessati…» iniziò con tono cantilenante.

«Falla finita!» tagliò corto Charlotte. «Non stiamo mica andando a una sfilata di moda!». E detto questo, lanciò un’occhiataccia all’amica, tutta intenta a rimirarsi le candide piume.

«Che ne dite di volare in picchiata giù per il pozzo?» propose Frank per calmare le acque.

Gli altri annuirono e si prepararono per il decollo. Sbattendo le ali e agitandosi come dei forsennati, riuscirono a volare e fu senz’altro qualcosa di meraviglioso. E poi scesero giù, sempre più giù, e ad un certo punto iniziarono a scorgere un puntino rosso e uno nero.

«Sono loro, ragazzi! Sono Rose e quel suo amico francese!» boccheggiò Roxanne, emozionata.

E il pettirosso iniziò a sbattere le ali ancora più freneticamente per raggiungere la sua migliore amica. Tutt’a tratto, però, una grossa rete comparsa dal nulla l’avvolse e la trascinò via. Inutile urlare, inutile tentare la fuga, inutile. Roxanne fu catturata e portata via da una figura misteriosa, vestita interamente di nero, e nessuno dei suoi amici poté fare niente per salvarla. Rose assistette a tutta la scena con un’espressione di sgomento dipinta sul volto.

Naturalmente non poteva sapere chi fosse quel passerotto che Nameless aveva appena catturato, ma il suo sesto senso non le faceva presagire nulla di buono.

«No! Roxanne! Lasciala andare, chiunque tu sia, o sarà peggio per te!» sbraitò il passerotto con tutto il fiato che aveva in gola, avventandosi contro la grossa rete. Una maledizione potente lo scacciò via, colpendolo in pieno petto e facendolo precipitare sul fondo del pozzo. Nel momento esatto in cui toccò il duro suolo di pietra, l’effetto della pasticca cessò.

«Lorcan! Sei proprio tu?» esclamò Rose, correndo a soccorrerlo.

«Sì, e non sono solo!» rispose quello, leggermente intontito per la botta. «Tutti gli altri sono qui sopra, che tentano disperatamente di resistere agli attacchi di quel tizio vestito di nero. E Roxanne… lei è stata catturata e imprigionata! Oh, Rose, chissà come sarà spaventata!».

Qualche lacrima sgorgò dagli occhi celesti della ragazza, attraversata ancora una volta dal pensiero di quanto affetto stessero dimostrando di avere i suoi amici nei suoi confronti.

In quel momento un piccione, un gabbiano, una cornacchia, un cigno e un picchio li raggiunsero, mostrando subito la loro natura umana. Erano Albus, Lysander, Charlotte, Violetta e Frank. Rose corse subito ad abbracciarli, sorridendo felice nel rivedere dopo tanto tempo quei volti così piacevolmente familiari. Solo ora si accorgeva di quanto le fossero realmente mancanti e di quanto volesse bene ad ognuno di loro.

Purtroppo il dolce momento venne brucamene interrotto da una voce grave e minacciosa che non prometteva nulla di buono. «Mi dispiace interrompere il vostro mieloso incontro, ma vorrei dire qualche parola. Innanzitutto, vorrei ringraziare questi sette impavidi giovani che hanno fatto spontaneamente il loro ingresso nella tana dell’araignée. Merci, miei piccoli ingenui. Mi fate quasi tenerezza: siete venuti fin qui per salvare la vostra petit amie e ora siete tutti prigionieri in fondo a questo pozzo. Tutti meno che una: la piccola Roxanne Weasley. Lei è appena diventata il mio ostaggio. Fate un passo falso, garcons, e potrete dire addio alla rossa!».

«Prova a torcerle un solo capello, razza di francese dei miei stivali, e dovrai vedertela con me!» ringhiò Lorcan in tono minaccioso, guardando con disprezzo quel misterioso uomo nero.

Una risata diabolica echeggiò nell’aria. «Mon petit idiot, cosa credi che un moccioso come te possa fare contro un mago potente come me?».

Nulla. Non erano abbastanza forti per affrontare un mago oscuro di quel calibro, lo sapevano fin troppo bene. Erano partiti per salvare Rose dalla prigionia ed erano diventati prigionieri.

Non avevano nessun asso nella manica. Erano succubi della volontà di Nameless.

***

Ogni tanto Lily amava trascorrere il pomeriggio in biblioteca a sfogliare pigramente antichi volumi, le cui pagine odoravano di muffa e carta. Era stata proprio sua cugina Rose a iniziarla al piacere della lettura, in una delle tanti estati trascorse insieme alla Tana.

Che bei momenti avevano trascorso a casa di nonna Molly, tra giochi, merende e confidenze. Erano attimi di vita passata che non sarebbero tornati mai più. Perché il tempo passa inesorabilmente e non guarda in faccia nessuno. Secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni. Rimangono impressi nell’anima, sotto forma di ricordi, ma è impossibile riviverli una seconda volta.

«Ciao, cuginetta!» a volte la memoria faceva proprio brutti scherzi. Era come se Lily avesse sentito il gioviale saluto che suo cugino Hugo era solito rivolgerle in tempi più felici.

«Cugina, non avrai mica bisogno di un apparecchio acustico alla tua giovane età?!».

A queste parole la rossa alzò di scattò il capo dal tomo che stava leggendo e non riuscì a trattenere un sorriso spontaneo nel vedere il volto quasi interamente spruzzato di lentiggini del cugino. Impossibile non smaniare dalla voglia di accarezzare quei rossi riccioli ribelli.

«Cosa ci fai qui?» il tono voleva essere minaccioso, ma risultava più sorpreso che altro.

«Avevo bisogno di parlarti, Lils… » iniziò il ragazzino, prendendo posto nel tavolo di legno.

«Andrò subito al sodo: quello che voglio dirti è che mi manchi. Mi manca ridere e scherzare con te, mi manca la nostra complicità, mi manca arrossire quando mi chiami “Hughetto”… ».

Gocciola. Gocciola. Gocciola. Gocciola. No, non doveva piangere. Piangere era da persone deboli. Le lacrime non si adattavano ai colori della sua gloriosa uniforme. Eppure scendevano e non aveva la facoltà di fermarle. Aresto Momentum. L’incantesimo non aveva alcun effetto.

«Oh, Lils, odio vederti piangere!» mormorò Hugo, alzandosi dalla sedia e abbracciandola.

La ragazzina ricambiò la stretta e sussurrò al cugino: «Come ho potuto trattarti così male per tutto questo tempo? Come ho fatto a dimenticare quanto tu sia importante per me?».

«Ciò che conta è sapere di non averti perso per sempre» rispose lui, sorridendo.

«Non riuscirai a liberarti di me tanto facilmente, Hughetto!» scherzò Lily, asciugandosi le ultime lacrime superstiti con il dorso della mano e tirando su col naso.

Il volto dell’undicenne si illuminò nel sentirsi chiamare con quel soprannome a lui tanto caro.

«Sai, Lils, devo confidarti una cosa: sono stato io a spedire quella lettera a Elinor. Avevo estremamente bisogno di parlarti a quattrocchi senza quella Serpe in mezzo ai piedi» le rivelò.

La cugina rise di gusto. Ogni tanto per lei era davvero un sollievo starsene da sola, senza la difficile compagnia della Zabini. E aver ritrovato l’amicizia di Hugo era qualcosa di magnifico.

Lily aveva la sensazione che d’ora in avanti nulla sarebbe potuto andare storto. Nulla.

Eppure si sbagliava di grosso, poiché non poteva neanche immaginare ciò di cui sarebbe venuta a conoscenza nei giorni seguenti. Ignorando ogni cosa, sorrideva felice.


Spazio autrice

Vi chiedo umilmente perdono per il vergognoso ritardo con cui sto postando questo decimo capitolo. Purtroppo la scuola mi sta impegnando parecchio e i momenti che riesco a dedicare alla long sono davvero pochi. Eppure sono finalmente riuscita a scrivere il capitolo! Spero vivamente che vi sia piaciuto! ^_^
E' diviso in quattro parti, ma credo che l'avrete già notato (non siete mica stupidi é_é). La prima parte è il tanto atteso flashback di Albus, in cui venite a conoscenza della causa dell'odio tra lui e il professor Neville.
Nella seconda parte Elinor riceve una "misteriosa" lettera. Nella terza parte ha inizio l'operazione di salvataggio di Rose. Piccola precisazione al riguardo: le pasticche "Animagus Temporaliter" sono una mia geniale invenzione. Purtroppo i sette ragazzi vengono catturati dal malvagio Nameless. E che dire della povera Roxanne, imprigionata in una rete da pesca? Infine, nella quarta parte Lily e Hugo si riconciliano! **
Aspetto con ansia i vostri commenti sul capitolo e ringrazio tutti coloro che hanno recensito quelli precedenti. Sarò ripetitiva, ma ci tenevo a dirvi che sono proprio le vostre recensioni a darmi la forza e l'ispirazione per scrivere. Bene, ci rivediamo al prossimo capitolo! ;)
Bacioni
Gra Gra 96


 
  
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