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Autore: Alchbel    11/03/2012    10 recensioni
La storia si propone di ripercorrere con voi le tappe del rapporto tra Blaine e Kurt, soffermandosi sui pensieri che i due hanno avuto durante le canzoni che li hanno visti protagonisti... Verranno inoltre inseriti dei “missing moments” attraverso i quali si indagherà ancora sulle dinamiche del loro rapporto. Enjoy!
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ KlaineSongs ~

 

 

 

27°_ Somewhere only we know ~ Kurt

~ Quando… non ti dirò mai addio ~

 



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Il viaggio di ritorno verso la Dalton è più silenzioso di quanto mi aspettassi: ovvio, non mi aspetto di certo un’eloquenza pari a quella di Rachel Berry – parliamo comunque di mio padre – ma la totale assenza di un qualsiasi suono da quasi un’ora non rende il clima neanche lontanamente sopportabile.

 

Mi muovo con impazienza nel sedile accanto a mio padre, che guida senza staccare gli occhi dalla strada e gli lancio un rapido sguardo. La sua espressione è ermetica a tal punto da innervosirmi e con stizza allargo la cintura che mi tiene stretto quasi mi stesse soffocando.

 

Lui non dà segno di aver notato la mia irrequietezza, o forse mi sta semplicemente ignorando – ipotesi molto più plausibile.

 

Qual è il problema, accidenti? Il mio ritorno al McKinley, ovvio. Ma non mi pare ci sia bisogno di farne un tale dramma dato che Karofsky ci ha assicurato che non mi avrebbe fatto più del male e che anzi si sarebbe impegnato affinché nessun bullo fosse più attivo a scuola. Insomma, sono tranquillo io che devo tornare lì dentro, le paranoie se le crea lui?

 

«Papà, ne parliamo?» chiedo al limite della sopportazione.

 

Sono abituato a litigare con lui – come un qualsiasi figlio col proprio padre –, ma questa situazione è ridicola: non c’è nulla di sbagliato, non ho fatto nulla di male e lui non ha alcun motivo di tenermi il broncio o ignorarmi.

 

«Parlare di…?» mi chiede senza guardarmi e sento il nervosismo salirmi alla testa.

 

«Lo chiedi anche? È da quando siamo saliti in macchina che non mi rivolgi la parola!»

 

«E non potrei semplicemente non aver nulla da dire?»

 

«No!» insisto «So perfettamente perché stai facendo tutto questo! È il trasferimento, giusto?»

 

Solo in questo momento mi lancia uno sguardo veloce ed io ne resto folgorato: c’era troppo in quegli occhi, la mia rabbia ne resta scottata come un cucciolo che si è avvicinato troppo alla fiamma del camino.

 

«Allora se lo sai, perché lo chiedi?» domanda stizzito ed io sono zittito dall’improvviso tono serio.

 

Boccheggio per qualche istante, senza sapere da dove cominciare. Capisco che sia preoccupato per me e che creda che io abbia preso tutto alla leggera solo per tornare con i miei amici, ma non è così!

 

«Starò bene, papà… non devi preoccuparti. Nessuno mi darà più fastidio» provo con tono addolcito.

 

«E ne sei certo solo perché quel Karofsky ti ha promesso che non lo avrebbe più fatto? Kurt, come puoi fidarti di lui?»

 

«Ma che motivo avrebbe di mettere in mezzo una simile scenata?»

 

Lui mi rivolge un altro beve sguardo, anche stavolta indecifrabile.

 

«Alle volte mi pare che dimentichi quanto il mondo possa essere crudele, figliolo» e per quanto la sua ennesima paternale dovrebbe seccarmi almeno un po’, resto in silenzio, ancora una volta spiazzato.

 

Ci sono troppe cose nel tono che ha usato, così come ce n’erano troppe nei suoi occhi ed io mi sento improvvisamente turbato, come se stessi facendo qualcosa di completamente sbagliato. Quasi mi manca il fiato e per un attimo il dubbio si insinua nei miei pensieri: e se David non mi avesse detto tutto? Il subdolo piano che mi ha spiegato è nello stile di Santana al cento per cento… ma se lui ci guadagnasse qualcosa da tutto ciò, qualcosa di cui non mi ha parlato? Insomma, è possibile che abbia accettato tutto convinto solo dalle minacce di Santana? Quella donna sa essere maligna quando vuole, ma...

 

Prendo un respiro profondo, senza preoccuparmi di essere ancora in macchina con mio padre e mi costringo a ragionare con lucidità.

 

In un attimo, lo sguardo di Dave mi ritorna in mente come il fermo immagine di un filmato. No, non stava mentendo mentre mi spiegava il perché di quell’improvviso cambiamento e il piano di Santana. Non mentiva ed anzi mi era sembrato quasi… pentito? Possibile?

 

Lo odio. Lo odio per quello che mi ha fatto, lo odio per avermi costretto a lasciare la scuola ed i miei amici, per aver messo in subbuglio la mia famiglia… eppure… sapere il perché di quello sguardo – che mi sembra strano e allo stesso tempo appropriato definire spaurito – per un attimo mi porta a trasformare il puro odio in cambio di qualcosa di simile alla compassione e alla comprensione.

 

La verità è che so come si sente e questo mi porta inevitabilmente a vederlo con occhi diversi.

 

«Dave è cambiato» dico ad alta voce, senza neanche ricordare come avessimo lasciato il discorso «so che è cambiato. Mi fido di quello che ha detto, papà. Starò bene»

 

Intanto siamo arrivati davanti al grosso cancello della Dalton e sono felice che si fermi: questa è una discussione che non può essere fatta in macchina, ma necessita di calma e concentrazione… e di guardarsi negli occhi.

 

Sento mio padre sospirare mentre spegne la vettura e slacciandosi la cintura, si sposta per essere in grado di guardarmi per bene. Io sostengo il suo sguardo per quanto le sue emozioni mi travolgano con la loro profondità. Restiamo così per alcuni istanti che sanno di surreale, poi un nuovo sospiro sembra permettere al tempo di continuare a scorrere e la sua mano si poggia sulla mia spalla.

 

«Non so perché ti fidi improvvisamente di lui, quando pochi mesi fa l’idea di essere nella sua stessa scuola ti terrorizzava, ma ho capito che deve essere necessariamente cambiato qualcosa. Mi fido di te, Kurt… mi sembri sicuro di quello che dici e se non mi spieghi nient’altro è perché non vuoi e non ti forzerò a farlo»

 

Resto in silenzio, il calore di quella mano che si irradia in tutto il corpo e una strana sensazione alla bocca dello stomaco, di quelle che puntualmente mi prendono quando mio padre mi parla così a cuore aperto. Ma non parlo – non ancora.

 

«Voglio solo che mi prometti una cosa» riprende subito «Se… se mai dovessi avere un qualsiasi problema, Kurt… non devi esitare a parlarmene da subito. Anche solo un insulto, anche solo una spinta nei corridoio… non passarci su, parlamene. Io…»

 

«Lo farò, papà. Promesso»

 

Con un leggero slancio lo abbraccio veloce, felice che abbia capito e non mi abbia fatto domande: nonostante tutto ho promesso a me stesso che non avrei detto a nessuno dell’omosessualità di Dave e non ho intenzione di infrangere questa promessa neanche con lui.

 

«Umh… e Blaine sa già della novità?»

 

Sgrano gli occhi. Non ci avevo ancora pensato. O meglio, ovvio che ci avevo pensato, ma ora che sono a pochi passi da lui tutto mi sembra dannatamente difficile da spiegare.

 

«Io… no, devo dirglielo ora» faccio con aria assente, già proiettato alle parole che dovrò usare, al modo in cui dovrò dirgli che mi trasferisco.

Il pensiero improvvisamente mi toglie il fiato. Non lo vedrò più. Non come ora, non con la stessa frequenza. Praticamente adesso siamo poco lontani dal vivere insieme ed improvvisamente mi ritroverò a vederlo solo nel week-end e magari di pomeriggio se non siamo impegnati con i rispettivi Glee o con i compiti.

 

Più i pensieri si concentrano su questi aspetti, più la respirazione si velocizza e si affanna. Voglio tornare al McKinley… ma stare lontano da Blaine…

 

«Se ti vuole davvero bene, capirà senza fare scenate. È quello che vuoi davvero e lui non ti chiederebbe mai di rinunciarci»

 

Osservo mio padre e annuisco lentamente.

 

«Io gli ho detto che a me starebbe bene…»

«Sto solo dicendo che mi dispiace saperti lontano dai tuoi amici»

 

Le parole pronunciate da Blaine alla caffetteria mi riportano immediatamente con i piedi per terra, placando l’ansia che mi stava chiudendo lo stomaco. Andrà tutto bene, questo non cambierà nulla.

 

Scendo dalla macchina ancora leggermente sovrappensiero e dopo aver salutato, varco i cancelli della Dalton con passo veloce: la prima cosa da fare è parlare con Blaine… e poi con gli altri. Domani sistemerò le cose burocratiche con la segreteria e… il resto si vedrà.

 

Mentre ormai cammino per i corridoi, diretto alle scale, non mi accorgo di Wes che, fermo a parlare con alcuni ragazzi del secondo anno, mi scorge e mi sfiora la spalla quando gli passo distrattamente accanto.

 

«Ehi, Kurt!»

 

Io mi scuoto dai miei pensieri e per un attimo resto a guardarlo senza dire nulla.

 

«Va tutto bene, amico? Blaine ci ha detto che stamattina sei andato alla tua vecchia scuola: è successo qualcosa?»

 

Gli sorrido per quella lieve preoccupazione che sento nel tono della sua voce: mi mancheranno, mi mancheranno terribilmente tutti questi pazzi scatenati che mi hanno fatto da famiglia anche se solo per pochi mesi.

 

«Mh, tutto a posto, tranquillo. Sai dov’è Blaine?»

 

Lui mi fissa per qualche istante, quasi dubitasse della mia risposta.

 

«È in camera vostra che si gasa per le prossime esibizioni» dice poi con tono falsamente esasperato, come una madre che con bonaria superiorità critica la sciocca esaltazione del suo bambino.

 

Lo ringrazio e mi avvio per le scale, il suo sguardo che mi segue finché possibile. Prima che entri, la musica a tutto volume che proviene dalla camera mi fa capire immediatamente che Blaine è ancora lì e infatti, entrando, lo trovo mentre, di spalle verso la porta da cui sono entrato, si muove a ritmo della musica, senza accorgersi della mia presenza.

 

Trattengo a stento una risata per la scena e avvicinandomi attiro la sua attenzione sfiorandogli un braccio. Lui sussulta, davvero ignaro della mia presenza; poi, voltandosi e riconoscendomi, mi sorride con una dolcezza a cui credo non mi abituerò mai e mi spiazza con un dolce bacio a fior di labbra che non mi aspetto, ma che davvero non mi spiace: mi accorgo che mi sono davvero mancate le sue labbra sulle mie… e la sua presenza.

 

In un attimo ritornano le paranoie ed il timore che le cose non vadano come credo. Lui pare leggere il cambiamento nei miei occhi, perché mi guarda interrogativo e mi prende la mano.

«È tutto ok?» chiede con voce sottile, mentre si allunga a spegnere la musica, senza però lasciarmi.

 

Improvvisamente sento venir meno le parole per dirgli la mia scelta, ma so che deve essere la prima cosa da fare.

 

«Kurt, è successo qualcosa? Che volevano alla tua vecchia scuola?»

 

È il momento.

 

«Ho parlato con David Karofsky… lui… ha detto di essere pentito e che posso tornare a scuola perché non farà più del male a nessuno. Anzi, ha creato un club di protezione per le vittime di bullismo»

 

I suoi occhi mi fissano, indecifrabili come quelli di mio padre, mentre la stretta aumenta non appena sente il nome di Dave.

 

«Blaine, ritorno al McKinley»

 

Sento che queste parole non mi sono mai pesate tanto. E il loro peso aumenta non appena lo sguardo del mio ragazzo diventa terribilmente chiaro: sorpresa, timore, delusione, forse rabbia si alternano in quelle meravigliose iridi ed io sono paralizzato.

 

Aspetto che dica qualcosa, che faccia qualcosa, ma tutto resta fermo, quasi il tempo si fosse bloccato in uno stato surreale che non fa altro che ferirmi.

Dì qualcosa, Blaine. Qualsiasi cosa.

 

«Te ne vai…»

 

Il suo sussurro, se possibile, fa ancora più male. C’è una tale… tristezza in esso che non so in che modo io riesca a non crollare.

 

«Io… non…Blaine, sono i miei amici… sai quanto mi mancano…» mi giustifico, ma lui lascia andare la mia mano, allontanandosi di un passo. Mai più piccola distanza ha fatto tanto male.

 

«E riesci a fidarti di quel Karofsky, dopo tutto quello che ti ha fatto?»

La sua voce è seria, quasi accusatoria.

 

«Blaine, non hai visto i suoi occhi! Per un attimo mi è sembrato davvero… pentito. Non posso definitivamente perdonarlo, non dopo tutto quello che mi ha fatto… Ma… gli credo. Gli credo perché so cosa sta passando»

 

Lui mi guarda e la speranza di essere compreso sfuma quando quegli occhi non fanno che peggiorare, colpendomi sempre più in profondità.

 

«E… e noi…?»

 

Trattengo il fiato. Noi? Siamo in discussione noi?

 

«Questo non cambierà noi! Blaine, saremo sempre io e te, non conta dove siamo!»

 

Non ne è convinto. Ha paura. Glielo leggo in volto e mi sento improvvisamente venir meno, le ginocchia che quasi non reggono il peso del mio corpo e la paura che prende il sopravvento su tutto. Che ha intenzione di fare? Vuole… lasciarmi? Lasciarmi per paura che lo faremo in seguito?

 

Resta in silenzio, invece. Mi guarda solo, come se stesse tentando di fare ordine nella sua testa ed io darei chissà che per sapere a cosa sta pensando.

Pago la facilità con cui gli ho confessato la mia decisione, la leggerezza con cui ho creduto che non ci sarebbero stati problemi, che avrebbe capito ed anzi sarebbe stato lui a rassicurarmi.

 

«Io gli ho detto che a me starebbe bene…»

«Sto solo dicendo che mi dispiace saperti lontano dai tuoi amici»

 

«Credevo…. Credevo saresti stato felice… per me. Hai detto che se fossi riuscito in qualche modo a tornare in completa sicurezza, la cosa a te sarebbe andata bene» confesso con una punta di delusione che, egoista, non riesco a celare del tutto.

 

«Non pensavo… non pensavo avrest–»

 

Si blocca, prima di finire la frase, nonostante il significato sia terribilmente chiaro. Non credeva lo avrei fatto per davvero. Questo vuol dire che lo ha detto solo per circostanza? Per illudermi, mostrando che mi avrebbe sostenuto in ogni caso, perché pensava che in realtà la situazione non sarebbe mai migliorata?

 

Deglutisco con difficoltà e in un attimo sento delle lacrime premere agli angoli degli occhi. Ma non piangerò, non davanti a Blaine. Egoistico orgoglio che prende il sopravvento.

 

«Blaine, che succede?» chiedo, facendo uno sforzo immane per mantenere la voce ferma.

Temo una sua risposta alla quale non saprei come reagire. Non dirlo, Blaine non–

 

«Scusa, Kurt, ho bisogno di pensare con calma» sussurra lui e poi mi lascia solo nella stanza.

 

Che diavolo è successo? Abbiamo appena litigato? Qualcosa mi opprime il petto e mi sento come se non fossi in grado di respirare per bene. Mi siedo sul letto e stringo con forza gli occhi, ancora nella ferma volontà di non dover piangere.

Non so che fare.

 

*

 

Non riconosco subito il rumore che spezza il silenzio senza tempo della stanza, strappandomi dallo stato di dormiveglia nel quale sono sprofondato dopo aver alla fine ceduto alle poche lacrime di rabbia e confusione.

 

Alzo lentamente la testa dal cuscino e attendo qualche istante per mettere a fuoco la situazione. Il rumore si ripete. È il bussare di qualcuno alla porta.

Blaine!

 

Al solo pensiero di quel nome tutto si mette perfettamente a fuoco ed io scatto istintivamente dal letto, ritrovandomi in un sol passo davanti all’entrata.

 

«Ascolta, credo ne dovremmo pa–»

 

La voce mi si blocca in gola quando, nell’aprire, non mi ritrovo davanti l’Usignolo ingellato, bensì David. Per un istante lo fisso come si fisserebbe un alieno e anche lui mi guarda un po’ confuso.

 

«Scusa Kurt, avrei bisogno di sapere se per caso tu o Blaine aveste visto la cravat–»

 

È il suo turno di rimanere basito: devo avere un aspetto orrendo a giudicare dalla faccia che il moro ha appena fatto.

 

«Kurt, che succede? È tutto a posto?» mi chiede con la stessa lieve preoccupazione che aveva mostrato Wes al mio arrivo.

 

Io non so in che modo evitare l’argomento, né se voglia davvero farlo; semplicemente mi allontano dall’ingresso, andandomi a sedere di nuovo con pesantezza sul mio letto. David deve rimanere per qualche istante indeciso sulla sua prossima mossa – forse ha paura di risultare invadente o più semplicemente non sa come comportarsi – perché passa più di qualche istante prima che senta il rumore della porta che si chiude, dei passi leggeri che col mio stesso percorso raggiungono il letto e infine il piegarsi di quest’ultimo sotto il suo pur leggero peso.

 

Non faccio nulla, non lo guardo neanche – non potrei sostenere un simile sguardo – ed attendo che il silenzio sia rotto da un suo intervento provvidenziale.

 

«Vuoi… non so, parlarne? Che cosa è successo?» tenta con tono incerto ed anch’io non so che fare, se confidarmi con lui: in fondo questa è una cosa mia e di Blaine… eppure forse al momento ciò che mi serve è proprio un punto di vista esterno…

 

«Si tratta della convocazione alla tua vecchia scuola? Kurt…?»

Il tono stavolta è più serio, più preoccupato e sento di dover rispondere, almeno per rassicurarlo.

 

«Sì, si tratta di quella convocazione, ma sto bene. Il bullo che mi aveva costretto ad andare via, dice di essersi pentito e che… posso tornare a McKinley perché ha smesso di essere quel tipo di persona e anzi, con degli altri ragazzi ha creato un club per tutelare tutta la scuola da questo punto di vista…» spiego tutto d’un fiato.

 

«Oh, ma questo è…» il suo entusiasmo si blocca in un attimo «Oh»

 

Ha compreso il punto con una velocità che quasi mi spaventa. Non vedo il suo volto – il mio è sepolto ancora tra le ginocchia – ma posso immaginare la sua espressione.

 

Sento la sua mano calda poggiarsi con sicurezza sulla mia spalla e stringerla leggermente. Non credevo che un simile contatto mi avrebbe fatto tanto bene, eppure sento improvvisamente la possibilità vera di parlare a David a cuore aperto. In fondo è quello di cui ho bisogno, forse anche di più che parlare con lo stesso Blaine.

 

«Ho detto di sì: voglio tornare con i miei vecchi amici…» spiego alzando la testa e fissando il volto serio del moro accanto a me.

 

«E… l’hai detto a Blaine, giusto?»

 

«Ovvio. È stato il primo a saperlo!»

 

«E non l’ha presa bene?»

 

Lo guardo. È così… scontato che dovesse prenderla male? Non avrebbe semplicemente potuto essere felice per me e per il fatto che tornavo dai quegli amici che – lui stesso se n’è accorto – mi mancano così tanto, nonostante gli Usignoli ormai mi siano diventati allo stesso modo cari?

 

Ma chi voglio prendere in giro? È normale che abbia reagito così, anzi è il minimo! Insomma, in un certo senso lo sto lasciando: io avrei probabilmente reagito anche in modo peggiore! Che cosa ho fatto…? Che cosa–

 

«Alt, alt! Fermati subito!»

 

La voce di David mi strappa ai miei pensieri e lo guardo confuso.

 

«Sono certo che la tua testa stava correndo ben oltre i limiti di velocità della sanità mentale. Prendi un bel respiro e cominciamo da capo»

 

Non mi scompongo per quella che potrebbe essere ritenuta un offesa e faccio come dice. L’aria nei polmoni però non sembra calmarmi.

 

«Cosa ti ha detto Blaine?»

 

«Umh… non che sia stato di molte parole… noi… è stato un litigio strano… David, se lo perdessi? Andandomene, intendo»

 

L’Usignolo mi guarda pensieroso.

«È quello che ti ha detto?»

 

«Lui… no, non l’ha detto… ma i suoi occhi… non lasciavano molti dubbi su ciò che stava pensando. Aveva paura»

 

«Tu no, invece?» mi chiede e non so se ho solo immaginato l’accusa velata in quella domanda.

 

«Ovvio che sì! Ma credevo… cioè pensavo che lui…»

 

Mi blocco. David mi guarda in un muto incitamento ad andare avanti, ma io non so se voglio continuare: esprimere ad alta voce i miei pensieri e le mie supposizioni ha cambiato la prospettiva con cui li stavo osservando e giudicando e lentamente mi rendo conto dell’egoismo delle mie azioni.

 

«Aveva detto che per lui sarebbe andato bene se fossi tornato al McKinley in tutta sicurezza»

 

«Pensa davvero queste cose, Kurt: vuole solo il meglio per te – e tu lo sai»

 

Annuisco. Certo, certo che lo so – è lo stesso che voglio io per lui.

 

«Proprio per questo ho creduto… Sono il primo ad avere paura, il primo che non vuole passare neanche un istante senza di lui, ma…»

 

Sento di nuovo le lacrime premere per rigare le guance; un sospiro tremulo esce dalle labbra ed abbasso di nuovo lo sguardo senza essere in grado di continuare.

 

«Speravi che fosse lui a dirti che sarebbe andata bene in ogni caso e che anche se in due scuole diverse le cose non sarebbero cambiate, giusto?»

 

Annuisco e credo di vergognarmi: detta da lui, questa cosa sembra egoistica ancora più di quanto non mi fossi reso conto da solo. Che diavolo ho combinato?

 

«È solo che… non lo so. Lui mi è sembrato spaventato e le mie paranoie invece di placarsi sono aumentate e poi lui è andato via… Mi aspettavo la sua solita calma e magari un incoraggiamento, ma è ovvio che l’abbia presa in quel modo: gli ho detto che me ne andavo! Non avrebbe potuto reagire diversamente. Sono stato un egoista: ho creduto che automaticamente avrebbe dovuto mettere da parte ogni suo sentimento e fare forza a me… Come ho potuto aspettarmi questo? Come ho potuto pretenderlo?»

 

La stretta di David sulla mia spalla – che non mi ha abbandonato per tutto il mio sfogo – si fa più forte ora che mi sento davvero smarrito ed in colpa.

 

«Perché non lo cerchi e gli parli? Spiegagli tutto, a cuore aperto: se c’è una cosa di cui non hai da temere con Blaine è che ti giudichi, no? Non lo conoscevi e ti sei confidato con lui come fosse un tuo vecchio amico, non credo sia tanto difficile farlo adesso. Dialogo, Kurt. Verbale o no, credo sia la cosa più bella che abbiate: la facilità con cui riuscite a comprendervi è una cosa stupenda, secondo me. Non fatevela mancare proprio adesso!»

 

Lo guardo con occhi lucidi: David sa essere un pozzo di saggezza e adesso ha completamente ragione. Le poche volte che abbiamo litigato è stato semplicemente perché non abbiamo parlato abbastanza.

 

«Grazie, davvero».

Mi alzo di scatto, senza pensare ad altro che non sia cercare Blaine e chiarire, chiedendogli innanzitutto scusa. Apro la porta e sto per correre fuori, quando qualcosa mi blocca sul posto.

Anzi, qualcuno.

 

Blaine. Blaine è qui, di fronte a me, in viso un’espressione che mi toglie il fiato, gli occhi lucidi e le scie di due lacrime che gli bagnano le guance. Perché piange? È colpa mia, giusto? Da quanto tempo è qui? Quanto di quello che ho detto a David è arrivato alle sue orecchie?

 

Improvvisamente il tempo pare essersi congelato, mentre probabilmente entrambi aspettiamo che sia l’altro a fare la prima mossa. Ma nessuno fa nulla, restiamo solo a guardarci, i suoi occhi lucidi nei miei che probabilmente li imiteranno presto, se non lo stanno già facendo.

 

Poi non reggo più. Quella vista, i miei sensi di colpa, l’aver sbagliato ogni cosa… tutto, insomma, mi travolge nello stesso tempo e non posso fare altro che spingermi tra le sue braccia e tenerlo stretto a me, come se qualcuno potesse portarmelo via.

 

«Sono uno stupido, Blaine, uno stupido!» gli dico stringendolo ancora più a me «Sono stato un egoista e ti chiedo scusa. Mi aspettavo che tu–»

 

«Sssh, non dire nulla. L’ho sentito, ho sentito quello che stavi dicendo a David…e anche quello che ha detto lui… Dovremmo davvero parlare»

 

Solo allora mi stacco da lui e lo guardo negli occhi: hanno una scintilla che li fa brillare e da forza alla sua decisione. Mi accorgo appena che il moro ci ha affiancato con un sorriso e si è avviato lungo il corridoio. Lo guardiamo per un istante, poi entriamo.

 

Mi risiedo sul letto, lui di fronte a me; il silenzio ritorna nella stanza e con esso il lieve imbarazzo di non sapere cosa dire o come cominciare.

 

«Sai che voglio che tu sia felice» esordisce lui.

 

«Certo, certo che lo so!»                                 

 

«Ed io so che le Nuove Direzioni ti mancano. Quindi, se puoi, torna da loro»

 

«Ma… tu? Insomma, tu sei felice?»

 

Mi guarda e per un istante i suoi occhi si offuscano, solo per un attimo, ma sufficiente a farmi capire che no, non sarebbe completamente felice, come è ovvio che sia.

 

«Certo, non ci vedremo con la stessa frequenza di ora – sarebbe impossibile, considerato che adesso viviamo praticamente sotto lo stesso tetto e dormiamo nelle stessa stanza – ma questo non cambia molto»

 

Non è quello che pensava poco fa. Sta mentendo – no, sta minimizzando, in modo che io vada lo stesso, anche se lui non sarà felice.

 

«Non mentirmi, ti prego»

 

La mia voce trema più del voluto e Blaine mi prende immediatamente la mano. Odio mostrarmi continuamente così davanti a lui, perché la mia fragilità lo porterà sempre a fare qualcosa per me e non per lui. Stiamo avendo la conversazione che mi aspettavo quando sono sceso dalla macchina di mio padre, quella conversazione che non voglio più avere.

 

«Kurt, io–»

 

«Blaine, io voglio tornare nella mia vecchia scuola, ma non voglio che tu sacrifichi te stesso per questo»

 

«Non lo sto facendo, credimi»

 

«Dimmi ciò che pensi, davvero. Ciò che vuoi»

 

«Sarebbe da stupido dirti che non mi mancheresti o anche non sarei un po’ triste, soprattutto i primi giorni… Ma questo non significa che ci perderemo o cose del genere! Insomma, non tutte le coppie passano insieme l’intera giornata o si vedono sempre, eppure stanno bene insieme. Basterà abituarci e chiamarci spesso...»

 

«E i tuoi dubbi?»

 

Lui abbassa lo sguardo come a volermi nascondere ciò che sta provando.

 

«Io… non me l’aspettavo. Ho reagito in quel modo perché mi hai preso in contropiede… e allora ho esitato. Niente è in dubbio, Kurt. Dico sul serio. Sono felice che torni da loro, ti mancano. E… noi staremo bene. Non cambierà nulla»

 

Sospiro. Pronunciando quest’ultima frase, ha di nuovo incatenato il mio sguardo al suo. E i suoi occhi brillano, brillano di quell’ambra liquido, incandescente che ho visto poche altre volte e che davvero non lascia scampo.

Mi sento… non so come mi sento. Avremmo dovuto parlare da subito così, senza complicare nulla.

 

«Solo… solo un’ultima cosa… posso?» mi chiede.

 

«E lo chiedi? Non ti ho appena detto che devi dirmi tutto?»

 

Sorride in un modo bellissimo e dolce, prima di continuare.

«Tu… tu sarai davvero al sicuro lì, vero?»

 

«Sì, Blaine. Sono al sicuro. Mi erano mancati gli intrighi del McKinley: Santana – l’ispanica di cui qualche volta ti ho parlato – ha fatto in modo che Karofsky non solo smettesse di fare il bullo, ma addirittura creasse un club anti-bullismo!»

 

«Cioè, lo ha costretto?»

Ora mi pare meno convinto di prima.

 

«Mh, ufficialmente, per quel che mi ha detto, sì: è tutta opera di Santana e lui è solo… un braccio… ma sai… c’era qualcosa… Non lo so, credeva in quello che diceva, gliel’ho letto negli occhi. Non farà nulla, sono al sicuro, Blaine»

 

L’Usignolo annuisce, stavolta più convinto e si apre in un sorriso.

 

Poi si alza e annulla quel po’ di distanza che ci separa prendendo le mie labbra con le sue e baciandomi con dolcezza e desiderio, in un modo che mi fa girare la testa e chiedere nient’altro che questo. Sento la sua lingua sfiorare le mie labbra, quasi bussasse alla porta con educazione e non ci metto molto a dischiuderle e a permettere alle nostre lingue di incontrarsi. Si studiano, sfiorandosi con ritmi improvvisati eppure terribilmente sincronizzati e continuano un gioco fatto di puro istinto. Sento la sua mano posarsi sul mio collo nel cercare un appiglio e non so con che forza ho anche l’impressione che un suo ginocchio si sia poggiato sul letto per non perdere equilibrio. Il cuore mi batte senza alcun ritegno, ma non mi preoccupo che lui lo senta – non ho la lucidità per farlo, né alcun motivo per nascondere gli effetti che ha su di me.

 

Con movimenti lenti e non del tutto coordinati, Blaine fa in modo che indietreggi, fino a che la schiena non tocchi contro il muro e lui poggi con entrambe le ginocchia sul letto. La mano mi tiene ancora il collo e le nostre labbra si muovono ancora l’una sull’altra anche se la mancanza d’ossigeno comincia a farsi sentire, costringendoci in breve a staccarci.

 

«Kurt–»

 

Non gli do tempo di parlare, né di pensare razionalmente a quello che sto facendo: so solo che sono di nuovo sulle sue labbra, alla ricerca della sua lingua e questo basta. Dovrei essere imbarazzato? Dovrei fermarmi? Non capisco più nulla.

 

Poi un brivido mi scuote e davvero potrei impazzire. Senza che me ne sia accorto, Blaine ha sfilato la camicia dai miei pantaloni e ha lasciato che una mano scivolasse sulla mia pelle nuda: il contatto con le sue dita leggermente fredde mi da brividi che non so descrivere. Un mugolio di piacere sfugge incontrollato dalle mie labbra ed è come un incitamento ad andare avanti. Non lo avevo mai sentito così vicino, non mi aveva mai sfiorato così e sento ogni cosa sfumare: resta solo il suo tocco leggero che giunge al mio petto.

 

Voglio provare, voglio sentirlo come lui sente me. Con difficoltà – le lingue che ancora danzano nelle nostre bocche – sfilo la sua camicia dai pantaloni e porto una mano sulla sua pelle, calda più di quanto mi aspettassi. Forse proprio per questo gli provoco sottili brividi e sentirlo tremare sotto il mio tocco distrugge quei pochi neuroni che ancora si erano finora inspiegabilmente salvati.

 

Dio, Blaine, cosa mi stai facendo?

 

Non esiste più nulla, il mio mondo si è ridotto a pochissimo spazio, al suo corpo contro il mio e alle nostre bocche che non vogliono sapere di staccarsi, nonostante mi accorga che il fiato comincia di nuovo a mancare.

 

Un rumore. Qualcosa di lontano che non riesco a percepire davvero e non distinguo. Non so se sia istinto o altro quello che mi porta ad aprire comunque gli occhi: in ogni caso, quello che vedo spezza ogni cosa.

 

Mi stacco da Blaine che per poco non mi cade addosso data la… passione con cui mi stava baciando e a cui scappa un sottile mugugno di risentimento, come se si stesse chiedendo perché abbia interrotto così bruscamente un tanto piacevole contatto.

Cavolo, Blaine, come se a me non piacesse!

 

Ma ora i miei occhi sono praticamente incollati a ciò che ci ha interrotto, mentre l’istinto omicida fa a cazzotti con l’imbarazzo e mi blocca sul posto, senza permettermi alcuna reazione. Sento Blaine voltarsi e credo abbia assunto la mia stessa espressione.

 

La situazione potrebbe essere comica se fosse vista dall’esterno. Ma noi ci siamo dentro, quindi è tutt’altro che questo.

 

Wes, David, Nick, Jeff, Thad e Dominic. Non manca proprio nessuno all’appello!

 

«Voi!»

 

La mia voce, più acuta del normale per l’imbarazzo, ma minacciosa per una simile interruzione ha un effetto gratificante per la reazione che provoca ad ognuno di loro. Sussultano come se li stessi minacciando di morte – e in effetti non ci sono poi così lontano.

 

«Per quale motivo secondo voi esistono le porte chiuse? Possibile che a nessuno di voi sia stato insegnato come bussare? Eppure siete in sei, sei cavolo! A nessuno è venuto in mente di fare un gesto tanto semplice

 

Qualcuno – Nick e Jeff che sono tra quelli più in avanti – boccheggiano per qualche istante, senza sapere che rispondere ed io con la coda dell’occhio, scorgo Blaine sorridere per la mia furia. Ma non è la prima volta che lo fanno, maledizione!

 

«Scusate, scusate, scusate!»

 

Come facciano ad essere un perfetto coro anche quando non cantano, o meglio improvvisano nel panico più totale, è qualcosa di sorprendente! Io li guardo ancora in cagnesco e li vedo leggermente arrossire a disagio.

 

«Da-David ci ha detto che hai la possibilità di tornare alla vecchia scuola e allora… stavamo pensando di fare una bella festa di addio, o meglio arrivederci, perché che ti piaccia o meno, un volta Usignolo, Usignolo per sempre!» spiega Wes.

 

Io sgrano gli occhi, sorpreso dalle loro intenzioni e soprattutto da quell’ultima frase. Qualcosa mi si agita dentro: questi ragazzi sono stati la mia famiglia, almeno un po’, devo loro molto…

Di nuovo una sorta di tristezza velata mi prende ed abbasso lo sguardo, incapace di continuare a guardarli.

 

«Ehi, no! Non azzardarti a farlo!»

 

La voce di David mi porta istintivamente ad incrociare con curiosità i suoi occhi scuri.

 

«Sembra che tu sia riuscito a… chiarire con Blaine, non rovinare tutto ora! Va bene, Kurt: siamo felici che torni a casa. Nonostante sia stato bene qui – lo spero – è quello il tuo posto. Siamo felici di averti avuto con noi, solo questo»

 

Lo guardo, gli occhi di nuovo lucidi per l’emozione e la mano di Blaine sulla mia spalla. Non so che dire e forse non ce n’è davvero bisogno.

 

«Grazie. Davvero, grazie a tutti. Io…»

Sono in difficoltà: non so mai che dire in momenti come questi.

 

«Ok, ok, adesso basta con le parole! Scendiamo, che dite? Rendiamo la Dalton e gli Usignoli indimenticabili per Kurt!»

 

Nick! Il suo entusiasmo travolgente porta tutti i ragazzi a correre via dalla stanza in un istante, lasciando me e Blaine dietro.

 

Lo guardo sorridendogli e lui ricambia il mio gesto.

 

«L’unica cosa che non mi mancherà di tutto questo credo sarà la totale mancanza di privacy» dico, alludendo all’incursione che come al solito ci ha colti in un bel momento, interrompendolo.

 

L’Usignolo scoppia a ridere, annuendo. Poi mi lascia un soffice bacio sulle labbra e mi prende per mano, come la prima volta, trascinandomi lungo il corridoio.

 

~ ∞ ~

 

I walked across an empty land
I knew the pathway like the back of my hand
I felt the earth beneath my feet
Sat by the river and it made me complete

 

È qui, di fronte a me, davanti a tutti i ragazzi del McKinley e comincia a cantare come se fossimo da soli, come se non potessi sentirlo che io. Dietro di lui, gli altri Usignoli compaiono scendendo le scale e facendo da coro, in un suono unico ed emozionante come sempre.

 

Ci sono tutti, pronti a mostrarmi quanto mancherò loro. Le parole che mi ha rivolto Blaine prima di cominciare a cantare mi hanno colpito molto: davvero non credevo di essere stato così importante per loro… ma la festa che mi hanno dedicato prima che me ne andassi ed ora questo mi fanno capire che forse non esagerano a dirlo…

 

Mi si gonfia il cuore di gioia e forse – ok, sicuramente, anche di orgoglio: solo adesso mi rendo conto di quanto mi mancherà ogni singolo folle ragazzo che fa parte di quel gruppo.

 

Sono qui che li guardo, con le braccia conserte, tentando di rimanere quanto più possibile composto e fermo e di trattenermi dall’abbracciare ognuno di loro e particolarmente Blaine, che sta cantando senza curarsi di niente e di nessuno se non di me che lo guardo.

 

Quanto sono stato fortunato ad incontrarti? Quanto sono stato fortunato ad averti con me?

 

Oh simple thing, where have you gone?
I’m getting old and I need something to rely on
So tell me when you’re gonna let me in
I’m getting tired and I need somewhere to begin

 

Si muovono ora, disponendosi su tutta la larghezza delle scale, i loro occhi puntati su di me e Blaine che non riesco a non guardare. Canta con voce ferma, ma si vede quanto sia emozionato, quanto tenga a quello che sta facendo. L’ambra del suo sguardo è quasi invisibile perché lo sforzo nel cantare e l’emozione che lo travolge fanno sì che non si veda che una fessura dei suoi occhi e a me manca il fiato: non lo avevo mai visto così durante un’esibizione e il mio cuore irrimediabilmente romantico mi fa credere che sia perché sta cantando per me.

Per me.

 

È la prima volta che qualcuno mi dedica qualcosa… e mi sento come se improvvisamente mi mancasse la terra da sotto i piedi.

 

Gli Usignoli scendono alcuni gradini con la classica coordinazione e mi accordo che tutti sono attratti inevitabilmente dalla loro performance.

 

Poi ad un tratto, nel crescendo della canzone, Blaine scatta e perdendo il mio sguardo, scende con velocità i gradini per correre verso il pianoforte.

 

And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know

Ritrovo immediatamente il contatto con i suoi occhi – brillano e riesco a distinguerlo bene nonostante lo spazio che ci separa. Continua a cantare, accompagnandosi col suono del piano come fosse la cosa più naturale del modo ed io mi accorgo appena di aver preso a muovere il corpo al ritmo di quella poesia.

 

Non ho parole, non riesco a descrivere il modo in cui mi sento, quello che sto provando. Mi sento completamente smarrito, senza via di scampo se non continuare a guardare Blaine ed il cuore mi batte talmente forte che potrebbe uscirmi dal petto da un momento all’altro.

 

Pazzo, innamorato Blaine. Cantare per me davanti a tutti, al McKinley… è una cosa talmente da te che non so in che modo non mi sia passato per la testa che avresti potuto farlo. E folli i tuoi compagni che – al diavolo le esibizioni al di fuori del campus! – hanno accettato di seguirti per salutarmi.

 

Lo raggiungono dietro di lui, di nuovo con lo sguardo fisso su di me ed un’espressione sorridente eppure un po’ affranta sui visi. Mi mancheranno, uno per uno.

 

Non so per quanto ancora resisterò contro la commozione che minaccia di rigare il mio viso e di interrompere la performance per correre tra le braccia di Blaine e dirgli tutto quello che sento – e so che non uscirebbe una sola parola dalle mie labbra e che andrebbe bene così, perché non ne abbiamo bisogno. Resisto, solo perché non ho il diritto di interrompere qualcosa di così bello.

Si allontana dal piano e mi si avvicina ancora cantando; poi lascia che sia il coro a portare avanti la melodia e con un sorriso tremendamente bello su cui si riflette già la sua di emozione, mi prende le mani e mi fa scendere quei pochi gradini che mi separano dal piano e dal resto degli Usignoli.

 

And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know
Somewhere only we know

Somewhere only we know

 

Mi si avvicinano, uno per uno, e mi salutano. Mi sento venir meno e non sono più capace di trattenere le lacrime che ora mi bagnano il viso. Non è un addio, me lo hanno ripetuto tante volte durante le ultime ore che ho passato alla Dalton. Una volta Usignolo, Usignolo per sempre – altro motto del loro saluto, eppure una parte di me non può non essere triste per questo arrivederci.

 

Mi mancheranno, ora lo so per certo: mentre mi abbracciano o mi danno pacche amichevoli sulle spalle, so che ognuno di loro, nella sua ordinaria follia, nel suo piccolo essere unico e speciale, mi mancherà, in modo diverso ed unico.

 

Wes, David, Nick, Jeff, Thad e tutti gli altri, che mi hanno accolto come un uccellino spaurito appena caduto dal nido. C’è voluto tempo, mi hanno avvicinato con calma, lasciandomi lo spazio e la tranquillità per ambientarmi e poi sono diventati indispensabili, nei momenti seri tanto quanto in quelli divertenti. Ho capito che cosa significhi essere un solo corpo e una sola voce e ho imparato un’unità che forse neanche nelle Nuove Direzioni avevo compreso appieno. Mi sono stati accanto e mi hanno fatto crescere e maturare fino a che da passerotto infreddolito e lontano dal nido, non sono stato in grado di imparare a volare e tornare a casa.

 

Significano tanto per me e no, non li dimenticherò.

 

Il groppo che mi si è formato alla gola mi impedisce anche solo di deglutire, mentre, dopo aver salutato tutti gli Usignoli, mi ritrovo davanti mio fratello, con un grosso sorriso e gli occhi che luccicano. Sospiro per cercare di riprendermi e lui allarga le braccia tirandomi a sé. Il suo calore mi conforta e forse, dopotutto, mi calma anche un po’ dal turbinio di emozioni che mi sta facendo girare la testa. Dopo di lui, anche Mercedes mi stringe a sé con affetto.

 

Poi torno a guardare Blaine che intanto ha continuato a cantare con forza. Trovo i suoi occhi e la commozione che ha avuto già la meglio su di me, sta per sconfiggere anche lui che si avvia alle note finali. Mi avvicino ancora un po’ e sospiro di nuovo abbassando per un attimo la testa: ci sono tante cosa che vorrei dirti adesso, Blaine, ma semplicemente dovrebbero inventare parole nuove, perché quelle che conosco non bastano, non sfiorano neanche ciò che provo in questo momento.

 

Conclude la canzone mentre io ritrovo il suo sguardo e quando la melodia sfuma dolcemente non resisto più e mi lancio tra le sue braccia quasi con bisogno, come se fosse indispensabile alla mia sopravvivenza. Mi stringe forte a sé come non aveva mai fatto prima, come se potessero strapparmi via da lui e non ci rivedessimo mai più.

 

La necessità che colgo in quest’abbraccio fa quasi male ed anche io ricambio la stretta per fargli sentire che sono qui con lui. So cosa dirgli ora.

 

«Non ti dirò mai addio» sussurro con voce tremula.

 

Lui capisce, so che capisce che cosa intendo e mi lascia andare con un sorriso pieno di lacrime.

Sospiro di nuovo e sorrido anch’io, per quanto mi sembri difficile. Lo vedo andare via e so con certezza che non è un addio. È un nuovo inizio e lui sta percorrendo questa nuova strada con me: non ci stiamo separando, non lo faremo mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

____________________________

Rieccoci! Perdonate l’abissale ritardo, ma tra gli esami di Pachelbel e le mille idee che mi hanno presa, non siamo riuscite ad aggiornare prima.

Anyway, siamo qui ^^ Questo capitolo… non lo so, lo reputo il migliore tra quelli che ho scritto finora… forse perché c’è Somewhere only we know e rivedere quella performance prestando attenzione ad ogni dettaglio è stato devastante – alla fine avevo le lacrime agli occhi.

Boh, spero piaccia anche a voi… e ricordo che anche le critiche sono bene accette!

Ringraziamo tutti coloro che sono arrivati fin qui: we love you ♥

A presto, baci ♥

 

Ps: ho detto delle mille idee che mi hanno presa, beh, magari avete voglia di prestare attenzione almeno ad una di esse? Una nuovo long, scritta con la benedizione di Pachelbel ♥ My universe will never be the same.  

   
 
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