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Autore: PeaceS    12/03/2012    4 recensioni
Una storia che solo Hogwarts conosce. Lily Potter è scappata dopo aver distrutto la scuola di magia e stregoneria più famosa al mondo; è andata lontano, dove quel male che coltiva dentro potrà essere liberato o assopito.
Harry non perde speranza, continua a cercarla, ma non è lui a trovarla, ma è lei a ritornare dopo anni di assoluto silenzio.
Una nuova guerra, una nuova setta, un nuovo potere che smuove le forze oscure. Scorpius e il suo amore, quello che sembra tormentare la famiglia Malfoy da secoli.
Ma ora è lui bene, e lei male. Riuscirà, questa volta, l'amore ad averla vinta?

- E tra nove mesi avrai anche qualcun'altro da amare. - disse Scorpius, facendogli sgranare gli occhi. Lily rise, allontanandosi di un paio di passi e stringendo la mano al ragazzo, che la strinse a sé. - Aspettiamo un bambino, papà. - disse, con le lacrime agli occhi, mentre un urlo invase le pareti della tana. Ginny strinse a sé la sua bambina, mentre Harry scuoteva il capo. E capì che quell'amore non sarebbe mai finito, perché avrebbe amato quel bambino come Lils... e insieme ad Albus e James si sarebbero ricostruiti una vita. Una vita fatta di felicità e sorrisi.

Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Lily/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Non sapevo ti piacesse farti usare, amico. 

Den strinse i denti, girando il capo di scatto e fulminando con un occhiata raggelante il suo interlocutore. La stanza dove si era materializzato poche ore prima era buia, non un filo di luce oltrepassava le pesanti tende di velluto blu notte. Era un salone ben arredato in stile vittoriano, con una credenza alla sua sinistra, un tavolo rettangolare di legno pregiato al centro, e un divanetto alla sua destra. Cose essenziali, ma non per un vampiro.

- Qui nessuno usa nessuno, Bart. - sibilò, stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghia nei palmi. Come osava? Proprio lui, che aveva creato e che gli si era ritorto contro. Bart, un nome comune, un ragazzo comune di diciannove anni, se non per gli incisivi laterali superiori troppo aguzzi e ancora sporchi di sangue.

- Ti stai mettendo contro tutte le stirpi oscure. - disse Bart, guardandolo con i suoi occhi rossi. L'aveva trasformato dieci anni prima, quando sentendosi solo aveva deciso crearsi un amico; capelli neri come la pece, e sorriso angelico. Prima di trasformarlo nel mostro che era ora, Bart era un babbano comune, con una ragazza bellissima e un futuro brillante davanti.

- Tu ti stai mettendo contro il tuo creatore. - urlò Den, perdendo definitivamente la pazienza e colpendo con un pugno il tavolo su cui si era aggrappato con forza. Stava diventando troppo umano, e se ne accorse da quell'attacco di rabbia. Ma era quello che voleva, no? Autodistruggersi.

I vampiri di stirpe subivano molto di più della spazzatura come Bart. Loro avevano sangue puro che scorreva nelle vene, e non era così facile ucciderli come quelle create da loro stessi. Dovevano essere uccisi dalla persona amata, con una balestra dalla freccia sporca del proprio sangue. E solo il pugnale da lui creato era in grado di ferire veramente un vampiro di razza.

Fortunatamente i vampiri di razza poco si interessavano di mostrarsi o altro, loro amavano nascondersi e uscire solamente per trovare le loro vittime. Trovata una moglie vergine, e trasformata, oppure una moglie di razza pura. Si nascondevano a priori, vivendo la loro vita nella tranquillità.

Il problema della comunità magica, in realtà, era un altro; il divertimento macabro di quei vampiri trasformati, che amavano mettersi in mostra, di lupi mannari che desideravano più vittime, e di altre creature oscure che desideravano camminare liberamente sulla terra, alla luce del sole, non al buio, nascosti come insetti.

Den sapeva che a mettere il tarlo erano stati proprio loro. Avevano diffuso la voce, e poi avevano creato la rosa nera. Erano arrivati addirittura a marchiarsi, cosa che un vampiro di razza non avrebbe mai fatto. - Questa volta faccio di testa mia, Cavendvish. Mi hai trasformato contro la mia volontà, dieci anni fa, e io sono costretto a nascondermi per non essere ucciso, sono stanco di tutto questo. 

Voglio la luce, Den. - mormorò, con lo sguardo basso. Cosa ci trovavano di così affascinante? La luce, camminare tra gli esseri umani... non c'era niente di bello in tutto ciò.

 - Sappi che io non entrerò a far parte di questa guerra, i veri vampiri non si immischiano in queste cose. Ma visto che avete deciso di uccidere la Potter, che tutti voi sapevate mia protetta, che tutti voi sapevate sotto mia custodia... bene, avete guadagnato un avversario in più. - rise Den, guardandolo disgustato.

- Un po troppo umano da parte tua, non credi? - disse Bart, stringendo i denti. 

- Ridicolo da parte tua cercare di uccidere un intera comunità solamente perché... beh, mi sono stancato di te. - sibilò Den, sogghignando. Stancato. Den si stancava presto dei suoi giocattolini, erano tutti troppo banali, scontati, tutti sempre meno umani.

Poi aveva visto lei. Con quale coraggio l'avrebbe uccisa? Lei, che era riuscito a ferirlo con la sua magia. Lei, che era così forte da fronteggiarlo con orgoglio, con coraggio. Lei, che in cinque anni gli aveva insegnato ad amare, ad amarla. 

Lei, che era calda. Che con le sue mani riusciva a riscaldargli corpo e anima, che con il suo respiro riusciva a renderlo umano. Umano. 

- Morirà. Ti dico solamente questo. Morirà! - urlò Bart, ma lui si era già materializzato proprio dalla sua umana. Dormiva, raggomitolata su sé stessa, con una mano sotto la guancia e un espressione serena. Ora aveva tutto ciò che desiderava, e anche se lo rinnegava, Den sapeva che a casa sua stava bene.

Le accarezzò con dolcezza una guancia, e la vide aprire lentamente gli occhi. Non era sua, nel riflesso delle sue iridi non c'era lui, ma l'altro. Den sapeva di quel fantomatico amore, di quella relazione che ancora faceva male a Lily.

Una volta gli disse anche che somigliava a quello stupido umano. - Ehi. - sussurrò Lily, accarezzandogli una mano e sbadigliando. Era bella anche appena sveglia, con quegli occhi appannati e i capelli sconvolti, proprio come se avesse appena fatto l'amore. 

- Buongiorno.

Le baciò con delicatezza le labbra, mentre lei gli circondò il collo con le braccia. Sembrava non saziarsi mai di lei, e del suo profumo. Ne voleva sempre di più, fino a farsi mancare il fiato. Sapeva che lui gli avrebbe portato via l'unica che lo rendeva umano, ma non senza lottare.

In un attimo le fu sopra, facendola ridere e mancare il fiato. - Quando vai... così veloce mi fai venire la nausea. - disse, ma sapeva che c'era qualcosa che non andava. Nelle sue carezze c'era troppa forza, come in quei baci che sembravano rubati con prepotenza.

Quando si staccò, Lily lo guardò preoccupata. - Tu sei mia. - sussurrò, stringendo tra le dita la carne sensibile del braccio. Era come sentirsi in gabbia. Se prima quegli occhi bianchi non le facevano paura, in quel momento le incutevano terrore. Erano spalancati, intrisi di rabbia nera, scura, che le faceva mancare il fiato.

- Den... - sussurrò Lily, guardando la stretta sul suo braccio insentificarsi.

- Mi stai facendo male. - disse, facendogli spalancare gli occhi. Staccò immediatamente la mano, socchiudendo gli occhi. Stava impazzendo, lo sapeva. 

- Mi dispiace... - balbettò Den, ma lei non lo cacciò via, anzi. Gli prese il volto tra le mani, appoggiando la propria fronte sulla sua. Lo baciò prima sulle labbra, poi sulle guance, sul naso per arrivare alle palpebre. 

- Ti amo. - disse il vampiro, senza mai distogliere lo sguardo. E Lily sapeva che quegli scatti di rabbia erano dati proprio dal suo pensiero rivolto altrove. Sapeva che lo stava ferendo, ma non poteva farne a meno. Den colmava quel vuoto proprio al centro del petto, dove prima c'era Scorpius, dove prima c'era l'amore della sua famiglia.

Ti amo. Cosa significava davvero quella parola? Forse tutto, forse niente. Lily non rispose, rimase lì, a lasciarsi andare tra quelle braccia, solamente perché sapeva lui era la sua unica speranza; quella speranza che le faceva battere il cuore, ma che non lo lasciava andare, ma che non lo faceva andare a vento come succedeva in passato con un altra persona.

Lily girò il capo quando le labbra di Den si bloccarono sul suo collo. Una lacrima le accarezzò una gota, e il vampiro assaggiò il sapore salato del dolore. Era amarognolo, e sapeva di sogni perduti. Avrebbe continuato a tenerla intera per un altro po', ma quando se ne sarebbe andato sperava che non si sarebbe completamente disintegrata.

 

 

 

 

- Vuoi morire?

Quelle mani lo accarezzavano, lo lasciavano senza via d'uscita. O l'amava o moriva. Non c'era soluzione, perché quelle labbra sapevano di pesca, sole e tabacco. Sapevano di lei, d'amore, di un ossessione che non si sarebbe mai spenta.

Lei era la miccia che alimentava quel fuoco che gli bruciava dentro. Lei era quella passione che gli faceva ribollere le viscere e perdere i sensi. Pazzo. No, innamorato. Maledizione, lei era lì e non riusciva a fare nient'altro che guardarla.

- Soffocare. - rispose, avvicinandosi un po' di più, fino a sfiorarle la punta del naso col proprio. Quel sorriso gli riscaldò il cuore. Ma le cose belle finiscono, e anche troppo presto. Il cielo si oscurò, fino a diventare nero come quegli occhi che sembravano lontani in quel momento. Troppo lontani. Lily si alzò, allontanandosi lentamente da lui.

- Soffocare come? 

- Voglio soffocare con la tua bocca sulla mia. - rispose, ma questa volta lei non sorrise. Indietreggiava, mentre alcune lacrime le solcavano il volto che diventava sempre più incavato, sempre più pallido e diverso. - Lils? 

La richiamò, ma lei scappava. Lils, Lils, Lils! Non c'era più, era scappata. Vuoi morire? Soffocare. Ma non in quel senso. Lei lo aveva ucciso dentro quando se n'era andata. Aveva deciso di soffocarlo a modo suo, di ucciderlo a modo suo, di andarsene e farlo annegare nelle sue bugie, nella sua mancanza. 

Quando Scorpius aprì gli occhi, aprendo la bocca per riprendere aria, si accorse di quella lacrima solitaria che gli solcò il viso. Solitaria, proprio come lui e quel cuore che aveva smesso di battere da troppo, troppo, tempo. 

Girò il viso, incontrando quello rilassato di Elizaveta. Dormiva tranquilla, senza nessun pensiero. Scorpius si rigirò su un fianco, continuando a guardarla. Lei era l'opposto di Lily, eppure non l'aveva mai fatto soffrire. Lei lo amava, e lui la rifiutava. 

Scorps le accarezzò una guancia, facendole aprire gli occhi. Erano azzurri, sembravano un cielo infinito, che nasconde tante cose, che incute timore, che fa paura ma che infondo piace. Tanto da non staccarci più lo sguardo. 

Elizaveta gli sorrise, baciandolo delicatamente sulle labbra. E lì, Scorpius, si ripromise che avrebbe imparato ad amarla. Avrebbe imparato a quel cuore di battere per lei, e non per l'altra. Quella... quella era l'unica soluzione per non disintegrarsi.

 

 

 

 

- E' tornata, ma continui ad evitarla. 

Harry guardò sua moglie quasi colpevole, grattandosi imbarazzato il mento. Stava evitando sua figlia per paura di vederla scomparire di nuovo, nonostante sapesse che non poteva andarsene senza che lui sapesse dove fosse. 

- Ho paura, Gin. - sussurrò, guardandola come un bambino che ha appena perso la mamma. Era smarrito, impaurito, ed era stanco di tutto ciò che gli stava succedendo. Voleva solamente una vita normale, ma non gli era concesso. 

- Lo so, amore. Ma so anche che sei forte, e che qualsiasi cosa succeda tu l'affronterai a testa alta. Lily ora è qui per aiutarci, per dirci cosa fare e come fare. E' quì, e aspetta solamente un tuo abbraccio, un tuo bentornata. - mormorò, prendendogli il viso tra le mani.

Delle volte si chiedeva cosa avesse fatto per meritarla. Lei era la sua forza, il suo sorriso, la sua immensa voglia di vivere e combattere. Ginny. Ancora rideva quando la ripensava piccola, con la sola vergogna di guardarlo negli occhi. Invece poi era cresciuta, ed era diventata una donna bella, forte e indipendente.

La sua ancora. 

- Ora vai di là, e dille che sei stato cinque anni ad aspettarla. Che hai pianto, che l'hai cercata in capo al mondo, ma che la perdoni, perché la ami. - disse Ginny, costringendolo ad alzarsi e sospingendolo verso la porta. Harry prese un profondo respiro, ed uscì dalla camera da letto.

A passi strascicati si diresse in cucina, dove la trovò tutta scarmigliata, con gli occhi ancora socchiusi. - Avrei voluto ucciderti con le mie mani quando te ne sei andata. - mormorò, bloccandola con la sola voce al centro della stanza.

- Per cinque anni non ho fatto altro che aspettarti, aspettarti e cercarti. Non sapevo se tu fossi viva, o morta. Avevo voglia di picchiarti a sangue, perché te n'eri andata. ''Tutti se ne vanno'' mi diceva tua madre, ma tu no. Tu non dovevi andartene, eri la mia bambina, la mia unica ragione di vita. Eri la mia forza, l'unica cosa che mi mandasse avanti dopo anni di sacrifici e dolore.

Sacrifici e dolori. Non cerco di fare la vittima, ma tu sai quel che ho dovuto passare, le persone che ho perso e il dolore che ho subito. Poi è ricominciato tutto daccapo. Credevo che senza di te non ce l'avrei fatta, che avrei lasciato questa guerra in mani di altri. Ma so di deluderti, so che se lascerei questa cosa a sé stessa tu mi odieresti.

Volevo solamente dirti che mi sei mancata. Volevo solamente chiederti di restare, perché ''tutti se ne vanno'' ma tu senza di me non vai da nessuna parte. - disse, guardandola. In un attimo se la ritrovò tra le braccia, distrutta, felice, in lacrime.

''Tutti se ne vanno.'' 

Ma tu senza di me non vai da nessuna parte. 

 

 

 

- Ciao Lys. 

Lysander si girò di scatto, spaventato. Stava percorrendo la collinetta che divideva casa sua da casa Potter, erano le sei di mattina, né troppo tardi né troppo presto. - Chi va là? - urlò, non vedendo nessuno. Una risata maschile, tentennante, che gli ricordò... qualcosa.

Lysander scosse la testa, cercando di scacciare via quei pensieri. - James, se sei tu con uno dei tuoi soliti scherzi giuro che stavolta ti fucilo. - sbottò, continuando a guardarsi attorno. Un fruscio, una carezza veloce e poi sentì una presenza alle sue spalle.

Si girò, e sembrò guardarsi allo specchio con qualche differenza. Il ragazzo che si eregeva dinnanzi a lui era alto, magro, con una lunga cicatrice a sfigurargli il volto. La zazzera bionda era scompigliata, più lunga di come la portava lui, e i suoi occhi non erano azzurri come quelli di Lys, ma neri, neri come la pece.

- Chi sei? - mormorò, guardandolo quasi con curiosità. Il suo ''omonimo'' gli accarezzò una guancia, sorridendo fantilmente e mostrandogli i canini simili a zanne. - Un vampiro? - domandò, spalancando gli occhi. Lui scosse il capo, e Lysander vide il volto del ragazzo ricoprirsi di peli.

- Mannaro. - sussurrò, quasi come se quella constatazione lo rendesse triste. Lysander inclinò il capo, appoggiando la guancia sulla sua mano. Stranamente non era spaventato da lui, né dall'odore di animale che emanava. Si sentiva al sicuro, e sapeva che non si sarebbe mosso da lì finché lui stesso non se ne sarebbe andato.

- Non hai paura? - domandò, curioso. L'aveva immaginato diverso, quasi come un mostro. Solo perché lui aveva l'amore della sua famiglia, solo perché lui era rimasto in una casa con il calore di due persone che l'amavano. Perché non l'aveva mai cercato. Perché non l'aveva mai pensato. Erano anni che lo osservava, da quando aveva nove anni. 

Quando lo vedeva giocare da solo, triste. Quando lo vedeva con la rossa, con un ragazzo, con un sorriso o con una lacrima. Anni dove lo osservava, e cercava di trovare la ragione del perché non lo avesse mai cercato. Perché?

- Chi sei? - disse Lysander nuovamente, ignorando la domanda. 

- Tuo fratello. 

 

   
 
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