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Autore: Eralery    12/03/2012    10 recensioni
Un Torneo Tremaghi che, alla fine, nasconde molto di più; ragazzi che non sanno cosa siano le guerre – se non per i racconti dei propri genitori –, che d’altra parte sembrano sempre lontane miglia e miglia; legami labili e sottili come i fili con cui le nonne cuciono le coperte per i propri nipotini.
Perché c’è sempre di più di quel che si pensa – non è tutto un gioco, per quanto possa sembrarlo non lo è mai. E sono le nostre scelte che parlano per noi, che parlano di noi, che rivelano al mondo chi siamo in realtà.
“Niente inganna più che la vista.”
Quanto può essere difficile vedere con qualcosa che non siano gli occhi? E quanto può essere facile cadere in fallo quando vi si riesce?
Incompiuta
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Louis Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo I.
I wanna go home.


 
Let me go home
It’ll be alright
I’ll be home tonight
I’m coming back home
(“Home”, Michael Bublè)


Inghilterra, Devon, Ottery St. Catchpole.
31 agosto 2022, primo pomeriggio.


Quell’ultimo di agosto il cielo azzurro era spruzzato qua e là da qualche piccola, candida nuvola bianca.
James era sdraiato per terra, tra l’erba ancora pregna della rugiada mattutina, all’ombra di uno dei grandi alberi del cortile di casa Potter. Fischiettava piano uno dei tanti tormentoni estivi che la radio aveva trasmetto a tutto spiano per due mesi e mezzo e che lui, alla fine, si era ritrovato a conoscere praticamente a memoria.
L’aria era calda, più calda rispetto al consueto temperamento inglese. L’avevano detto anche in tv o alla radio – che, tra parentesi, gli aveva spesso tenuto compagnia –, all’inizio delle vacanze, che quell’anno l’estate sarebbe stata caratterizzata da un clima più asciutto.
E lui aveva diciassette anni. Aveva diciassette anni da quarantacinque giorni, ormai, eppure si sentiva strano. Perché ogni volta che aveva pensato alla sua maggiore età gli erano sempre venuti in mente party su party, alcol, uscite. Uno sballo, in poche parole. E invece era tutto come prima, niente pareva aver mutato anche solo di una minuscola, insignificante virgola.
Aveva passato l’estate un po’ in famiglia, un po’ con gli amici – il tutto studiando almeno due ore al giorno, con sua madre che controllava perennemente il suo lavoro neanche fosse un mastino (Ginny Weasley in Potter sapeva essere spaventosa, quando voleva). Si sentiva esausto e ancora minorenne, sebbene non lo fosse più. La cosa non gli era particolarmente gradita, poi, per ovvi motivi.
Chiuse gli occhi, con il cicaleccio continuo degli insetti nelle orecchie.
Il lato positivo era il fatto di essere in vacanza, alla fine, che aveva sempre significato dormite fino a tardi, rimanere svegli fin quando si voleva, girare con i bermuda ed una maglietta a maniche corte e sbottonata senza che nessuno ti dicesse niente, le partite a Quidditch stile Weasley. Senza contare, naturalmente, che finalmente poteva anche usare la magia fuori da scuola – il che era a dir poco magnifico.
E ovviamente farsi qualche giro nella Londra Babbana con Scorpius, che, per la cronaca, aveva smesso di essere messo in punizione per essere il migliore amico del peggior Potter in circolazione – o almeno così lo definivano alcuni. Ma alla fine lo sapeva, James, che Draco non aveva poi tutti questi problemi con lui: anzi, qualche volta che era andato al Manor, era quasi del tutto certo di averlo visto increspare appena le labbra pallide e tirate. E poi, a lui, Malfoy Sr. non dava per nulla fastidio, nonostante tutto quel che lo zio Ron aveva detto quando Rose aveva ricevuto la sua lettera da Hogwarts l’aveva fatto partire con il piede sbagliato verso Scorpius. E alla fine l’aveva capito, che i Malfoy non erano cattivi come li si dipingeva, affatto: Asteria era bella e gentile, con quei suoi modi di fare dolci che alla fine avevano sciolto anche il marito, di cui si è già parlato prima. Eppure, James sembrava uno dei pochi a pensarla così o, più semplicemente, ad averlo capito: ad Hogwarts, infatti, buona parte dei compagni consideravano Scorpius solo un Malfoy, come se fosse solo un cognome e non un semplice ragazzo di sedici anni la cui unica colpa era quella di essere nato in una famiglia non proprio fantastica, ma che lo amava in tutti i modi possibili ed immaginabili. Non erano molti quelli che si prendevano la briga di scavare almeno un po’ dietro quel cognome e che non si nascondevano dietro ad accuse che erano state sciolte anni addietro.
James sbuffò, strappando un ciuffo d’erba verde e attorcigliandoselo ad un dito. Poi sentì i passi di qualcuno che si avvicinava, calpestando il terreno umido, e piegò il collo leggermente in avanti anche se già sapeva chi avrebbe visto: solo Lily camminava in modo così leggero che quando eri a scuola e ti salutava da dietro saltavi su perché non l’avevi sentita arrivare.
E infatti quando aprì gli occhi vide la chioma rossa della sorellina che si avvicinava poco a poco. La ragazza indossava un vestito, di un azzurro tanto pallido da sembrare bianco, ed ai piedi aveva un paio di sandali da giardino – probabilmente era stata tutto il tempo scalza in casa e quando lo aveva visto lì non aveva neppure pensato di infilarsi un paio di scarpe, ma vabbe’, lei era fatta così.
Lily gli assomigliava abbastanza, a ben pensarci. Non di aspetto, certo, ma certe caratteristiche caratteriali erano quasi le stesse: Gryffindor, chiassosi, dalla risata facile, giocatori di Quidditch e fan di tante altre immani cavolate. Non era molto, alla fine, se ne rendeva conto, ma solo con Lily riusciva ad essere un po’… empatico.

Senza contare Domi, ovviamente, ma vabbe’, lei è la mia migliore amica…
Di aspetto, poi, erano davvero tutto l’opposto, fatta però eccezione per gli occhi castani ereditati dalla madre. James era alto, dai capelli scuri e le spalle larghe. Lily aveva i capelli dello stesso rosso della nonna paterna, ed era esile – sebbene spesso usasse tale immagine come una copertura per i suoi piccoli scherzi.
Smise di pensare a tutto ciò quando la sorella gli si fermò davanti, sorridente come sempre. Aveva un bel sorriso, lo dicevano tutti.

« Jamie! Che fai? » chiese e si sedette accanto a lui, senza curarsi del fatto che la veste le si sarebbe potuta sporcare facilmente, mentre l’interpellato storceva il naso per via del nomignolo che gli era stato affibbiato da piccolo, quando Albus non riusciva a dire giusto il suo nome, e che purtroppo era rimasto nel tempo.
« Niente » rispose semplicemente con un’alzata di spalle.
La sentì ridacchiare accanto a sé:
« Sei il solito scansafatiche ».
« Ah! Perché, tu no? » le chiese retoricamente, sghignazzando apertamente. Lily lo seguì nella risata, poggiando la schiena al tronco dove lui, invece, aveva appoggiato la testa.
« Ehi, attento a quel che dici » rimbeccò scherzosamente.
« Non vedi come tremo? Ho la pelle d’oca » la prese in giro, ridacchiando ancora.
« Carogna. Comunque, sei pronto per il tuo ultimo anno? »
James sospirò e si strinse nelle spalle. Già. Era pronto? Non lo sapeva con certezza nemmeno lui. Sua zia Hermione e suo zio Percy continuavano a dire che i M.A.G.O. erano qualcosa di difficilissimo, riuscendo così a mettergli ancora più ansia. In più c’era il Quidditch, che lui non aveva assolutamente idea di lasciare. Il Quidditch era troppo… troppo sacro, per lui.

« Sono sicura che andrai benissimo, James » gli disse subito Lily, mentre lui faceva per aprire definitivamente bocca.
Era così, Lily, ti rassicurava su tutto e il suo sorriso non riusciva a farti pensare che quel che diceva potesse essere falso. Si riteneva più che fortunato ad essere suo fratello, assolutamente.

« Se lo dice la mia sorellina, allora, sarà così » sorrise, e poi iniziarono ad osservare le nuvole e a cercare di immaginare a cosa potessero assomigliare maggiormente.

 

*

 Inghilterra, Devon, vicino ad Ottery St. Catchpole.
Casa Weasley-Granger.


«
Hai preso la divisa pulita da sopra la lavatrice? »
« Sì, mamma ».
« E le nuove pergamene? »
« Sì, mamma ».
« Sei sicura di aver preso tutti i tuoi libri di testo? »
« Sì, mamma ».
« E l’Allontana-Malfoy? »
« Per l’amore del cielo, Ron! » sbottò allora Hermione Granger, allargando le braccia in un gesto di stizza.
« Su, Hermione, era solo per scherzare… » mugugnò allora Ron, ma qualcosa – tutto – nel suo tono faceva capire che non era affatto così. Era ancora molto protettivo nei confronti di sua figlia, nonostante la ragazza avesse già sedici anni.
Rose, già stufa di quel teatrino, pensò bene di svignarsela e correre in camera sua. Mentre passava davanti a quella del fratello minore, Hugo, i propri timpani protestarono con veemenza a causa del volume decisamente troppo alto della musica che il ragazzo stava ascoltando.

Siano maledetti James e Freddy, che l’hanno contagiato con tutta questa musica babbana…
Si richiuse la porta della propria camera dietro e, finalmente, sospirò sollevata. Tra sua madre e la sua apprensione pre-scuola, suo padre e i suoi noiosi discorsi sul fatto che “Malfoy non è una buona persona da conoscere” – nonostante lo dovesse vedere spesso a casa Potter assieme a James – e suo fratello e la sua dannatissima radio, avrebbe davvero voluto dormire subito. E non le importava affatto che fossero solo le cinque e mezza del pomeriggio.

Forse potrei darmi una padellata in testa…
Passò davanti allo specchio e si osservò per un po’. Stessi capelli rosso Weasley, forse solo un po’ più corti. Stessi occhi azzurri. Stesso naso con qualche spruzzata di efelidi. Stesse spalle magre. Stesso viso. Stessa persona.
Stessa Rose.
Spesso si chiedeva perché tutte sembravano cambiare, migliorare, crescere mentre lei rimaneva sempre uguale, immutata. Qualcuno doveva avercela con lei, lassù – era arrivata a questa conclusione, alla fine. Si sentiva piuttosto usuale, sempre. Albus le diceva che andava bene così com’era, che non doveva preoccuparsi.

Già, ma qualche decimo di bellezza in più non mi dispiacerebbe mica…
Si sedette sul suo letto e prese in mano la bacchetta. Se la rigirò tra le dita, stando bene attenta a non fare magie. Sbuffò, mentre si rialzava ancora, prendeva un libro a caso dalla libreria e si buttava un’altra volta sul letto, stavolta a pancia in sotto.
Sapeva che il libro le sarebbe scivolato addosso come una doccia fresca, ma era meglio quello che ascoltare le raccomandazioni ripetitive dei suoi o dare corda ai suoi pensieri sul poter chiedere a zio George di creare qualcosa per diventare un po’ più carina.
Sospirò.

Finalmente domani si torna ad Hogwarts.

*

 Restare sdraiati sull’erba del giardino che va pian piano raffreddandosi non era certo una buona idea se non ci si voleva ammalare, ma era decisamente un buon modo per dire arrivederci all’estate e bentornato all’autunno. Ed era ancora meglio quando a farti compagnia c’era uno dei tuoi due fratelli – mentre l’altro era andato da Noah Zabini e non era ancora tornato –, pronto a farti ridere in qualunque momento e ricorrendo a qualunque sotterfugio.
Avevano guardato le nuvole, dicendo che assomigliavano a questo e a quell’altro, poi si erano messi a provare a fischiare con dei fili d’erba – i risultati erano stati ovviamente scadenti –, ed infine avevano deciso di sdraiarsi e basta, a chiacchierare concitatamente e buttando, di tanto in tanto, qualche battutina nella conversazione.
E così si era fatta sera, mentre le stelle cominciavano ad apparire pallide in cielo e il sole tramontava definitivamente, sparendo dietro alle colline del Devon.
La sagoma di casa Potter si stagliava, netta, proprio di fronte ai loro piedi. Sdraiati com’erano, infatti, il capo era rivolto al cielo e con i piedi puntavano, appunto, alla casa. Era bella: una casa di tre piani con il tetto rosso e una specie di rete di legno attaccata alla parete destra della casa, ove cresceva rigogliosa una pianta di rampicanti.
Erano proprio quei rampicanti a rendere la loro casa così particolare, secondo Lily. Perché le ricordavano suo padre, in un certo senso. Avevano gli steli piccoli, un vento molto forte avrebbe potuto spezzarli senza problemi, ma loro rimanevano attaccati al muro – sempre. E così aveva fatto suo padre tanti anni prima: era solo un ragazzino con tanti problemi e carichi più grossi di lui sulle spalle, avrebbe potuto cedere da un momento all’altro, eppure era rimasto attaccato alla vita proprio come quei rampicanti alle pareti. Per questo, la pianta preferita di Lily era proprio il rampicante: le ricordava suo padre, che aveva corso il rischio di dare la vita anche per persone che non conosceva.

« Uno zellino per i tuoi pensieri, sorella » disse ad un certo punto James, accennando un sorrisetto sardonico. Sotto sotto, però, era anche un po’ preoccupato. Ultimamente la sua sorellina s’immergeva sempre più spesso in sogni ad occhi aperti, ed ogni volta che provava a farla parlare riceveva solo una risposta vaga ed un’alzata di spalle. Cercava di farsi bastare ciò, ma gli sarebbe piaciuto sapere davvero cosa passava per la testa rossa di Lily.
« Niente di speciale, non valgono così tanto, questi pensieri » gli sorrise lei, sistemandosi una ciocca rossa dietro l'orecchio.
« Assolutamente » convenne James e poi le passò un braccio attorno alle spalle. « Ma un giorno capirò cosa pensi! »
« Nah. Sei troppo stupido per imparare la Legimanzia » ghignò la ragazza, e James l’avrebbe davvero stimata se solo non lo avesse appena insultato senza farsi troppi problemi. « Ma va bene così, dopotutto lo sanno tutti che è Al quello intelligente. Tu sei quello stupido, io sono quella carina » aggiunse, ridendo.
« Sono più bell- ».
« Qualcuno mi ha chiamato? » Esclamò una voce, quasi urlando. Albus stava camminando verso di loro: evidentemente era da poco tornato a casa.
« In realtà ti abbiamo nominato, Albie » rispose James, schivando poi una gomitata di Lily, che si alzò in piedi e trotterellò allegramente verso l’altro fratello per stringerlo in uno dei suoi famosi abbracci stritolatori – probabilmente era l’unica cosa che aveva ereditato da nonna Molly.
« Al! » cinguettò Lily, mentre l’altro mugugnava qualcosa riguardo al fatto che lo stava effettivamente soffocando. La quasi quindicenne1 scoppiò a ridere e lasciò la presa, posandogli poi un braccio sulla spalla sinistra. « Che hai fatto con Zabini? Letto tanti libri? »
Al roteò gli occhi sotto lo sguardo divertito degli altri due.

Okay che Noah non è proprio il massimo dell’esuberanza, ma non è noioso… - pensò, rispondendo che no, non avevano letto dei libri. Anche perché sennò non saprei che leggere fino a Natale.
« Uh-uh » fischiettò James e Albus sbiancò irrimediabilmente. No, suo fratello non poteva essere sul serio tanto idiota da pensare che… « Non è che c’è qualcosa tra te e Zabini, Albie? » … Sì, suo fratello era davvero un idiota.
« Che cosa? » esplose con voce acuta, mentre Lily iniziava a ridere tranquillamente sulla sua spalla. Aveva gli occhi verdissimi spalancati, come due fari nel buio, e la bocca spalancata. James ghignò ancora.
« E noi cosa dovremmo pensare di te e Logan, allora? O di te e Scorpius? » aggiunse, cercando di rendergli pan per focaccia.
Ed evidentemente ci riuscì, perché il sogghigno sulle labbra dell’altro andò sgretolandosi pian piano, mentre la risata di Lily si faceva sempre più sguaiata.
« Oh, Merlino, siete meglio di quella vecchia serie tv… Ma sì, quella stupida! Dai… Scrubs, mi pare ».
Sia Al che James fecero per ribattere, il primo con le guance rosse ed il secondo con una smorfia oltraggiata sul viso, quando la voce di Ginny Potter riecheggiò per il giardino fiorito:
« Ragazzi, venite, è pronta la cena! »

*


Il soffitto della sua camera un tempo era stato di un bianco candido, ma ormai di quella vecchia tinta non si vedeva più niente – ma lo avevano sempre saputo tutti che lo sarebbe diventato, visto che James, sin da piccolo, si divertiva a lanciare una pallina inventata da zio George che, quando si scontrava con qualcosa di solido, creava strisce di colori sempre diversi.
Il baule era stato finito e chiuso circa mezz’ora prima e in quel momento giaceva ai piedi del letto – ma probabilmente il giorno dopo sarebbe stato aperto di nuovo per infilarci all’ultimo momento qualcosa che James aveva dimenticato fuori, come al solito –, con sopra uno zaino contenente una rivista di Quidditch, una Babbana di motociclette, della cioccolata e una felpa d’evenienza, nel caso la temperatura scendesse tutt’a un tratto.
Gli occhi scuri di James erano spalancati e, nonostante non fossero poi così grandi, in quel momento sembravano immensi.
Ultimo anno ad Hogwarts. Ultimo anno in un posto dov’era praticamente tutto bianco, a parte qualche piccola sfumatura di un grigio pallidissimo. Ultimo anno al sicuro. Ultimo anno per comportarsi come un ragazzo scapestrato quale era sempre stato. Ultimo anno in cui avrebbe potuto ‘proteggere’ la sua sorellina da eventuali spasimanti ogni giorno. Ultimo anno a ricordare ad Albus che gli sarebbe venuta la scogliosi a forza di stare chinato sui suoi dannati calderoni. Ultimo anno per ripetere a Scorpius di muoversi, perché più lento di lui non c’era nessuno, probabilmente.

Ultimo anno a casa.








Note:

Ed è arrivata anche la nostra amata New Generation. Certo, non tutta, per ora solo qualche personaggio, ma questo capitolo è solo per introdurre i prossimi (sì, mi diverto ad introdurre tutto).
So che è un capitolo corto e che qui non succede praticamente niente, ma dal prossimo capitolo compariranno altri personaggi. Promesso. :)
E grazie, davvero, per le recensioni. Sono un ottimo incentivo a continuare! *Messaggio tra le righe: continuate, su…*

1. Quasi quindicenne, già. Perché? Praticamente. La mia Lily è nata il 25 settembre 2007, quindi teoricamente avrebbe dovuto fare il quinto anno, sì. Solo che Hogwarts apre il primo settembre e non ci possono essere primini. Perciò be’, ta-dan!, Lily è un po’ più grandina di Hugo, ma di poco. :)
Vi adoro,
A.

   
 
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