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Autore: Beatrix Bonnie    13/03/2012    2 recensioni
Filosofo mi chiamavano, teologo, profondo conoscitore dei misteri del creato. Io, in realtà, non sapevo bene chi ero. Non capivo dove mi stesse conducendo la mia insaziabile sete di conoscenza e vagabondavo senza meta, stanco di ogni cosa, ma instancabile nella ricerca di qualcosa di meglio. Ero uno spirito inquieto, che non riusciva a trovare la sua collocazione nel mondo.
Dublino, 1185
Al giovane intellettuale sir Gregory è stata affidata dal suo signore una delicata missione da compiere alla corte di re Gilbert del Leinster. Certo, sir Gregory non si immagina che qualcosa verrà a turbare la sua affaticata esistenza: una ragazza, la pace di un vecchio podere di campagna e il profumo di una lontana leggenda.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo di Faerie'
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Liber IX




Non avevo più niente tra le mani, se non un pugno di terra poco fuori Dublino. Il mio compito in Irlanda era finito: avevo riferito a re Henry tutto ciò che avevo appreso sulla corte del Leinster e non c'era più nulla che mi tratteneva in quella terra.
Lady Feamair mi odiava e dalla sera in cui gli avevo rivelato la mia vera identità non avevo più notizie di lei. Il suo sogno di strappare il Leinster dalle mani di re Gilbert per liberarlo al contempo dal dominio inglese non aveva avuto successo perché io ero proprio uno di quegli orribili conquistatori che avrebbe voluto scacciare dalla sua terra. L'avevo tradita, mi ero rivelato uno dei tanti nemici che lei odiava, uno subdolo che aveva utilizzato la propria astuzia per penetrare fin dentro la corte e ingannare tutti.
Ma, cosa forse ancora peggiore, avevo ingannato me stesso, credendo che sarebbe stata possibile una storia d'amore tra di noi. Sapevo fin dall'inizio che ogni passo che facevo verso di lei mi allontanava dalla mia missione, alla quale non potevo rinunciare.
Avrei dovuto essere onesto fin dall'inizio, non solo con Feamair, ma soprattutto con me stesso: se avessi portato a termine il mio compito senza cedere alle distrazioni, non avrei fatto soffrire Feamair e non mi sarei ingannato.
Ma ormai era tardi per tornare indietro: avevo compiuto un errore al quale non c'era rimedio. Se fossi stato più onesto, me ne sarei tornato subito in Inghilterra, ora che non avevo più niente che mi trattenesse in Irlanda. Me ero un codardo e non me ne volevo andare. Mi illudevo che Feamair tornasse da me. C'era come un filo di speranza che mi legava a quella terra dove, seppure per poco tempo, avevo conosciuto la pace.
Me ne stavo seduto sempre sullo stesso ceppo, a fissare l'orizzonte. Loihal si preoccupava per me e cercava in ogni modo di coinvolgermi nella loro vita: una mattina mi chiedeva di accompagnarlo a prendere le uova, o mi proponeva di cuocere sul fuoco le focaccine che impastava sua moglie. Diceva sempre che lavorare mi avrebbe fatto bene, perché l'uomo che lavora non ha tempo di perdersi in pensieri tristi. Con la sua rustica filosofia, la sua semplicità, riusciva a raggiungere una pace che io avevo sempre solo desiderato. Un tempo pensavo che l'ignoranza fosse nemica della felicità, ma Loihal mi aveva insegnato che gli uomini avevano già dentro di sé un istinto naturale che poteva portarli sulla via della serenità. La spontaneità di Loihal mi aveva fatto arrivare ad una certezza: non era nell'affannosa ricerca delle verità ultime ma nel tranquillo godimento di ciò che Dio mi aveva offerto che avrei trovato la pace.
L'unico problema era che avevo afferrato questa verità quando ormai era troppo tardi, quando avevo perso Feamair.

Quel giorno Loihal mi aveva affidato un semplice lavoro nell'orto.
Così, quando fratello Cormac comparve alle mie spalle, io ero accucciato al suolo, coperto di terra dalle testa ai piedi in un modo quasi indecente.
«Cosa state facendo, sir Gregory?» non poté evitare di chiedermi, soffocando una risata.
Io osservai per un attimo le mie mani, più simili ormai a due vanghe arrugginite, e poi posai gli occhi sul misero lavoro che avevo svolto: i cavoli che avevo cercato di piantare, ora sembravano galleggiare in uno stato di incoscienza su un letto di terriccio.
La terra l'aveva vinta anche sulla mia buona volontà.
«Sinceramente... non lo so» risposi, alzandomi dal suolo. «Sono in grado di discutere sulla composizione dei cerchi celesti e sul significato allegorico di qualsiasi passo delle Scritture. Ma non so piantare dei cavoli» commentai in tono amareggiato.
Cormac mi mise una mano sulla spalla con fare rincuorante. «Sir Gregory, non sono venuto qui per parlare di cavoli».
Lo disse con un tono così grave che fui costretto a mettere da parte i miei vaghi pensieri sugli ortaggi per concentrarmi sul suo volto, improvvisamente serio.
«Sono qui per Feamair» mi annunciò il giovane chierico.
Bastò quel nome per farmi annodare le viscere.
Forse Cormac percepì la mia tensione dalla smorfia sofferente che mi attraversò il viso.
«Lei mi odia» sussurrai dopo un attimo di silenzio.
«Io credo che dovreste almeno provare a parlarle» mi consigliò fratello Cormac, ma io lo interruppi subito.
«Non può funzionare, io...»
«So cosa è successo, Feamair mi ha raccontato tutto» intervenne Cormac, annuendo con il capo.
Fu allora che distolsi lo sguardo e presi a fissare due corvi che si inseguivano nel cielo. Mi sentivo messo a nudo davanti a Cormac: ora anche lui conosceva il mio segreto e sentivo il suo giudizio che mi pesava sul capo. Tuttavia, quando tornai a guardare i suoi occhi, non vi lessi nessun rimprovero, ma solo angoscia.
«Sir Gregory, vi prego di ascoltarmi» mi disse in tono serio. «Vi ho detto che per me Feamair è come una sorella e ora soffro vederla in queste condizioni. È chiusa in se stessa, silenziosa, ma soprattutto rassegnata. Non potete lasciare che sposi suo cugino Gilbert senza fare nulla. Voi la amate, no?»
Quella domanda mi bruciò addosso peggio del fuoco vivo. Esitai solo una frazione di secondo, poi risposi di getto: «Sì».
Fratello Cormac fece un accenno di sorriso. «E allora non permettete che sposi re Gilbert».
«Ma lei mi odia» proruppi, interrompendo il discorso del giovane chierico. Ero spaventato, terribilmente spaventato. Avrei davvero voluto che tutto tornasse come prima, ma sapevo che era impossibile. Se anche avessi trovato il modo di impedire le nozze, di strapparla a Gilbert senza ripercussioni, non sapevo come lei avrebbe reagito. In fin dei conti l'avevo consapevolmente tradita.
Fratello Cormac mi afferrò per le spalle, con impeto. «Sir Gregory, conosco Feamair da una vita e so che non sta aspettando altro che una scusa per perdonarvi. Tornate da lei».

Tornare da lei.
Era diventato un chiodo fisso, da quando avevo parlato con fratello Cormac. Era un rischio che era necessario affrontare: dovevo sapere se mi avrebbe davvero perdonato. Non avrei potuto accettare di vivere il resto della mia vita nel rimpianto di sapere come sarebbe andata se solo fossi tornato da Feamair.
Avevo deciso che avrei impegnato tutte le mie forze in quel progetto. Non mi importava più di tornare in Inghilterra, di servire il mio re, di venir tacciato di fellonia per essere venuto meno ai miei doveri. Sinceramente, chi se ne importava.
Avrei potuto sempre imparare a coltivare cavoli.
Ma ora, il problema principale era come riuscire ad impedire le nozze, senza che lady Aoife scagliasse contro di noi ogni maledizione che la mente umana potesse concepire. Avrei potuto tornare in Inghilterra e chiedere aiuto al mio signore, re Henry Plantageneto, così come aveva già fatto Diarmaid quasi quindici anni prima, ma ero certo che il prezzo richiesto dal sovrano sarebbe stato molto alto e c'era sicuramente il rischio che quell'inetto di suo figlio John sfruttasse la situazione per prendere il potere sul Leinster; e questa era l'ultima cosa che volevo.
No, avevo bisogno dell'aiuto di qualcuno che non fosse interessato al regno, né che avesse mire espansionistiche o sete di potere. Qualcuno di estraneo ai meccanismi di successione della corona del Leinster. In sostanza, qualcuno a cui chiedere aiuto senza che in cambio chiedesse un prezzo che non potevo pagare.
Ci riflettei sopra per dei giorni interi, ma alla fine capii che l'unica soluzione possibile era quella che Feamair stessa aveva proposto a me: chiedere soccorso all'esercito fatato di Faerie. Era una prospettiva assurda, il piano di un disperato, ma era l'unico che avevo.
Ma per raggiungere il pozzo di s. Patrick avevo bisogno dell'aiuto di una persona: fratello Cormac.
Lui però non prese particolarmente bene la mia proposta. «Quando vi dissi di tornare da Feamair, non intendevo consigliarvi di farlo con un esercito di creature mostruose, che forse nemmeno esistono!» protestò quando gli spiegai il mio piano.
Sapevo che disapprovava completamente tutte quelle leggende legate a Faerie, ritenute erronee rispetto alla verità di fede, ma speravo di convincerlo ad accompagnarmi facendo leva sull'affetto che provava per Feamair.
«È l'unico modo per salvare Feamair dal matrimonio con re Gilbert» gli dissi, fissandolo negli occhi con intensità.
Lui distolse lo sguardo e quando tornò a posarlo su di me, aveva un sorriso amaro che gli incrinava le labbra. «Sapete come ho conosciuto lady Feamair?» mi domandò in un sussurro.
Io scossi lentamente la testa.
Fratello Cormac prese un lungo respiro, poi cominciò a raccontare: «Mia madre morì di parto dandomi alla luce. Mio padre, sir William, era il primo cavaliere alla corte di re Diarmaid. Quando si trattò di combattere per riconquistare il regno, lui era in prima fila a fianco di Conchobhar e con lui venne catturato da re Ruadri e...» la voce gli morì in gola, ma avevo capito benissimo quale fosse la conclusione di quella storia.
Nel tentativo di consolarlo, gli posai una mano sulla spalla.
Fratello Cormac mi rivolse un breve accenno di sorriso, come se volesse ringraziarmi di quel piccolo gesto. Poi riprese a raccontare: «Da allora vissi a corte e la madre di Feamair mi crebbe come fossi suo figlio, fino alla sua morte. Per questo io considero Feamair come mia sorella: abbiamo passato insieme tutta la nostra infanzia, finché io non sono entrato in convento».
Fratello Cormac fece una breve pausa, ma il suo tono di voce di era raddolcito. «Lei è la persona più importante che mi è rimasta e farei qualsiasi cosa per vederla felice».






Eccoci ad un punto di svolta nella storia: Gregory ha deciso di andare alla ricerca dell'esercito di Faerie!
Povero fratello Cormac, trascinato contro la sua volontà in un impresa da cavalieri e eroi d'altri tempi più che per un fraticello e un intellettuale incapace di fare qualsiasi lavoro!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Grazie a tutti quelli che seguono e in particolare a Julia Weasley che recensisce tutti i capitoli!
Alla prossima,
Beatrix

   
 
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