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Autore: Aoimoku_kitsune    15/03/2012    5 recensioni
Ti posso sentire e so di amarti.
***
E' una MPREG: Gravidanza tutta al maschile.
Dopo una serata il legame di Naruto e Sasuke sembra spezzarsi sempre di più, ma una maledizione (Da parte di Naruto) o uno splendido miracolo (Da parte di Sasuke), renderà le cose più complicate o semplicemente riuscirà ad aggiustarle? E Naruto si troverà davanti ad una scelta difficile, che farà provare a Sasuke, di nuovo, il dolore per la perdita di una famiglia.
***
-Sai..
Disse Naruto, fissando lo schermo colorato.
-.. Stavo pensando..
-Tu che pensi?
Lo sfotté Sasuke, quasi serio, nascondendo il divertimento.
Naruto alzò lo sguardo, fissandolo di sbieco, reclinando il capo verso di lui.
-Teme.. Smettila di prendermi sempre in giro.
E la linguaccia fu inevitabile.
Sasuke ridacchiò, sommessamente, appoggiando il mento sul capo di Naruto.
-Su dimmi.
Sentì un piccolo sbuffo dal basso e poi Naruto parlare.
-Il nome per il bambino. Non lo abbiamo ancora deciso.
Sasuke fece una strana smorfia di disappunto.
***
-Cosa c’è?
-Mi sento sempre appesantito.. È strano.
Rispose, incerto se i termini che aveva espresso potevano giustificare quelle strane sensazioni.
-E’ normale.. Ormai sei alla fine.
Naruto annuì, guardando, con i suoi formidabili occhi azzurri, Sasuke.
-Tsunade ha detto la prossima settimana.
***
Era leggero il suo bambino, fragile tra le sue braccia.
Genere: Fluff, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I'd come for you'
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Scusate se vi ho fatto attendere, ma ieri sera il computer ha iniziato a sballarsi e mi stavo per cacciare a piangere quando lo schermo è diventato nero. Un incubo. Poi oggi il suo cuore ha ripreso a battere. Sono contenta!
Che dire di questo capitolo. Non rivela niente di che, ma ho voluto metterlo lo stesso perchè mi piace un pochino.
Non vi trattengo ancora, buona lettura. Bacio.

**********************

Era sera quando Naruto aprì la porta della casa di Sasuke, ed entrò. Aveva passato l’intera giornata in giro per il villaggio, senza una meta precisa e poi era passato a casa sua, trovandola sigillata. Era stato più di mezz’ora, con la bocca e gli occhi spalancati per lo stupore, a guardare il sigillo in carta del quinto Hokage.
Quella vecchiaccia lo aveva chiuso fuori da casa sua. Ora capiva perfettamente il perché gli avesse raccomandato di portare a casa del Teme tutto quello che poteva.
Sbuffò indispettito, chiudendo la porta e accendendo la luce dell’entrata.
La casa era silenziosa e immersa in un’oscurità quasi surreale. Guardò dritto davanti a se, dei brividi di freddo che, inspiegabilmente gli attraversarono la spina dorsale.
Aveva il terrore di quella casa, la notte e quando Sasuke non c’era. Proprio come in quel momento.
-… Sasuke?
Chiamò, non ricevendo risposta. Neanche un semplice “Umh” che lo avrebbe fatto sentire meglio.
Si strofinò una mano sul viso, scacciando via la stanchezza e lo stress delle ore che aveva passato in ambulatorio con Tsunade e il moro.
In testa, ancora, aveva la discussione di Sasuke. Ci aveva pensato tutto il giorno senza venir a capo di niente.
Si sfilò i sandali standard blu di cuoio e li poggiò accanto alle ciabatte scure di Sasuke, prendendo le sue.
Lentamente s’incamminò per il corridoio e tentoni, facendo scivolare la mano sul muro, accese la luce del salotto.
Era così tanto abituato al suo piccolo monolocale che quando rimaneva da solo lì, inesorabilmente si ritrovava sempre ad accendere più luci possibili, e a lasciarle illuminare l’ambiente anche se non c’era.
Guardò verso la cucina, trovandola perfettamente in ordine come l’avevano lasciata la mattina.
Così neanche Sasuke era passato in casa a mangiare.
Si guardò in giro, pensando dove sarebbe potuto andare l’Uchiha da solo.
Era sicuro che non lo avrebbe trovato da qualche parte a fare baldorie con i loro amici, forse, però..
Grugnì al solo pensiero. Ultimamente pensare che Sasuke passasse delle ore con la sua squadra, insieme a quella ragazza, gli si formava uno strano nodo all’altezza del petto, che era difficile mandare giù.
Vedeva come Karin si allungava verso Sasuke, toccandolo e guardandolo con ammirazione e possessione vera e propria.
Scosse il capo, massaggiandosi le tempie che pompavano un lieve dolore.
Sapeva perché gli dava fastidio. Era geloso. Geloso che quella ragazza potesse toccare Sasuke tranquillamente, davanti a tutti, senza preoccuparsi degli sguardi degli abitanti del villaggio.
Un’espressione amara si dipinse sul suo volto mentre accendeva l’ennesima luce recandosi nel bagno al secondo piano.
Quando si chiuse dentro, si appoggiò con la schiena alla porta e guardò davanti a se.
Dandosi una piccola azione con le spalle si diresse verso la vasca, salendo il ripiano alzato del bagno, e accese l’acqua, deciso a farsi una doccia calda per sciogliere la tensione.
Prese un asciugamano che depositò al suolo e un altro che appoggiò alla sedia che si trovava nella stanza e prese a spogliarsi lentamente.
Fece cadere per prima la felpa, seguita poi dalla maglietta e dai pantaloni.
Rimase in boxer blu, inclinando la testa verso il basso, guardandosi il ventre accentuato.
La mano tremò appena quando, con le dita lo sfiorò, provocandogli la pelle d’oca e dei brividi freddi sulla pelle ambrata.
Era sconcertante pensare che qualcosa si stesse formando al suo interno, lentamente. Ne aveva quasi il terrore.
Graffiò, con le unghie, la superficie della pancia, lasciando segni rossi sulla pelle liscia e le staccò di forza verso la fine, infliggendosi quattro, superficiali solchi che si fecero rossi, per poi iniziare a sanguinare lentamente.
Agitato per il gesto, afferrò con velocità la tela sulla sedia e la tamponò sui graffi che piano piano iniziavano a gonfiarsi e arrossarsi lievemente.
La strofinò sulla pelle, arrossandola ancora mentre i graffi presero a bruciare e a dargli fastidio.
Ringhiando buttò la salvietta, con un gesto stizzito, dietro di se.

Quando s’immerse nell’acqua, un grugnito si fece largo dalla gola, per via delle ferite che presero a bruciare sempre di più a contatto con il calore soffocante del liquido trasparente.
S’immerse fino alle spalle, strizzando gli occhi e poi si rilassò, appoggiando il capo sul bordo della vasca, guardando verso il soffitto, incantandosi a osservare il vapore che si condensava sul muro, scurendolo per pochi secondi.
Sospirò sciogliendosi i capelli biondi, che, fluenti, si distesero sulla superficie dell’acqua, diventando più chiari del solito.
S’immerse, trattenendo il fiato e, quando riemerse, si aiutò con una mano a spostare i capelli dal viso e si rilassò come prima, socchiudendo le palpebre.

Mugugnò di fastidio quando un bruciore allo stomaco lo colpì all’improvviso e aprì le palpebre, guardandosi il ventre mentre con una mano iniziava a massaggiarlo lentamente, cercando di far scemare il bruciore.
Il vapore gli offuscava la vista assonnata e si alzò a sedere composto nella vasca, intensificando il massaggio.
Si sentiva strano; la testa era leggera, come se galleggiasse nell’aria e si sentiva anche il corpo molto leggero.
Intorno a lui, il bagno sembrava oscillare lentamente, confondendo gli oggetti e i colori in un unico blocco, ma, in quel momento, gli sembrava tutto così normale.
Poi soffocò un urlo, le labbra piene aperte e lo sguardo terrorizzato verso il ventre, dove la pelle si tirava e si gonfiava in vari punti, e qualcosa si muoveva frenetica.
… Gravidanza demoniaca …
Le parole di Tsunade in quel momento gli invasero la mente mentre il dolore cresceva, immobilizzandolo.
Le pupille saettavano su ogni movimento di quella cosa che lo stava squarciando letteralmente, lentamente.
Il dolore era così atroce, sentiva le unghie e i denti di quella cosa consumargli le carni, aprendole per farsi spazio tra di esse. Le ossa del bacino e della colonna vertebrale che scrocchiavano innaturalmente.
Urlò, pianse e l’acqua si tinse di rosso mentre il dolore aumentava sempre di più, portandolo alla pazzia più pura.
Poi il dolore cessò, la vista che si macchiava di nero.
Terrorizzato, portò lo sguardo sulla superficie rossa dell’acqua e singhiozzò quando qualcosa iniziò a emergere lentamente.
I capelli chiari erano macchiati di rosso, come tutto il viso nascosto dalla frangia sgocciolante.
Poi due occhioni scuri lo guardarono, le labbra del piccolo bambino s’incurvarono in un sorriso.
… Se avresti la certezza che sarei normale, mi terresti?…

Spalancò gli occhi, il fiato corto e lo sguardo perso al soffitto. L’aria fin troppo calda per via del vapore intorno a lui.
Regolò i battiti, portando le mani bagnate sui bordi della vasca, aiutandosi ad alzarsi.
E poi non poté altro che appoggiare la testa tra le mani, nascondendoci il viso, portandosi le gambe verso il torace.
Ultimamente faceva dei sogni che lo terrorizzavano sempre di più e quello era sembrato così reale. Percepiva ancora il leggero bruciore allo stomaco, forse per aver saltato, per  la prima volta in vita sua, la cena.
Sicuramente era quello, pensò mentre si alzava. L’acqua che gli percorreva l’intero corpo nudo, illuminandolo e accarezzandolo come un amante passionale.
Tenendosi al bordo della vasca con le mani, ne uscì, appoggiando i piedi sulla salvietta che aveva riposto prima sul pavimento. Afferrò l’accappatoio rosso, posto accanto a quello blu di Sasuke, e lo indossò, stringendoselo davanti per chiuderlo e, strofinando i piedi sull’asciugamano per asciugare le piante, scese lo scalino dell’alto ripiano, e iniziò a frizionarsi i capelli lunghi con il cappuccio.
Le iridi erano cupe, perse in pensieri troppo complicati, e guardavano con ostinazione il pavimento umido del bagno.

Si strofinò, assonnato un occhio, mentre con passo lento si dirigeva verso la cucina, per prepararsi qualcosa da sgranocchiare, per lui e Sasuke, che sicuramente non aveva mangiato un pasto decente da quella mattina.
Il moro sembrava sempre scordarsi di mangiare il giorno, al massimo la mattina consumava una ciotola in più di riso in bianco e giusto un assaggio di minestra di miso, il tutto accompagnato dal latte di soia.
Scosse il capo, quasi divertito e accese la luce della cucina, fermandosi davanti al frigo grigio chiaro.
I piedi, strisciavano svogliatamente sul pavimento, avvolte nelle loro ciabatte calde arancioni.
Aprì l’anta del mobile superiore per cercare del sale e strabuzzò gli occhi quando vide una ciotola di ramen precotta alle verdure.
La salivazione era aumentata e, quasi con timore prese la confezione di ramen tra le mani, socchiudendo gli occhi come se fosse in estasi.
Se la portò al petto, stringendola e si guardò dietro, verso il salone deserto e, quando appurò che non c’era nessuno. Non c’era il Teme maledetto anti ramen, se lo cucinò, tenendolo per quei tre minuti, costantemente sott’occhio, per paura che potesse scomparire.
Era da giorno che non assaporava del ramen, e diavolo, gli andava bene, anche se era di verdure e non alla carne. Si sarebbe accontentato pur di sentir scendere le tagliatelle e il brodo di pesce in gola, assaporandolo lentamente con le papille gustative.
Aveva la bava alla bocca.
Quando i tre minuti scoccarono, il lieve profumo della pietanza gli invase le narici e gemette di aspettativa.
Non prese neanche un piatto dalla fretta di poterlo finire prima che Sasuke entrasse, e, con delle bacchette iniziò ad afferrare qualche tagliatella e pezzetti di verdura, portandosela davanti alle labbra.
Aprì la bocca, pronto a dare il primo boccone. Era così vicino che sentiva il sapore sulla lingua.
Avvicinò le bacchette e quando stava per assaporare, finalmente il piccolo boccone, le bacchette scomparvero.
Si guardò la mano, poi la scatola alla sua destra, sul pavimento, rovesciata e tutto il contenuto sparso disordinatamente.
-.. Non devi mangiare ramen.
Si voltò verso il proprietario della casa, con occhi grandi come due bocce e la bocca aperta in un’espressione sorpresa frustata.
-Il.. Il ramen.. Tu.. Ramen..
Disse con la voce che gli tremava mentre faceva vagare lo sguardo su Sasuke al prodotto rovesciato.
Sasuke lo guardava, ancora sullo stipite della porta del soggiorno, in mano un rotolo ingiallito, bordato di rosso carminio e un sigillo a forma di corvo.
Avanzò verso uno scioccato Naruto, appoggiando il rotolo sul tavolo e sparì in cucina, procurandosi uno straccio e una bacinella d’acqua e, sbuffando, iniziò a pulire il pasticcio che aveva causato lui.
Naruto lo fissava con gli occhi pronti a un pianto disperato per la perdita del suo piatto preferito.
-Perché..
Sussurrò, tirando su col naso.
Sasuke rispose, alzando solo le spalle e, finito di pulire si alzò.
Il biondo sbuffò, voltandosi verso il tavolo vuoto e bevve un bicchiere d’acqua. Poi lo sguardo cadde sul rotolo e lo prese tra le mani.
-Dove sei stato oggi?
Domandò, cercando di non apparire troppo curioso.
-A cercare quello..
Rispose solo Sasuke, entrando nel salone e sedendosi davanti a Naruto.
-Che cos’è?
Le iridi azzurre guardavano curiose il rotolo, rigirandoselo tra le mani.
-E’ la risposta alla nostra situazione.
E come se bruciasse, fece cadere il rotolo tra le mani, facendolo sbattere contro la superficie del tavolo con un suono sordo e guardò Sasuke, quasi spaventato per quello che avrebbe saputo di lì a poco.

   
 
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