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Autore: phoenix_esmeralda    16/03/2012    1 recensioni
Vera è la futura regina di Katathaylon e Allegra non vede l'ora di accompagnarla nel suo mondo, per assistere al matrimonio con il principe Alexen. Ma qualcosa di strano succede nel regno che Allegra ha sempre sognato di visitare, e la ragazza si ritroverà travolta nella grande avventura che ha sempre sognato di vivere... Un libro, un racconto, una favola... questo è "La valle dell'altro mondo", una storia fra l'avventuroso e il fantasy, tra il romantico e l'introspettivo, alla scoperta dei 4 personaggi principali, ciascuno con il suo piccolo mondo interiore da proteggere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Considerando la realtà nuda e cruda, Edhuar mi aveva detto che gli piacevo.
Questo pensiero, all’inizio annebbiato da altre riflessioni più pregnanti – la mia impulsività, o i deliri di Edhuar per fare un esempio – cominciò pian piano ad affiorare alla mia mente.
In qualunque modo girassi il discorso di scuse che mi aveva rivolto, le sue parole non potevano assumere significati molto diversi. “Mi sei piaciuta subito, dalla prima volta che ho messo gli occhi su di te” “Ho pensato che sarebbe stato bello viaggiare con te”
Prese isolatamente, queste frasi mi avrebbero fatta avvampare come la fiamma olimpica.  Nel contesto attuale invece, non potevano far altro che rimescolare un’altra volta le mie emozioni portandomi a passare, con fulminea alternanza, dall’astio più acceso, al batticuore, all’angoscia.
Da quando Edhuar si era risvegliato dopo la notte di delirio, il mattino precedente,  i rapporti fra noi si erano mantenuti in una sorta di equilibrio barcollante. Non mi ero più lasciata andare ad espressioni di aperta ostilità, ma avevo preferito mantenere un distanza di sicurezza dignitosa a cui delegavo il ruolo di ribadire costantemente la mia posizione. Ed Edhuar, docilmente, aveva smesso di provocarmi in modo manifesto.
Non sapevo fino a quando il nostro compromesso sarebbe durato, Arco d’Occidente si avvicinava e Shia era ancora nelle mani del mio nemico. Prima o poi sarei dovuta tornare all’attacco.
Eravamo già a metà mattinata e camminavamo da tre ore e mezzo, quando Edhuar propose una sosta per uno spuntino. Mangiammo un po’ di frutta riposandoci sui massi in riva al torrente, accompagnati dal rumore ritmico dello scorrere d’acqua.
Prima di riprendere il cammino mi allontanai fra gli alberi per adempiere a una fondamentale funzione corporale ma, mentre mi trovavo acquattata fra i cespugli, venni raggiunta da una voce maschile. Sobbalzai per lo spavento, tanto mi giunse inaspettata. Io e Edhuar percorrevamo strade così appartate che, al di fuori delle koralle d’Arco d’Oriente, non avevamo mai incrociato anima viva. Probabilmente fu proprio quella disabituazione ai contatti sociali a rendermi diffidente. Rimasi immobile.
-  Ormai dovremmo averlo raggiunto – fece la voce, chiara e forte – Secondo i miei calcoli dovremmo averlo già incrociato.
- Avrà avuto dei contrattempi. La strada che gli conviene seguire è comunque questa.
Una seconda voce maschile si era aggiunta alla prima.
Le loro parole, senza un motivo palese, mi misero in allarme.
- L’idea comunque è geniale – riprese la seconda voce – Non vedo l’ora di tenere Shia nelle mie mani. Il capo diventerà potente, ma anche noi otterremo grossi vantaggi se facciamo bene il lavoro!
- Non correre troppo, prima dobbiamo ammazzare Edhuar e dobbiamo farlo senza lasciare tracce.  Non mi sentirò tranquillo senza avere prima la certezza che tutto fili liscio.
Le mie gambe si trasformarono istantaneamente in gelatina.  Con il respiro a metà fra la bocca e i polmoni, mi sporsi tra le foglie quel tanto da vedere due uomini accampati vicino al torrente.  Erano sulla quarantina, vestiti di abiti semplici, con le barbe non rasate e un equipaggiamento ridotto al minimo.
Come facevano a sapere di Shia?
Arretrai il più silenziosamente possibile e appena mi trovai a una distanza di sicurezza scattai in piedi e iniziai a correre.
Trovai Edhuar con i piedi nell’acqua, chinato verso il letto del torrente.
- È un punto strapieno di pesci! – mi disse entusiasta, vedendomi arrivare – Possiamo procurarci del pranzo fresco!
- Esci da lì – lo aggredii – Vuoi che ti torni la febbre?
Lo afferrai per un braccio trascinandolo fuori.
- Devo parlarti!
Lui notò la mia agitazione.
- Cosa succede?
- Ho visto due uomini accampati più avanti, li ho sentiti parlare fra loro. Stanno cercando te!
L’espressione di Edhuar si fece immediatamente attenta.
- Me?
- Vogliono ucciderti e prendere Shia!
- Ti hanno vista?
- No… ero nascosta. Almeno credo.
Edhuar rimase in silenzio, valutando le circostanze. Mi soppesò con lo sguardo, come se ci fosse qualcosa che non osasse domandare.
- Allegra… sei sicura? – chiese dopo un po’.
- Se sono sicura? – sbalordii. Stavo per rispondergli a tono, quando compresi.
Non si fidava.
- Credi che ti stia mentendo? – esclamai.
Lui rimase zitto. I suoi occhi passavano su di me indagatori, cercando di scoprire se stessi cercando di fregarlo. E perché no, dopo lo scherzetto che gli avevo fatto due giorni prima? Eravamo ancora nemici, e Shia restava nelle sue mani.
Stai calma Allegra, ora cerca di comportarti da adulta!
Feci un respiro profondo.
- Non è un trucco per cercare di prenderti Shia – dissi, moderando il tono di voce – Ci sono davvero due uomini che ti cercano.
Lui incrociò le braccia stringendosi i gomiti.
- Ho bisogno di potermi fidare, Allegra.
- Allora fidati.
Non distolsi lo sguardo, sperando che mi conoscesse al punto da sapere che non ero in grado di mentire così apertamente.
Il suo viso si distese leggermente.
- Hanno parlato proprio di uccidermi?
- Sì… senza lasciare tracce. Ho pensato che potessero essere uomini fedeli ad Alexen fuggiti da Palazzo, ma non agirebbero in questo modo vero?
- No, non credo. Non riesco a immaginare chi possano essere. Ma evidentemente sono a conoscenza della rivolta e del sigillo spezzato.
- Ti stanno aspettando lungo il torrente.
 - Sei sicura che non sappiano di te?
- Abbastanza.
Edhuar si guardò intorno e socchiuse gli occhi, studiando i sentieri che si dipanavano fra gli alberi.
- Cambiamo strada? – domandai.
- Ci sarebbe un’alternativa – ammise lui, riluttante – Esiste un sentiero che collega Arco d’Oriente ad Arco d’Occidente… un sentiero sicuro di cui è a conoscenza solo la famiglia reale. Ma è più lungo rispetto al percorso che stiamo seguendo ora.
- È lontano da qui?
- Non credo, ma personalmente non l’ho mai utilizzato. È riconoscibile perché è segnalato da una serie di foglioline rosse dipinte a mano.
- Allora cerchiamolo!
Lui però non si mosse.
- Cosa c’è? Non mi credi ancora?
- Prendendo quel sentiero allungheremmo la strada… voglio prima essere certo che ci sia una minaccia seria. Portami nel punto in cui hai visto quegli uomini.
- È rischioso, potrebbero accorgersi di te!
- No, mi terrò a distanza.
Il pensiero di riavvicinarmi a quei cespugli mi creò una notevole ansia, ma non volevo che Edhuar mi ritenesse una codarda. Raccolsi lo zaino e poi lo condussi fra gli alberi, nel punto in cui avevo sentito le voci. Ci acquattammo sporgendoci quel poco che serviva a mettere a fuoco le due figure lungo il fiume.
Erano ancora dove li avevo visti la prima volta, uno dei due si stava alzando, trasudante di impazienza.
- Dov’ è finito Santan? Non possiamo perdere tutto questo tempo! – sbottò.
- Ti ho detto che in ogni caso Edhuar dovrà passare di qui!
L’uomo in piedi sembrava in ansia.
- E se non fosse riuscito a prendere Shia?
- Non dire stupidaggini! È un principe, isy Raishanta gliel’avrà consegnata senza fiatare!
- E se invece lo ammazziamo e poi scopriamo che non ce l’ ha addosso?
L’altro iniziava a irritarsi.
- Prima ci facciamo dare Shia e poi lo ammazziamo! – sbottò – E ora smettila!
Si girò nella mia direzione e io arretrai di scatto. Segnalai a Edhuar che era meglio allontanarsi.
- Inoltriamoci fra quegli alberi – mi sussurrò, indicando una spessa coltre di rami ammassati.
Mi feci largo fra gli arbusti nella direzione che mi aveva suggerito, mentre lui controllava un’ultima volta la posizione dei due uomini. Ero già avanti di qualche metro, e quindi nascosta alla sua visuale, quando udii una voce nuova provenire dalla direzione da cui ero arrivata.
- E tu chi sei? – esclamò la voce sconosciuta, presumibilmente diretta a Edhuar. Vedevo solo le fronde ammassate degli alberi e non sapevo quanto lontano si trovassero. Solo una cosa mi era chiara: il nuovo arrivato doveva essere il famoso Santan.
Sentii un’esclamazione sorpresa e subito dopo le parole temute.
- Principe Edhuar!
Un tramestio rapido fece tremare gli arbusti e un istante dopo Edhuar comparve fra gli alberi facendomi cenno di correre. Partii a rotta di collo sul terreno sconnesso, con i suoi passi concitati appena dietro ai miei.
Santan chiamò i compagni, le loro voci si confusero nella mia testa. Capii in un istante che dovevano essersi fermati a prendere i cavalli per inseguirci più rapidamente.
- Ci prenderanno, Edhuar! – ansimai.
Lui con uno scatto mi sorpassò, distanziandomi. Il pensiero che potesse seminarmi lasciandomi sola e senza orientamento, mi diede una scarica di panico.
Invece si fermò all’improvviso, controllò che dietro di noi non comparisse nessuno e poi iniziò a esaminare gli alberi.
-  Se prendono i cavalli non abbiamo scampo – mi disse – Dobbiamo arrampicarci!
Ne scelse uno.
- Vieni, sbrigati, stanno per arrivare!
- Non ce la faccio! – protestai senza fiato – Io non sono in grado!
- Ti aiuto io.
Iniziò ad arrampicarsi e ogni volta che trovava un punto d’appoggio si voltava per sostenermi. I cavalli potevano sbucare dietro di noi da un momento all’altro e questo mi mise le ali ai piedi. Mi graffiai fastidiosamente braccia e gambe, ma raggiunsi il punto in cui i rami erano più folti e riuscivano a nasconderci. Mi ero appena assestata quando i cavalli scalpitarono concitatamente sotto di noi. Trattenni il respiro mentre passavano oltre, terrorizzata dalla possibilità di aver lasciato qualche traccia. Invece non si fermarono, si guardarono intorno ma non pensarono di alzare la testa a esplorare i rami degli alberi. Sparirono in breve tempo.
Aspettai un paio di minuti, poi osai finalmente muovermi per cercare una posizione più comoda. Ero senza fiato, appiccicosa, sudata fradicia e i graffi mi bruciavano come fuoco.
- Torneranno? – sussurrai.
- Forse. Non possiamo sapere dove decideranno di continuare a cercarci. Dovremo restare qui per un po’.
Cercammo una posizione più adatta, da cui potessimo controllare il sentiero senza essere visti.
- Non hai riconosciuto nessuno di loro? – domandai.
- No. E non riesco a spiegarmi come possano sapere di Shia. Non erano tra coloro che ho imprigionato a Palazzo.
Lo vidi riflettere, cercando una spiegazione, poi di punto in bianco sorrise.
- Fortunatamente non ti ho consegnato Shia quando me l’hai chiesta, altrimenti poco fa saresti scappata senza avvertirmi del pericolo, lasciandomi nelle loro mani!
Lo fissai sbalordita. L’avreifatto veramente?
Sarebbe stata certamente un’occasione d’oro per sbarazzarmi di Edhuar… però… farlo ammazzare?
Mi infastidiva che lui pensasse questo di me.
Edhuar, fra le altre cose, si era accomodato fra i rami perfettamente rilassato, come se non avesse alcun problema al mondo.
- Accidenti, ma non hai paura? – sbottai.
- Non devi preoccuparti, a te non faranno nulla. Non ti hanno neppure vista.
- Non è questo che ti ho chiesto! – replicai irritata – Ti sei reso conto che queste persone ti cercano per ammazzarti? Non ti mette paura questo?
Il suo volto all’improvviso perse il sorriso.
- Allegra. L’unica cosa che temo davvero è che Shia cada nelle loro mani… chiunque essi siano. Tu sai quanto è importante che questo non accada, vero?
- Altrimenti non sarei qui – ribattei seccata.
Lui annuì.
- È qualcosa che né tu né io dovremo mai dimenticare. Il nostro obiettivo primario, costi quel che costi, è che Shia non cada in altre mani.
Il modo in cui lo disse, mi fece capire quello che sottintendeva veramente: quell’obiettivo valeva molto più delle nostre vite. Non era importante che volessero ucciderlo. L’importante era proteggere Shia.
Questo naturalmente mi fece riflettere sulla sua buona fede, anche se non poteva essere sufficiente a dare veridicità alle sue parole.
Restammo in silenzio ad aspettare. Venne l’ora di pranzo e mangiucchiammo quello che fu possibile per la posizione in cui ci trovavamo. I nostri inseguitori non tornarono e a un certo punto divenni insofferente. Il mio osso sacro iniziava a trovare intollerabile la superficie irregolare dei rami.
- Edhuar, non possiamo stare quassù tutta la vita!
- Lo so, hai ragione. Provo a scendere in perlustrazione.
- No, vado io. Non mi conoscono e corro meno rischi, mentre tu porti addosso Shia!
Naturalmente non poteva contraddirmi, ma il sorrisetto con cui accettò la mia proposta mi fece pensare che avesse colto la mia provocazione.  Se lui voleva fare l’eroe, io non intendevo essere da meno. Il suo discorsetto di poco prima, aveva avuto l’effetto di farmi sentire stupida.
Scivolai a terra senza difficoltà ed esplorai con cautela buona parte del territorio circostante. Non trovai traccia di cavalli e cavalieri, non sembravano esserci rumori sospetti. Tornai verso il nostro albero e feci cenno a Edhuar di scendere.
Quando mi raggiunse, imboccammo la strada che, a suo parere, ci avrebbe condotti al sentiero sicuro di cui mi aveva parlato. Se fossimo riusciti a raggiungerlo, saremmo stati in salvo.
Entrambi restammo con i sensi all’erta per cogliere eventuali segnali di pericolo, mentre i nostri occhi perlustravano attentamente la vegetazione in cerca della fogliolina rossa rivelatrice. Ma passò più di un’ora senza che avvistassimo nulla. Da quando ero scesa dall’albero il cuore non aveva ancora cessato di martellarmi in gola e iniziavo a sentirmi esasperata da quel costante senso di angoscia.
- Sei sicuro della direzione? – sibilai a un certo punto, sfinita dall’ansia.
Edhuar si strinse nelle spalle e non mi diede certezze.
Io, dal mio canto, trovavo sorprendente che a Katathaylon, minuscola com’era, esistesse un sentiero segreto difficile da individuare. E nel mentre il tempo scorreva senza che avessimo il minimo presentimento di dove si trovassero i nostri nemici.
Quasi iniziavo a sperare di avvertire la loro presenza, avrei almeno saputo in quale direzione correre per evitarla. In questo modo, invece, continuavo a figurarmi attacchi a sorpresa da ogni angolazione. Erano anticipazioni così realistiche, che quando avvertii realmente un segnale di pericolo, impiegai qualche istante a districarlo dalle mie fantasie.
- Sono loro! – esclamai a quel punto, scattando all’erta.
Edhuar si stava già guardando intorno per comprendere da dove venisse il rumore.
- Di qui! – mi disse, afferrandomi per un braccio – Torniamo alla capanna abbandonata che abbiamo incrociato poco fa!
- Ma se dovessero decidere di cercarci lì, saremmo in trappola!
- Non ci sono altri nascondigli, gli alberi in questo punto hanno i rami troppo radi per poterci nascondere. Dobbiamo rischiare!
La raggiungemmo in un paio di minuti e Edhuar, dopo una veloce perlustrazione, decise per il fienile.
- Se dovessero arrivare ci nasconderemo nella paglia!
Non mi sembrava una gran trovata, ma non potendo proporre alternative evitai di dirglielo.
Edhuar trovò a terra un grosso telo consunto e mi fece segno di sedermi in mezzo alla paglia. Mi gettò il telo addosso ricoprendolo di fieno, poi lo risollevò quel tanto da potersi infilare accanto a me.
- Se dovessero entrare ci sdraieremo e saremo irriconoscibili.
- Fino a quando dobbiamo restare qui?
- Almeno mezzora. Dobbiamo essere sicuri che siano passati oltre.
- E poi torneranno indietro ancora. Non smetteranno di cercarci!
- Troveremo il sentiero sicuro, stai tranquilla.
Sbuffai esasperata.
- Senti, principe dei miei stivali! Sei proprio sicuro che esista questo sentiero? Non era magari solo una favola che ti raccontavano da bambino?
Lui sorrise.
- No. Niente favole, da bambino.
Non seppi che rispondere. Dopo il lungo appostamento sull’albero ero stanca di aspettare, stanca di quella tensione che rendeva febbrili i miei pensieri.
Edhuar teneva d’occhio la porta del fienile. L’entrata in scena di quegli sconosciuti, di punto in bianco ci aveva trasformati da nemici ad alleati e ora, indiscutibilmente, avevano un obiettivo in comune. Io e il Terribile Principe Edhuar.
Paradossale.
- Senti Edhuar – dissi piano.
- Sì?
- Cosa significa che tuo padre ha dovuto scegliere fra te e Alexen?
Mi aspettavo che s’irrigidisse come già il giorno prima, invece non successe. Scosse la testa divertito.
- Allegra, sei un assillo!
- Sì, lo sono – confermai – E non cedo facilmente.
- Ti ho già detto che non sono fatti che ti riguardino.
- Non è una risposta che posso accettare Edhuar. Mi sto nascondendo con te e rischio la vita perché delle persone vogliono uccidere te; la mia migliore amica si trova in prigione perché tu hai tradito tuo fratello, tutta la mia esistenza è condizionata da te! Ho tutti i diritti di capire che cosa sta succedendo! Ma tu non rispondi mai a nessuna domanda!
- Neanch’io dispongo di molte informazioni su di te.
- Questo non è vero! Ti ho raccontato del mio mondo, della mia amicizia con Vera, della missione che mi ha affidato! Che cosa vuoi sapere di più?
- Del tuo lavoro.
- Come?
Mi aveva presa in contropiede.
- Sì, del tuo lavoro.
- Edhuar… stiamo scappando da dei feroci assassini, e tu vuoi chiedermi… del mio lavoro?
- Hai detto che vedi continuamente uomini svestiti!
Era questo dunque.  D’altronde, dalle parole che gli erano scappate durante la febbre alta, avrei dovuto capire che la questione non era completamente risolta.
- È vero – capitolai – Vedo uomini svestiti ogni giorno.
- Ma perché?
Sembrava sinceramente interessato, ma raccontargli delle cerette al petto degli uomini, in quel contesto così anomalo, mi sembrò ridicolo e fuori luogo.
Come fai a raccontare a un principe di Katathaylon che nel Mondo di Fuori gli uomini si fanno strappare i peli?
- Vivo in un mondo stupido – borbottai.
- Cosa?
- No… niente. Vedi… lavoro in un centro estetico e gli uomini vengono per… migliorare il loro aspetto. Oppure per farsi fare dei massaggi. E allora si spogliano.
Perché era così imbarazzante parlarne con Edhuar? Non mi avevo mai avuto difficoltà a raccontare del mio lavoro! Di solito lo trovavo persino divertente!
- E tu li tocchi?
- Conosci il significato della parola massaggio? – replicai.
Edhuar scosse la testa incredulo.
- Non vi toccate mai a Katathaylon? – domandai sarcastica, cercando di mascherare l’imbarazzo. Quasi che dovessi sentirmi una poco di buono per il lavoro che facevo!
- Toccarsi è strettamente connesso al grado di intimità che c’è fra due persone – rispose lui – Qui non esistono luoghi come quello che hai descritto.  Centri.. di bellezza, hai detto?
Annuii.
- Non credevo che ti interessassero queste cose – fece, stupito – Non avrai qualche stupido complesso sul tuo aspetto fisico?
- Perché dovrei averne?
Lui si strinse nelle spalle.
- E comunque non sono stupidaggini! – dissi, accalorata – Chiunque, se dovesse vivere a confronto con Vera, avrebbe dei complessi!
- Allora ho indovinato! – rise lui.
-  Solo perché Vera è perfetta!
Edhuar scrollò le spalle con  noncuranza.
- Perfetta? Dici sul serio?
- Già.
- Com’è fatta questa Vera? Ha anche lei i capelli rossi?
- No! – lo contraddissi.
- Le lentiggini?
- Ovviamente no!
- Prende a pugni le persone che non le vanno a genio?
- Certo che no! – risposi scandalizzata – Vera è il mio esatto contrario!
- Se è il tuo esatto contrario, non può essere perfetta, Allegra.
- Perché dici queste cose? Non prendermi in giro!
- Non ti prendo in giro! – sorrise – Non lo farò mai più, è troppo rischioso!
Il suo sguardo mi fece avvampare, i suoi occhi erano espliciti. Più che espliciti.
Mi dicevano ancora una volta che gli piacevo, e io non ero pronta… per niente pronta, ad affrontarli.
Così tornai all’attacco.
- Dimmi perché tuo padre ha dovuto scegliere fra te e Alexen!
Lui sospirò, ma stavolta si trattava di un sospiro rassegnato. Infatti alzò le mani in segno di resa.
- La risposta è banale – mi fece notare con un debole sorriso – C’erano due figli per un solo erede al trono. Mio padre ha scelto di dare la carica ad Alexen.
- Non capisco. Credevo che il titolo spettasse di diritto al figlio maggiore!
Lui mi rivolse un’occhiata sorpresa.
- Non lo sai? Io e Alexen siamo gemelli.
- …Gemelli? Vuoi dire… che siete nati nello stesso momento?
Edhuar sembrò divertito dal mio impaccio.
- Beh… sì. Significa più o meno quello.
Vera non mi aveva mai fornito questa informazione. Perché?
Non la reputava importante?
- Quindi tu e Alexen…avete lo stesso aspetto?
Lui annuì.
- Sì… in effetti sì, anche se tendo a dimenticarlo.
Rise.
- La verità è che io sono sempre piuttosto trasandato. Alexen invece è un vero principe reale, ha un altro stile, un altro portamento… è più attraente, capisci?
Non molto a dire il vero.
E poi, con sommo sgomento, mi sorpresi a pensare che Edhuar era di suo già attraente. Anche così come si presentava in quel momento: sudato, spettinato e con gli abiti consunti.
Mi sforzai di indirizzare la mia attenzione su altro.
-  Quindi Alexen è stato scelto perché tuo padre ha ritenuto che fra i due fosse lui a possedere le qualità adatte ad essere re?
- Sì, esatto.
La sua risposta telegrafica mi fece capire chiaramente che era intenzionato a rivelare il meno possibile.
No, anzi – mi corressi. Mi fece capire che parlare di questo lo metteva in difficoltà.
- Quando è stata fatta questa scelta? – proseguii impietosa.
Edhuar sembrò stupito della domanda.
- Subito – mi rispose, come se fosse ovvio – Il giorno in cui siamo nati!
- Vuoi dire che Alexen già alla nascita ha manifestato i poteri dell’erede al trono?
- No, quelli gli sono stati trasmessi da mio padre al compimento del ventesimo anno d’età.
Adesso iniziavo a sentirmi perplessa.
- Allora non capisco – dissi – Su quali basi tuo padre ha stabilito che era Alexen quello più idoneo?
 Edhuar sollevò le spalle, senza sapermi dare una risposta.
- Come si può scegliere il migliore fra due bambini appena nati? – insistetti.
- Non lo so Allegra – rispose lui, con uno sguardo distante – Probabilmente la superiorità di Alexen era in qualche modo palese.
I suoi occhi sembravano frugare in un passato non più recente. E dal velo di malinconia che gli copriva il volto, non sembravano ricordi piacevoli.
- Ti rode così tanto non essere stato scelto? – sospirai.
Lui scosse la testa lentamente, i suoi occhi si posarono su di me per un solo istante prima di spostarsi nuovamente.
- Non è quello – sussurrò pianissimo – È… - s’interruppe.
- Che cosa?
- È il fatto di essere stato allontanato. Questo sì che mi è pesato.
- Allontanato? Cosa intendi?
- Non ho vissuto ad Arco d’Occidente. C’è un’ altra residenza a Katathaylon, separata dal Palazzo da alcuni chilometri di foresta. Io sono cresciuto lì.
- Da solo? – trasecolai.
- No, certo che no! C’è del personale che si occupa a tempo pieno della residenza…e che si è occupato di me. Fino ai sei anni ho avuto una governante fissa, ma quando è morta non è più stata sostituita.
- E… non vedevi mai i tuoi genitori?
- Saltuariamente. Finché sono stato piccolo le visite ad Arco d’Occidente erano più frequenti, poi pian piano si sono diradate.
Vera non mi aveva informata di nessuna di queste cose. Non avevo mai saputo che a Katathaylon ci fossero due principi gemelli!
- Ovviamente ho goduto di una libertà senza limiti – continuò Edhuar, che a quel punto aveva iniziato a parlare più apertamente – Era previsto che dedicassi un minimo di ore allo studio, ma il resto del tempo era sotto la mia personale gestione. Così ero sempre nella foresta o vicino al fiume, passavo il tempo con gli amici, spesso non tornavo neppure la notte – sorrise – Non potevo certo lamentarmi!
- Ma i tuoi amici chi erano?
- Figli del personale. È con loro che ho imparato la sopravvivenza nella foresta!
Scossi la testa confusa.
- Sembra che tu abbia avuto una vita felice… ma allora perché dici che ti è pesato essere stato allontanato?
Edhuar ammutolì all’improvviso. Aspettai che decidesse di parlare, ma era come se avesse calato nuovamente quel muro divisorio fra noi. Mi seccava che tornasse un’altra volta a chiudersi.
- Ho capito – dissi, in tono volutamente provocatorio – Ti sei sentito vittima di un’ingiustizia! Invidiavi tuo fratello e a un certo punto hai iniziato a odiarlo!
- Io non odio Alexen! – scattò lui, imprevedibilmente.
- Vuoi dire che non l’hai mai invidiato? – il mio sarcasmo era palese.
- L’ho invidiato, certo… L’ ho invidiato mortalmente. È sempre stato chiaro che i miei genitori amavano lui più di me. Le loro attenzioni erano solo per lui, solo i suoi risultati avevano valore, quelli che ottenevo io non ricevevano mai attenzione. Ma era normale che fosse così, dovevano assicurarsi che Alexen raggiungesse un livello adeguato alla sua posizione.
- E questa giustificazione ti ha impedito di odiarlo? – chiesi, scettica.
Si girò di scatto e mi fissò con un’intensità tale da ammutolirmi.
- Non potevo fargli una colpa di essere migliore di me – disse lentamente, calcando sulle parole – Smettiamo di parlarne Allegra. Tu non sai nulla di me e Alexen!
- Ma proprio per questo… - iniziai. Ma mi interruppi subito, mentre il cuore tornava a balzarmi in gola. Una delle voci che avevo temuto di sentire, si fece udire chiaramente a pochi metri dalla capanna.
- La capanna! Il fienile sembra aperto, controlliamolo!
Nello stesso momento, Edhuar mi spinse a terra facendomi cadere di schiena. Si chinò bocconi su di me, ci ricoprì con il telo facendo in modo che fossimo completamente camuffati dalla paglia.
- Non fiatare – sussurrò.
Come se ci fosse stato bisogno di precisarlo!
Quando entrarono nel fienile, il pavimento di legno tremò sotto la mia schiena. Smisi quasi di respirare, paralizzata dal terrore.
- È un nascondiglio perfetto – commentò una voce – C’è moltissima paglia, potrebbero essere nascosti ovunque!
-  Aspetta, ho un’idea! – disse un altro.
Un secondo dopo udii un suono metallico.
- Un forcone? – disse il terzo uomo.
Subito dopo rimbombò nell’aria un tonfo sordo. Seguito da altri, ritmicamente.
Quando compresi cosa stavano facendo, iniziai a sudare freddo. Uno degli uomini stava calando il forcone nella paglia a colpi ripetuti.
- Se sono qui sotto, salteranno fuori come grilli! – ridacchiò.
Sbarrai gli occhi, piena di orrore. I colpi risuonavano al lato opposto della stanza, ma piano piano si avvicinavano.
Edhuar si mosse impercettibilmente. Con spostamenti minimi, silenziosi, strisciò verso sinistra, sopra di me, fino a sovrapporre completamente il suo corpo al mio. Il suo peso mi schiacciò a terra soffocandomi, le sue gambe sopra le mie, il suo torace che mi copriva petto e braccia. Sentii il suo respiro sul viso.
- Ssh.. – mi sibilò all’orecchio.
Cosa aveva in mente? Se non ci fossimo sbrigati a uscire dal nascondiglio, saremmo morti trafitti!
Il suo corpo mi immobilizzava completamente, mi toglieva persino il fiato per parlare.
Poi udii un colpo talmente vicino, che la paglia vibrò. L’istinto mi portò a scattare fuori, ma non riuscii a muovere un solo muscolo. Lentamente Edhuar mosse la mano destra e me la schiacciò sulla bocca. Sbarrai gli occhi.
Poi un colpo cadde a pochi centimetri dalla mia testa. La mano di Edhuar m’impedì di urlare e il suo corpo di muovermi. Era come impazzire.
Un secondo colpo arrivò all’altezza della mia spalla destra. Edhuar trasalì impercettibilmente e capii che doveva essere stato sfiorato. Poi, subito dopo, il forcone fendette la paglia all’altezza del fianco. Sentii la sua mano aumentare la pressione, mentre il suo corpo iniziava a tremare. Stavolta doveva essere stato preso, anche se, a giudicare dalla sua reazione, in modo superficiale.
Questo bastò a farmi balzare il cuore in gola.
Cercai di dirgli di spostarmi, di scappare. Tentai in ogni modo di oppormi. Ma non potei emettere un solo suono. Il mio corpo era immobilizzato. Riuscii solamente a liberare parte della gamba sinistra, ma Edhuar la riprese immediatamente coprendola con la sua. Nello stesso istante in cui compiva quel gesto, il forcone calò un’altra volta. Sentii con sgomento il colpo affondare e la pressione sulla mia gamba sinistra farsi insopportabile. La punta del forcone non mi raggiunse, ma compresi perfettamente che la gamba destra di Edhuar doveva essere stata quasi trapassata da parte a parte. Lui sussultò violentemente, e la sua mano premette spasmodicamente sulla mia bocca, stroncando l’urlo che mi era già salito in gola.
Affondò la testa a fianco della mia mentre il suo respiro ansimante mi soffiava nelle orecchie. Ricacciò in gola a forza i gemiti che gli erano saliti alle labbra. La sua mano tremava, il suo corpo vibrava, ma lui non si spostò.
Con un colpo secco il forcone venne ritirato e in quel momento Edhuar svenne. Sentii il suo corpo perdere di vitalità e accasciarsi pesantemente su di me.
Rimasi immobile, annichilita.
I colpi ora risuonavano ovattati, sempre più lontani. Il sangue mi rombava nelle orecchie mentre, a occhi sbarrati, osservavo il telo nero e ruvido, soffocata dal peso inerte del principe Edhuar. L’odore ferroso del suo sangue mi salì alle narici, procurandomi una nuova fitta d’angoscia.
Poi finalmente gli uomini se ne andarono. Sentii come attraverso una patina di cotone il rumore del forcone gettato a terra. Li sentii parlottare tra loro, poi uscirono dal fienile tirandosi dietro la porta.
Non aspettai neppure un istante. Feci forza con tutta me stessa, radunai la mia energia, la mia paura e la mia disperazione e facendo leva su piedi e gomiti mi scrollai Edhuar di dosso.
Cadde sulla schiena accanto a me con un gemito. Riaprì lentamente gli occhi.
- Allegra?
- Stai fermo. Se ne sono andati.
Esaminai velocemente le sue ferite. Alla spalla c ‘era solo un graffio, quello del fianco sembrava un taglio superficiale.  Ma la coscia non smetteva di sanguinare, era stata trapassata quasi da parte a parte.
Afferrai il telo con cui ci eravamo coperti e lo ridussi in bende. Mentre fasciavo strettamente la gamba, Edhuar si tirò a sedere. Era evidente che gli girava violentemente la testa.
- Sei un pazzo! – lo incalzai – Potevamo morire infilzati come polli allo spiedo!
- Polli che..? – fece lui, confuso, stropicciandosi gli occhi annebbiati.
Le bende erano già molli di sangue, mi affrettai a sostituirle con altre. Edhuar continuava a sbattere le palpebre chiuse come se ci fosse qualcosa che non riusciva a mettere a fuoco.
- Allegra… - mormorò a un certo punto, incredulo – Guarda su quella parete!
Seguii con gli occhi il punto che indicava. Sulla parete opposta all’entrata, vicino allo spigolo destro del fienile, ad altezza occhi, spuntava dipinta una sottile fogliolina bordeaux.
- La vedi anche tu? – chiese conferma.
- Quella… è..?
- Deve essere una porta camuffata. È un’indicazione per il sentiero segreto!
Non riuscivo a credere a tanta fortuna! Finalmente le cose iniziavano a girare per il verso giusto!
- Come stai? – domandai, notando che ero riuscita a fermare il sangue.
Edhuar cercò di alzarsi in piedi, ma la gamba gli cedette. Venne colto da un intenso attacco di vertigini che lo fece ricadere a terra.
- Non ce la faccio – bisbigliò – Ho bisogno di tempo.
- Aspetteremo finché… - mi fermai a metà, raggelata da un rumore esterno estremamente minaccioso.
Scalpiccio di cavalli.
E poi di nuovo quelle voci che ormai mi erano diventate odiose.
- Sei uno stupido! Come hai fatto a non accorgerti del sangue?
- Deve trovarsi per forza ancora nel fienile! Se l’ho ferito non può essere scappato!
Stavano tornando!
Edhuar con uno scatto cercò nuovamente di sollevarsi, ma perse l’equilibrio per la debolezza.  La gamba non lo resse.
Infilò una mano in tasca e mi afferrò per il polso. Sul mio palmo aperto depose Shia.
- Vai, usa la porta segreta e scappa!
- Ma cosa..?
- Non sanno che esisti, non ti cercheranno! Corri!
- Edhuar! – esclamai allibita – Vuoi che ti lasci qui? Ti uccideranno!
- Lo faranno anche se resti! E si prenderanno Shia!
Dai rumori all’esterno capii che stavano scendendo da cavallo.
- Vai, sbrigati! Segui le foglioline rosse e arriverai ad Arco d’Occidente!
Balzai in piedi con Shia stretta in pugno e in pochi passi raggiunsi la parete con la foglia. Ci appoggiai sopra le mani e provai a spingere… e la porta si aprì. ueQQdada Uscii, me la richiusi alle spalle e mi appoggiai alla porta di schiena. Il cuore mi pulsava rumorosamente in gola.
Chiusi gli occhi e respirai profondamente.
Alle mie spalle le voci si erano fatte concitate. Gli uomini avevano trovato Edhuar, capii che lo stavano perquisendo, ma naturalmente non trovarono ciò che volevano. Divennero furenti.
Lo interrogarono ma non sentii la sua voce. Lo avrebbero ammazzato sul posto? Bastò quel pensiero a irrigidirmi braccia e gambe.
Al momento però era un timore ingiustificato, se erano interessati a Shia non lo avrebbero ucciso prima di sapere dove l’avesse nascosta.
- La capanna è abitabile – li sentii dire – Passiamo qui la notte. Intanto lo faremo parlare!
Capii che lo stavano portando fuori dal fienile per condurlo nella parte anteriore della casa.
Cadde il silenzio.
E adesso?
Shia era in mano mia, mi trovavo su una strada sicura per Arco d’Occidente, mi ero sbarazzata del mio peggior nemico. Era l’occasione migliore che mi si fosse potuta presentare!
Dovevo andare, liberare Vera e Alexen e salvare il mondo!
Staccai la schiena dal muro… ma i miei piedi non si mossero.
Vai Allegra, Vera ti sta aspettando!
Di nuovo feci per muovermi, ma mi successe qualcosa di strano. Di colpo fu ancora come se il corpo di Edhuar fosse sopra il mio, sentii la pressione delle sue gambe sulle mie nel momento in cui era stato colpito. In un flash-back rividi il suo volto sofferente, ricordai la forza con cui mi aveva impedito di muovermi e urlare… con cui l’aveva impedito a se stesso.
Allegra, devi andare!
Però non funzionava. Ogni volta che pensavo seriamente di andarmene, la mia mente si saturava delle immagini di Edhuar sotto quel telo.
Aprii il palmo della mano osservando Shia, chiedendole  una risposta.
Raishanta ti ha affidata a lui. Vuoi che lo salvi?
Shia rimandava baluginii lattiginosi, indifferente al conflitto che stavo attraversando. Eppure la sua stessa presenza nella mia mano era una risposta a tanti dubbi.
Di fronte a un pericolo serio, Edhuar non aveva esitato un solo istante a lasciare Shia nelle mie mani, seguendo quei propositi di cui mi aveva parlato solo poche ore prima.
Il nostro obiettivo primario, costi quel che costi, è che Shia non cada in altre mani.
Le mie mani invece, Edhuar le aveva giudicate sicure. Le aveva protette con il suo corpo e poi vi aveva affidato Shia. Nonostante due giorni prima fosse quasi morto assiderato pur di non cederla.
Ora potevo anche staccarmi da questo muro, seguire le foglioline rosse e raggiungere il sentiero sicuro. Ma non mi sarei mai liberata dalle immagini invadenti del corpo di Edhuar che, istintivamente, si esponeva ai colpi per proteggere me.
Non potevo ignorare la fastidiosa consapevolezza che avrebbe potuto usarmi da scudo per salvare se stesso e che invece, dovendo fare una rapida scelta, aveva deciso di tutelare me.
Aveva scelto me, perché riconducessi Shia ad Arco d’Occidente.
Prima ancora di rendermene conto rientrai nel fienile. Era deserto e desolato, lo attraversai rapidamente uscendo dalla parte opposta e iniziai a rasentare il muro fino alle finestre della facciata anteriore della casa. Da ciò che vidi la capanna era in decadenza e quasi completamente vuota.
Quando avvertii nuovamente le voci individuai la stanza da cui provenivano e sedetti sotto la finestra. Da come parlavano, sembrava che Edhuar non fosse con loro. Si stavano organizzando per la ricerca di Shia.
Due di loro furono incaricati di perlustrare la paglia del fienile e uscirono all’esterno. La mia posizione era protetta da cespugli incolti, per cui fu sufficiente che mi appiattissi al muro mentre passavano a pochi metri da me senza vedermi. L’uomo rimasto uscì a sua volta, con l’intenzione di cercare una sferza adatta a indurre Edhuar a parlare.
Io mi mossi in direzione opposta e continuai a rasentare il muro finché non trovai Edhuar.
Era nell’ennesima stanza spoglia, legato con la faccia rivolta verso al muro, i polsi ammanettati uniti a un gancio all’altezza del volto. La posizione non gli consentiva di sedersi né di mettersi in ginocchio, era pallido come un cencio e si sforzava visibilmente di bilanciare il peso sulla gamba sana. Prevedevo cosa sarebbe accaduto una volta che l’uomo avesse trovato una sferza soddisfacente, ma era importante che mi mantenessi lucida e positiva. Non potevo liberare Edhuar con il solo ausilio del mio coltello, avevo bisogno delle chiavi. E, passando davanti a tutte le finestre, non le avevo intraviste in nessuna stanza. Uno dei tre uomini doveva averle addosso.
La finestra della stanza in cui si trovava Edhuar era quasi interamente senza vetri, bastò una leggera spinta perché si aprisse.
Lo chiamai a voce bassissima e lui si voltò di scatto, visibilmente costernato.
- Allegra! Perché sei qui? È successo qualcosa a Shia?
Il suo tono preoccupato mi indispettì.
- No, è successo qualcosa a te, stupido!
Era evidente che non capiva. D’altronde neppure io mi capacitavo di trovarmi lì, piuttosto che con le ali ai piedi sul sentiero per Arco d’Occidente!
-  Passerai un brutto pomeriggio – lo avvisai – Ma devi resistere, altrimenti ti uccideranno. Tornerò a liberarti stanotte, mentre dormono.
- Sei ammattita? Ti ho dato Shia, non ti serve altro per ripristinare l’equilibrio! Devi correre prima che ti trovino!
- Metterò Shia al sicuro prima di tornare – lo rassicurai – Tu devi dare loro l’impressione che senza il tuo aiuto non potranno mai ritrovarla! Non devi rivelare la mia esistenza e neppure dar loro modo di ucciderti prima del tempo!
Edhuar mi fissava allibito.
- Mi hai capita? – incalzai, i sensi dolorosamente all’erta.
- È pericoloso – sussurrò – È troppo rischioso.
- Fidati di me! Devi fidarti!
Era la seconda volta che glielo chiedevo dall’inizio di questa giornata.
Lui annuì incerto.
- Mi fido Allegra, ma non ti capisco.
- Non devi capirmi, è sufficiente che tu faccia come ti ho chiesto.
- Va bene – sorrise e di colpo mi parve sollevato – Sono nelle tue mani.
Con quella sua assicurazione mi allontanai dalla finestra. Gli uomini stavano cercando Shia nel fienile impedendomi di tornare al sentiero sicuro, così m’incamminai verso la foresta da cui eravamo arrivati. Appena mi allontanai dalla capanna, la tensione si allentò.
Nessuno sapeva della mia esistenza, potevo essere una viandante qualsiasi, completamente ignara di quanto stesse accadendo intorno.
Mi inoltrai in una zona fitta d’alberi memorizzando il tragitto e prendendo diversi punti di riferimento. Poi sotterrai Shia ai piedi di un albero, badando che la terra che la ricopriva risultasse compatta. Infine sedetti a terra appoggiandomi a una pianta e rimasi in attesa.
Chiusi gli occhi, pregando che Edhuar non rivelasse la mia esistenza. Lui era nelle mie mani e io nelle sue. Una posizione sempre più inestricabilmente complessa.
 
  
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