V.
-Granger,
sai cos’è la puntualità?- chiese Draco,
seccato, vedendo la compagna di scuola
entrare trafelata in biblioteca.
Hermione
si era attardata con Ginny, per aiutarla a preparare i bagagli, essendo
quello
l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze e si era
ricordata
dell’”appuntamento” con Malfoy
all’ultimo: era balzata in piedi, aveva
afferrato i libri e si era precipitata a rotta di collo in biblioteca.
Si
sedette davanti al biondo, con le guance rosse per la corsa.
-Scusa.
-Tu
che ti scusi con me? Quale miracolo!-commentò ironico Draco.
-Mi
scuso perché hai ragione, ma non abituarti, di solito hai
torto.- gli rispose
Hermione, aprendo uno dei libri. Mrs Pince li guardava storto e la
ragazza fece
segno a Malfoy di tacere, poi tirò fuori la bacchetta e,
senza farsi notare, la
mosse. –Ora puoi parlare di nuovo.
Il
ragazzo la guardò interrogativo ed Hermione
sospirò. -È un incantesimo… Muffliato. La bibliotecaria non
potrà
sentirci e non si lamenterà del frastuono.
Malfoy
la scrutò per qualche istante, come se stesse cercando di
capire se diceva
davvero, poi scoppiò in una risata. –Ma guardala!
Santa Hermione da Liverpool! E
io che pensavo fossi una perfettina ligia alle regole! Ed invece!
-Ti
stupirebbe sapere quante cose non sai di me, Malfoy, davvero.- rispose
Hermione, lievemente piccata. Si stupì di vederlo mettersi
comodo.
-E
allora stupiscimi. Cosa mai ci può essere in te,
saccentissima ragazza, di così
fuori dalle righe?
Hermione
rimase incerta. Ma faceva sul serio?
-Avanti
Granger, che non ho tutto il mese.- la spronò Draco.
-Malfoy,
noi siamo qua per studiare, non per
parlare di questa saccentissima
ragazza, come hai detto tu.- gli rispose. Non aveva
certo voglia di parlare dei fatti suoi con Malfoy!
-Oh,
Granger! Domani iniziano le vacanze, possiamo concederci una pausa!
Passerò il
Natale qua a studiare, quindi dammi tre secondi di tregua.- le rispose
il
biondo, con una nota di seccato disappunto nella voce.
-Come
mai passai anche tu il Natale qua?- chiese Hermione, interessata.
-Impicciona.-
le rispose Draco, sfogliando svogliatamente il libro, prima di
sospirare. –In
realtà non voglio tornare a casa, Mezzosangue.
-Piantala
di chiamarmi Mezzosangue, mi da fastidio, è un maledetto
insulto razzista e retrogrado.
Draco
inarcò un sopracciglio, squadrandola. Certo che la Granger
era un bel peperino,
quando ci si metteva. –Bene. Comunque ora sai il
perché.
-Tuo
padre?
-E
che c’entra mio padre? È ad Azkaban,
te lo ricordi? No, semplicemente non mi va di tornare a casa. Tu?-
tagliò corto
il Serpeverde. In realtà, c’entrava anche suo
padre. C’entrava tutto: non
riusciva più a stare in quella casa, dove erano rimasti
prigionieri a lungo;
gli sovvenivano solo terribili ricordi. Quella casa era il simbolo di
ciò che
era e che doveva dimenticare per non essere sopraffatto da quel nuovo
mondo in
rapida costruzione: ciò che non si adattava alla nuova piega
che avevano preso
le cose, rischiava di finire schiacciato dagli ingranaggi della
comunità
magica. A che pro tornarci? Ricordarsi di essere un Malfoy ed un Black?
Ormai,
giorno dopo giorno, l’avere il sangue puro diventava sempre
meno importante,
anzi, era quasi una zavorra in quel
mondo dove i Mezzosangue stava reclamando con forza sempre crescente la
parificazione dei diritti.
E
poi, sua madre avrebbe passato il Natale con sua zia Andromeda e il
piccolo
Teddy, quindi sarebbe rimasto solo comunque. Tanto valeva rimanere ad
Hogwards.
-Lo
stesso. Non ho voglia di tornare a casa, preferisco stare qua a
studiare.-
disse Hermione, stringendosi le spalle.
-Se
lo dici tu… allora, non dovevamo studiare?
La
mattina di Natale, a detta di Hermione, era arrivata troppo lentamente,
quell’anno, ma il paesaggio incantevole che la
salutò la rinfrancò: tutto era
imbiancato, la scuola era addobbata a dovere e ai piedi del letto
facevano
bella mostra di sé i regali. Un’atmosfera
natalizia da cartolina. Era da sola
nella camerata: di Grifondoro solo dieci studenti erano rimasti a
scuola e
nessuno era del suo anno. Si alzò, prendendo un regalo
avvolto in una bella
carta violacea. Dal biglietto scoprì che veniva da Harry: lo
aprì e si ritrovò
in mano un grosso tomo sulla magia primitiva in Irlanda e nel Regno
Unito e un
libro più sottile sui riti druidici. Sorrise, passando ai
regali successivi: un
libro sulla magia nell’Antico Egitto da Bill e Fleur (“Cara Hermione, mi sono ricordato che eri
molto interessata
all’argomento, con affetto, Bill e Fleur”),
un assortimento di dolci e
tortini di carne dai signori Weasley, accompagnato da un biglietto
molto
affettuoso di Molly, che sperava di vederla presto, e da una
lunghissima
lettera di Ginny, che avrebbe letto dopo pranzo; da Luna ricevette una
scatola
di dolci di Mielandia, una sciarpa
caldissima che di certo aveva sferruzzato la ragazza, a righe rosse e
oro, con
dei piccoli leoncini ricamati che si rincorrevano e giocavano; George
le mandò
una scatola di Merendine Marinare (“Su
Hermione, ammettilo che hai bisogno di una pausa. George”),
Ron un profumo,
ma non c’era nessun biglietto ad accompagnarlo; i suoi
genitori le mandarono i
suoi dolcetti preferiti, After Eight,
Edimburgh Rock, Flying
saucers e dei Milky Way[U1]
(stranissimo,
da parte loro), e un romanzo di Stephen King (“Tesoro
caro, non vediamo l’ora di vederti! Ti avremmo mandato anche
il
nuovo cd player e il cd dei Cranberries, ma ad Hogwards
l’elettricità non
funziona, no? Tantissimi auguri di Buon Natale e un Felice Anno nuovo,
piccola
Minnie. Ci manchi tanto, mamma e papà”);
da Neville ricevette un libro
sugli usi della Mandragola.
Decise
di scendere in Sala Grande: aveva fame e voleva fare un giro nel parco.
S’infilò jeans, maglione e un paio di sdruccite
scarpe da tennis e scese in
Sala Grande. Non c’era quasi nessuno, quindi ne
approfittò per fare colazione
con calma, godendosi il quasi silenzio della sala, poi tornò
alla Torre di
Grifondoro, prese la giacca e uscì nel parco. Decise di
andare da Hagrid, che
non vedeva da qualche settimana.
-Hermione!-
esclamò l’omone, aprendo la porta e trattenendo
Thor, che prese a scodinzolare
contento.
-Hey
bello.- disse la ragazza, facendo una carezza al cane, che uggiolava
contento.
–Ciao Hagrid! Sono contenta di vederti. Come stai?
-Bene.
Vieni, siediti. Stavo giusto preparando il te… Thor, sta
giù!- ordinò al
cagnone, chiudendo la porta dietro le spalle della ragazza. Hermione si
accomodò, sfilandosi il piumino e
il berretto blu notte che teneva sui capelli, lasciati sciolti. Appena
si sfilò
il capello, i capelli rimasero dritti sulla testa.
-Devo
ricordarmi di non usare più berretti di lana…-
sbuffò la ragazza, cercando di
appiattirli. Non era mai stata una fanatica della perfezione fisica, ma
comunque i capelli in disordine, almeno più del solito, le
davano fastidio e
molto.
Hagrid
le mise davanti una mug di te bollente, sorridendo con la sua solita
aria
bonaria. –È davvero molto che non ti vedo,
Hermione. Una volta tu, Harry e Ron
eravate sempre qua… ah, che bei tempi.- disse –Un
po’ di latte?
-Grazie
Hagrid. Già, eravamo sempre qua. Di solito di notte,
rischiando di essere
scoperti dalla McGranitt e di prenderci una punizione esemplare.
– rispose la
ragazza, girando la sua bevanda –Anzi, una volta
successe… con Malfoy.
-Già…
è stato quando poi mi toccò mandare Norberta in
Romania… - disse il mezzo
gigante, sospirando tristemente al ricordo del suo amatissimo cucciolo
di drago
–Mi mancate voi ragazzi… Harry mi ha mandato un
gufo, l’altro ieri. Dice che
gli piace studiare come Auror e anche Ron se la cava.
Hermione
annuì, sorbendo un po’ di te, poi rispose.
–Già, così pare.
-Non
vi parlate ancora?- chiese Hagrid, che era a conoscenza della storia,
ovviamente: ci aveva pensato Ginny a farglielo sapere.
-No.
E
come avrebbero potuto? Quanto aveva sofferto per colpa di Ron? Troppo.
Prima,
con Lavanda, ma era il meno del male e, in fondo, lei non si era mai
realmente
fatta avanti. Poi, quella batosta. No, decisamente non aveva
né la voglia né la
forza di parlare con Ron, ma prima o poi avrebbe dovuto farlo: era il
fratello
della sua migliore amica, era ovvio che, prima o poi, si sarebbero
incontrati.
-Uhm.
Hermione, sai, ho sentito strane storie. Su te e Malfoy.
La
ragazza si massaggiò le tempie. No, anche Hagrid! Quei
pettegolezzi la stavano
seguendo ovunque, era stufa! Ormai la gente l’additava nei
corridoi: “ecco, guarda
l’amica di Potter! Se la fa
con Malfoy.” “Dovrebbe vergognarsi, sta con
l’assassino di Silente.” “Una
vergogna… eh sì che è stata torturata
da Bellatrix Lestrange.”… questi
erano i commenti e da un lato sapeva che avevano ragione. Con tutto
quello che
i Nati Babbani avevano sopportato, era più che legittimo che
non vedessero di
buon occhio Malfoy e la loro “relazione”, ma per
contro, odiava quei commenti.
Cosa ne sapevano loro, di Draco Malfoy? Avevano provato a conoscerlo?
No! Si
limitavano a disprezzarlo nello stesso modo in cui lei
l’aveva fatto per anni.
Certo,
forse non si applicava particolarmente nel cercare di cambiare, ma
comunque non
era cattivo: era rimasto invischiato nelle Arti Oscure, che, come un
grosso
ragno, avevano teso la loro tela invisibile, su cui gocce di rugiada di
erano
posate, rendendo quello spettacolo tanto attraente da attirare il
Serpeverde e
intrappolarlo. Più Draco si era dibattuto, più la
ragnatela lo aveva
imprigionato. Aveva commesso un errore troppo grande ignorando a cosa
si stesse
realmente votando.
Che
poi Malfoy avesse anche un gran caratteraccio, quello era fuori
discussione, ma
questo non bastava a giustificare quell’odio.
-Hagrid,
non c’è nulla di vero. Non sto con Malfoy.- disse
Hermione.
-Ma
c’è un ma, vero?- chiese l’omone,
scrutandola. La conosceva da quando non gli
arrivava nemmeno alla vita, uno scricciolo saccente e vagamente
arrogante e,
forse non era la persona più sensibili di questo mondo, ma
poteva affermare di
conoscerla almeno un po’.
-Studiamo
assieme, nulla di che. E ho imparato a conoscerlo. Mi crederesti, se ti
dicessi
che forse non è la carogna che sembra?
-Mi
ricordo quando durante il secondo anno ti ha chiamato Sanguesporco,
Hermione. È
un Malfoy, un Purosangue e quelli come lui non cambiano. Sta attenta a
non
riporre in lui troppe speranze.
-Dicevamo
lo stesso di Piton.-
ribatté
Hermione, seccata. Piton, la carogna infame, il Mago Oscuro,
l’assassino di
Silente. Il salvatore di Harry ed eterno innamorato di Lily Potter.
Chiusero
lì l’argomento, passando a ricordare i bei tempi
andati, alle scappatelle
d’infanzia dei tre ragazzi, alle loro avventure…
strano come quei ricordi
paressero appartenere ad una vita lontana. Troppo, troppo
lontana.
Cosa
diamine aveva fatto Voldemort a tutti loro?!
Quella
domanda ancora le frullava in testa quando scese in Sala Grande per il
pranzo
natalizio. Voldemort aveva distrutto molte famiglie, a causa sua molte
vite si
erano spezzate prima del tempo. Molti erano troppo giovani per morire
(ma, in
effetti, lo si è davvero?) come Fred Weasley, altri erano
troppo buoni come
Ninfadora e Remus Lupin, altri, pur essendo cattivi, non meritavano
comunque la
fine che avevano fatto, come Tiger.
Voldemort,
semplicemente, con estrema noncuranza, aveva calpestato ciò
che di più sacro
c’era al mondo, la vita, e i sentimenti più nobili
e puri che un essere umano
possa provare, in nome di precetti e convinzioni sbagliati, ingiusti,
infondati. Aveva iniziato una vera operazione di pulizia etnica,
paragonabile
forse, solo ai crimini di Hitler… quant’era buffo
pensare che, per quanto il
potente mago oscuro disprezzasse i Babbani, alla fine aveva emulato uno
di
loro. Era triste pensare che Voldemort avesse condannato a morte i Nati
Babbani
in nome della purezza del sangue, purezza che egli non conosceva,
essendo
figlio di Tom Riddle, un normale uomo che prima incrociare la strada di
Merope
Gaunt, conosceva la magia solo per mezzo di qualche fiaba o ballata
popolare.
E
tutto era cambiato: il dolore, la paura, l’odio, il sospetto,
la diffidenza, il
disprezzo, la morte avevano cambiato le persone che Hermione conosceva,
le
avevano cambiate nel profondo. Anche se ormai era morto, il veleno che
Voldemort aveva instillato nel cuore dei maghi avrebbe impiegato molto,
moltissimo tempo prima di svanire e nemmeno allora l’avrebbe
fatto del tutto. E
quel pensiero rattristava Hermione, pensando a come ella stessa fosse
cambiata.
Da qualche parte, dentro di sé, qualcosa si era spezzata,
quando era finita
nelle mani di Bellatrix Lestrange. E non era sicura che si sarebbe
riaggiustato.
Si
diresse verso la scuola, cammiando nella neve, incurante del gelo,
decisa a
raggiungere il tavolo di Grifondoro, continuando a pensare, quando fu
distratta
da una voce.
-Ma
come siamo pensierose, zannuta.
Si
voltò, fulminando Malfoy. –Buon Natale anche a te,
furetto.
-Non
chiamarmi furetto, Granger.- le disse, scocciato, dandole un leggero
colpo
sulla nuca.
-E
tu fatti vedere da un oculista, Malfoy.- disse, facendogli un largo
sorriso,
che mise in mostra i denti bianchi e perfetti.
-Ma
non avevi due zanne? E poi, cos’è un occulista?- chiese
il ragazzo, confuso.
-Sono
anni che ho tutti i denti della grandezza giusta.- rispose Hermione,
sospirando. –E un oculista è un medico babbano che
si occupa della salute degli
occhi.
Il
biondo la guardò, perplesso, poi alzò le spalle.
–Babbani… e chi vi capisce?
-Ah!
Parla il Purosangue!- esclamò Hermione, prima di beccarsi
una palla di neve in
faccia. –MALFOY!- strillò, iniziando ad inseguirlo.
[U1]Marche e varietà di vari dolci inglesi. Gli After Eight sono dei dolcetti di cioccolato fondente normalmente ripieni di fondant alla menta, anche se ne esistono altre varietà. Le Edimburgh Rock sono delle caramelle scozzesi, i Flying saucers sono involucri di carta di riso con ripieni di serbe, una polvere frizzante che di solito si mangia impucciandoci una liquirizia o un leccalecca oppure leccandola dalle dita mentre i Milky Way sono delle barrette tipo Mars o Bounty.