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Autore: Niniane_88    17/03/2012    10 recensioni
Che cosa sarebbe successo se Jasper fosse riuscito a mordere Bella durante la festa per il suo diciottesimo compleanno raccontata all'inizio di New Moon? La mia storia parte proprio da questo presupposto. Bella si trasforma in vampiro e la famiglia Cullen è costretta a farla sparire. In Alaska, a Denali, la ragazza si risveglierà: ma riuscirà a essere felice nella sua nuova esistenza? Edward non riesce ad accettare la sua trasformazione e si allontana gradualmente da lei; Jasper invece, in preda ai sensi di colpa, ma anche animato dalla volontà di riscattarsi, si adopera per starle accanto ed educarla alla dieta dei Cullen. Lentamente, gli equilibri della famiglia si spostano e un nuovo, inaspettato sentimento d'amore inizia a fiorire. Intanto Victoria è ancora nell'ombra, intenzionata a vendicare James e i Quileute sospettano la rottura del patto. A far luce sul lontano futuro, solo una confusa visione di Alice...
La voce rotta e disperata taceva. Taceva da ore. Ne sentivo la nostalgia e la cercavo. Ero certa che appartenesse a qualcuno di importante… Edward? Ma non capivo perché Edward avrebbe dovuto sentirsi disperato.
Tre giorni… quanto mancava perché mi trasformassi del tutto? Perché mi stavo trasformando, vero? Saremmo stati insieme per sempre, ne ero certa, insieme come avevo sempre desiderato. Allora perché non mi parlava più? Perché? Edward, dove sei?
L’altra voce, quella tenebrosa e pacata mi parlava spesso.
- Coraggio, Bella, manca poco.
Mi aggrappavo a quel suono senza poter comprendere chi mi parlasse. Non avevo mai udito quella voce.
- Coraggio, cara…
… era una voce così bella…

Disclaimer: i personaggi di questa storia non mi appartengono, sono stati tutti creati da Stepheny Meyer.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan, Jasper Hale, Un po' tutti | Coppie: Bella/Jasper
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon, Successivo alla saga
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Angolino dell’Autrice: sono molto felice di essere qui a postare questo tanto sospirato capitolo. Scrivere di notte mi piace tantissimo, peccato non poterlo fare sempre… Prima di tutto una precisazione: ho modificato molto lievemente il finale dello scorso capitolo perché mi sono accorta di un’incongruenza. Dato che Alice ha previsto che Forks ci sarà il sole, non è possibile che lei e le sorelle vadano a fare shopping nei paraggi di casa Cullen, perciò le ho fatto dire che andranno a Portland dove… il cielo è coperto! Scusate per la svista, la smemorataggine galoppa… Ora, dopo aver di nuovo ringraziato tutti per le recensioni, vi lascio al capitolo, niente note alla fine, l’Autrice ritiene di dover riservare le chiacchiere alle recensioni. Spero che mi lascerete un parere anche questa volta. Un abbraccio affettuoso e buona lettura!



Capitolo XXXIV:  Il significato dell’eternità


Bella

   - Uhm, non questo, il colore è troppo acceso e il modello non mi convince. – sentenziò Rosalie, posando sul ripiano del bancone l’ennesimo completino.
   La commessa, una ragazza giovane e molto carina, ci guardava in modo strano ormai da un quarto d’ora e come darle torto? Certamente si stava chiedendo chi fossero queste tre bellissime ed eleganti signorine, che sembravano intenzionate a svaligiare il suo negozio. Aveva sciorinato davanti a noi la sua merce più bella (non ci aveva messo più di due secondi a capire che eravamo ricche sfondate) e aveva ci dato un mucchio di consigli, sorridente, ma disorientata. Continuava a guardare fuori, dove, all’ombra, era parcheggiata la mercedez di Carlisle, nella quale Gabriel ci aspettava pazientemente. Forse pensava che fosse il nostro autista, o la nostra guardia del corpo…
    Erano ormai le quattro e avevo visto tanti di quei capi d’abbigliamento da sentirmi quasi confusa, nonostante la mia memoria fosse infallibile. Alice e Rosalie, al contrario, sembravano ben lungi dall’essere stanche. Mi avevano portata in tutti i negozi di Portland che conoscevano, come avevo previsto che avrebbero fatto e la mia sorellina bionda non faceva in tempo a darmi un consiglio, che il folletto moro stava già protestando e suggerendo altre dieci alternative.
   La nostra gita era iniziata a mezzogiorno, con grande disappunto di Alice, che avrebbe voluto uscire prima. A causare il cambio di programma era stato Emmett, rientrato alle dieci e mezzo: il mio fratellone aveva annunciato che la casa destinata a me, Jasper, Alice e Gabriel era pronta. L’avevamo ripetutamente ringraziato, come prima con sua moglie e la cosa sarebbe finita lì, se lui non mi avesse sussurrato all’orecchio:  - Vi prego, non rompete niente! Rose è capace di farla pagare a me…
   - Perché dovrebbe? – avevo chiesto io, perplessa – Le abbiamo già promesso che lasceremo tutto come l’abbiamo trovato, e che se dovessimo danneggiare qualcosa glielo ricompreremo… e poi, io non sono più così goffa… - gli avevo fatto notare, imbronciata.
   A quest’ affermazione, Emmett era scoppiato a ridere.
   L’avevo guardato interrogativamente.
   - Davvero non lo sai? – mi aveva preso in giro lui.
   Avevo scosso la testa, sempre più spiazzata: - No, non so di cosa tu stia parlando, lo giuro!
   Il mio fratellone aveva cercato, con evidente sforzo, di frenare la sua ilarità:
   - Beh ecco, vedi, - mi aveva spiegato - stasera, quando tu e Jasper vi scatenerete, potreste, senza rendervene conto, buttare giù un muro o qualcosa del genere…
   - Emmett Mc Carty Cullen!
   Rosalie si era avvicinata a grandi passi, guardando minacciosamente il marito:
   - Questo dovevo spiegarglielo io! – si era lamentata – Sono sua sorella!
   - Beh, e io sono suo fratello! – aveva replicato Emmett, tranquillo – Non è la stessa cosa?
   - No, non direi! Adesso lasciaci, per favore, è meglio che chiarisca le idee a Bella, prima che pensi che siamo tutti impazziti…
   Rosalie mi aveva dunque trascinata di nuovo in camera sua e aveva chiuso la porta a chiave.
   - Scusa, Bella, gli uomini qualche volta parlano senza riflettere. – mi aveva sbuffato – Siediti.
   Avevo ubbidito, un po’ intimorita dalla sua espressione stranamente solenne e allora lei mi aveva sorriso.
   - Non guardarmi così, non hai nulla di cui preoccuparti. C’è qualcosa di cui desideravo parlarti e pensavo di farlo nel pomeriggio, ma dato che Emmett non ha potuto trattenersi dal fare i suoi soliti commenti infantili, lo farò adesso, lo shopping può aspettare.
   Ed ecco spiegato cos’aveva voluto dire Rosalie quando aveva risposto in tono vago a Alice riguardo alle cose che aveva in mente di fare nell’arco della giornata. Ciò che Rose aveva in serbo per me non era altro che una chiacchierata fra sorelle sull’amore fisico tra vampiri. La mia sorella maggiore (così la consideravo, ormai) mi aveva detto che non le era sembrato il caso di coinvolgere anche Alice, dato che Jasper era pur sempre il suo ex. Non avrei potuto essere più d’accordo: volevo evitare in ogni modo di mettere in imbarazzo l’altra mia adorabile sorellina.
   Rosalie mi aveva spiegato in termini più chiari ciò che Emmett aveva detto riguardo al buttar giù i muri: era effettivamente possibile che, in balia della passione, involontariamente, Jasper e io non riuscissimo a controllare la nostra forza e velocità e dato che eravamo ben più pesanti e resistenti dei mobili di una casa, poteva accadere che trasformassimo la camera da letto in un cumulo di macerie. Rosalie mi aveva confidato che, nei primi anni della loro convivenza, lei e Emmett avevano sfasciato addirittura intere case! Poi, vedendo la mia confusione si era affrettata a rassicurarmi, dicendomi che la cosa migliore per me sarebbe stato affidarmi completamente a Jasper, che sarebbe stato più che in grado di gestire la situazione. Allora, non senza timidezza, le avevo chiesto di spiegarmi cosa si prova, interiormente, nel fare l’amore con la persona che si ama, dato che non avevo alcuna esperienza in proposito. Avevo confessato di avere paura, ma di desiderare fortemente che questo avvenisse. Rosalie era stata comprensiva e materna ed era riuscita a fugare completamente le mie preoccupazioni. Aveva aggiunto che non c’era nulla di male nell’avere paura e che Jasper mi avrebbe trattata con il massimo rispetto.
   La nostra conversazione si era conclusa con un forte abbraccio, che avevamo sciolto solo quando Alice ci aveva strillato dal piano inferiore di sbrigarci a scendere. Carlisle era stato tanto gentile da prestarci la sua auto, che essendo dotata di finestrini scuri era la più adatta ai nostri spostamenti e a Gabriel era toccato l’onore di guidarla. Avevamo raggiunto Portland e lì, Rosalie e io avevamo osservato con divertimento il modo in cui Alice convinceva suo marito a comprare questo o quello. Davvero, quei due erano molto affiatati: il legame che li univa mi appariva ancora confuso, vagamente mistico, o magico, ma si amavano, senza dubbio, di un amore vero e profondo.
   Gabriel era gentile ed educato con me e con Rosalie: ci trattava con rispetto, quasi con reverenza, come se non riuscisse ancora a credere di aver trovato una famiglia, dopo tanti anni di solitudine completa. Noi ci rivolgevamo a lui con sincera simpatia, cercando di fargli capire con ogni piccolo gesto che era il benvenuto tra noi.
   Dopo che Alice si era ritenuta soddisfatta delle sue spese, era arrivato il mio turno, come avevo temuto ed ecco perché ci trovavamo in un negozio di biancheria intima, nel quale, fortunatamente, Gabriel non ci aveva seguite.
   - Che ne dici di questo? – chiese Alice – Color lavanda… starebbe bene con la carnagione di Bella.
   - Ma non ne abbiamo scelti abbastanza? – azzardai
   - Io direi che questi sono sufficienti. – confermò Rosalie, disponendo in una pila ordinata la merce che Alice aveva già approvato – Quanto dobbiamo in tutto?
   Quando uscimmo dal negozio, la commessa, sempre più disorientata, si profuse in complimenti e saluti e pregò “le signorine” di tornare ancora.
   Erano ormai le cinque, quando Alice, Gabriel e io rincasammo. Come promesso, Rosalie andò ad incontrare Tanya ed Eleazar, che erano stati tanto premurosi da portarci le cose che avevamo lasciato in Alaska. Rosalie rientrò carica di valige e di buone notizie: Kate e Garrett si erano innamorati a prima vista l’uno dell’altra e il nomade sembrava deciso a stabilirsi definitivamente a Denali. Tanya si era detta felicissima, Garrett le piaceva molto e trovava che fosse il tipo adatto a sua sorella, anche se non lo consoceva bene; era diventato buon amico di Eleazar, che aveva sicuramente bisogno di una compagnia maschile, dato che viveva da anni solo con quattro donne ed era simpatico anche a Carmen. Nel frattempo, la storia d’amore tra Irina e Laurent sembrava aver preso, finalmente, la direzione giusta e Tanya si augurava che un giorno non troppo lontano, anche loro sarebbero tornati a Denali.
   Eleazar si era informato sugli eventi che avevano seguito la nostra partenza improvvisa e aveva pregato Rosalie di non esitare a chiamare lui e il resto del clan se avessimo avuto bisogno di aiuto.
   Le sei arrivarono cogliendomi di sorpresa. Ci recammo tutti insieme al confine tra il territorio dei Cullen e quello dei licantropi. Edward aveva lasciato il suo rifugio per fare da interprete, dato che Jake e i suoi fratelli sarebbero venuti tutti in forma di lupo, in modo da poter osservare meglio le mosse che Jasper avrebbe insegnato loro.
   Trovammo il branco già riunito, in attesa e con mia grande sorpresa erano presenti anche Leah e Seth: incrociai lo sguardo di Leah che rizzò il pelo ed emise un ringhio sommesso, non proprio amichevole; Seth invece aveva le orecchie basse e uggiolava piano.
   Fu una strana riunione: noi combattemmo tutti contro Jasper, a turno e ad ogni scontro corrispondeva un tipo diverso d’insegnamento. Quando toccò a Edward, per un attimo ebbi paura. Sapevo che in circostanze normali non era vendicativo, ma dopo quello che era avvenuto tra loro, non potei impedirmi di credere che avrebbe approfittato dell’opportunità per attaccare Jasper e magari fargli del male.... Alice si affrettò a stringermi la mano per rassicurarmi e restammo così per tutto il tempo dello scontro tra i due vampiri. Fortunatamente non accadde nulla di sospetto. Come aveva fatto con tutti gli altri, Jasper si limitò a dare indicazioni e rimase impassibile: il fratello fece altrettanto, con mio immenso sollievo.
   Poi Jasper si voltò verso i lupi e chiese se qualcuno di loro avesse voglia di provare a simulare un combattimento contro di lui.
   La sua affermazione suscitò brontolii sommessi da parte del branco, ma Jacob si fece avanti, a testa alta.
   - Dice che l’idea gli piace. – riferì Edward – Ma ti raccomanda di tenere le tue zanne lontano dal suo collo, ha detto proprio così…
   - Naturalmente. – confermò Jasper, pacato. – Coraggio, Jacob, attaccami!
   Il lupo partì alla carica e diede inizio al combattimento più emozionante che avessi mai visto. Non si ferirono, naturalmente, non si sfiorarono nemmeno: Jasper simulò le mosse che i neonati avrebbero potuto usare per attaccare Jake e il licantropo gli mostrò come si difendevano quelli della sua specie. Li osservai, affascinata: tifavo per Jasper, naturalmente, ma una piccola parte di me era felice anche della forza e della velocità di Jake, che almeno una parte di me considerava ancora un amico d’infanzia. Vederlo così mi rassicurava e mi faceva pensare che in uno scontro con Victoria e i vampiri che erano con lei, non avrebbe avuto problemi a uscirne illeso. Lo scontro si concluse dopo parecchio tempo, in perfetta parità. Nessun altro dei lupi volle imitare l’esempio di Jacob, ma il loro atteggiamento diffidente era comprensibile e Jasper non insistette. La riunione si sciolse alle sette e mezzo e salutammo il branco in modo… civile. Non amichevole, non ancora. Civile.
   Non appena se ne furono andati, Rosalie estrasse dalla tasca due mazzi di chiavi che fece tintinnare un paio di volte prima di lanciarli in aria. Ne presi al volo uno, l’altro finì dritto tra le mani di Alice.
   - Ed ora andiamo a vedere la vostra nuova dimora! – disse Rosalie, entusiasta.
   
   Dieci minuti dopo eravamo tutti e sei stipati nella jeep di Emmett (Alice sedeva sulle ginocchia di Gabriel). Il bagagliaio era pieno di borse che le mie solerti sorelline avevano preparato di ritorno dallo shopping. Preferivo non sapere cosa avrei trovato nella mia.
   La casa di Emmett e Rosalie ci aspettava, addormentata sotto il cielo che cominciava a colorarsi di blu. La riconobbi subito, prima ancora che me la indicassero, perché solo Rosalie avrebbe potuto possedere una casa del genere.
   Più che una semplice casa, sembrava una reggia: era sviluppata soprattutto in orizzontale e sorretta da un ampio porticato, le cui colonne svettavano snelle, ma solide e le conferivano un aspetto simile a quello dei palazzi che potevo aver visto in Italia, a Volterra. La facciata era color avorio, e ogni singola finestra era decorata in modo elaborato e raffinato. Guardai verso l’alto e vidi che oltre ai quattro piani che la costruzione vantava, un’enorme terrazza occupava la superficie del tetto. Infine, il giardino: un lungo viale alberato conduceva dritto alla porta principale, mentre tutt’intorno aiuole e fontanelle creavano un’atmosfera quasi magica, avvolte nella soffusa luce serale.
   Tutto ciò doveva essere costato miliardi. Non riuscivo a credere che Rosalie volesse cedere a noi una simile meraviglia. Potevo solo immaginare come fosse l’interno…
   La jeep percorse tutto il viale e si fermò davanti all’ingresso. Scendemmo tutti e Rosalie chiese a Alice:
   - Sai dove alloggerete?
   - Certo, l’ho già visto. – rispose Alice, con un sorriso felice – Gabriel e io andremo al primo piano, Jasper e Bella all’ultimo!
   Emmett rise: - Mai una volta che si riesca a farti una sorpresa, vero Alice? Beh, ragazzi, passate una buona notte e domani chiamateci, d’accordo?
   - Certo. – annuì Jasper, cingendomi le spalle con un braccio – E voi chiamateci immediatamente se ci dovessero essere problemi.
   - Non preoccuparti. – disse Rosalie – Di guardia a Forks c’è l’intero branco, oltre a cinque di noi. Credo che almeno per questa notte voi quattro possiate stare tranquilli.
   - Non fateci l’abitudine, però! – s’intromise Emmett – Domani sera tocca a voi fare la guardia!
   - Tranquillo, fratellone, domani sera ci saremo! – gli dissi, con affetto.
   - Allora noi andiamo. – disse Rose – Buonanotte, ragazzi.
   Li osservammo risalire in macchina e allontanarsi. Poi Alice aprì la porta con la sua chiave ed entrammo nell’androne più lussuoso che avessi mai visto in vita mia.
   - Noi andiamo di qua. – sussurrò mia sorella, sfiorandomi il braccio con la mano – Buonanotte.
   - Buonanotte, Alice. – risposi, sorridendole. Lei prese per mano il marito e io vidi lo sguardo pieno d’amore e di emozione che si scambiarono. Per un attimo dimenticai tutto il resto, persa nella contemplazione della loro felicità. Erano così belli…
   Fu Jasper a riscuotermi, mormorando: - Vieni, Bella, andiamo di sopra.
   Mi cinse la vita con un braccio e io posai il capo sulla sua spalla, fiduciosa. Il pensiero di quello che stava per accadere tra noi, che avevo cercato di accantonare per tutto il pomeriggio, tornò prepotentemente ad affacciarsi alla mia mente; dimenticai i pericoli che ci attendevano fuori da quella casa meravigliosa, dimenticai la nostra famiglia, Alice e Gabriel…
   Percorremmo un infinità di scale, lunghi corridoi dove facevano bella mostra di sé enormi quadri (tutti originali, senza dubbio) e giungemmo infine all’ultimo piano.
   - Credo che la nostra stanza sia questa, Emmett è stato qui stamattina. – disse Jasper, dirigendosi verso una porta in legno scuro. Essa si aprì non appena Jasper la sfiorò.
   Ciò che vidi mi lasciò senza fiato: eravamo sulla soglia di una camera da letto, ampia e ariosa. Le pareti erano color avorio e cremisi e così pure il letto a baldacchino, le cui tende in velluto rosso erano in netto contrasto con il biancore delle lenzuola. Una porta finestra che dava, probabilmente su un balcone, era celata ala nostra vista da tende bianchissime e leggere come nuvole. I mobili erano tutti di legno pregiato, di colore scuro, forse mogano. Una graziosa lampada che si trovava su uno dei comodini accanto al letto diffondeva una luce calda e dorata tutt’intorno. Non avevo mai visto una stanza più bella.
   E all’improvviso l’emozione mi strinse la gola.
   - Jasper? – chiesi con un fil di voce – Potresti… per favore, potresti lasciarmi un minuto da sola? Ho bisogno… di ambientarmi.
   Il mio discorso era quanto di più incoerente avessi mai detto, ma Jasper capì ugualmente. Mi baciò delicatamente sulla fronte e disse che sarebbe andato a fare una doccia, per ripulirsi dopo l’allenamento.
   Rimasi sola nella grande stanza, chiusi la porta e lentamente mi sedetti sul letto, cercando di calmarmi. Non dovevo avere paura. Quello che stava per succedere era del tutto naturale, non era un esame, non era una gara…
   Aprii la mia valigia e tirai fuori la camicia da notte che le mie sorelle mi avevano cucito, senza degnare di un’occhiata il resto: tenere tra le mani quell’indumento, che racchiudeva tutto il loro amore servì a tranquillizzarmi. Lo indossai, senza nient’altro sotto. Poi spazzolai a lungo i miei capelli arruffati, fino a districare tutti i nodi e a renderli di nuovo lucenti.
   Avevo appena finito, quando un lieve bussare alla porta mi fece sussultare:
   - Bella? Posso entrare? – chiese Jasper, con dolcezza.
   Andai ad aprire e non appena incrociai il suo sguardo azzurro-dorato ogni paura mi abbandonò. Jasper non era mai stato più bello: nemmeno quando l’avevo ascoltato suonare, o quando avevamo ballato insieme. Si era cambiato, dopo la doccia ed era vestito di tutto punto, un particolare che mi intenerì: capii che l’aveva fatto per non mettermi a disagio. Nel guardarlo non pensai più a me stessa e alla mia sciocca apprensione, ricordai solo che lo amavo, che lui mi amava e che per il nostro amore avremmo fatto qualsiasi cosa.
   Non ci fu bisogno di parlare. Jasper chiuse la porta, escludendo il mondo esterno dal nostro piccolo paradiso personale. Le sue labbra trovarono presto le mie e il nervosismo lasciò il posto al desiderio in meno di un secondo. Chiusi gli occhi e mi abbandonai all’abbraccio dell’uomo che amavo, restituendo suoi baci.
   Jasper mi sollevò tra le braccia e mi posò con delicatezza al centro del letto. Si sdraio accanto a me e per un lungo, magico istante ci guardammo negli occhi.
   - Bella… - sussurrò, con quella sua voce profonda e sensuale che sapeva sempre imprigionarmi in un incantesimo oscuro e meraviglioso.
   - Jasper… - risposi nello stesso tono, sfiorandogli con una mano la guancia e il collo su cui spiccavano le sue cicatrici.
   I nostri nomi furono le uniche parole che pronunciammo. I baci e le carezze si fecero sempre più intensi e la mia camicia da notte cadde a terra, insieme agli ultimi residui di timidezza. Lasciai che la passione prendesse il sopravvento sulla ragione, allontanai da me tutto ciò che non era Jasper. Jasper con il suo sguardo pieno d’amore e desiderio, incatenato al mio; Jasper con le sue cicatrici, ferite di guerra ancora pulsanti nel suo cuore; Jasper con i suoi capelli d’oro; Jasper con la sua voce dolce che sussurrava il mio nome come nessun altro avrebbe saputo fare.
   E quando, infine, divenni una cosa sola con lui, mi parve che il significato della mia esistenza e dell’eternità che mi era stata donata fosse racchiuso nel nostro amplesso.
   Questa è la vita.
   Questo è l’amore.
   



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Un abbraccio, a presto con il prossimo capitolo!

Niniane


   
 
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