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Autore: Aoimoku_kitsune    17/03/2012    9 recensioni
Ti posso sentire e so di amarti.
***
E' una MPREG: Gravidanza tutta al maschile.
Dopo una serata il legame di Naruto e Sasuke sembra spezzarsi sempre di più, ma una maledizione (Da parte di Naruto) o uno splendido miracolo (Da parte di Sasuke), renderà le cose più complicate o semplicemente riuscirà ad aggiustarle? E Naruto si troverà davanti ad una scelta difficile, che farà provare a Sasuke, di nuovo, il dolore per la perdita di una famiglia.
***
-Sai..
Disse Naruto, fissando lo schermo colorato.
-.. Stavo pensando..
-Tu che pensi?
Lo sfotté Sasuke, quasi serio, nascondendo il divertimento.
Naruto alzò lo sguardo, fissandolo di sbieco, reclinando il capo verso di lui.
-Teme.. Smettila di prendermi sempre in giro.
E la linguaccia fu inevitabile.
Sasuke ridacchiò, sommessamente, appoggiando il mento sul capo di Naruto.
-Su dimmi.
Sentì un piccolo sbuffo dal basso e poi Naruto parlare.
-Il nome per il bambino. Non lo abbiamo ancora deciso.
Sasuke fece una strana smorfia di disappunto.
***
-Cosa c’è?
-Mi sento sempre appesantito.. È strano.
Rispose, incerto se i termini che aveva espresso potevano giustificare quelle strane sensazioni.
-E’ normale.. Ormai sei alla fine.
Naruto annuì, guardando, con i suoi formidabili occhi azzurri, Sasuke.
-Tsunade ha detto la prossima settimana.
***
Era leggero il suo bambino, fragile tra le sue braccia.
Genere: Fluff, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I'd come for you'
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-Tenguroku..?
Disse Naruto, guardando il ragazzo davanti a se che, con un’espressione seria, guardava il rotolo che aveva in mano, aperto.
Sbuffò, Sasuke, alzando lo sguardo nero su quello azzurro del compagno.
-E’ la vera storia di Madara..
-Madara..?
Strillò Naruto, spalancando gli occhi.
-Mhh.. Ha avuto una discendenza con uno del clan degli Uzumaki, quando era giovane..
Naruto appoggiò i palmi delle mani sul tavolo, sconvolto.
-.. Che?.. È impossibile.. E dove sarebbero ora?
Domandò agitato mentre una singola goccia di sudore gli imperlava la fronte.
Sasuke lo guardò a lungo, senza parlare, ma Naruto percepiva il turbamento dell’altro.
Distolse lo sguardo, come se si vergognasse di quello che stava per dire, e infondo si vergognava. A quanto pareva il suo clan era veramente senza scrupoli.


La mia vita non era come tutte quelle degli altri. Come quella di mio fratello minore. La mia vita era stata disegnata fin prima della mia nascita. Era stata tracciata da mio padre, il capo clan a quell’epoca, e mai avevo pensato che avrei deviato il suo percorso.
Lui desiderava che diventassi il nuovo capo clan, che sarei diventato quello che avrebbe portato il clan Uchiha al suo antico splendore. Voleva che vincessi dove lui aveva fallito per la sua intera e misera vita di uomo.
Voleva usarmi per risplendere. Voleva usare il mio potere come fosse il suo.
Il potere che risiedeva in me, nascosto nelle mie più recondite profondità, si mostrò quando persi la mia unica ragione di vita…
… Ero nato per uno scopo, che ancora mi era ignoto. Ma lo avrei imparato più tardi, quando scoprì cos’era veramente l’odio, il dolore.
Questa è la vera storia di Madara Uchiha. Un uomo che una volta aveva un cuore.



Un ragazzo ventenne correva, balzando da un tronco all’altro, nel bosco del fuoco, diretto al confine.
I capelli neri, lunghi e dritti, di un intenso color nero pece, svolazzavano dietro di lui, sbattendo contro la schiena ampia, da guerriero, del giovane. Il corpo muscoloso era coperto da uno yukata nero, lungo e, per l’occorrenza della corsa, stracciato verso i fianchi nei bordi, per dargli più fluidità nella corsa. I pugni era stretto in un presa ferrea, le unghie che solcavano i palmi, arrossandoli.
Il viso del giovane era una pura espressione di rabbia ceca, una rabbia che mai sarebbe scomparsa; le labbra serrate in una linea dritta, con gli occhi sottili come due lame che guardavano davanti a se.
 Il cuore era come impazzito, pompava sangue e adrenalina nel suo corpo in quantità sempre maggiori.
L’ansia e la paura che crescevano ogni secondo e minuto che passavano.
Quanto aveva visto Izumi, suo fratello, correre verso di lui, con il viso più bianco del solito e gli occhi larghi, per la prima volta si era sorpreso e terrorizzato.
Lo aveva fermato nel corridoio della villa, afferrandolo con forza per le spalle, inchiodandolo con quegli occhi pece.
-.. Nostro padre ha mandato una squadra al confine. Vogliono ucciderlo.
Era schizzato via, lo sharingan attivo, senza neanche chiedersi il perché Izumi lo sapesse. Sicuramente aveva spiato il padre e il patriarca, occupati come sempre nei loro incontri segreti.
La testa gli mandava così tante immagini, così tante sensazioni che pesò di impazzire da un momento all’altro.
Come avevano fatto a scoprire di lui, come avevano fatto?! Si chiedeva, mentre mordendosi un labbro per non pensare al peggio, aumentò la forza nelle gambe, correndo più veloce possibile.
Doveva arrivare prima. Doveva salvare l’unica cosa bella che gli era capitata nella sua vita.
Lo aveva conosciuto per caso. Figlio di uno del clan appartenenti al vortice. Un Uzumaki.
Quando aveva visto quei capelli rossi, lunghi come lava, che sembravano prendere vita propria e, quegli occhi così limpidi e azzurri, si era perso per la prima volta in un mare di pura luce.
Era stato affascinato da quel carattere forte, orgoglioso e ostinato; da quegli occhi in cui poteva specchiarsi, dove tutti i mali di quel mondo non erano ancora arrivati a toccarli, sporcarli con la loro oscurità.
Era stato così lento a scoprire che se ne era innamorato la prima volta quando lo aveva salvato da dei mercenari traditori. Quando si era specchiato in quei profondi specchi d’acqua limpidi.
Si ricordava come le prime volte litigavano per un non nulla. Picchiandosi e tirandosi dietro qualsiasi oggetto che capitasse sottomano.
Era strabiliante come quel ragazzo, dall’aspetto efebico e bellissimo, gli facesse perdere le staffe, tutto il suo autocontrollo e faceva nascere in lui emozioni che mai, nel suo clan, aveva conosciuto o mostrato.
Le giornate passate con lui gli piombarono ancora davanti agli occhi, facendogli aumentare la corsa, pregando, con tutto se stesso che sarebbe arrivato prima di loro. Proteggendolo dall’orgoglio del clan.
Il confine era vicino. Era lì che avrebbe trovato la loro casa, nascosta dal bosco e da tutti. Il loro paradiso personale.
Gli occhi bruciarono, non per lo sharingan che vorticava senza pace.
Un dolore al petto lo fece piegare e fermarsi. Quasi spaventato si portò una mano all’altezza del cuore, stringendola intorno allo yukata nero che portava in casa.
Poi un nome scoppiò nella sua testa, nel suo cuore e uscì tra le sue labbra.
Un urlo così disperato, da far gelare il sangue.
Gli occhi che s’iniettavano di sangue per lo sforzo.
-Susugiiiiiiiiiiii…

La casetta si ergeva davanti a lui, posta al centro di una radura fiorita. Era in legno finissimo, costruita un anno fa con Susugi per incontrarsi clandestinamente.
Il camino, creato con pietre di fiume, cos’ì come la parte sotto della casa, emetteva un piccolo fumo grigio.
Il suo animo si stava sgretolando lentamente, così come il cuore smise di battere per un millesimo di secondo.
Con lo sharingan percepiva solo una fiamma piccola di chakra, che lentamente si stava estinguendo davanti ai suoi occhi rossi.
Avanzò, varcando la porta socchiusa, che si aprì con un leggero cigolare.
La casa era immersa nel buio del pomeriggio, il corridoio che portava alla camera era colorato dal sole del tramonto.
Il rumore che sentì furono solo i suoi passi vuoti che rimbombavano sul tatami, sporco da una scia di sangue.
La gola si chiuse, e gli occhi bruciarono impazziti creando un dolore insopportabile che glieli fece chiudere, quando aprì la stanza da letto.
Una smorfia gli si dipinse sul viso sempre inespressivo. Una smorfia di dolore, tristezza e impotenza.
Le gambe cedettero sotto il suo peso, e si piegò in avanti, urlando il nome dell’amato, con così tanta disperazione.
Le lacrime che mai in vita sua aveva versato, scesero timide sul suo volto, inumidendolo.
Lacrime amare.
Lacrime straziate che lo stavano distruggendo dentro.
Il corpo senza vita di Susugi giaceva sul loro letto matrimoniale.
La pelle era bianca, smorta e violacea intorno alle palpebre chiuse e alle labbra che un tempo erano di un rosa tenue, tendente al pesca.
Il viso era rilassato, le guance ancora segnate dalle lacrime che il giovane aveva versato prima di morire.
Il corpo martoriato era avvolto in un kimono sfatto, stracciato e rosso del suo sangue.
Madara alzò il viso, distrutto, e guardò il ventre gonfio dell’amato, squarciato senza esitazione e ripensamenti.
Quel ventre che accoglieva un figlio che si stava spegnendo sul pavimento, poco davanti al letto. Un piccolo corpo che giaceva nudo in una pozza di sangue.
Gattonò verso suo figlio che si mosse appena, con uno spasmo improvviso.
Lo accarezzò con gentilezza che non gli apparteneva, ripulendo il piccolo viso sporco.
Sarebbe stata una bellissima bambina dai capelli scuri.
Strozzò un singhiozzo in gola, stringendo i pugni sul tatami impregnato del sangue dei due e si alzò. Gli occhi che cambiarono ancora, velati da un odio profondo verso le persone che gli avevano strappato la sua felicità.
Voleva vendetta, e l’avrebbe avuta.
In modo o nell’altro, avrebbe fatto cadere il mondo sotto il suo odio.
Si alzò, stringendo tra le braccia il bambino morto, appoggiandolo accanto all’amante.

Quando scoprii cosa aveva fatto mio padre, con il primo Hokage, la rabbia mi assalì, e ogni volta che guardavo negli occhi scuri delle persone, l’odio cresceva sempre di più, corrodendomi.
Avevano portato via le uniche persone che avevo mai amato. Io avrei fatto stesso. Mi sarei caricato del compito di spegnere le vite di quegli inetti del mio clan. Dei Senju. Di tutti gli esseri viventi.
Volevo vendetta e l’avrei avuta.

Madara Uchiha. Terzo anno del drago, era del primo Hokage. Konoha.


Naruto fece cadere il rotolo. Le lacrime, che non si era accorto di versare, gli solcavano le guance. Gli occhi velati dalla tristezza di quelle ultime righe.
Sasuke aveva il viso nascosto tra le mani, appoggiate con i gomiti sulla tavola. L’animo turbato per la crudeltà di quel clan che, in un primo momento, aveva vendicato. Quel clan che poi si era portato via suo fratello. La sua famiglia.
La testa era così pesante che pensò di crollare in un momento o nell’altro.
Tutta la disperazione di Madara, tutto il suo dolore e la sua impotenza.. Era come se gli avessero invaso l’animo, facendogliele provare in quello stesso momento.
-.. Come hanno potuto farlo..
Sussurrò nell’incredulità più assoluta Naruto, asciugandosi il viso.
-Non.. Non lo so.
Rispose flebile Sasuke alzando il viso, gli occhi appena appannati e rossi.
Non aveva pianto, ma Naruto vedeva tutto quel turbamento in quei pozzi neri.
Il moro prese il rotolo/diario e lo srotolò ancora, cercando di leggere quello che seguiva.
-.. Madara aveva fatto delle ricerche.
Disse dopo il pesante silenzio calato nella stanza. Voleva cambiare il corso dei pensieri di Naruto, anche se l'altra strada non sarebbe stata piana.
-Il chakra di un membro degli Uzumaki, unito a quello di un Uchiha, creava queste gravidanze demoniache, ma solo se gli elementi erano due uomini.
-Ma perché.. Se non era un Uchiha o un Uzumaki non capitava?
Il moro scosse il capo, leggendo attento le righe fitte del rotolo.
-Il perché era, secondo Madara, la presenza demoniaca nel chakra dei clan.
-Che..?
Urlò Naruto, spalancando gli occhi. il cuore gli prese a battare più velocemente, mentre il fiatò si spezzò dalla sorpresa.
-Pare che gli Uchiha discendono dai demoni corvi. I Tengu. E il clan Uzumaki, invece, dai demoni volpe. I Kitsune.
Naruto scosse il capo veemente.
-Che cazzata..
-Per Madara non era così. Se ci fai caso..
Iniziò Sasuke arrotolando lentamente il rotolo per non danneggiarlo, alzando poi lo sguardo, incatenando le iridi azzurre. Naruto aveva sempre pensato che gli occhi di Sasuke fossero magici, non per via della loro abilità oculare, ma semplicemente perché incantavano le persone, facednole vagare senza mete in quei pozzi scuri.
-Nella mia famiglia il segno del corvo è sempre presente. Itachi, poi ne è un pieno esempio.
Si fermò, corrucciando appena le sopracciglia nere, perdendosi nei suoi pensieri per pochi secondi.
-.. Poi Konoha, per domare il Kyuubi ha sempre scelto un membro della famiglia del tuo clan, poiché il vostro chakra riesce a controllare il demone. Quindi potrebbe esserci qualcosa di vero, nel fatto che il chakra delle nostre famiglie sia differente rispetto alle altre.
Naruto guardava Sasuke come se davanti a lui non ci fosse nessuno.
Sembrava così assurda quella storia, a parte, forse la terribile esperienza di Madara.
Poi sgranò gli occhi, aprendoli ancora di più.
Ora capiva perché perfettamente della guerra di qualche anno fa. Del suo piano, smontato in tempo. La distruzione del suo clan. Il combattimento mortale con il primo Hokage alla valle dell’epilogo.
Voleva intrappolare il mondo in un’illusione. La sua illusione. Dove si sarebbe congiunto con Susugi e sua figlia.
Non riusciva a credere che avesse fatto tutto quello per rivedere il ragazzo.
Aveva sempre pensato che Madara fosse solo un  uomo sanguinano, accecato dal potere. Com’era stato cieco. Madara era solo accecato dalla disperazione più pura. Voleva solo essere felice con la sua famiglia.
Quella nuova prospettiva gli invase la mente, cambiando l’immagine che fino a poche ore prima, aveva di Madara, l’assassino.
Sasuke sembrò intercettare i pensieri di Naruto, e allungò una mano verso quella, che giaceva sul tavolo, del biondo, afferrandola e strizzarla appena.
Il più piccolo sbatté le palpebre, guardando la mano pallida che stringeva, in segno di conforto, la sua e gli occhi di Sasuke guardarlo. Quasi con disperazione.
Lo avrei fatto anch’io. Era quello che leggeva chiaramente nelle iridi pece, che brillavano con una luce rossa.
Ora come ora, Naruto ci credeva fortemente. Sasuke avrebbe raso al suolo tutto quello che avrebbe trovato davanti al suo cammino e non si sarebbe fermato.
Quel pensiero lo rincuorò e lo turbò allo stesso tempo. Sapere che Sasuke avrebbe lottato per lui lo rese, in parte, felice.
Il moro si alzò, staccando la mano, prendendo il rotolo dal tavolo e intascandolo nei pantaloni della tenuta ninja che, acnora, aveva indosso.
-Lo porto da Tsunade.
Disse solo, voltandosi e sparendo verso l’ufficio della donna.
Naruto guardò, perso, il punto, dove prima c’era Sasuke, e poi appoggiò la testa sul tavolo con il mento in fuori e le labbra corrucciate di lato.
Si accarezzò il ventre come se fosse una cosa naturale, percependo la traccia di chakra che lo accompagnava già da due mesi.
Madara aveva combattuto tanto per quella bambina e lui, invece, lo stava uccidendo.
Una domanda gli passò in testa.
Perché Susugi aveva accettato la situazione? Perchè amava talmente tanto Madara da donargli un erede?!
Socchiuse gli occhi, respirando profondamente. 
   
 
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