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Autore: nevaeh    18/03/2012    15 recensioni
[...]- Voglio restare – dice semplicemente. La ragazza sospira, scuotendo la testa.
- Stai facendo un enorme errore – lo avverte.
Non farmi innamorare di te, non farmi innamorare di te. [...]
{e un grazie speciale a Jas per il banner}
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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8. Capitolo otto


 


 

Harry è convinto di star rischiando una paresi facciale a forza di sorridere.

I flash dei fotografi stanno accecando, le urla delle fans lo stanno stordendo, le risate dei suoi amici lo stanno innervosendo. Si sente apatico, nervoso, confuso, triste. Gli manca un pezzo.

Lei.

Tre giorni senza poter vedere i suoi occhi. E i suoi capelli, il suo sorriso, il suo cappottino rosso. E crede di star impazzendo. Ormai non si chiede più come sia possibile che gli sia entrata così dentro, così nel profondo. Nel cuore. No, nello stomaco. E vuole soltanto vedere i suoi occhi e i suoi capelli e il suo sorriso. I flash continuano impazziti, donne in abiti attillati con microfoni delle varie televisioni cercando di fare domande, sovrastano il rumore della folla. Louis sorride mentre risponde circa i loro progetti futuri, il suo stato di salute dopo l’incidente, le canzoni che hanno cantato durante lo show quella sera. Harry sente una mano che si posa sul suo braccio, sorride. Il suo migliore amico non gli ha chiesto nulla di Rose, di come gli sia entrata nel cuore – no, nello stomaco – di come lui sia cambiato; ma è lì, e la sua mano gli stringe il braccio continuando a parlare con l’intervistatrice. Perché lui c’è, sempre. Harry sorride per un solo istante, continuando a starsene lì in silenzio. Si guarda intorno, notando come tutti siano impegnati a fare qualcosa, a ridere, scherzare, urlare, cantare, parlare. Vivere. Lui non può invece, perché gli manca quel pezzo. Fondamentale, ora. Come non si sarebbe mai aspettato.

- Andiamo? – ha firmato autografi, ha scattato foto, ha cantato, ballato e recitato la parte del ragazzo famoso che comunque rimane umile e si gode la vita ringraziando ogni giorno di star vivendo il suo sogno. Odia recitare, non crede nemmeno di essere bravo. Non gli importa, però, e preferisce farsi tirare da Louis – santo Louis – fino al backstage, e poi nel camerino. Guarda i suoi amici che cominciano a litigarsi un panino col prosciutto, guarda il cellulare che segna le due e dieci del mattino. Poi Louis, che è già al telefono con la sua fidanzata – anche se a lui verrebbe da dire moglie, visto il rapporto che hanno – e di nuovo il cellulare. Vuole chiamarla, sentire che non è poi così distante.

- Faccio una doccia – Harry si alza, raccattando un cambio dal borsone da viaggio in pelle che usa abitualmente – troppo, per i suoi gusti – e si chiude in bagno, lontano dagli altri, dal cellulare e dalle sue idee assolutamente non buone. Assolutamente. Eppure si tratterebbe di un solo istante, di svegliarla solo per sentire la sua voce, anche una sillaba, una… - Cristo! – odia imprecare, eppure lo ha appena fatto. Odia essere così preso, così dipendente, eppure ormai non può farne a meno. Odia non sapere per quanto lei sarà lì, e odia starsene dall’altra parte della nazione, sotto la doccia, a imprecare e perdere tempo. Che poteva passare con lei.

Patetico.

Quando esce dalla doccia nota con la coda nell’occhio Louis seduto sul lavello, sbuffa e prende un asciugamano bianco che gli viene porto dall’amico – parliamo – decide il più grande, incrociando le braccia al petto. Harry finge di non averlo sentito, apre l’acqua del rubinetto e si lava i denti, poi attacca la presa del phon. Louis se ne sta lì fermo, in attesa. Entrambi sanno che è solo questione di tempo prima che il riccio cominci a parlare, e a Louis sta bene.

- E’ malata –

- La ragazza di cui mi avevi parlato? – non si guardano in faccia, Harry continua ad asciugarsi i capelli, Louis ha la schiena poggiata contro il muro, gli occhi chiusi.

- Si –

- E si riprenderà? – diretto e conciso, come sempre. La qualità che più ammira e odia del suo migliore amico. E si riprenderà? Si. No. Forse. Non lo sa, cosa dovrebbe rispondere? Perché non ne hanno mai parlato, come se fosse un argomento tabù. Non risponde, spegne il phon e indossa i vestiti che ha preparato. Louis scende dal lavandino, mettendosi davanti a lui, le mani sulle spalle – da quanto la conosci? – il suo è un sussurro, quasi. Come se stesse parlando con un pazzo.

- Un mese, più o meno – Louis annuisce lentamente.

- Un mese, Harry. Non un anno, un decennio, una vita. Sembra che ti si sia bloccato il mondo. C’è solo lei, le sue chiamate, i suoi messaggi, le vostre uscite. E basta che andiamo via per due giorni e vai in crisi d’astinenza – il ragazzo si blocca un attimo, riprendendo fiato – sei il mio migliore amico e ti voglio bene, Dio solo sa quanto ti voglio bene, ed è per questo che ti dico che devi andarci piano, con tutta questa storia. Non ti fa bene – Harry rimane in silenzio, ascoltando le sue parole; si passa la lingua sulle labbra per inumidirle, poi scoppia in una risata. Senza gioia.

- Sei il mio migliore amico, Lou? Sei il mio migliore amico e mi stai dicendo di andarci piano nell’unica cosa che mi sta rendendo felice? – non sta urlando, la voce è tranquilla, forse delusa.

- I One Direction non ti rendono felici? –

- Lo sai, quanto è difficile per me – sta sviando la domanda, e questo lo sanno entrambi. Sempre stretto nel suo ruolo di adolescente perfetto, sempre a disagio davanti a tante persone, a tante telecamere, a tante…

- Lei non ti sta rendendo felice – Louis lo scuote, costringendolo a guardarlo in faccia.

- Si, invece –

- Non sei felice, adesso –

- Lo sarei, se fossi a Londra – le parole di Harry rimangono un sospese per un po’, mentre il suo amico scuote la testa.

- Non ha senso, Harry –

- Perchè deve avercelo per forza? Perchè non posso godermi quello che sto vivendo? - e cosa sta vivendo, ora?

Lei, solo lei.

- Ti stai facendo male Harry, e non sono convinto che sarai così forte da riprenderti – il tono di Louis è duro, il tono della voce si è alzato notevolmente.

- Da cosa? Abbiamo diciotto anni, usciamo insieme, stiamo bene – sembra un bimbo testardo, quasi a convincere se stesso della sua affermazione

Louis sospira, incrociando nuovamente le braccia. Poi le rilassa lungo i fianchi – lei non sta bene, Harry –

- Lo so, cazzo! – e ha imprecato, di nuovo.

Per lei, solo per lei. Ma stavolta non va bene, e deve regolarsi.

- Sei in tempo, ancora –

Harry scuote la testa, un mezzo sorriso ironico dipinto sul volto – vai al diavolo, Louis –

Nel camerino regna il silenzio. Zayn e Liam si stanno dividendo un panino, lo sguardo rivolto verso la porta del bagno; Niall dorme sul divanetto, la testa poggiata su una pila di vestiti usati durante il concerto. Harry prende il suo borsone e si avvia all’uscita secondaria, quella usata dai dipendenti per andare a fumare durante le pause. Prende il cellulare dalla tasca, apre la cartella dei messaggi: nuovo sms.

“How I wish, how I wish you were here. 
We're just two lost souls swimming in a fish bowl, 
year after year.

Buonanotte J xx

Il messaggio viene inviato, il ragazzo si stringe un attimo nella felpa che indossa. Guarda verso il cielo, sa che sta per nevicare; Zayn esce fuori in quel momento, si mette in bocca una sigaretta e ne l’accende, in silenzio, posandogli una mano sulla spalla mentre tira una boccata.

Harry chiude gli occhi. E’ solo stanco.

 

 

Rose è solo stanca.

Così tanto che nemmeno riesce ad ascoltare le parole che il medico sta dicendo a sua madre, concitatamente. Vuole chiudere gli occhi, riposarsi, perché è tanto stanca? Eppure lo sa. Lo ha sempre saputo: la stanchezza, i dolori, le crisi. Tutto parte del pacchetto. E questo fa schifo. Non che possa farci molto, ma aveva creduto comunque di poter continuare la sua vita, le sue abitudini. E invece è solo stanca. E gli manca qualcosa, e se lo sente nel petto, nella testa, nello stomaco.

Lui.

- Mi dispiace Hellen, sul serio – dottor Charlie è in piedi davanti a sua madre, che è scoppiata a piangere. Rose la guarda senza capire, cercando di mettere a fuoco il problema. Non le piace che lei stia piangendo, non le piace nemmeno la faccia del medico, e tantomeno il modo in cui la guarda. E sente di provare un nuovo tipo di paura – Rose – il tono del dottor Charlie è serio, formale – abbiamo avuto i risultati delle analisi di questa mattina, e non sono affatto buoni. Non come ci aspettavamo, almeno – la ragazza annuisce lentamente, mettendosi composta sulla sedia dello studio – e alla situazione attuale non possiamo cominciare un nuovo ciclo di radioterapia: il tuo fisico non lo accetterebbe, e comunque sarebbe inutile e potrei dire dannoso – allo stato attuale. Noi. Quale stato? Lei sta bene, è stanca, ma sta bene. Noi chi? Chi può decidere sulla sua vita? Rose deglutisce, si accorge che le tremano due dita della mano destra, posata in grembo: la nasconde con l’altra mano, alza lo sguardo.

- Sto morendo, dottor Charlie? – la voce da bambina è un sussurro, il dottore stringe le labbra.

- Continuiamo le cure, vogliamo darti più tempo possibile –

- Quanto? –

- Il più possibile – ripete il medico, poggiandosi contro la scrivania. Hellen continua a piangere, accanto a lei; Rose ha voglia di imitarla, ma decide di trattenersi. Il dottore non ha risposto alla sua domanda, e di questo sono entrambi consapevoli. La risposta è chiara, ed è sospesa tra di loro. Rose sospira, trattenendo un singhiozzo. Ha sempre pensato che a quel punto sarebbe stata abbastanza forte, senza contare il cuore e il petto e lo stomaco. E’ stanca, non è abbastanza forte da poterlo accettare e rimane lì, ferma sulla sedia scomoda dello studio medico. Vuole andare a casa, vuole che sua madre smetta di piangere, vuole che qualcuno la abbracci e le dica che va tutto bene, che si sistemerà tutto.

La ragazza si alza e prende il cappotto e la borsa – voglio andare a casa – annuncia alla madre, con voce ferma. Non piangerà, non lì, non in quel momento. Hellen annuisce alzandosi e prendendo le sue cose; il medico le guarda in silenzio, risponde al cenno di saluto che gli rivolge la donna. Rose rimane in silenzio per tutto il tragitto fino a casa, sua madre continua a piangere senza posa. E’ la prima volta che lo fa così davanti a lei. Il cellulare della ragazza comincia a squillare: Harry. Rose guarda il cellulare, tentata dall’idea di ignorare la chiamata. Sa che non lo farà.

- Ciao, piccola – la sua voce è allegra, scalda il cuore. Anche quello della ragazza – volevo dirti che sono appena tornato a Londra, ti va se ci vediamo? –

- Magari un’altra volta, Harry – Rose è atona, guarda fuori dal finestrino il paesaggio che scorre imperturbabile – mi dispiace –

Harry rimane un istante in silenzio – cos’è successo? –

- Non credo che sia una… buona idea, parlarne qui –

E il giovane la stupisce, nuovamente – va bene, Rose. Voglio solo che tu sappia che andrà tutto bene, che ci sono io con te e che non ti lascerò sola –

Rose sorride, e per la prima volta abbassa le sue difese completamente.

E piange.

 

 

I know it's not much but it's the best I can do
My gift is my song and this one's for you.

   
 
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