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Autore: Haruakira    19/03/2012    2 recensioni
Le Parche erano intervenute nella precedente guerra. Erano state chiare: una vita per una vita è il compromesso a cui bisogna cedere per riportare indietro chi si è perso nella bocca dell' Ade. Ma se questo patto nel momento stesso in cui si tinge di sangue rompe un faticoso equilibrio? E se le custodi perdono la luce? Per scongiurare la fine del mondo i cavalieri di Atena dovranno percorrere per intero il filo sottile condiviso dalla vita e dalla morte, da giusto e sbagliato. Le senshi infine dovranno fare i conti col dubbio: una vita vale l' errore, vale il tradimento?
Possibili OOC.Forse.
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13
Confessioni e vie di fuga.



Sull' acropoli di Atene si era tenuta un' assemblea speciale a cui parteciparono tutti i cavalieri d' oro e la sacerdotessa di Kore al cospetto di Atena e del Pontefice per discutere di quanto accaduto e degli avvenimenti più recenti. Al termine della riunione Saori, Talia e Febe si erano spostate in un piccolo salotto adiacente alla grande sala.
-Quindi non disturbiamo?- aveva domandato Febe stringendo il piccolo Cheiron contro il petto.
-No, assolutamente!- Saori aveva sorriso, Febe non era cambiata per niente in quel tempo lontana dal santuario. Era necessario che loro fossero al sicuro tra le case dello zodiaco. La dea, doveva ammetterlo, si sentiva parecchio frustrata. C' era Kore che non si trovava, Demetra che sembrava essere sparita assieme alla figlia, Sophia che si trovava negli Inferi. E no, non era proprio il suo posto. E non ultimo, un imminente catastrofe naturale se non si sbrigavano a risolvere quella situazione al più presto possibile. E come se non bastasse, ciliegina sulla torta, Antares era uscita fuori dai gangheri ed era sparita.
Bene.
Ottimo.
Perfetto.
Calmati, si ripeteva nonostante cercasse di apparire il più decisa possibile quantomento con gli altri.
Calmati e non farti prendere dal panico.
Due delle custodi in fondo erano al tempio ed era già qualcosa, Febe già sembrava ricordare praticamente tutto, e Talia piano piano anche.
Guardò le due ragazze sedute di fronte a sè, dovette ammettere suo malgrado che avrebbe preferito che al loro posto ci fossero state Sophia e Antares. Si sentì un po' in colpa per questo pensiero ma si era dimostrato evidente che le altre due senshi avessero un carattere più forte se si considerava la fragilità di Febe, e più maturo, visto che Talia era fin troppo esuberante. Senza contare che la guarriera dell' acqua e dell' aria avrebbero saputo fronteggiare molto meglio la situazione. Atena scosse il capo. Ma che stava facendo? Doveva avere fiducia in quella ragazze. Per Zeus! Erano guerriere. E se lo erano c' era un motivo, dovevano avere le qualità adatte per esserlo, semplicemente dovevano tirarle fuori.
Fiducia.
Sì, fiducia. Sorrise alle due ragazze chinandosi verso il bambino. Sorrise maggiormente, quel fagottino era speciale.
-Posso prenderlo in braccio?- chiese timidamente.
Febe annuì porgendole il piccolo addormentato.
La dea lo prese goffamente tra le braccia:-E' bellissimo. Bellissimo.
In momenti come quello o quando il suo cuore aveva battuto più forte per... amore -lo poteva chiamare così quel sentimento?- si chiedeva se fosse giusto reincarnarsi come umana. Sapeva che la sua permanenza sulla Terra come donna, e non come essenza divina come era stato nell' antichità, l' aveva cambiata. Prima era diversa, era diverso parte del suo modo di pensare, certi suoi principi. Stando tra gli uomini, vivendo le loro stesse fuggevoli emozioni, percependo sulla sua pelle i tempi e le epoche cambiare e rinnovarsi, era mutata anche lei con loro, il suo modo di concepire le cose, persino le guerre. Una volta era in prima linea, assisteva questo o quell' eroe che ai suoi occhi era stato meritevole, a volte agiva anche per un suo piacere personale, magari per vendicarsi di piccoli torti subiti. Si vergognava a morte di ciò, gli dei, tutti loro, erano stati egoisti, capricciosi, probabilmente più umani degli umani.


Antares chiuse gli occhi e si immerse completamente nell' acqua, le piacevano i vapori che si diffondevano nella piccola stanza del bagno, la tranquillità di quel momento, il malinconico ritmare delle gocce d' acqua del rubinetto. Sbuffò contrariata, solo lei poteva vederci della poesia in cose stupide come quella. Forse era pazza per davvero, insomma, sua madre la guardava con un misto di pena e vergogna -perchè, si chiedeva, perchè proprio a lei una figlia con le rotelle fuori posto?- mentre suo padre si limitava a guardarla deluso, sembrava volerle dire "ma che diavolo combini? Uscire di senno in questo modo!"- eppure lei pensava che non fosse colpa sua. Insomma, non è che una mattina ti alzi e dici "oh bè, oggi credo proprio che diverrò pazza. Per dispetto."
Eh no, mica funzionava così. Strano che suo padre non lo capisse, era sempre stato un uomo tanto assennato. Era come se fosse impazzito assieme alla figlia e allora si ostinava il generale, si ostinava a trovare una benedetta cura. E c' era lo psichiatra che veniva ogni giorno prescrivendo medicinali dai nomi strani, e c' era quello per dormire e quello per stare calma e quello per questo e per quell' altro. Bho, lei non ci stava capendo più niente. Si sentiva solo tanto confusa. Di certo non sarebbe guarita così. La prima volta che aveva visto quel tizio aveva capito che quello non consultava i libri di medicina ma quelli contabili, che aveva fatto non il giuramento di Ippocrate, ma quando mai! Aveva fatto il giuramento dell' esimio Conto Bancario.
Antares non si sentiva propriamente pazza, non totalmente per lo meno. Forse giusto un pochino perchè di alcune cose era sicura. O no? Sophia era morta, di quello ne era sicura e glielo avevano confermato.
E poi? Bho, e poi basta.
No.
Aspetta.
C' è... c' è... c' è Camus. E le avevano detto "e Camus chi è?"
E Saga. Oh, almeno lui esiste, così le avevano detto. Ma non era chi lei pensava.
Antares aggrottò le sopracciglia. Si sentiva prigioniera della sua stessa testa, e anche dei suoi genitori. C' era qualcosa che non andava. Forse era la pazzia. Forse era più pazza di quanto pensasse. E lei che credeva di avere solo qualche problema, solo qualche piccolo complesso. No invece, era tutta folle.
Doveva guarire. No, voleva guarire. Però non prendeva le medicine del Dottor Non-si-ricordava-il-nome. Gli faceva antipatia, solo per questo.
E se avesse provato a scappare?
Aveva sentito un discorso un paio di giorni prima. Suo padre e suo zio -quello materno, Alfred- volevano convincere quel disgraziato di Alex a sposarla. Ovviamente non sapevano che lei stava origliando e infatti si dovette trattenere dal ridere. Alex era sbiancato -Ma state scherzando?!-, ecco, aveva detto proprio così.
-Le nostre famiglie sono molto unite, tuo padre non avrebbe nulla in contrario a unire i patrimoni- aveva detto lo zio Alfred, e Antares aveva pensato "ah, ecco. E' questione di soldi"
-M... ma no!- E Alex balbettava
-Non vuoi bene ad Antares?- il generale
-Le voglio bene ma non ho intenzione di sposarmi con una pazza. E'... è assurdo. Mi fa schifo!- Alex di nuovo. Antares se ne era andata via, aveva sentito abbastanza. Adesso sapeva di fare schifo. Faceva un po' male questa cosa. Chi avrebbe amato una pazza come lei?
Alex non si era più fatto vedere, meglio così.
Sentì bussare alla porta, insistente, improvviso, fastidioso.
-Antares! Antares! Cosa stai facendo? Antares?!- era sua madre.
-Il bagno- una risposta semplice. La verità.
-Lo sai che non vogliamo che ti chiudi a chiave. Apri, tesoro!- preoccupata come se si aspettasse sempre il peggio.
Antares uscì fuori dalla vasca di mala voglia, aprì la porta e si ritrovò di fronte il pallido riflesso di sua madre. In pochi giorni si era sciupata molto, doveva essere a pezzi, non era truccata e sui capelli era evidente la ricrescita da cui faceva capolino qualche filo ingrigito. Si sentì in colpa.



Febe stava tornando alla casa del capricorno, Cheiron tra le sue braccia. Se aveva ben capito il discorso di Atena e di Sion dovevano risvegliare i loro poteri. Il problema era: quali poteri se li avevano esauriti tutti durante la battaglia contro Beryl? Sophia avrebbe trovato la soluzione, o magari Antares. Ma non c' erano nè l' una e nè l' altra. Lei non era tagliata per queste cose e a voler essere onesti non era nemmeno tanto sicura di voler partecipare a un' eventuale guerra.
Ma Sophia era rinchiusa in una specie di bozzolo.
 Quando lo aveva saputo per poco non scoppiava a piangere, se non lo aveva fatto era solo perchè Shura la stava guardando e anche quell' ospite strana, Alcesti, che le incuteva un vago timore.
Cosa doveva fare? I saint erano abbastanza certi che Sophia era morta, per lo meno fisicamente. Di certo non poteva lasciare una delle sue migliori amiche in quello stato, non era giusto, l' anima di Sophia meritava la pace, tuttavia nell' istante stesso in cui aveva sentito il suo piccolo scalciare nel proprio grembo tutte le sue priorità erano cambiate.
Come doveva comportarsi?
 C' era solo da cacciarsi nei guai in quel posto! Non poteva lasciare orfano il suo bambino o peggio mettere a repentaglio la sua vita. Se c' era una cosa che aveva imparato l' ultima volta era il fatto che il grande tempio non era un posto così sicuro come sembrava.
Sospirò, "Ho bisogno di cucinare", si disse, cucinare poteva distrarla o al contrario, se necessario le permetteva di concentrarsi meglio.
Persino Shura non era più quello di prima. Magari non la voleva più, magari non voleva Cheiron. 



Shura sapeva di starsi comportando in modo strano, avrebbe preferito che Febe alloggiasse al tredicesimo tempio invece che nella propria casa. Da quando l' aveva vista aveva scambiato solo un bacio con Febe poi non era più riuscito a toccarla, si teneva a debita distanza da lei. Trascorreva le sue giornate all' arena sottoponendosi ad allenamenti massacranti, se lei entrava in una stanza lui si premurava di uscirne, il problema al massimo erano i pasti.
Gelidi e silenziosi, nonostante la piccola Febe -ma quell' aggettivo forse non le si addiceva più- avesse tentato, almeno inizialmente, ad attaccare bottone. Non è che gli facesse piacere comportarsi così, nè tanto meno vedere il viso addolorato della ragazza. Febe non era mai stata brava a nascondere i suoi sentimenti.
Una sera gli aveva domandato come era andato l' allenamento, lui si era limitato a grugnire un "bene" stentato.
-E... e ti sei allenato con qualcuno?- la voce le tremava.
-No.
C' era stato un momento di silenzio, Febe stava letteralmente mordendo la forchetta pensando probabilmente ad una risposta che le permettesse di continuare quella pallida conversazione:- Cheiron...- si era interrotta alzandosi da tavola e farfugliando che andava a prendere il dolce. Aveva sentito i suoi singhiozzi provenire dalla cucina.
Shura si andò a sedere sugli spalti dell' arena, alcuni ragazzi si allenavano insieme ai propri maestri, dopo qualche minuto Alcesti si accomodò al suo fianco:- Mi evitate nobile Shura.
-Buongiorno anche a voi, sacerdotessa.
Alcesti sorrise:- La vostra bella è tornata. Ora siete persino padre. Dovreste esserne felice eppure sembra che vi sia morto il gatto.
-Sono felice- ci tenne a sottolineare il cavaliere.
-Vi assicuro che non sembra. Vi sentite forse colpevole per averla tradita?
Capricorn rimase in silenzio, tecnicamente non aveva tradito Febe visto che non stavano insieme e credeva che non l' avrebbe più rivista.
-E' pur sempre una forma di tradimento- aggiunse Alcesti come leggendogli nel pensiero- per questo vi sentite così in colpa. Il problema è che voi urlavate fiero e sicuro il vostro amore nei confronti di quella ragazza eppure avete giaciuto con un' altra donna. Immagino dobbiate essere confuso. Vi sentite in obbligo nei confronti di quella giovane? Non capisco bene perchè a dire il vero.
-Ho un figlio, dannazione!- sbottò il ragazzo
Alcesti rise:- Siete antico, amico mio. Sapete quanta gente divorziata esiste? Eppure i loro bambini crescono molto normalmente. E se volete la mia opinione vostro figlio crescerà maglio lontano dal tempio, senza il peso di essere il figlio di un cavaliere. Sapete che crescendo qui si voterà a una missione, come tutti del resto. La giustizia è una strada irta di ostacoli.
Alcesti non aveva tutti i torti ma lui, il più fedele tra i cavalieri della dea, non avrebbe tratto che orgoglio da un figlio fedele ai suoi stessi ideali:- Sceglierà lui la sua strada.
-E allora cosa volete fare? Giocare alla famiglia felice, qui al tempio? Con una donna che non amate?
-Voi non capite! Io... io amo Febe.
-Non si direbbe.
-Non è semplice, lei è così... pura e dolce e delicata, ingenua. Fragile. Come posso io farle del male?
-Allora non è amore. Voi vi sentite semplicemente obbligato. Avete fatto sesso con me, Shura. Questo non è amore, ve lo garantisco io- concluse Alcesti andando via.
-Io non so che diavolo fare...
Come poteva abbracciare Febe, parlarle normalmente, dormire con lei -era da quando era arrivata che si era trasferito sul divano- se si sentiva un verme ogni volta che la guardava? L' aveva tradita, è vero, Alcesti aveva ragione. Era un tradimento perchè aveva sempre detto di amarla. La verità è che si sentiva davvero confuso. Doveva parlarle, lei doveva sapere.
L' aveva trovata ai fornelli, Cheiron nella culla, lontano dai fornelli e al tempo stesso a portata d' occhio. Si era st upito non poco quando lei e Talia si erano presentate al tempio con ben due culle, una più leggera e semplice, l' altra graziosamente lavorata. Gli aveva spiegato che aveva bisogno si sapere che suo figlio fosse al suo fianco, nella sua stessa stanza.
Shura si era schiarito la voce, un modo un po' goffo di annunciarsi e dopo che lei lo abbe salutato spostò una sedia sedendosi al tavolo.
-Se hai fame ho preparato una torta di mele- aveva detto Febe indicando il dolce sul piano della cucina.
-No, grazie.
Febe si era girata verso il frigorifero cercandovi qualcosa all' interno e intanto parlava:- E... e allora come mai sei qui?- Si era voltata verso di lui all' improvviso, rossa in viso- ciòè, non intendo dire che non puoi venire. E' casa tua, no? Certo che è casa tua, puoi fare quello che vuoi. Non che ti serva il mio permesso, ben inteso...- aveva sospirato richiudendo lo sportello del frigo- è che di solito sembri evitarmi, ecco.
Shura aveva spostato una sedia accanto alla propria:- Siediti.
Quando Febe fu accanto a lui gli sorrise un po' triste:- Non devi dirmi delle belle cose, vero?
Si era limitato ad annuire:- E' passato molto tempo da quando ve ne siete andate. Ho sentito molto la tua mancanza e ti ho amata tanto... però prima o poi bisogna andare avanti- si era fermato un momento osservando con la coda dell' occhio i movimenti della ragazza, vedeva le sue mani strette tra loro sulle gambe, gli occhi bassi e gonfi puntati sul tavolo scuro- il fatto è che... in realtà non sono andato avanti, non mi sono dimenticato di te, Febe però mentirei dicendoti che non è cambiato nulla.
-N... non ti capisco Shura, puoi essere più... chiaro?- era un sussurro il suo, la voce spezzata e alterata dai singhiozzi trattenuti a forza.
-Sono stato con una donna di recente, è la sacardotessa di Kore, Alcesti.
-Ah- Febe non pensava che le sacerdotesse facessero queste cose. In effetti Alcesti era una bellezza particolare, desiderabile di sicuro. Le avrebbe spaccato il muso a quella lì, lo pensò per un attimo mentre in quello dopo rifletteva sul fatto che aveva perso irrimediabilmente Shura. Cosa si aspettava del resto? Già da quando si erano conosciuti ai suoi occhi era poco più che una bambina. Non l' avrebbe mai vista come una donna e ora che c' era la sacerdotessa ancor meno.
Adesso poteva piangere. Era rumorosa quando piangeva, forse patetica. Di sicuro debole. Non le importava più niente. Non aveva nemmeno il coraggio di chiedere in cosa aveva sbagliato, in cosa non era degna di lui, di implorarlo. Non era una questione di orgoglio, non ce la faceva semplicemente. Era inutile, non si sceglie chi amare, tuttavia tentò un semplice:- Posso cambiare, se vuoi.
Sentì il braccio di Shura avvolgerle le spalle e non potè fare a meno di abbandonarvisi.
-Sono solo confuso, Febe. Tu non devi cambiare per nessuno.
E allora Febe pensò che forse aveva una speranza:- Ti aspetterò. Aspetterò.
-Potrei deluderti.
-Aspetterò lo stesso.
-Non ti garantisco niente.
Cercò di asciugarsi le lacrime alla meno peggio:- Non importa.
Shura la guardò in silenzio. Sorrise interiormente, un' ostinazione degna della guerriera di Marte quale era.
Dopo qualche ora Febe raggiunse Shura nel salotto. Avrebbe dovuto fare le valigie da sè, ne era consapevole però decise di parlare prima con lui:- Vuoi che vada via, immagino.
Il ragazzo sollevò gli occhi sulle due figure che aveva davanti, la madre e il bambino:- No, potete restare. E' mio figlio.- disse indicando il bambino.
-E allora tienilo in braccio- Febe allungò Cheiron verso di lui. Si sentiva un poco in colpa, forse aveva giocato sporco, una parte di lei sapeva che Shura non l' avrebbe cacciata, specie se Cheiron fosse stato con lei. Se fosse andata via di sua spontanea iniziativa invece non era certa che lui l' avesse fermata.



Saga non aveva mai visto di buon occhio il rapporto tra la Viverna e suo fratello e doveva ammettere che quando era venuto a conoscenza del fatto che si erano lasciati aveva fatto non pochi salti di gioia. Questo per due motivi fondamentali: il primo era ciò che Rhadamantys rappresentava, uno dei giudici di Hades, loro nemico giurato, e ciò che in virtù di questo ruolo aveva compiuto in battaglia. Saga non avrebbe mai dimenticato quello che era accaduto ai suoi compagni anche se non colpevolizzava certo il gigante degli inferi, era suo dovere difendere il dio a cui aveva votato l' esistenza. Se si fosse comportato diversamente lo avrebbe ritenuto un essere infido e indegno, mentre invece, benchè nemico, lo ammirava. Il secondo motivo era quello di non voler vedere Kanon soffrire. Se un giorno si fossero trovati nuovamente sul campo di battaglia suo fratello avrebbe servito lealmente la dea così come Rhadamanthys il suo signore, di questo ne era certo e proprio perchè sapeva che sarebbe andata così era cosciente del dolore che questa lealtà avrebbe comportato per entrambi, perciò quando Kanon e il giudice avevano smesso di frequentarsi aveva tirato un sospiro di sollievo. Era meglio così.
E poi non riusciva a fidarsi completamente di quel tizio.
Nonostante ciò ora si trovava in un locale londinese a sorseggiare tè con la Viverna e Kanon al centro che probabilmente se la rideva sotto i baffi.
-Grazie per l' aiuto che ci stai dando- aveva iniziato appoggiando la tazzina sul piattino.
-Non montarti la testa, Gemini, lo faccio solo perchè le guerriere potrebbero servirci tutte quante. Vi aiuto per il bene del regno di sire Hades, non certo per altro.
-Ne sono consapevole, quindi sarò breve. Quest' incontro è tedioso per te quanto per noi, Viverna.- Kanon stava mettendo altro zucchero nel te, Radamanthys guardò il gesto contrariato, sul cucchiaino che il minore dei gemelli reggeva nella mano destra era ammucchiata una montagnetta considerevole di zucchero, era fastidioso. Gli tolse il cucchiano dalla mano.
-Che diavolo stai facendo?!- sbottò Kanon contrariato.
-Stai rovinando il gusto del tè- poi alzò gli occhi al cielo- hai dei gusti barbari- sputò.
-A me piace zuccherato- sibilò l' altro tendendosi verso di lui.
-Troppo. E' irritante, nessun inglese te lo perdonerebbe mai.
-Ah- Kanon ebbe una sorta di illuminazione- per questo hai smesso di offrirmi il tè quando di venivo a trovare.
-Ovviamente, non potevo sopportare un simile scempio.
-Sei un egoista. Non puoi impormi ciò che più ti aggrada!
-Non l' ho mai fatto.
-Non è vero!
-Solo per il tè?
Saga osservava la scena basito e si chiese come avessero fatto a stare insieme se non addirittura a provare un reciproco interesse anche se conoscendo suo fratello probabilmente tutto quello lo divertiva:- Smettetela- li interruppe alla fine- abbiamo cose più importanti a cui pensare.
Rhadamanthys lo guardò torvo, nessuno poteva permettersi di dare ordini a un giudice infernale, tuttavia dovette convenire che il cavaliere di Atena non aveva poi tutti i torti. Kanon sbuffò abbandonando la tazza sul tavolo.
-Ho saputo che la madre di Antares è una donna inglese, la  famiglia è piuttosto in vista. Si chiama
Katherine Hinchinghooke.
-In società ci conosciamo più o meno tutti. Il nome non mi è nuovo, mi informerò.



Saga si trovava di fronte ad una villa a pochi chilometri da Londra, aveva dovuto attraversare un giardino enorme per giungere fino al portone. La Viverna gli aveva dato l' indirizzo spiegandogli che apparteneva alla madre di Katherine, lascito di una prozia. Fece un giro attorno alla casa, non era il caso di agire subito, avrebbe peggiorato la situazione e molto probabilmente se ne sarebbe andato a mani vuote mentre lui doveva portare Antares con sè. Forse sarebbe dovuto andare Camus al suo posto. Aquarius aveva lasciato tutto nelle sue mani dicendo che si fidava di lui e che al momento aveva da fare. Che diavolo poteva mai avere da fare di più importante?! Qualcosa ci doveva essere, si disse Saga, il cavaliere dell' unidicesima non era un tipo che prendeva le cose alla leggera.
 Saga era rimasto per buona parte della mattinata a tenere d' occhio la casa, si era arrampicato sui rami di un albero per cercare di vederne meglio l' interno per dove era possibile. Finalmente nel primo pomeriggio sperò di aver individuato la stanza di Antares. Vide la ragazza chiudere le tende, forse per riposare dopo il pranzo. Aspettò qualche minuto e decise di tentare la sorte iniziando a tirare dei sassolini contro la finestra, si sentiva tanto un adolescente, se la situazione non fosse stata disperata avrebbe potuto riderne. Immediatamente si nascose tra i rami dell' albero su cui si era appollaiato in modo da non venire scoperto se ad affacciarsi non fosse stata Antares.
E invece era proprio lei, la vide scostare le tende e aprire le ante guardando verso il basso e poi in direzione dell' albero. Il cavaliere fece capolino tra i rami portandosi l' indice alle labbra non appena vide la sua faccia stupita. Le sorrise.
-Sei venuto... per me?- aveva bisbigliato lei indecisa se pronunciare le ultime due parole. Era davvero strano che qualcuno facesse una cosa simile proprio per lei.
-Sì, per te.
-Mi... mi... - respirò a fondo prima di articolare la frase- mi porterai via di qui, con te?
-Se vuoi. Se non vuoi, no.
Antares iniziò a torturarsi il maglione con le mani indecisa se parlargli  o meno del suo stato di salute, eppure sentiva di voler essere sincera con quel ragazzo -un uomo a dire il vero- a costo di rimetterci quella possibile via verso la libertà:- Ti devo dire una cosa. Io, vedi, non sto bene.
Saga arcuò le sopracciglia ma non disse nulla lasciandola continuare.
-Dicono che... sono pazza.- sputò velocemente le ultime parole.
Il cavaliere di Gemini sospirò chiedendosi cosa diavolo le avessero messo in testa.
-Questo lo giudicheremo insieme più tardi. Ora dimmi, Ann, ti fanno uscire di casa?
-In giardino e mai da sola.
-Ce la fai a uscire oggi? 
-Tra un paio d' ore posso scendere giù e chiedere a mia madre di accompagnarmi fuori. Prima non posso, vogliono che riposi- fece una smorfia.
-Ok, io sono qui, non mi muovo. Quando uscirai, passeggia in giardino, io ti seguirò e al momento opportuno ti porterò via. Ho bisogno di sapere se ci potrebbe essere qualche ostacolo però... non so, allarmi... security...
Antares ridacchiò:- Ma per chi ci hai preso?
-Devo calcolare tutto- rispose Saga piccato
-Scusa. In giardino comunque non c' è nulla di tutto questo.
-Bene.
E Saga si sentì sollevato, almeno in parte, perchè aveva letto negli occhi di Antares una fiducia nei suoi confronti che prima era sempre stata assente.



Alle quattro del pomeriggio Antares aveva varcato la porta di casa insieme alla madre. E purtroppo anche il padre. Saga notò che la ragazza camminava verso il cancello, doveva aspettarselo. Sorrise, era tipico di lei. Stava cercando di facilitare la fuga.
Quando furono abbastanza vicini all' uscita Saga si parò davanti a loro. La madre di Antares cacciò fuori un urletto mentro il padre tirava fuori una pistola dalla fondina che portava al fianco sinistro.
-Bastardo. Dovevo saperlo che con te le misure non erano mai troppe! Che vuoi?! Lascia in pace la mia famiglia!
Antares corse verso Saga spalancando le braccia davanti a lui, in silenzio. Era visibile il tremolio sulle mani e le braccia.
-Antares torna qui!
-No.
-Ti ho detto di tornare qui immediatamente! Ora!- il generale aveva perso la pazienza e urlava, Antares era spaventata, tentata di non disobbedirgli e fare cosa le diceva ma Saga la prese per il polso.
-Mi servi, coccinella.- le sussurrò all' orecchio prima di caricarsela sulle spalle a scappare.- purtroppo non ho il cavallo bianco- le sorrideva di sbieco.
In quel momento tutto era cambiato, all' improvviso non sentiva più le urla di suo padre e i singhiozzi di sua madre, non vedeva più il paesaggio che si muoveva troppo veloce, non sembrava neppure che Saga stesse correndo. Volava.
Quel nome, coccinella, le aveva fatto perdere un battito al cuore che all' improvviso si era svegliato, impazzito.
-Coccinella...- si disse con un sorriso a fiorn di labbra. Le sapeva di nostalgia. La emozionava.








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ANGOLO AUTRICE:
Coccinella per chi non lo ricordasse è il soprannome che Saga aveva dato ad Antares quando per la prima volta si erano incontrati nella loro vita precedente. Ovviamente Saga va parecchio veloce, troppo per una semplice persona, quindi è normale che ad Antares sembra che voli o roba del genere, in pratica non capisce più niente XD
Mi rendo conto che il capitolo è dedicato alle due coppie con un poco di Atena ma se voglio continuare la storia devo seguire l' ispirazione e stranamente ho bisogno di scrivere qualcosa del genere. Dico stranamente perchè per me è una novità. Ovviamente anche Talia avrà il suo spazio e ci saranno delle situazioni che la coinvolgeranno.
   
 
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