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Autore: nightmerd    19/03/2012    2 recensioni
𝐢𝐧 𝐟𝐚𝐬𝐞 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐫𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞...
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Temo che si scatenerà una polemica sull’assenza di Lucifero-, disse Jake mentre scendevano.

-E’ molto probabile. I demoni vorranno conquistare il trono dell’Inferno e ammazzarlo quando torna. Dubito che ci riusciranno, lui è di gran lunga più forte-, rispose Demetra.

-Ci sono molti demoni forti, comunque. Probabilmente saranno loro a cercare di impossessarsi del trono-, rifletté il ragazzo prendendosi il mento fra il pollice e l’indice.

-Già. Col fatto che non avete una monarchia la situazione è pericolosa. Sembra che Lucifero sia diventando più buono e paziente di come era anni fa. E per anni intendo secoli-.

-Lo so, lo so. C’ero anch’io. Non ti ricordi? Appena tu sei arrivata sono stato il primo a dirti ciao-, fece un sorriso da squalo, mostrando tutti i denti, dai canini leggermente più affilati, come quelli dei felini. Tutti i demoni avevano quei canini, anche Lucifero. Certo non servivano per succhiare il sangue o roba del genere. Servivano solo per intimidire, o forse erano dovuti al fatto che i demoni mangiano solo carne. Comunque rimane il fatto che quando un demone sorride quella è la prima cosa che noti nella sua dentatura perfetta.

-Sì che ricordo-, sorrise Demetra. L’ascensore si fermò e Jake fece il tipico gesto che fanno i militari con la mano per salutarla.

La donna uscì dall’ascensore e si diresse verso casa. Jake ha ragione. Questa storia non si svolgerà bene. L’assenza di Lucifero scatenerà una grossa polemica e grosse lotte per il trono. Ammetto che non è tanto astuto come dicono, altrimenti ci avrebbe pensato a questo, invece non si è degnato neppure di preoccuparsi, pensò. –Accidenti, boss-, mormora entrando nella sua casa.

Era una grossa sala, con un divano color verde pisello e i cuscini bianchi. Davanti c’era un tavolinetto basso, e sulla parete opposta a quella del divano, c’era una libreria con una rientranza dove c’era il televisore. Alla destra del divano, c’era una portafinestra che portava a un balconcino. Dall’altra parte della sala c’era una cucina ad angolo e un tavolo quadrato. C’era una finestra sopra i fornelli e accanto alla lavastoviglie c’era un’altra portafinestra nascosta da una tendina verde.

Demetra entrò nel bagno, molto piccolo ma con molti spazi in cui mettere le cose. Si sciolse i capelli e li pettinò. Quando terminò andò in camera sua. Era una stanzetta piccola anche quella. C’era un letto dalle lenzuola verde acceso e sul comodino c’era una graziosa lampada. C’era una TV anche nella camera e, appesa al muro sopra il televisore, c’era una lunga mensola dove erano poggiati i libri, intervallati da fotografie, statuette o anche oggetti che le appartenevano da viva. Ogni volta che guardava quegli oggetti antichi, Demetra si rendeva conto di quanto si fosse modernizzata. La razza umana e lei.

*

Heléna e Lucifero si ritrovarono ai piedi di una montagna verdeggiante. A quanto pare, non era come diceva Demetra. Ok, era una montagna, ma il sentiero non era così ripido, stretto o che altro.

Lucifero si voltò per guardare la galleria da cui erano provenuti. I fondo, la luce era rossa e fioca, come quella di una candela.

-Ciao!-, disse una vocina. I due si voltarono e videro una bambina sugli otto anni, dai capelli color caramello e gli occhi azzurri, le guance ricoperte di piccole lentiggini e taglietti. I capelli erano legati in due treccine che ricadevano sulle spalle e arrivavano alla cintura. Lucifero la studiò socchiudendo gli occhi.

-Chi sei?-, chiese subito.

-Mi chiamo May. Suppongo che lei sia il signor Lucifero, il signore degli Inferi e ora anche del Purgatorio. I miei omaggi Vostra Maestà-, la bimba si inchinò leggermente e Lucifero fece un sorriso entusiasta guardando Heléna.

-Mi sembri un bambino che ha appena ricevuto un giocattolo nuovo-, commentò la bionda alzando un sopracciglio.

-Lei invece è…?-, fece May guardando Heléna con un sorriso.

-Mi chiamo Heléna-.

-Ma è viva-, commentò la bambina rivolgendosi a Lucifero. Lui fece sì con la testa:-Mi sta aiutando-.

-Ma gli umani non hanno paura?-.

-Non lei-, Lucifero fece un sorriso enigmatico e malizioso.

-Dove siamo?-, chiese Heléna guardandosi intorno. Erano su una spiaggia, alle pendici del monte.

-Nell’Antipurgatorio. Venite al villaggio-, May prese per mano i due e corse lungo la stradina.

-C’è un villaggio?-, esclamò Heléna stando al passo.

-Certo! Altrimenti dove dormiremmo?-.

-Ignorante-, commentò Lucifero con un sorriso giocoso, anche se del villaggio non ne sapeva niente neppure lui. La bionda gli lanciò un’occhiata e lui allargò il sorriso.

Il villaggio era immerso nel verde acceso di un prato. Le case erano di legno e i tetti di paglia, come quelli delle favole. Le case, la piazza, erano collegati da strade fatte con dei grossi massi piatti e tondeggianti di colori diversi.

-Non ci sono molte case perché ognuno di noi deve continuare a salire la montagna fino al Paradiso Terrestre, il Giardino dell’Eden. E’ la meta di ognuno di noi. Tutti quelli che sono qui, vuol dire che sono arrivati a questo punto dopo aver passato gli anni nell’Antipurgatorio. Un giorno, tutti quelli che sono qui ripartiranno e si porteranno le case appresso per rifermarsi in un altro spiazzo, più vicino all’Eden-, spiegò May.

-Ecco perché le case sono di legno-,disse Heléna.

-Sì. I mobili si possono smontare. Poi mettiamo tutto nei carri e ripartiamo-, fece una pausa. –Venite a casa mia, è quasi ora di pranzo e credo che la donna che si prende cura di me sia contenta di avere ospiti. Soprattutto se l’ospite è il signor Lucifero-.

Ruffiana, pensò Heléna corrugando la fronte. May li portò in una casetta piccola. Ai fornelli c’era una donna, di non più di vent’anni. Aveva i capelli neri e boccolosi. Era vestita con abiti da campagnola. Si girò e sorrise. Era una ragazza dai grandi occhi grigi, lievemente piegati in giù. Lucifero le sorrise e Heléna alzò gli occhi al cielo.

-Lei si chiama Midori. Era di origini giapponesi e i genitori le avevano dato questo nome. Però lei non era scintoista come loro. Lei era cristiana-,spiegò May. –E’ una ragazza molto silenziosa-, aggiunse con un po’ di malizia negli occhi.

-Che c’è? Le hai tolto le corde vocali?-, commentò Heléna.

-No, no. Ha fatto una specie di giuramento lei. In teoria sarebbe dovuta rimanere sella Terra, come fantasma, ma questo voto al silenzio non è così importante-. Midori la guardò con un sopracciglio alzato e uno sguardo di rimprovero.

Poco dopo, la mora portò in tavola il pranzo. Era un passato di verdura e Lucifero guardò il piatto, schifato. –Non fare lo schizzinoso-, disse Heléna roteando gli occhi.

-Odio le verdure-.

-Mi sembri un bambino. Devo imboccarti?-.

Lucifero si oppose fino alla fine ma Heléna, che ha principi, riuscì a infilargli il chiucchiaio in bocca e a farlo mangiare. –Che schifo-, commentò lui disgustato. Midori si rattristì e il moro andò da lei per scusarsi. –Oh Midori-chan, non è colpa tua se a me non piacciono le verdure-, disse in giapponese. Midori si impressionò e fece spallucce, come a perdonarlo.

-E da quando parli giapponese?-, gli chiese Heléna.

-Parlo tutte le lingue io. Mica sono un analfabeta-, rispose lui con un sorriso malizioso.

Dopo pranzo May, Heléna e Lucifero passarono la giornata in giro per il villaggio, mentre la bambina spiegava loro come andavano le cose lì. Tutti artigiani, specializzati in cose differenti. Tornarono a casa per l’ora di cena. Stavolta c’era la carne e il demonio mangiò con appetito. Dopo cena, tutti a letto. Midori e May dormivano in un letto matrimoniale mentre Lucifero e Heléna nella camera degli ospiti che aveva il tetto piegato e due letti piccoli divisi da un comodino.

-Mi dispiace signor Lucifero ma non abbiamo pigiami da uomini-, si scusò May.

-Non importa. Dormo così-.

May lanciò un’occhiata critica ai vestiti che portava e gli consigliò di togliersi almeno la camicia e il gilet per dormire. Lui ascoltò il consigliò e piegò la bocca di lato, mentre si sbottonava la camicia.

May, tornò in camera con una camicia da notte per Heléna e trovò Lucifero a petto nudo, seduto sul letto con i gomiti appoggiati alle cosce e le mani a penzoloni tra le gambe, mentre guardava il pavimento immerso nei suoi pensieri. Aveva gli addominali scolpiti e perfetti, come una statua. D’altronde era una specie di dio anche lui, era perfetto per forza.

Lui si accorse della presenza di May e alzò la testa. –Heléna è in bagno. Si sta facendo la doccia-, poi guardò la camicia da notte e sorrise divertito. Era una camiciola piuttosto corta... Ma conoscendo Heléna, Lucifero era sicuro che si sarebbe arrabbiata se solo l’avesse degnata di uno sguardo.

Dopo un po’ che May aveva portato la camicia a Heléna, la bionda uscì dal bagno ma poi rientrò subito, vedendo il ragazzo.

-Girati!-, gli gridò da dietro la porta. Lui sghignazzò divertito, era sicuro che avrebbe avuto quella reazione. Così si girò.

-Ok puoi venire-, disse.

La ragazza uscì cautamente e si infilò velocemente sotto le coperte. La camiciola era così corta che copriva fino a metà coscia.

Lucifero si girò e la trovò coperta fino al mento. Le regalò un sorriso divertito e si mise sotto le coperte anche lui. Si portò le mani dietro la nuca e rimase ad osservare il soffitto.

-Mi devi spiegare alcune cose-, disse d’un tratto Heléna girandosi e appoggiandosi su un gomito, stando attenta ad essere sempre ben coperta.

-Che c’è?-.

-Chi è Doroty per te?-. Lui girò la testa e la osservò con sguardo curioso e penetrante. –Un’amica-.

-E quando stavate insieme?-. Lucifero si sentì spiazzato e prese fiato. –Ci tenevo tanto. Certo, non avrei mai dato la mia vita per lei, al contrario di come farei ora per una persona-, le scoccò un’occhiata maliziosa.

Heléna rimase diffidente. –Perché l’hai lasciata nell’Inferno anche se è viva?-.

-Perché-, cominciò lui girandosi e appoggiandosi sul gomito. –Non è  disobbediente, non si lascia prendere dal panico e dopo tutto questo tempo non è ancora impazzita. Ed è utile al bar-.

-Quanti anni aveva quando siete stati insieme?-.

-Due o tre meno di te-.

-E tu sembri un ventenne. Ti avranno preso per pedofilo-.

-No perché lei veniva sempre nell’Inferno con me-.

Heléna storse la bocca con aria critica immaginandosi cosa facevano. –Non pensare male-, disse subito Lucifero. –Era troppo piccola e piatta per i miei gusti-.

-Che stupida, come ho fatto a non pensarci prima? A te piacciono le tettone! Perché sei un pervertito-.

-Sono maschio, ragazza mia. Il che rende naturale che mi piacciano certe cose. E poi ricordati che noi demoni abbiamo peccato anche di lussuria-, sghignazzò.

-Mi rifiuto di ascoltarti ancora-, esclamò lei e si girò dall’altra parte per dormire.

-Credevo che ci fosse altro che dovessi chiedermi-, disse lui con un sorriso malizioso. Heléna si girò e lo strafisse con lo sguardo.

-Se facevo un patto con te, cosa mi chiedevi in cambio?-. Le era venuto questo dubbio da quando aveva parlato con Demetra davanti all’ascensore.

Lucifero rimase in silenzio, il buio nascondeva le guance leggermente rosse di entrambi. Heléna per l’imbarazzo di una domanda del genere e lui per la risposta.

-Segreto. Non rivelo mai cosa chiederei in cambio a un mio “cliente”-.

-Ah quindi sarei una cliente?!-, sbottò la bionda drizzandosi a sedere, fregandosene se la camicia era scollata. Lucifero appoggiò la fronte sulla mano con uno sguardo esasperato.

-Ieri sera mi baciavi e ora sono una tua cliente?!-, continuò.

Lucifero rimase in silenzio, respirando piano. Quel suo silenzio infastidiva Heléna. –Quando ti parlo, mi farebbe piacere che mi ascoltassi, o che per lo meno mi guardassi. In faccia, magari-. Lui sospirò e la guardò così intensamente che la ragazza non riuscì più a muoversi.

-Che c’è? Dopo la predica mi fai anche la statuetta?-.

Lei rimase in silenzio lo sguardo intrappolato nei suoi occhi. –Ti ho baciato. E ti ho marchiato da piccola. Che c’entra, penserai. E’ una cosa che dovevo dirti. Ti ho marchiato perché volevo far capire a mio fratello che tu, Heléna, eri, sei e sarai, per sempre, una mia proprietà. Se sono geloso? Sono molto geloso, ok? Detestavo tutti quelli che ti guardavano al locale ieri sera, ero già nervoso di mio e poi, la goccia che ha fatto traboccare il vaso: spunta quel maiale che ti va a toccare il sedere. Con Doroty non ero così geloso. Ma con te sì-.

Heléna continuava a stare in silenzio, con la bocca leggermente schiusa. Sembrava pietrificata. Ma respirava. Si vedeva dal petto. –vuoi che ti chieda scusa per il marchio? Per… per qualche altra cosa, non so-, lei non rispose. –Lo Sguardo del Demone. Non dovevo guardarla così intensamente!-, borbottò e si alzò in piedi. Heléna non si muoveva, rimaneva sempre nella stessa posizione, con lo stesso sguardo. Lucifero la guardò e sorrise, poi le poggiò una mano sul ginocchio e un’altra sulla spalla per farla sdraiare. Le prese il viso fra le mani e le girò la testa, poi le chiuse gli occhi e la bocca. La coprì bene con le coperte. Gli sembrava di rivivere il momento della prima volta che si erano visti, solo che con un’Heléna più grande e più carina. E più rompiscatole, pensò Lucifero con uno sguardo divertito e intenerito al tempo stesso. Le scansò i capelli dalla fronte e vide il marchio. In realtà era una macchia che aveva la forma delle sue labbra e anche lo stesso colore. Ricoprì la fronte e le baciò una guancia. 

  
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