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Autore: emsugar    19/03/2012    3 recensioni
- Miss Angelica Huston, signore. E voi, se posso chiedervi? – Harold non riuscì a rispondere subito a quella semplice domanda; si era bloccato col pensiero al nome Angelica, che aveva subito trovato semplicemente perfetto per quella ragazza così graziosa. Come aveva potuto pensare ad altri nomi? Quello era l’unico che potesse realmente descrivere quella ragazza così semplice e bellissima.
Con un sorriso tornò con i pensieri su quella domanda, e rispose semplicemente.
- Mr Harold Edward Styles, signorina. Lieto di conoscerla. – Harold tese una mano verso Angelica, e lei divertita gli porse la sua, che lui afferrò dolcemente e avvicinò a se, sfiorandone il dorso con le labbra appena arricciate.
Stava funzionando. Sorridevano ad ogni piccolo movimento, ad ogni vibrare dell’aria, erano semplicemente in armonia.

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Anni 20, fine della guerra. Un treno, un amore, all'improvviso. Un sangue invadente, una questione d'onore; ma quanto è importante l'onore di fronte a un sentimento così agghiacciante e irreversibile come l'amore?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Skinny love.



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- I TELL MY LOVE TO WRECK IT ALL

CUT OUT ALL THE ROPES AND LET ME FALL

RIGHT IN THE MOMENT THIS ORDER'S TALL. –

Skinny Love - Bon Iver.


consiglio di ascoltare durante la lettura:
http://www.youtube.com/watch?v=aNzCDt2eidg




Angelica passò una notte agitata, rigirandosi nel letto tra il sudore e le lacrime. Le lenzuola candide e profumate la avvolgevano le gambe stringendole in una morsa di caldo e agitazione, mentre dalla finestra cigolante entravano a momenti soffi di aria calda e umida che accarezzavano il suo corpo, facendola fremere sul materasso. Non riusciva a dormire, e ogni tanto si portava la mano al cuore per paura che scoppiasse da un momento all’altro da quante emozioni doveva contenere. Rabbia, rimorso, dolore, desiderio, passione; il tutto mischiato nell’imbarazzo che quella situazione incontenibile aveva provocato. Harry aveva passato la serata nel cortile, salutando i vicini che si erano riuniti per incontrarlo, raccontando storie di quella guerra assurda che aveva combattuto ingiustamente; ogni tanto il ragazzo alzava lo sguardo verso la finestra aperta da cui non proveniva che il silenzio. Avrebbe tanto voluto averla accanto, quella ragazza così bella, quell’angelo che gli aveva travolto la vita in così poco tempo; ne voleva sentire la risata aggraziata, ne voleva veder brillare gli occhi stanchi, ne voleva toccare la pelle candida e bollente.
Invece Angelica era fuggita nella sua stanza, a far morire la sua anima tra le mille domande che le affollavano il cervello. Aveva anche ascoltato i racconti di Harry, anzi Harold, come aveva deciso di tornare a chiamarlo, e le era sembrato di sentirgli incrinare la voce più di una volta, tra le mille storie che aveva condiviso con i curiosi vicini; ma si era convinta che fosse stato solo il vento a portarle quella strana sensazione di sentirlo emozionato e scosso da tutto quello che aveva passato.
Adesso Harry si era ripulito e disteso sul suo vecchio e caldo letto, nella stanza in parte a quella di Angelica, e aveva provato davvero a chiudere gli occhi e lasciarsi cullare dal sonno. Ma pensare di averla accanto a se, con le teste a contatto, con solo un muro a dividerle, gli aveva fatto perdere la concentrazione, e ogni sogno che stesse pensando per addormentarsi era sfuggito nel vento. Entrambi portavano uno strano peso sullo stomaco, che si era impossessato anche di ogni loro pensiero. La notte passò lunga e faticosa, calda e soffocante; entrambi, terrorizzati da ciò che sarebbe successo la mattina dopo.


Il cinguettio di un uccellino risvegliò Harry dai suoi pensieri che per tutto il lungo passare delle ore avevano tormentato il suo sonno. Di malavoglia si alzò, e preparatosi per scendere, uscì dalla sua camera. Gli sembrò di morire, quando, con una violenza improvvisa, due occhi azzurri e stanchi si scontrarono sui suoi ancora socchiusi per la stanchezza, costringendogli a spalancarli con veemenza. Harry guardò le venature rosse che riempivano gli occhi di Angelica, e notò le grandi occhiaie che avevano preso posto sotto di essi.
- Buongiorno, Harold. – la voce strozzata di Angelica si spense in un sussurro. Si schiarì la voce, prendendo poi un ampio respiro e allargando le labbra in uno dei sorrisi più costruiti che avesse mai fatto. – Spero abbiate dormito bene. –
Detto questo, la ragazza si scansò a sinistra, oltrepassando Harry per scendere la scalinata stretta e arrivare alla cucina. La mano ferma e forte di Harry però la bloccò dov’era, costringendola inoltre a voltarsi verso di lui.
- Da quando ci diamo del voi? – gli occhi supplichevoli e delusi del ragazzo si fissarono in quelli sfiniti di Angelica, costringendola ad abbassare lo sguardo e fissare con convinzione il pavimento, e contare le minuscole crepe che negli anni si erano fatte spazio nel marmo decorato del corridoio di casa Styles.
- Da quando ho deciso che è meglio così per entrambi. – senza staccare gli occhi dal pavimento, poi, Angelica mosse leggermente il braccio, come a ricordare ad Harry della mano con cui ancora lo stava stringendo. – Ora, con il vostro permesso, vorrei scendere a mangiare. –
Il ragazzo semplicemente sconvolto da quell’atteggiamento, allentò sempre più la presa delle dita attorno al polso affusolato della ragazza, che in fretta si allontanò per scendere al piano inferiore. Harry non fece altro che appoggiarsi contro il muro dello stretto corridoio, e scivolare sulle sue gambe, con la testa fra le mani. Sentiva un vuoto incolmabile nel petto, senza capire cosa fosse. Non si accorgeva neppure di cosa provasse, il piccolo soldatino che pensava che l’amore non potesse più esistere per lui, che per tre anni aveva visto solo odio e sofferenza. Ma Harry non sapeva nemmeno cosa fosse l’amore, perché se l’avesse saputo, avrebbe di certo trovato il nome giusto al sentimento che lo invadeva e gli rosicchiava il cuore come un tarlo fastidioso: era il lato cattivo dell’amore, quello stressante, deludente, quello che ti fa piangere e impazzire, che ti fa tremare e ti fa dolere il petto.
Harry si era perdutamente innamorato di una ragazza in un pomeriggio soltanto, in poche ore, in pochi istanti; aveva riversato tutto ciò che sentiva in un solo corpo, in soli due occhi azzurri, in una sola bocca carnosa e tremante, in un solo nome perfetto: Angelica.
E Harry pianse, stretto alle sue ginocchia, solo in quel corridoio ancora buio e umido, pianse per un dolore a cui non sapeva dare un nome; ed era la cosa peggiore, perché quando non sai che male ti affligge, non puoi nemmeno trovarne una cura.

Angelica passò la sua giornata insieme a Gemma, che aveva trovato il modo giusto per farla distrarre: dovevano aiutare una ragazza del paese con i preparativi del matrimonio, che occuparono perciò la mente della ragazza per tutto il giorno.
Nel pomeriggio, che passò silenzioso e lento, Angelica fece un grande ordine nella sua mente, mentre passeggiava nella campagna di Holmes Chapel; l’aria si era rinfrescata, e soffiava leggera e dolce sul suo corpo sinuoso. Con tristezza raccoglieva fiori dal ciglio della strada, e ne faceva piccoli mazzetti profumati, che poi lanciava al vento con un sorriso amaro. Angelica sentiva nel cuore uno strappo di grandezze inimmaginabili, che nemmeno lei riusciva a concepire: come poteva soffrire così tanto per quel ragazzo, più giovane di lui, più immaturo, appena conosciuto, che le aveva fatto sentire qualche brivido sulla schiena in un solo pomeriggio? Beh, forse i brividi provati erano un po’ più di ‘qualcuno’. Si, Angelica aveva sentito il corpo scuotersi e la pelle fremere, tra i tocchi caldi di Harry, anzi, Harold, e tra le sue braccia magre eppure possenti. Angelica aveva sentito i cuori battere sconnessi ma a ritmo, aveva sentito i respiri affannarsi e l’emozione salire a ogni secondo. Aveva sentito l’adrenalina, e negli occhi verdi di quel ragazzino aveva visto tutto un amore da riversare, che lei aveva da subito desiderato accogliere nel suo cuore solo e malinconico.
Avrebbe voluto stringere Harry ancora, tra le sue braccia, toccare i suoi strani capelli ricci, riempirgli il volto di baci; era stato suo per così poco tempo, che non le era bastato, e ora lo bramava ancora di più. Ma cosa poteva esserci di più odioso tra lei e quegli occhi? Del sangue? Dello stupido, inutile, liquido rosso si era intrufolato tra i loro cuori, facendo scoppiare ogni valvola, ogni barriera. Tutto si era spento, assopito, nascosto negli animi tormentati dei due… cugini.
Il sentiero si divise in un punto davanti agli occhi di Angelica, che si ritrovo costretta a scegliere che direzione prendere. Si gettò alla sua sinistra con l’ennesimo mazzo di fiori in mano, verso un campo di violette che la lasciò senza fiato.  Si lanciò in uno corsa liberatoria tra i fiori, gettando al vento le lacrime e aprendo le braccia intorno a se. E mentre si accasciava nell’erba, stendendosi tra le violette, sorrise al sole, che le accarezzava la pelle e le scaldava il volto.
Da lì il cielo sembrava un grande telo colorato, dipinto di soffici nuvole candide, e mentre stringeva tra le dita un fiore lilla, Angelica sogno di spiccare il volo in quel paradiso e perdersi nel vento, dimenticandosi di Harry e di tutto quel dolore.

Harry si voltò in tempo per schivare il pallone che arrivava dall’altra parte del campo.
- Liam, vuoi ammazzarmi? – urlò ridendo, mentre l’amico da lontano si piegava nell’erba ridendo di gusto. Correndo Liam raggiunse il ragazzo e gli strinse una spalla.
- Dai, era un tiro amichevole. – rise ancora.
Anne richiamò l’attenzione del figlio dalla finestra della casa. Era ora di andare in paese a comprare le provviste per la settimana successiva.
- Allora, sei appena tornato e tua madre già ti tratta come una volta, eh? – Harry rise al commento dell’amico, tirandogli un leggero pugno sul braccio.
- Quella donna non cambierà mai. – rispose sorridendo, guardando la madre avvicinarsi. - Generale Cox, al vostro servizio! – e Liam dietro a lui scoppiò in una risata che cercò a tento di trattenere.
- Smettila di fare il bambino, e scendi al paese. E tu con lui, ragazzo! – disse la donna, rivolgendo un affettuoso sguardo di rimprovero al migliore amico del figlio. – Mi servono le uova della signorina Juliet. Almeno sette. E poi andate da Morgana e chiedetele i rocchetti rossi che le avevo ordinato. Mi servono per le tende. E non attardatevi per strada, sono già le quattro, vi voglio qui in fretta che devo cucinare. – detto ciò la madre stampò un bacio sulla fronte del figlio e uno su quella di colui che considerava come un figlio, e con una piccola spinta sulla schiena li spinse verso il sentiero che portava al paese.
La strada non era molto lunga, anche se era necessario attraversare il bosco, il cui sentiero era disconnesso e pieno di sassi e buche. Ma ormai Liam e Harry conoscevano a memoria il percorso, sapevano quando era ora di saltare una pietra o svoltare a un albero: quella era casa loro.
In quell’ambiente così familiare per quella matta coppia, Harry confessò a Liam tutta la faccenda che si era venuta a creare con Angelica, compresa la sua reazione e il loro rapporto.
- Cosa provi per lei, Harry? Sul serio, non puoi esserti innamorato in un pomeriggio. – lo stupore di Liam era ben giustificato, visto l’abituale facilità con cui Harry cambiava donne, ma il ragazzo dovette ricredersi su ciò che aveva appena affermato appena vide gli occhi dell’amico brillare di passione e malinconia.
- Io… per l’amor del cielo, Liam, non lo so. Non ho idea di ciò che provo, so solo che… è intenso. Forte come il vento di Londra. È veloce, assurdamente potente, e fa male. Fa male come mai nulla mi ha fatto male. Davvero. Neanche la guerra e il fango mi hanno distrutto così. –
Gli occhi di Harry urlavano pietà, volevano solo liberare quelle lacrime cattive e bollenti, ma lui le ricacciava indietro con veemenza, deglutendo a fatica il nodo che gli stava infiammando la gola.
Liam comprese. Liam in realtà comprendeva sempre tutto. Aveva compreso quando Harry era stato sgridato dalla madre per aver rotto l’antico soprammobile di nonna Gwendoline, aveva compreso quanto male stesse lui quando Caroline, la sua prima ragazza, lo aveva lasciato, e aveva compreso tutto ciò che era successo al padre dell’amico guardandolo solo negli occhi. Ci aveva visto dentro un vuoto così grande che solo l’amore di un padre poteva riempire, e l’aveva solo abbracciato, accarezzandogli piano i ricci scomposti e sudati. E fu quello che fece anche in quel momento, in quel bosco, mentre Harry lasciava scendere le lacrime ancora, che solcassero le sue guance rosee e lì lasciassero strisce bollenti.
Era l’abbraccio silenzioso di un amico, quello che gli serviva ora.
- Che dici se vado a cercarla? Stamattina mi ha detto dov’era diretta. Tu… rifletterai un po’ sulla strada, ok? – Harry annuì, tirando su con il naso e sorridendo piano. I due amici si divisero, Harry continuando verso il paese e Liam ritornando sui suoi passi, pronto a fare una deviazione al campo di violette.

Il sole calava lentamente dietro alle alte spighe d’erba del campo lilla su cui Angelica piangeva da più di un’ora. Piangeva col sorriso sulle labbra, consapevole di stare soffrendo per un amore impossibile, delicato e fragile come un fiore d’inverno, e sapeva che avrebbe pianto ancora troppo, perciò si era messa il cuore in pace e lasciava che le lacrime scendessero copiose.
D’un tratto vide sopra di se una faccia seria e familiare. Con fatica mosse le palpebre per schiarire la vista, e allargo il suo sorriso amaro quando riconobbe gli occhi confortanti di Liam.
- Ero sicuro che ti avrei trovata qui. – disse lui, sedendosi accanto alla ragazza.
Per un po’ di minuti entrambi fissarono i riflessi dorati del sole, che accecava la vista con la sua luce abbagliante, poi Angelica abbassò lo sguardo per poi spostarlo sul ragazzo.
- Per quanto pensi che piangerò ancora? –
Liam sentì una freccia di compassione per quegli occhi azzurri e stanchi che, come una cascata potente e ininterrompibile, lasciavano fluire l’anima da essi.
La strinse a se, fissando il cielo.
- Passerà, prima o poi. – si fermò, insicuro su cosa dire, con la paura di sembrare troppo inopportuno o indiscreto, ma trovò le parole giuste. - Anche se… io voglio che lottiate. Entrambi. – Angelica si staccò, stringendosi nelle spalle.
- Vorrei. Oh, non sai quanto vorrei lottare. Ma non ne ho la forza. E non riuscirei mai più a sostenere lo sguardo di mio padre. – ma cosa andava blaterando, Angelica? Si maledì mentalmente. Il problema era suo padre? Quell’uomo a cui lei si era ribellata per tutta la sua vita senza farsi problemi, ora la frenava a lottare per i suoi sentimenti? Da quando lui era un problema per lei? Non lo era mai stato. Angelica aveva solo paura di lottare. Aveva paura e sapeva che molto probabilmente la sua sola forza non le sarebbe bastata.

La serata si consumò nel silenzio di casa Styles. Angelica aveva fatto tutto ciò che poteva per evitare la cena, ma zia Anne era stata categorica: ‘la ragazza è decisamente troppo magra. Stasera mangia e anche tanto’, aveva detto sorridendo, anche se con una punta di preoccupazione. Ora invece Anne, servita la bistecca sui piatti, era partita a fare domande alla nipote, che con fatica rispondeva, cercando sempre di tenere lo sguardo fisso sulle posate che metodicamente si incrociavano sulla carne che le riempiva il piatto.
Il rumore più ricorrente era infatti il cozzare delle posate sulle stoviglie, seguito solo alla voce di Anne, che squittiva felice, ancora inconsapevole di tutto ciò che era successo.
- Allora, Gemma mi ha detto che tra due settimane arriva il direttore, quello importante! Come hai detto che si chiama, cara? – Angelica prese un respiro piano, consapevole di quanto dolente fosse quel tasto.
- Louis Tomlinson. È… è un uomo molto... talentuoso. – Angelica si morse poi la lingua, maledicendosi ancora per l’ennesima stupidaggine detta quella sera.
- Oh, si, e dove farete le prove? –
- Il dottor Tomlinson ha deciso di provare sempre all’aperto, gli piacciono gli spazi aperti. Dice che favoriscono l’immedesimarsi nella parte. –
Anne strabuzzò gli occhi, come essendosi appena ricordata di una cosa importante:
- Ma cara, ha un posto dove stare? Dove andrà ad alloggiare? –
- Io… sinceramente, penso in paese… - Angelica tremò impercettibilmente, immaginando cosa la zia stesse per dirle, ma volle sperare fino all’ultimo che non fosse davvero così.
- Ma no! Lo facciamo venire qui! Abbiamo tanto posto! –
- NO! – urlò nel silenzio Harry, interrompendo la madre e suscitando lo stupore di tutta la famiglia. Si strozzò poi con un boccone di carne che stava masticando velocemente dalla rabbia, e cominciò a tossire rumorosamente, diventando paonazzo in viso, mentre le vene del collo gli si gonfiavano e con le mani stringeva il coltello sul tavolo. La madre subito preoccupata lo raggiunse alla sedia e cominciò a picchiare violentemente sulla sua schiena, facendogli poi sputare il pezzo di carne che lo stava strozzando.
Angelica era rimasta ancora così sconvolta da ciò che aveva detto prima di strozzarsi, che non si accorse nemmeno di ciò che era successo.
- Amore, ti prego! Non farlo mai più! Hai l’attitudine a farmi perdere dieci anni di vita ogni volta, eh?... –
Il ragazzo sorrise timidamente, posando poi i suoi occhi verdi, ancora luccicanti, su quelli azzurri di Angelica. E come sempre, come ogni volta, quella reazione chimica avvenne ancora, e pensieri e sensazioni si riversarono dall’uno all’altra, riempiendo le menti e i cuori di ciascuno.
- Cosa dicevi, prima di farmi morire e resuscitare? – intervenne Anne, con la sua solita ingenuità e naturalezza.
Con fatica Harry prese la parola, sorridendo amaramente.
- Niente, dicevo che molto probabilmente non abbiamo abbastanza spazio. – esclamò speranzoso di convincere la donna a rinunciare ad accogliere in casa quello sconosciuto troppo ingombrante.
- Scherzi? Avremmo posto per ospitare il paese intero! Angelica cara, domani andiamo dal droghiere, lui ha il telefono, e lo chiamiamo! Hai un recapito, vero? –
La ragazza, fissando Harry, annuì debolmente, soffocando ogni pensiero nell’oblio che le si creò in mente.






Space <3
allora... vado per punti perchè sono troppo disordinata.
1. perdonatemi per questo ritardo imperdonabile e...
2. perdonatemi per questo capitolo inutilissimo çç purtroppo è il capitolo di passaggio, avete già capito che i guai inizieranno tra un po', con l'arrivo di qualcuno... :D
3. ringrazio tantissimo le meravigliose recensitrici! Siete STUPENDE! :) mi fate fiera ogni volta, è meraviglioso leggere le vostre recensioni! :)
4. ringrazio anche chiunque ha inserito la storia nelle seguite/ricordate/preferite! :) spero che la storia vi piaccia! :)
5. tornerò spero presto con il 4, l'ho già iniziato :D

beh, che altro dire? CIAO OSTH!
bacioni all'Haribo <3
Ems.



   
 
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