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Autore: Elizabeth_Tempest    21/03/2012    2 recensioni
Draco Malfoy ed Hermione Granger, li abbiamo conosciuti come nemici… e se tra loro nascesse quel dolce sentimento che tanti poeti e scrittori hanno decantato?
Scritta per il contest "Draco/Hermione? Why not, but..." di Violet Acquarius.
Draco/Hermione, pg minori: Ginny Weasley, Luna Lovegood, Blaise Zabini accenni a Luna/Rolf e Ginny/Harry.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Luna Lovegood | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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VI.

Rientrarono al castello inzaccherati di neve, i visi arrossati per il freddo e il gran ridere.

Draco Malfoy guardava Hermione e pensava di essersi sbagliato. Sì, doveva essersi sbagliato su tutto e tutti: la Grifondoro non poteva essere poi così indegna, inferiore. Riusciva a capirlo, lo trattava come se fosse stato un semplice mago, invece che un Mangiamorte. Forse suo padre aveva torto, forse i Sanguesp… i Nati Babbani, erano come loro.

“Madre, era questo che intendevi, quando mi dicevi che in questo mondo c’era posto anche per me?”

 

Hermione Granger guardava Draco e pensava di aver sbagliato a lungo, su di lui. Come tutti, aveva giudicato solo quel caratteraccio già difficile, esasperato dagli insegnamenti sulla purezza del sangue di Lucius Malfoy e del resto del parentado. Eppure, in quel momento, il Serpeverde sembrava così diverso dall’immagine che aveva sempre dato di sé: era allegro, sereno, quasi simpatico. Forse si era sempre sbagliata. Forse, nonostante tutto, c’era sempre una speranza di redenzione. Del resto, anche Piton l’aveva ottenuta, no?

-Granger, smettila di pensare: prima o poi ti scoppierà la testa.- la riprese Malfoy, posandole una mano sui capelli scompigliati e pieni di neve e spettinandoglieli, se possibile, ancor più.

-Mi dispiace, ma i miei neuroni sopportano il carico di lavoro a cui sono sottoposti. Sono i tuoi ad essere sottosviluppati.- gli rispose, storcendo il naso in una finta espressione seccata.

-Sì, sì, va bene. Mangi con me?- le chiese, guardandola fisso negli occhi marrone scuro.

-È un appuntamento?- inquisì la ragazza, cercando di non lasciar trapelare la sua improvvisa ed insensata agitazione. Perché, improvvisamente, sentiva quella morsa allo stomaco? Perchè si innervosiva così? Insomma, era solo Malfoy!

Il ragazzo ghignò. –Granger, non sono ancora così disperato. Diciamo che è un pranzo tra… insomma… gente che si sopporta.

-Se avessi detto amici, avrei chiamato un esorcista, sappilo.- lo prese in giro Hermione, tranquillizzandosi. No, niente appuntamenti. Niente sdolcinatezze, niente sciocchezze che non si sarebbero addette né a lei, né al Serpeverde. Era sollevata… allora, perché, sotto sotto, sentiva una punta di fastidiosa delusione?

-Un eso-che? No, Granger, risparmiami!- esclamò, appena la vide aprir bocca –Va a cambiarti, che sei fradicia. Ci vediamo al tavolo dei Serpeverde.- le ordinò, autoritario come gli era stato insegnato da bambino, lasciandola.

Hermione scrollò il capo, con un mezzo sorriso sulle labbra. Malfoy era sempre Malfoy: odioso. Ma anche un amico, sotto sotto.

Corse verso il dormitorio dei Grifondoro, ringraziando che non ci fosse nessuno in giro, tantomeno Pix.

 

Draco scese nei sotterranei di Serpeverde, riflettendo. Non sapeva spiegare perché avesse fermato Hermione, quando l’aveva scorta nel parco, immersa nella neve fino a metà coscia: gli era parsa estremamente fragile, in tutto quel bianco gelido. E l’aveva rivista sul pavimento di marmo, ad urlare e contorcersi.

Le si era avvicinato: la ragazza era così presa dai suoi pensieri da non averlo sentito avvicinarsi.

Non sapeva nemmeno spiegarsi perché l’avesse invitata a mangiare con lui… era un modo stupido per ripagare il suo aiuto e quella fiducia che gli stava pian piano accordando?

Alzò le spalle, cambiandosi e cercando qualcosa nel baule: estrasse un pacchetto avvolto in una carta violetta, che proveniva da sua madre.

“Immagino che tu non abbia comprato un regalo alla signorina Granger, caro. Rimedio io a questa dimenticanza, sperando di averne indovinato i gusti.” gli scriveva sua madre, nel biglietto che accompagnava il regalo.

Massì, glielo avrebbe dato, dopotutto la Granger se lo meritava: sapeva bene di non essere uno studente facile, sua madre era quasi impazzita nel tentativo di insegnargli a leggere e scrivere.

Era, infatti, stata Narcissa Malfoy ad occuparsi dei primi anni dell’istruzione del figlioletto: Draco era sempre stato un bambino curioso ed intelligente, ma indemoniato.

Era stato difficile tenerlo inchiodato alla scrivania, insegnandogli a scrivere, leggere e far di conto, illustrandogli la storia della loro famiglia e della comunità magica, i diritti di cui godeva e poi le buone maniere, la danza, la musica. Eppure la signora Malfoy, con tanta pazienza, aveva istruito il bambino, affinchè diventasse un gentleman perfetto, anche se Draco ricordava perfettamente le punizioni di suo padre per essere stato troppo pestifero o disattento. Sua madre era una santa, senza ombra di dubbio. Come la Granger.

Senza curarsi dei pochi Serpeverde che erano rimasti ad Hogwards, s’incamminò verso la Sala Grande, si sedette al tavolo della sua Casa e aspettò, finchè non vide comparire la compagna di studio, che, intimorita, quasi, si sedette di fronte a lui.

-Sai, Granger, che tutti parleranno di questo.

-Di cosa? Io seduta al tuo stesso tavolo? Sì, lo so.- rispose Hermione –Ma ormai ci ho fatto l’abitudine, a quanto pare lo sport preferito dei nostri compagni, ultimamente, è sparlare di noi.

-Se ci fosse un noi, potrebbe anche starci. Peccato che ci sia io, Draco Malfoy e tu, la secchiona Granger.

-Sempre gentile.

-Sempre.- rispose Draco, annuendo con un leggero sorriso divertito sulle labbra. –Prima che mi dimentichi.- le disse poi, tendendole il pacchetto viola. Hermione sgranò gli occhi, prendendolo.

-Per me?

-Vedi qualcun’altra, qua? Aprilo.- le ordinò.

Hermione, titubante, stracciò la carta luccicante, estraendone un libro. “Storie dei più grandi Maghi Nati Babbani e Ibridi”. Lo sfogliò per qualche istante, lentamente, prima di rialzare lo sguardo.

-Grazie.

-Te lo manda mia madre, Granger. Pensava che ti avrebbe fatto piacere leggere di altri come te che hanno fatto strada.- le rispose Draco, ruvido. Era imbarazzato dal sorriso felice della ragazza.

-Mi sarebbe piaciuto conoscerla in occasioni differenti.

-È una grande strega e una persona magnifica.- commentò il ragazzo, asettico come solo lui era in grado di essere. Hermione ormai sapeva con che velocità Draco fosse in grado di cambiare umore e tono di voce, quindi non si stupì più di tanto.

-Sapevi che Merlino era un Ibrido e Morgana una Mezzosangue ?- chiese.

-Di Morgana sì, mio padre ancora non se ne capacita, ma di Merlino no. Non lo sapevo.- ammise il ragazzo, servendosi dell’oca arrosto natalizia.

-Già… e pensare che sono due dei più grandi maghi della storia dell’umanità. Due persone col sangue sporco. E qualcuno ha avuto il coraggio di iniziare un’epurazione in nome del sangue puro nonostante questo.- sussurrò, lo stomaco improvvisamente stretto in una morsa. Quante persone erano morte? Quanta gente che conosceva?

Eppure la prova che la purezza del sangue fosse una sciocchezza l’aveva sotto gli occhi. Tutti i maghi l’avevano sotto gli occhi. Eppure Salazar Serpeverde aveva fatto della purezza del sangue un criterio per la scelta dei maghi della sua casa e Voldemort direttamente il criterio per decidere chi fosse degno di vivere e chi no.

Suo nonno John era nella RAF, durante la Seconda Guerra Mondiale. Quando era piccola, ogni tanto le raccontava qualcosa delle sue missioni o di sua nonna Jane, che era morta durante uno dei massicci bombardamenti di Londra, che avevano ridotto interi quartieri in macerie. Suo padre aveva tre anni, ma già da tempo era stato evacuato con altre centinaia di bambini e mandato in Scozia.

Hermione ricordava che un giorno suo nonno si mise a piangere, così. Non aveva collegato il film che stava guardando con quello stato d’animo. John Granger l’aveva presa in braccio, indicando il vecchio treno del film.

Tutte quelle persone, Minnie. Tutte quelle persone, eppure potevo salvarle. Potevo bombardare i binari, fermare quei treni. E non l’ho fatto, non lo sapevo e sono morte.” All’epoca era troppo piccola per capire i sentimenti del nonno, ma poi era sentita così anche lei, guardando i morti dopo la Battaglia di Hogwarts e leggendo le liste dei caduti e dei dispersi di quell’anno di terrore che giornalmente la Gazzetta del Profeta pubblicava. Ogni giorno saltava fuori una nuova salma che reclamava degna sepoltura e giustizia e certe volte si era chiesta “Ma ho fatto abbastanza? Potevo salvarli? C’era qualcosa che avrei potuto fare per loro? È colpa mia?” e tutte le volte non trovava una risposta, ma solo altre domande e altri dubbi.

-Granger, che muso lungo! Guarda che è Natale, non un funerale.- le disse Malfoy, osservando attentamente l’espressione triste e contrita della ragazza.

-Scusa… stavo pensando.

-Che novità. Ci fosse una volta in cui non pensi!- la prese in giro il ragazzo, prima di tornare serio. –A cosa pensi?

-Alla guerra, a Voldemort… a quelli come me. Sai che nel mondo Babbano è successa una cosa estremamente simile a quello che è successo a noi?- gli disse.

-No.- le rispose, sinceramente.

-Mio nonno ha combattuto quella guerra, ma non aveva idea… poi… quando li vide… immensi campi di prigionia e sterminio in cui rinchiudevano chi era diverso. C’erano quasi solo donne e uomini adulti. Nessun anziano, quasi nessun bambino. Magrissimi, quasi morti di fame, malati, spenti. Alla fine, Babbani o maghi, siamo tutti uguali.- disse la ragazza, tenendo gli occhi sul piatto, intenta a ridurre a brandelli l’agnello arrosto con patate.

Draco avrebbe voluto dire qualcosa. Ma cosa? “Mi dispiace, Granger”? “Ti capisco”? “Sono cose orribili, hai ragione”? Sarebbe stato ipocrita. Lui era dalla parte di chi aveva mandato a morte tanti, troppi innocenti. Egli stesso aveva ucciso o aveva taciuto, accondiscendendo alle crudeltà dei suoi compari.

Era rimasto a guardare mentre Greyback dilaniava un bambino di tre anni nella sala col pavimento a scacchi di Villa Malfoy. Poteva salvarlo, poteva fare qualcosa. Invece era rimasto in silenzio, osservando la punizione che Bellatrix aveva inflitto ad una Purosangue resasi colpevole di aver amato un Babbano: farle vedere il figlio massacrato da un lupo mannaro. Quando poi sua zia le aveva inflitto la Maledizione Cruciatus, quella donna non aveva urlato, non si era lamentata. Aveva capito che era morta dentro nello stesso momento in cui suo figlio aveva smesso di respirare e per quanto Bellatrix si fosse sfogata sul suo corpo con crescente stizza e disappunto, la traditrice del suo sangue non si era lamentata.

Sua madre Narcissa era pallidissima e anche Lucius si era accorto dello stato in cui versava sua moglie: l’aveva portata via, perché non dovesse più vedere quella scena. Quel bambino.

“Poteva essere Draco.” aveva sussurrato la donna bionda, quasi catatonica. Invece Bellatrix rideva di gusto, nel raccontare quella carneficina.

Era stata la prima volta in cui aveva capito cosa stesse realmente succedendo là fuori. Non era quella gloriosa crociata che il Signore Oscuro invocava. Era un massacro.

Guardò Hermione negli occhi, rimanendo in silenzio. “Siamo sulla stessa barca, Granger. Anche se siamo stati in due schieramenti diversi.”

La ragazza captò il suo sguardo e comprese.

Dal suo tavolo, Minerva McGranitt sorrise. Silente sarebbe stato felice, guardando Hermione Granger e Draco Malfoy: anche dall’odio e la paura, stava nascendo l’amicizia. O forse qualcosa di più, se solo i due ragazzi fossero venuti a patti col passato e i pregiudizi, propri e della gente. Alzò il calice di succo di zucca, facendo un brindisi silenzioso al suo antico mentore, sperando che li stesse guardando, ovunque fosse.

 

Rimasero in silenzio per un po’, mangiando. Non era un silenzio imbarazzato, di quelli che si tenta disperatamente di riempire con chiacchiere vuote, era un silenzio rilassato.

Ad un certo punto, però, ad Hermione venne in mente una domanda.

-Scusa, Malfoy, posso farti una domanda?

Il ragazzo alzò un sopracciglio, come a dirle di far pure.

-Ecco… perché sei tornato a scuola?

Draco posò le posate, guardandola. Perché c’era tornato? Perché aveva bisogno di allontanarsi da quella casa-prigione, perché aveva voglia di andare avanti, perché Hogwarts era un posto sicuro. Certo, la gente lo disprezzava, ma era sempre meglio che stare fuori.

Il mondo esterno era diventato improvvisamente estraneo ed ostile, mentre lì, a scuola, in un certo senso si sentiva a casa. Sentiva che c’era qualcuno ad aspettarlo. La Granger. L’odiata Mezzosangue, la perfettina saccente che gli era valsa tanti rimproveri da suo padre per essersi fatto surclassare da quella ragazzetta bruttina e dal sangue sporco.

Eppure non glielo disse. –Mi sono assentato per gran parte dell’anno scorso e quel poco di educazione che ho ricevuto… be’, quella non era magia. Non quella che sento di voler imparare.

-Desideravi essere potente, Malfoy.- gli ricordò Hermione, ma senza cattiveria.

-Ho scelto la strada più breve. E la più errata.- disse, con un gesto stizzito della mano e decise di cambiare argomento. –E tu, Granger? Insomma, ti hanno offerto un posto da Auror.

-E non è quello che voglio fare. Non fraintendermi, è una carriera intrigante, ma non fa per me. Maghi oscuri? Penso di averne abbastanza. E poi… la verità è che non mi sento pronta per il mondo che ci attende fuori. E tu?

-Nemmeno io, Granger. Allora, hai finito?- le chiese.

-Certo che no, mancano i cracker!- esclamò la ragazza, afferrandone uno ed aprendolo. Gli soffiò i coriandoli che fuoriuscirono in faccia, mentre prendeva lo stravagante cappello da strega che saltò fuori dal cilindro, giallo oro con buffi gufi verdi che ballavano sul bordo e la punta che eruttava stelle filanti, calcandoselo in testa. Le stelle filanti le si impigliavano nei capelli crespi lasciati sciolti, rendendola ancora più buffa del solito, mentre da sotto la testa del copricapo, i suoi occhi scuri splendevano, allegri. Anche Draco aprì uno dei cracker, da cui uscì un biglietto-origami a forma di drago, che prese il volo, ed uno strano cappello di forma sferica, verde e bianco, tempestato da piccoli cristalli che cambiavano forma e colore.

La ragazza rise, quando se lo infilò, attirando gli sguardi smarriti o disgustati degli altri studenti.

Hermione non lì udì, ma due Corvonero, uscendo, la guardarono male.

-Che vergogna.- commentarono. Draco digrignò i denti: egli li aveva sentiti eccome. E non gli piacque per niente.

Note



 -Merlino era figlio di uno spirito o un demone e di una principessa.

-Secondo alcune tradizioni, Igraine, madre di Morgana, era una sacerdotessa delle divinità celtiche, mentre Gorlois, suo padre, era un nobile. Per alcuni studiosi, è identificabile con la figura della dea Morrigan. Nella mia mente bacata si è tradotto col fatto che sia una Mezzosangue.

Buonasera, sono tornata. Come va? *fischietta Jingle Bells Rock* sì, siamo sempre a Natale e allo pseudo appuntamento di Hermione e Draco. Niente smancerie nemmeno qua. Deluse?
Be', ci vediamo ;)
   
 
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