Prefazione dell’autrice:
Salve a tutti, amanti di Naruto e
non. L’idea di questa trama idiota mi è venuta qualche mese fa,
premetto che è da un bel po’ che non scrivo fan fiction e questo è il mio primo
tentativo di fare qualcosa di divertente dopo tanto tempo. I miei desideri
nascosti di vedere gli Akatsuki in una storia d’amore MA CONTRO LA LORO VOLONTA’.
Ci sono molte storie in cui Itachi&co trovano la loro anima gemella, ma in queste fic di solito vengono stravolti diventando passionali, coccolosi e così via.. Io volevo cercare di metterli così
come papà Kishimoto li ha fatti...o quasi!
Spero che l’idea venga apprezzata, accetto taaanti consigli per continuare! ^^ Alla prossima!
Capitolo 1: In cui Deidara
finisce in uno Shoujo Manga
Deidara lanciò un’occhiata
annoiata a Sasori, mentre il compagno continuava a
camminare goffamente nel suo involucro di metallo.
Il biondino si chiese se almeno una volta non avesse seriamente pensato di
togliersi quell’affare per respirare un po’ d’aria fresca.
Il nascondiglio dell’Akatsuki non poteva distare
ancora molto, era da un po’ che quel deserto li circondava. Prendere il Kazekage era stata la missione del giorno e Deidara l’aveva portata a termine in maniera brillante, non
perché se lo aspettassero gli altri ma semplicemente perché era consapevole di
essere un genio. Sempre stando alla modestia, diceva lui.
Si spostò una ciocca bionda dietro l’orecchio e spostò lo sguardo sul corpo di Gaara che se ne stava immobile tra le grinfie del suo
essere d’argilla che svolazzava nel frattempo sopra le loro teste.
Arrivarono quando ormai la sua fronte era imperlata di
sudore, a differenza di quella di Sasori.
«Immagino
che non senti caldo» borbottò il biondino muovendo velocemente le braccia per
farsi aria.
Sasori rispose con un grugnito.
Il loro nascondiglio, il nascondiglio dell’organizzazione Akatsuki,
non era nient’altro che un’immensa pietra incavata in una montagna. Appena vi
furono davanti questa prese a muoversi lasciando intravedere un passaggio al
bugio.
Una voce riecheggiò nell’area che raggiunsero.
«Bentornati Deidara, Sasori.»
Deidara alzò una mano in segno di risposta e si
posizionò al suo posto seguito da tutti gli altri membri degli Akatsuki che stavano aspettando il loro ritorno.
Ognuno era in posizione eretta sulle dita di un demone di pietra che sporgeva
dalla parete rocciosa. Il corpo del Kazekage venne
lasciato al centro dell’area quando l’uomo che aveva appena parlato prese a
muovere freneticamente le dita formando dei sigilli.
Il demone alle loro spalle aprì uno dei suoi occhi e il corpo di Gaara prese a volteggiare in aria mentre veniva avvolto da
un’aurea bluastra.
Deidara sapeva, come tutti i suoi colleghi, che
quella pratica sarebbe durata un bel po’. Il suo volto mutò in una grande
smorfia e ringraziò il buio di nasconderlo a sufficienza.
«Che faccia da smidollato» borbottò il suo vicino.
Deidara rispose con una serie di insulti a mezza voce.
Un boato lo riportò presente a se stesso. La luce si era fatta più intensa e
una serie di voci si mischiarono all’interno della sua testa. Se la prese fra
le mani tanto sembrava poter scoppiare da un momento all’altro, poi si
inginocchiò confuso.
L’ultima cosa che udì furono le parole di un ragazzino: «Benvenuto Deidara.»
Quando riuscì a riaprire i suoi occhi fu accecato dalla luce del
sole.
«Che merda…» borbottò cercando di alzarsi.
«Mamma, chi è?» «Ma c’è una fiera da queste parti?» «Povero,
sarà scappato da casa sua!»
«I suoi genitori lo staranno cercando, chiamate la polizia!»
Una folla di gente lo aveva circondato e lo fissava, lo indicava. Chi rideva,
chi provava interesse nel vederlo per terra in un aiuola di un qualche
giardino.
Si alzò tempestivamente e cominciò a scrollarsi i fili d’erba dalla tunica della
divisa nera dell’Akatsuki. Si guardò intorno con fare
nevrotico poi rivolse uno sguardo truce alla folla. Era in una cittadina, o un
qualcosa di simile. Era sicuro di non aver mai visto case così, né vestiti del
genere
«Oh, fratellone!» Un bambino si fece strada e riuscì a raggiungerlo.
Non si sbagliava, era la stessa voce che aveva sentito prima che la luce lo
avvolgesse.
Il bambino lo trascinò prendendolo per la manica. Aveva il viso tondo, i
capelli scuri e gli occhi chiari, blu come i suoi.
«Mollami!» gli urlò Deidara cercando di scaraventarlo
lontano, ma il bambino l’aveva afferrato forte con un sorriso beffardo.
«Ti conviene stare al gioco, bamboccio o ti succederanno cose tanto spiacevoli.»
Il suo tono di voce era cambiato radicalmente per un momento, ma poi tornò
dolce e disinvolto.
«Fratellone ti abbiamo cercato io e la mamma! Non devi saltare la scuola!»
Credeva di poter far saltare tutti in aria, dopotutto poteva se
avesse preso la sua argilla.
Tastò il suo fondoschiena con le mani ma notò che il suo sacchetto di argilla
era scomparso.
«Cosa..?»
«Ora torniamo a casa» gli ripeté di nuovo il bambino sorridendo.
Deidara continuava a fissarlo incredulo, e così il bambino
mutò di nuovo espressione.
«Andiamo a casa, bamboccio.»
Decise di farsi trascinare senza opporre resistenza mentre la folla cominciava
a perdersi.
«Questi figli che scappano di casa.» «Poveri
i genitori, ma poi quei capelli?»
Il bambino continuò a trascinarlo rivolgendogli parole dolci
e fraintendibili fino a svoltare in un vicolo scuro.
«Quanto
sei cocciuto, bamboccio» gli ringhiò il bambino lasciandogli la manica e
appoggiando la schiena al muro.
Deidara si schiarì la voce. «Chi cazzo sei?»
Il bambino alzò la testa e fece una risata sprezzante.
«Siamo nervosetti, bamboccio?»
«Vuoi morire?» urlò prendendolo per il colletto della camicia che indossava.
Il bambino lo schiaffeggiò con una mano. «Mettimi giù, bamboccio.»
Deidara fece un grande respiro e si portò il collo
del bambino tra le mani e provò a stringerlo con tutta la forza che riuscì a
trovare. Voleva sentire i suoi gemiti. Era un assassino, no?
«Non ucciderlo, non fare l’idiota Deidara» esordì una
voce.
Un ragazzo dai capelli rossicci gli venne incontro con delle buste della spesa.
Indossava un’anonima maglietta bianca con dei jeans attillati. Deidara lo squadrò.
Che diavolo di vestiti erano quelli?
«E tu chi diavolo sei?» domandò invece,
trovando la questione più rilevante.
«Sono Sasori, idiota.»
«Sa..Sasori-senpai?»
«Ah già» replicò lui con uno sguardo sorpreso. «Non mi hai mai visto con questo
aspetto!»
«Che diavolo..sta succedendo?» Mormorò appoggiando
lentamente il bambino a terra.
«Pare che dobbiamo fare un gioco» rispose tranquillo Sasori.
«Siamo in un’altra dimensione.»
Deidara non riuscì a farsi sfuggire una risatina. «Dov’è che siamo noi, Sasori-senpai?»
Il bambino si rimise apposto il colletto. «Se mi fai finire di parlare,
bamboccio… Avevi ragione Sasori è un bamboccio.»
«Se mi chiami di nuovo così giuro che ti faccio saltare in aria» ringhiò a
denti stretti il biondino.
Sasori tese le buste al bambino che prese a
controllarne il contenuto.
«Si, fantastico» commentò deliziato. «Così stasera ci facciamo le scaloppine!»
«Scaloppine?» ripeté Sasori.
Deidara prese a mordersi le unghie. «Dove cazzo ci
troviamo, di grazia?»
«Te l’ho detto siamo in un’altra dimensione.»
«Non esistono robe del genere!» Urlò Deidara
scattando in piedi.
Il bambino sospirò. «Dovevano affidarti proprio a me?» borbottò fra sé e se.
«Tu e i tuoi compagni siete stati chiamati in questa dimensione. Siete in un Shoujo Manga, l’unico modo per uscirne è completare le
vostre missioni.»
«Un..cosa?» Deidara cominciò
a sudare, e non per il sole, che in quel momento per altro non c’era più.
Il bambino cercò di sorridere al meglio che poté.
«Lo Shoujo manga è una specie di fumetto» spiegò Sasori con sguardo serio. Deidara
l’avrebbe preso a schiaffi ma si trattenne, era pur sempre il suo senpai. «Un fumetto per ragazze in cui i protagonisti si
innamorano e si fidanzano.»
«Che roba è?!»
«La vostra missione è quindi una sola» replicò il bambino alzando il dito. «Fare
innamorare di voi quante più ragazze possibili, poi tornerete a casa!»