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Autore: hikarufly    22/03/2012    4 recensioni
Post "The Reichenbach Falls", Sherlock Holmes è scomparso e il dottor John Watson ha dovuto voltare pagina... eppure ci sono ancora misteri da risolvere e un nuovo capitolo della propria storia da affrontare: un incontro casuale diventa uno dei momenti più importanti della sua vita.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Maledettamente noioso! Ecco cos'era il lavoro all'ambulatorio. Niente più di analisi chimiche, poco contatto con il pubblico e niente a che fare con le procedure che aveva imparato a mettere in atto per il servizio militare. Come se ne fosse cosciente, Mary spuntava per una visita veloce ogni volta che poteva, anche prima del suo viaggio a Parigi. Era dal suo ritorno, però, che John si era accorto che qualcosa era cambiato.

Era tornata dimagrita e sembrava costantemente stanca, come se ci fosse qualcosa che la consumava dall'interno. Preoccupato, aveva cercato di capire di cosa si trattasse ma lei lo aveva rassicurato, facendosi anche accompagnare da un dottore, che non c'era nulla che non andava nella sua salute. I suoi sorrisi erano quasi gli stessi, e avevano ancora il potere di farlo stare meglio, anche se forse non era più il suo turno di essere salvato. Mary sembrava aver bisogno di lui molto più spesso, anche se era solo la sua presenza, un abbraccio, una parola, una carezza. John aveva iniziato a sentire meno quella fitta dolorosa ogni volta che, per giungere a Melcombe street, passava di fronte al 221b: il suo amico se n'era andato, la sua caduta era stata decisamente reale e non c'era motivo o scopo nel continuare a crogiolarsi nel dolore e fare finta che tutto sarebbe potuto tornare come prima. Se l'era ripetuto, anche, di fronte a Mary. Di solito lei non si sbilanciava mai su questo argomento: si limitava a fargli del tè quando ne parlava con una nostalgia troppo triste, oppure appoggiava la testa nell'incavo della sua spalla e lo prendeva per mano, e nulla più. Però, per una volta, non fece nulla di tutto questo: restò al suo posto, intenta a preparare una cena tra loro, e osservando il fornello appena spento e non John, lo aveva incoraggiato: “Non voglio che tu lo dimentichi, John” erano state le sue parole, e lui ne era rimasto così scosso da non aver osato replicare.

In un giorno come tanti, Mary andò a trovare John al lavoro. Stava approfittando di una pausa di lui per passare del tempo insieme, solo per una tazza di tè, dei biscotti al cioccolato e una parola gentile, quando bussarono alla porta.

«Posso?» domandò una voce familiare: era Gregory Lestrade, fornito di una cartellina in una mano e un sacchettino di ciambelle nell'altra. Portava un cappotto anonimo sopra il completo di tessuto sintetico che usava al lavoro. L'ispettore si chiuse la porta dietro con un colpo di reni, e restò per un attimo interdetto nel vedere Mary, come se gli sembrasse un'immagine appiccicata sopra a un quadro che conosceva benissimo, e in cui lei era decisamente fuori posto. Si voltò verso John, dubbioso, per poi sorridere.

«Conosci la nostra Miss Nobody, John?» chiese Greg, sedendosi e appoggiando il sacchettino accanto ai biscotti. La sua cartella atterrò da un lato della sedia. Il medico osservò Mary, dubbioso, per poi tornare a guardare Lestrade, che passava dal viso dell'uno all'altra quasi divertito.

«È la mia fidanzata» commentò il dottore, osservando Mary come se chiedesse il permesso per darle un tale titolo. Il risultato fu un sorriso rassicurante e fiero da parte di lei e un'espressione decisamente maliziosa di Lestrade.

«Buon per te, amico. Anche se non ho mai potuto sapere il suo cognome, devo dire che è una ragazza gentile e intuitiva» replicò l'ispettore, beccandosi un'occhiataccia di John e un'espressione di amichevole sorpresa da parte di Mary.

«Troppo buono, Ispettore. E spero che le sue ciambelle siano buone come sempre...» commentò di rimando Mary, rubando un anellino di pasta dolce fritta dal sacchettino. John si fece strappare un sorrisetto di trionfo da quel gesto. Lui ridacchiò per un momento per poi lasciarsi cadere di più sulla sedia libera che aveva occupato, con un sospiro.

«Mi dispiace per qualche settimana fa... il caso di Park Lane...» iniziò l'ispettore, mentre Mary masticava silenziosamente il suo piccolo premio, e ricordando ciò che John le aveva raccontato.

«Non devi scusarti, Greg» rispose il medico, sincero. Ma Lestrade tornò a muoversi sulla sedia, questa volta per indirizzarsi direttamente a lui.

«Vedi, il punto è... siamo a un punto morto, John. Siamo fermi» spiegò, quasi rassegnato e tirando fuori alcuni fascicoli e documenti dalla sua cartella. Mary appoggiò la ciambella e mise su un paio di occhiali dalla montatura vintage che John le aveva visto addosso più volte, quando doveva finire degli articoli, leggere attentamente o vedere dei dettagli. A sua volta, il dottore fece posto sulla sua scrivania spartana e aggrottò la fronte, pronto ad osservare... non solo a vedere.

«Ronald Adair, trentadue anni, nel CEO di una importante multinazionale che produce automobili. Professionale e senza nemici finché non si mette al tavolo da gioco... ha i suoi periodi di fortuna e quelli di sfortuna... ci ha chiesto qualche volta di essere difeso da degli strozzini, senza alcuna particolare conseguenza. L'abbiamo trovato riverso sulla scrivania, trapassato da un proiettile fatto a mano da un cecchino professionista. Un foro quasi impercettibile nel vetro che non è andato in frantumi. Sotto il suo petto abbiamo trovato la Moleskine nera dove riportava tutti i suoi debiti e crediti: secondo le nostre ipotesi stava contando i risultati di quella sera stessa... in ufficio la sua segretaria è sconvolta e a parte i soliti screzi tra i piani alti, niente che potesse indicare qualcuno talmente in astio da volerlo morto» spiegò Lestrade, mostrando varie foto e passando rapporti, dichiarazioni, moduli ai due osservatori. Mary e John osservarono ogni dettaglio, con la maggior accuratezza possibile.

«E i suoi compagni di gioco?» domandò John, guardando l'ispettore negli occhi.

«Molti gli dovevano dei soldi, era un periodo buono per lui. Aveva un secondo, un operatore della London Stock Exchange... un certo Sebastian Moran. Nessun precedente, vita tranquilla... una fidanzata molto gelosa che ha confermato che era con lei al momento del delitto, insieme a una ventina di amici ad una festa privata» concluse Greg, stendendosi sullo schienale semplice della sua sedia.

«So bene di aver bisogno di aiuto... e che quell'aiuto non lo avrò più» riprese a parlare l'ispettore, mentre Mary si toglieva gli occhiali e abbassava lo sguardo. John distolse gli occhi a sua volta e sentì quella familiare quanto dolorosa sensazione che qualcuno gli stesse attorcigliando lo stomaco e la gola. Mary si alzò e appoggiò una mano sulla spalla di John.

«Ci vediamo a casa?» domandò, con quel tono di voce dolce e delicato che sapeva sempre calibrare quando l'argomento ricadeva sulla vita del 221b di Baker street. Il dottore annuì, ricevendo in cambio un bacio sulla guancia. Lestrade ebbe un saluto cordiale senza altro merito se non quello di alzare una mano per il congedo.

«Non so davvero cosa farei senza di lei» si ritrovò a confessare John. Lestrade fece un cenno simile a un sì con la testa e dopo qualche attimo di silenzio, puntò gli occhi dritti contro quelli del suo interlocutore.

«Non dovevo farlo. Non dovevo neanche farmi sfiorare dal dubbio. Ho fatto un errore, e ammetterlo come ho fatto da tre anni a questa parte non è utile né a me, né al mio lavoro, né a te. Spero che questo sia un modo per farmi perdonare davvero» concluse l'ispettore, mentre John lo ascoltava cercando di restare impassibile eppure partecipe. Certo che gliel'aveva detto. Certo che si era scusato e aveva parlato delle sue colpe più di una volta. John aveva impiegato un po' di tempo, questo è vero, a perdonarlo. Il dolore era troppo forte, troppo reale... e lui era un essere umano.

«Posso tenerli?» chiese John, semplicemente, come a dirgli che non ce n'era davvero più bisogno.

«Sì, sono tutte copie...» rispose Lestrade, guardandosi intorno come per riordinare le idee. Si alzò, e tese una mano verso il medico «grazie John. Davvero»

John strinse quella mano forte e sicura e lasciò che l'ispettore uscisse, sentendolo molto più sereno di prima.

 

Mary era in piedi, di fronte alla finestra del suo salottino, incapace di sedersi e tormentandosi le dita e le maniche. John si stava servendo da solo del bollitore e di qualche bustina di tè, e ogni tanto lanciava delle occhiate alla ragazza, certo che qualcosa la stesse tormentando (era sempre così nervosa quando doveva consegnare un pezzo importante), anche se non sapeva bene cosa. Il bollitore scattò, le bustine vennero tuffate, e lui portò le due tazze con sé fino al tavolino basso tra i divani. Le lasciò lì, e raggiunse Mary, abbracciandola da dietro. Lei fece scorrere le proprie braccia su quelle di lui, lasciò che il suo viso le accarezzasse le guance, che le sue labbra le sfiorassero il collo... riaprì gli occhi quasi con dolore e si allontanò, voltandosi in modo da poterlo guardare in viso.

«John... se sapessi come cominciare, come fare in modo che...» iniziò Mary, non riuscendo a guardarlo negli occhi, non quando questi si riempirono di preoccupazione.

«Mary... va tutto bene» disse John, per rassicurarla, ma spaventato dal suo comportamento. Le prese le spalle con le mani «se devi dirmi qualcosa, dimmela e basta. Ti ascolterò e resterò qui»

Lei scosse la testa, mentre gli angoli degli occhi iniziavano a pizzicarle e il panico prendeva il sopravvento.

«Non posso, non... sta per cambiare tutto, e io non sono pronta, John. Non posso dirtelo, è... pericoloso, ma mi sta facendo impazzire...»

John la ascoltò con attenzione, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu quella di restare lì, con la fronte aggrottata e un vuoto al petto tipico della paura che non gli faceva aprir bocca.

La porta si aprì con un tintinnare di chiavi e uno scattare di serratura. Dall'uscio entrò un ragazzo coperto di qualche strato di lana, il cui viso era nascosto da un paio di pile di carte, faldoni e buste. Mary tirò un impercettibile sospiro di sollievo, ma il suo tono si fece frustrato.

«Josh, quante volte ti ho detto che devi avvisarmi quando vieni qui?»

John aggrottò la fronte, ma Mary si affrettò a spiegargli che era uno dei suoi stagisti, e che aveva le chiavi per essere sicuro di farle avere tutto il materiale che le serviva in tempo. Il giovane Josh, i capelli neri che spuntavano dalla pila, parlò.

«Avete sentito la novità? Pare che quell'investigatore... quello che si era buttato dal St. Bartholomew's Hospital... Sherlock Holmes si chiamava! Beh, pare sia tornato»

Mentre Mary indietreggiava verso una colonnina portante e John sentiva le sue mani sfuggire via, gli occhi puntati sulla voce narrante, l'unico consulente investigativo del mondo faceva la sua comparsa: come un demone che risale da una pozza di petrolio, come un angelo caduto che scala gli ultimi gradini di roccia dall'inferno.

   
 
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