Ed eccoci qui con le prime 6 pagine
dell’ultimo capitolo…
Ho deciso di
pubblicare oggi questa prima parte perché Little Fanny si è lamentata ( a
ragione ) di non fare in tempo a leggere il mio aggiornamento domenicale, visto
che è già partita per tornare all’uni a quell’ora.
Hai visto che ho
pensato anche a te??
Però la fine prima
di domani non la pubblico, porta pazienza…
Volevo anche
segnalare che lunedì ho pubblicato due capitoli a distanza di breve tempo.. la maggior parte di voi li ha letti entrambi, ma dal numero
di letture degli ultimi due sembra che qualcuno abbia perso un pezzetto per
strada… volevo solo avvisare, ecco.
Che tristezza!!! L’ultimo capitolo!!! La prima parte almeno.
Remus stava disteso a pancia
in giù nel suo letto, gemendo sommessamente.
Aveva fatto lo sforzo di
alzarsi e vestirsi, ma mentre rifaceva il letto aveva convenuto che decisamente non se la sentiva di stare in piedi ed era
crollato sopra le coperte spiegazzate.
E da allora non si era mosso.
Mentre stava lì, la testa che gli doleva e lo stomaco che
brontolava, si rallegrò di non essere arrivato fino ad aprire le tendine.
Gemette di nuovo e poi smise, visto che lamentarsi non avrebbe
fatto niente per placare gli ippogrifi che stavano danzando sul suo
cranio.
Restò in quella posizione,
godendosi la pace per un istante, e lasciando che quel pensiero indistinto che
lo tormentava dal momento in cui aveva aperto gli occhi, si formasse
chiaramente e completamente nella sua testa.
Ma chi mai gliel’aveva fatto fare di mettersi a bere
tequila con Tonks?
Parte di lui avrebbe voluto
suggerirgli che, in effetti, era stata la cosa più divertente che avesse fatto
negli ultimi anni, mentre il resto di lui lo ammoniva
per tale pensiero, cercando di convincere la parte che si beava in quei
pensieri che era del tutto inutile, e che avrebbe portato solo guai.
Ma quando
la sua mente tornò a quello che aveva fatto con Tonks sotto il tavolo...
Non era del tutto sicuro che
fosse realmente accaduto.
Sembrava troppo irreale per essere vero e non poté fare a meno di pensare che il
tutto fosse solo una fantasia che la sua mente ubriaca aveva immaginato durante
quelle poche ore di sonno tormentato. Non riusciva a pensare nemmeno per un
attimo a quello che qualcuno come Tonks avrebbe fatto sotto la tavola con uno come lui.
Lentamente tentò di rimettere
insieme tutti i particolari, raccogliere tutti i pensieri e ricordi dispersi
che aveva della sera prima, ma il suo cervello non ne era
decisamente in grado – schiacciato, immaginò, dall’ippogrifo che si teneva
delicatamente in equilibrio sul suo sopracciglio destro – e tutto quello a cui
riusciva effettivamente a pensare era lei.
Si accorse vagamente di un
colpetto alla porta, e brontolò una risposta che parve assolutamente evasiva
fra le coperte.
La porta scricchiolò leggermente mentre veniva aperta, sentì dei passi , poi il
letto si mosse e qualcuno si sistemò accanto a lui con un gemito. Riuscì a
pensare ad un unico possibile candidato.
“Tonks?” chiese.
“Uh huh.”
“Solo controllato.” Aggiunse.
“Non avevo voglia di alzare la testa e vedere.”
“Và
così male?” domandò, la voce appena smorzata.
“Peggio.” Borbottò. Sentì
Tonks spostarsi un po’ più vicino, il braccio di lei
sfiorò il suo nel sistemarsi. “Fa’ come se fossi a casa tua, comunque.”
Aggiunse, e lei rise sommessamente.
“Ero venuta a dirti che ho la tabella dei turni per la prossima
settimana,” disse, “Ma il tuo letto sembrava così comodo...” si
lamentò e lui ridacchiò.
“Come và
la tua testa?” chiese lui.
“Com’è che l’avevi definito?”
domandò, “Ippogrifi che ballano il tip tap sul tuo
cranio? Quello riassume tutto.” Remus emise uno sbuffo divertito. “Tu?” chiese
lei.
“Lo stesso.” Rispose. “Non me
la vedevo con i postumi di una sbornia da...” si bloccò.
“In effetti,”
si corresse, “Non credo di essere mai stato così male la mattina dopo, prima
d’ora.”
“Quindi
sono una cattiva influenza?”
“In un certo senso,” rispose, “Anche se sono è ridicolamente facile da
sviare.”
Sentì Tonks muoversi e si mosse anche lui, voltando la testa per poterla guardare. Si
era rannicchiata accanto a lui, la testa sulle braccia, sbirciandolo da sopra
le morbide maniche nere del suo maglione. Era adorabile come sempre, pensò.
Forse era solo la sua fantasia sbronza che parlava.
“Dillo con me,” la esortò e lei inarcò un sopracciglio.
“Cosa devo
dire?” chiese.
“Il mantra dell’ubriaco
pentito. Giuro solennemente...”
“... di non bere mai, mai
più.” Terminò lei, gli occhi che brillavano nel realizzare cosa intendesse, e
ridacchiarono entrambi sommessamente, prima di trasalire al suono delle loro
voci sovrapposte. Per un attimo rimasero semplicemente a guardarsi, scambiando
compassione e qualcosa di totalmente differente, esitanti
confessioni, sebbene lui non fosse del tutto certo di potersi fidare di
quel che vedeva, se invece non stesse soltanto vedendo quello che voleva
vedere.
Remus le sorrise.
“C’è quella bottiglietta per
le sbornie in bagno,” disse, “Se la chiamo, ti tiri su
e la prendi al volo?”
“Avanti, fallo,” lo esortò lei.
Remus frugò nelle tasche alla
ricerca della bacchetta e lanciò l’incantesimo, e mentre Tonks si sedeva e
afferrava la bottiglia, lui tentò cautamente di mettersi su un fianco ed
appoggiarsi sul gomito. Evocò due bicchieri, li riempì d’acqua e ne porse uno a
Tonks con la mano che tremava leggermente. Si meravigliò per un attimo della
sua forza di volontà.
“Quante gocce?” chiese lei.
“Normalmente due bastano.”
Rispose, e la osservò mentre eseguiva. Lei inarcò un
sopracciglio nella sua direzione, lui suppose, per chiedergli se davvero due
gocce fossero sufficienti, viste le loro condizioni,
quindi lui inclinò la testa pensando probabilmente no, e annuì brevemente.
Tonks sorrise ed aggiunse una goccia ad ognuno dei loro bicchieri. Rimise il
tappo alla bottiglietta e la appoggiò sul comodino, prendendo poi il suo
bicchiere dalle mani di lui.
“Salute!” disse.
“Cincin.”
Appoggiò il bicchiere al suo,
poi entrambi bevvero tutto d’un fiato. Tonks si portò
una mano alla bocca resistendo ai conati di vomito e lui fu tentato di fare lo stesso mentre faceva scomparire i bicchieri.
“Questa roba è disgustosa,” affermò, spalancando la bocca e facendo una smorfia per
il gusto.
“Però funziona,” disse lui, scuotendo leggermente la testa per il
retrogusto amaro. “E penso che probabilmente ce lo
meritiamo.”
Tonks innalzò un sopracciglio
in disaccordo, e Remus chiuse gli occhi, attendendo che la nausea passasse e la stanza cessasse di ondeggiare.
Alcuni minuti dopo, tutto gli
parve di nuovo più reale, lasciandolo solo con quella vaga, indefinita sensazione
che Tonks – ed il fatto di averla accanto a lui, nel
suo letto – provocava. Non era tanto differente dai postumi di una sbornia, in
effetti – una starna sensazione allo stomaco, il timore che qualsiasi cosa possa andare storto da un momento all’altro. Allontanò quel
pensiero ed aprì gli occhi, trovando quelli scintillanti di Tonks che lo
guardavano.
“Meglio?” gli chiese,
inarcando le sopracciglia.
“Mmm. Tu?”
“Sì.” Rispose
tranquillamente. “Quella roba è disgustosa, ma
geniale.”
Remus lasciò vagare i suoi
occhi lungo il suo viso, assorbendo tutti i dettagli
della sua espressione. Appariva timida, leggermente incerta, cosa che gli
confermò la sua ipotesi, che l’aveva effettivamente baciata, le aveva confessato che gli piaceva e che le aveva in un certo senso
chiesto di uscire, perché, se non l’avesse fatto, non avrebbe avuto alcun
motivo per essere così.
Sfortunatamente, la
consapevolezza che non era stata una ebbra fantasia,
fece sentire lui timido ed insicuro,
ed il silenzio crebbe fra loro.
Quasi desiderò di non averle offerto quelle gocce, poiché mentre stavano
male, almeno avevano qualcosa di cui parlare.
“Allora,”
iniziò lei.
“Allora...” ripeté lui.
“Non di nuovo,” sbottò lei, alzando gli occhi al soffitto.
Remus non riuscì a resistere,
nonostante sapesse fosse tremendamente infantile.
“Hai iniziato tu,” affermò. Tonks lo guardò, come se stesse seriamente
considerando di fargli una linguaccia.
“Non è vero,”
con un tono autoritario, di finta petulanza.
“E’ vero,”
replicò, combattendo duramente contro l’impulso di scoppiare a ridere.
“Non è vero.”
“E’ vero,”
“Non è vero.”
“E’ vero,”
continuò, cedendo infine ad una risatina.
“Fai apparire qualcosa che io
ti possa lanciare addosso,” disse e lui rise.
Lei inarcò un sopracciglio,
prese la bacchetta ed evocò una catapulta, quindi frugò nelle tasche alla
ricerca di un proiettile. Trovò un paio di Tuttigusti+1 impolverate e le
caricò, mirando direttamente a lui. lui alzò le mani
in segno di resa, ridendo. Lei lo esaminò, poi sorrise e fece sparire tutto.
Remus sorrise fra sé. Due
mesi prima si sarebbe trovato con un livido provocato da una gelatina
Tuttigusti+1 sopra la tempia a questo punto, ed il fatto che non lo fosse
sembrava importante, in qualche modo. Sapeva che era un progresso, ma ciò non
significava che sapesse cosa farne, quindi tornò a
stendersi sul letto, fissando il soffitto in cerca d’ispirazione ed incrociò
ordinatamente le mani sul petto nella speranza che questo lo facesse sentire
più in controllo della situazione. Credette di sentire Tonks fare un respiro
profondo, poi la sentì stendersi accanto a lui.
Non poté fare a meno di
pensare di essersi messo in una strana situazione.
“Cosa stavi
per dire?” chiese tranquillamente, “Voglio dire, prima, dopo il tuo ‘allora’ .”
I suoi occhi cercarono quelli
di lei, nel tentativo di leggervi quello che voleva dire, ancora prima che lo
dicesse, in modo da essere preparato se quello che avrebbe seguito quell’ ‘allora’ fosse qualcosa che non voleva sentire. Ma
gli occhi di lei brillavano divertiti, e lui non pensò
di vedervi niente di quello che aveva temuto di vedere, nonostante parte di lui
pensava ancora di non potersi fidare del proprio giudizio.
“Niente,”
rispose, alzando leggermente le spalle. “Voglio dire, non
avevo niente in mente. Mi sarei basata su quello che dicevi tu.”
“Oh,”
mormorò. “Quindi sta a me fare il primo passo, è
così?”
“Beh, sei tu il ragazzo,” disse, posando velocemente gli occhi su di lui.
“Apparentemente,” aggiunse, inarcando le sopracciglia.
Non riuscì a trattenere un
sorriso.
“Suppongo di sì.”
“A te la parola dunque,” esclamò e lui rise per un attimo, prima di rendersi conto
che spettava effettivamente a lui e che se lo voleva, stava a lui fare in modo che si realizzasse.
Remus fissò la macchia di umidità sul soffitto – che, ci avrebbe giurato, lo stava
guardando con disprezzo – e respirò a fondo.
“D’accordo,”
disse infine, guardandola. “Mi sembra di avere un vago ricordo riguardo l’aver detto che quando saremmo stati entrambi un po’ più
sobri, ti avrei chiesto di uscire.”
“Esatto,”
confermò lei lentamente, “Ho anch’io un vago ricordo della cosa.”
“Bene,”
disse, “Sono felice di non essermelo immaginato.” Tonks alzò lo sguardo su di
lui, il labbro che tremava nell’evidente sforzo di reprimere un sorriso.
“Lo fai spesso?”
“Cosa?”
chiese, voltandosi per guardarla in faccia.
“Immaginare cose che potresti
avere fatto con me.”
Gli occhi di Tonks brillavano
curiosi e Remus contrasse le labbra per non sorridere. Il suo primo pensiero fu
di negare in qualche modo, ma la verità era che aveva passato tante notti disteso proprio lì dov’era ora ad immaginare
diversi generi di cose da fare con lei sotto lo sguardo severo della macchia
d’umidità.
All’inizio erano cose che
desiderava aver detto, frecciatine che avrebbe voluto lanciarle, e stava lì
disteso, a lamentarsi silenziosamente di quanto fosse
esasperante. All’inizio. Ma lentamente questi pensieri erano stati rimpiazzati
da qualcosa di totalmente diverso, qualcosa che aveva più a che fare con quanto
gli piacesse farla arrabbiare, perché era adorabile quando
era arrabbiata, e essere quella persona che la faceva infuriare significava,
almeno per un momento, essere al centro del suo mondo.
“No,”
rispose, sperando che il tono di voce non lo stesse tradendo. “Sei sempre in l’ultima
cosa fra i miei pensieri.
“Bene,”
disse lei, con un sorriso d’intesa che trovò estremamente piacevole, e non poté
fare a meno di sorridere, ben sapendo che questo lo tradiva molto più del tono
della sua voce poco prima.
Lo so che non vedevate l’ora che
mi togliessi dai piedi, ma dovrete sopportarmi ancora un po’, perché non è
finita. Mi dispiace.
Ma su, forza e coraggio, che domani vi aspetta l’ultimo semi-capitolo!
Di questa serie… ce ne saranno altre, che inizierete a vostro rischio e
pericolo.. ;-)
Bacioni!!
Buon weekend
nel frattempo. A domani!!
NONNA MINERVA