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Autore: Lady Bracknell    21/10/2006    9 recensioni
Era completamente assorto. All’inizio pensò fossero solo i suoi baci, o il modo in cui gli passava la mano fra i capelli e lungo il collo, la squisita sensazione che derivava dal suo tocco, ma col passare dei minuti si rese conto che non era una sola cosa che lo assorbiva in quel modo – non era il suo tocco, il suo sapore o profumo, oppure i suoi deliziosi baci – era semplicemente lei.
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8. In the morning

Ed eccoci qui con le prime 6 pagine dell’ultimo capitolo…

Ho deciso di pubblicare oggi questa prima parte perché Little Fanny si è lamentata ( a ragione ) di non fare in tempo a leggere il mio aggiornamento domenicale, visto che è già partita per tornare all’uni a quell’ora.

Hai visto che ho pensato anche a te??

Però la fine prima di domani non la pubblico, porta pazienza…

 

Volevo anche segnalare che lunedì ho pubblicato due capitoli a distanza di breve tempo.. la maggior parte di voi li ha letti entrambi, ma dal numero di letture degli ultimi due sembra che qualcuno abbia perso un pezzetto per strada… volevo solo avvisare, ecco.

 

Che tristezza!!! L’ultimo capitolo!!! La prima parte almeno.

 

 

8. In the Morning.

 

Remus stava disteso a pancia in giù nel suo letto, gemendo sommessamente.

 

Aveva fatto lo sforzo di alzarsi e vestirsi, ma mentre rifaceva il letto aveva convenuto che decisamente non se la sentiva di stare in piedi ed era crollato sopra le coperte spiegazzate.

 

E da allora non si era mosso.

 

Mentre stava lì, la testa che gli doleva e lo stomaco che brontolava, si rallegrò di non essere arrivato fino ad aprire le tendine. Gemette di nuovo e poi smise, visto che lamentarsi non avrebbe fatto niente per placare gli ippogrifi che stavano danzando sul suo cranio.

Restò in quella posizione, godendosi la pace per un istante, e lasciando che quel pensiero indistinto che lo tormentava dal momento in cui aveva aperto gli occhi, si formasse chiaramente e completamente nella sua testa.

 

Ma chi mai gliel’aveva fatto fare di mettersi a bere tequila con Tonks?

 

Parte di lui avrebbe voluto suggerirgli che, in effetti, era stata la cosa più divertente che avesse fatto negli ultimi anni, mentre il resto di lui lo ammoniva per tale pensiero, cercando di convincere la parte che si beava in quei pensieri che era del tutto inutile, e che avrebbe portato solo guai.

 

Ma quando la sua mente tornò a quello che aveva fatto con Tonks sotto il tavolo...

 

Non era del tutto sicuro che fosse realmente accaduto.

 

Sembrava troppo irreale per essere vero e non poté fare a meno di pensare che il tutto fosse solo una fantasia che la sua mente ubriaca aveva immaginato durante quelle poche ore di sonno tormentato. Non riusciva a pensare nemmeno per un attimo a quello che qualcuno come Tonks avrebbe fatto sotto la tavola con uno come lui.

 

Lentamente tentò di rimettere insieme tutti i particolari, raccogliere tutti i pensieri e ricordi dispersi che aveva della sera prima, ma il suo cervello non ne era decisamente in grado – schiacciato, immaginò, dall’ippogrifo che si teneva delicatamente in equilibrio sul suo sopracciglio destro – e tutto quello a cui riusciva effettivamente a pensare era lei.

 

Si accorse vagamente di un colpetto alla porta, e brontolò una risposta che parve assolutamente evasiva fra le coperte.

 

La porta scricchiolò leggermente mentre veniva aperta, sentì dei passi , poi il letto si mosse e qualcuno si sistemò accanto a lui con un gemito. Riuscì a pensare ad un unico possibile candidato.

 

“Tonks?” chiese.

 

“Uh huh.”

“Solo controllato.” Aggiunse. “Non avevo voglia di alzare la testa e vedere.

 

così male?” domandò, la voce appena smorzata.

 

“Peggio.” Borbottò. Sentì Tonks spostarsi un po’ più vicino, il braccio di lei sfiorò il suo nel sistemarsi. “Fa’ come se fossi a casa tua, comunque.” Aggiunse, e lei rise sommessamente.

 

“Ero venuta a dirti che ho la tabella dei turni per la prossima settimana,” disse, “Ma il tuo letto sembrava così comodo...” si lamentò e lui ridacchiò.

 

“Come la tua testa?” chiese lui.

 

“Com’è che l’avevi definito?” domandò, “Ippogrifi che ballano il tip tap sul tuo cranio? Quello riassume tutto.” Remus emise uno sbuffo divertito. “Tu?” chiese lei.

 

“Lo stesso.” Rispose. “Non me la vedevo con i postumi di una sbornia da... si bloccò.

“In effetti,” si corresse, “Non credo di essere mai stato così male la mattina dopo, prima d’ora.”

 

Quindi sono una cattiva influenza?”

 

“In un certo senso,” rispose, “Anche se sono è ridicolamente facile da sviare.”

 

Sentì Tonks muoversi e si mosse anche lui, voltando la testa per poterla guardare. Si era rannicchiata accanto a lui, la testa sulle braccia, sbirciandolo da sopra le morbide maniche nere del suo maglione. Era adorabile come sempre, pensò. Forse era solo la sua fantasia sbronza che parlava.

 

“Dillo con me,” la esortò e lei inarcò un sopracciglio.

 

Cosa devo dire?” chiese.

 

“Il mantra dell’ubriaco pentito. Giuro solennemente...”

 

“... di non bere mai, mai più.” Terminò lei, gli occhi che brillavano nel realizzare cosa intendesse, e ridacchiarono entrambi sommessamente, prima di trasalire al suono delle loro voci sovrapposte. Per un attimo rimasero semplicemente a guardarsi, scambiando compassione e qualcosa di totalmente differente, esitanti confessioni, sebbene lui non fosse del tutto certo di potersi fidare di quel che vedeva, se invece non stesse soltanto vedendo quello che voleva vedere.

 

Remus le sorrise.

“C’è quella bottiglietta per le sbornie in bagno,” disse, “Se la chiamo, ti tiri su e la prendi al volo?”

 

“Avanti, fallo,” lo esortò lei.

 

Remus frugò nelle tasche alla ricerca della bacchetta e lanciò l’incantesimo, e mentre Tonks si sedeva e afferrava la bottiglia, lui tentò cautamente di mettersi su un fianco ed appoggiarsi sul gomito. Evocò due bicchieri, li riempì d’acqua e ne porse uno a Tonks con la mano che tremava leggermente. Si meravigliò per un attimo della sua forza di volontà.

 

“Quante gocce?” chiese lei.

 

“Normalmente due bastano.” Rispose, e la osservò mentre eseguiva. Lei inarcò un sopracciglio nella sua direzione, lui suppose, per chiedergli se davvero due gocce fossero sufficienti, viste le loro condizioni, quindi lui inclinò la testa pensando probabilmente no, e annuì brevemente. Tonks sorrise ed aggiunse una goccia ad ognuno dei loro bicchieri. Rimise il tappo alla bottiglietta e la appoggiò sul comodino, prendendo poi il suo bicchiere dalle mani di lui.

“Salute!” disse.

 

“Cincin.”

 

Appoggiò il bicchiere al suo, poi entrambi bevvero tutto d’un fiato. Tonks si portò una mano alla bocca resistendo ai conati di vomito e lui fu tentato di fare lo stesso mentre faceva scomparire i bicchieri.

“Questa roba è disgustosa,” affermò, spalancando la bocca e facendo una smorfia per il gusto.

 

“Però funziona,” disse lui, scuotendo leggermente la testa per il retrogusto amaro. “E penso che probabilmente ce lo meritiamo.”

Tonks innalzò un sopracciglio in disaccordo, e Remus chiuse gli occhi, attendendo che la nausea passasse e la stanza cessasse di ondeggiare.

 

Alcuni minuti dopo, tutto gli parve di nuovo più reale, lasciandolo solo con quella vaga, indefinita sensazione che Tonks – ed il fatto di averla accanto a lui, nel suo letto – provocava. Non era tanto differente dai postumi di una sbornia, in effetti – una starna sensazione allo stomaco, il timore che qualsiasi cosa possa andare storto da un momento all’altro. Allontanò quel pensiero ed aprì gli occhi, trovando quelli scintillanti di Tonks che lo guardavano.

“Meglio?” gli chiese, inarcando le sopracciglia.

 

“Mmm. Tu?”

 

“Sì.” Rispose tranquillamente. “Quella roba è disgustosa, ma geniale.”

 

Remus lasciò vagare i suoi occhi lungo il suo viso, assorbendo tutti i dettagli della sua espressione. Appariva timida, leggermente incerta, cosa che gli confermò la sua ipotesi, che l’aveva effettivamente baciata, le aveva confessato che gli piaceva e che le aveva in un certo senso chiesto di uscire, perché, se non l’avesse fatto, non avrebbe avuto alcun motivo per essere così.

 

Sfortunatamente, la consapevolezza che non era stata una ebbra fantasia, fece sentire lui timido ed insicuro, ed il silenzio crebbe fra loro.

 

Quasi desiderò di non averle offerto quelle gocce, poiché mentre stavano male, almeno avevano qualcosa di cui parlare.

 

“Allora,” iniziò lei.

 

“Allora...” ripeté lui.

 

“Non di nuovo,” sbottò lei, alzando gli occhi al soffitto.

 

Remus non riuscì a resistere, nonostante sapesse fosse tremendamente infantile.

“Hai iniziato tu,” affermò. Tonks lo guardò, come se stesse seriamente considerando di fargli una linguaccia.

 

“Non è vero,” con un tono autoritario, di finta petulanza.

 

“E’ vero,” replicò, combattendo duramente contro l’impulso di scoppiare a ridere.

 

“Non è vero.”

 

“E’ vero,

 

“Non è vero.”

 

“E’ vero,” continuò, cedendo infine ad una risatina.

 

“Fai apparire qualcosa che io ti possa lanciare addosso,” disse e lui rise.

 

Lei inarcò un sopracciglio, prese la bacchetta ed evocò una catapulta, quindi frugò nelle tasche alla ricerca di un proiettile. Trovò un paio di Tuttigusti+1 impolverate e le caricò, mirando direttamente a lui. lui alzò le mani in segno di resa, ridendo. Lei lo esaminò, poi sorrise e fece sparire tutto.

 

Remus sorrise fra sé. Due mesi prima si sarebbe trovato con un livido provocato da una gelatina Tuttigusti+1 sopra la tempia a questo punto, ed il fatto che non lo fosse sembrava importante, in qualche modo. Sapeva che era un progresso, ma ciò non significava che sapesse cosa farne, quindi tornò a stendersi sul letto, fissando il soffitto in cerca d’ispirazione ed incrociò ordinatamente le mani sul petto nella speranza che questo lo facesse sentire più in controllo della situazione. Credette di sentire Tonks fare un respiro profondo, poi la sentì stendersi accanto a lui.

 

Non poté fare a meno di pensare di essersi messo in una strana situazione.

Cosa stavi per dire?” chiese tranquillamente, “Voglio dire, prima, dopo il tuo ‘allora’ .”

 

I suoi occhi cercarono quelli di lei, nel tentativo di leggervi quello che voleva dire, ancora prima che lo dicesse, in modo da essere preparato se quello che avrebbe seguito quell’ ‘allora’ fosse qualcosa che non voleva sentire. Ma gli occhi di lei brillavano divertiti, e lui non pensò di vedervi niente di quello che aveva temuto di vedere, nonostante parte di lui pensava ancora di non potersi fidare del proprio giudizio.

“Niente,” rispose, alzando leggermente le spalle. “Voglio dire, non avevo niente in mente. Mi sarei basata su quello che dicevi tu.”

 

“Oh,” mormorò. “Quindi sta a me fare il primo passo, è così?”

 

“Beh, sei tu il ragazzo,” disse, posando velocemente gli occhi su di lui. “Apparentemente,” aggiunse, inarcando le sopracciglia.

 

Non riuscì a trattenere un sorriso.

“Suppongo di sì.”

 

“A te la parola dunque,” esclamò e lui rise per un attimo, prima di rendersi conto che spettava effettivamente a lui e che se lo voleva,  stava a lui fare in modo che si realizzasse.

 

Remus fissò la macchia di umidità sul soffitto – che, ci avrebbe giurato, lo stava guardando con disprezzo – e respirò a fondo.

“D’accordo,” disse infine, guardandola. “Mi sembra di avere un vago ricordo riguardo l’aver detto che quando saremmo stati entrambi un po’ più sobri, ti avrei chiesto di uscire.”

 

“Esatto,” confermò lei lentamente, “Ho anch’io un vago ricordo della cosa.”

 

“Bene,” disse, “Sono felice di non essermelo immaginato.” Tonks alzò lo sguardo su di lui, il labbro che tremava nell’evidente sforzo di reprimere un sorriso.

 

“Lo fai spesso?”

 

Cosa?” chiese, voltandosi per guardarla in faccia.

 

“Immaginare cose che potresti avere fatto con me.

 

Gli occhi di Tonks brillavano curiosi e Remus contrasse le labbra per non sorridere. Il suo primo pensiero fu di negare in qualche modo, ma la verità era che aveva passato tante notti disteso proprio lì dov’era ora ad immaginare diversi generi di cose da fare con lei sotto lo sguardo severo della macchia d’umidità.

 

All’inizio erano cose che desiderava aver detto, frecciatine che avrebbe voluto lanciarle, e stava lì disteso, a lamentarsi silenziosamente di quanto fosse esasperante. All’inizio. Ma lentamente questi pensieri erano stati rimpiazzati da qualcosa di totalmente diverso, qualcosa che aveva più a che fare con quanto gli piacesse farla arrabbiare, perché era adorabile quando era arrabbiata, e essere quella persona che la faceva infuriare significava, almeno per un momento, essere al centro del suo mondo.

 

“No,” rispose, sperando che il tono di voce non lo stesse tradendo. “Sei sempre in l’ultima cosa fra i miei pensieri.

 

“Bene,” disse lei, con un sorriso d’intesa che trovò estremamente piacevole, e non poté fare a meno di sorridere, ben sapendo che questo lo tradiva molto più del tono della sua voce poco prima.

 

 

Lo so che non vedevate l’ora che mi togliessi dai piedi, ma dovrete sopportarmi ancora un po’, perché non è finita. Mi dispiace.

 

Ma su, forza e coraggio, che domani vi aspetta l’ultimo semi-capitolo! Di questa serie… ce ne saranno altre, che inizierete a vostro rischio e pericolo..  ;-)

Bacioni!!

 

Buon weekend nel frattempo. A domani!!

 

 

 

NONNA MINERVA

  
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