Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Architetto di sogni    10/02/2018    4 recensioni
[Rivetra]-|Pregnancy|
-Dal testo:-
Anno 848
“Non è possibile, io non…”, la notte passata con il Caporale le piombò all’improvviso alla memoria e un senso di panico la investì.
Non voleva diventare madre, ma non se la sentiva neanche di uccidere quella vita innocente che si stava formando dentro di lei. Erano già troppe le vite a cui aveva dovuto dire addio.
L’unica cosa di cui era certa era che Levi non avrebbe mai dovuto saperlo, e che nessuno doveva scoprirlo.

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Sperava che la vita che portava in grembo fosse all'altezza del mondo che l'attendeva fuori, ma visto e considerando che i suoi geni appartenevano al più forte dell'umanità , aveva buone speranze di poter cambiare la realtà.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Petra Ral, Rivaille, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Più guardava quella foto, più si rendeva conto di dover prendere in mano la situazione al più presto.

Non sapeva come comportarsi, non riusciva a capire quali sentimenti avesse smosso quella notizia; Levi per la prima volta si sentiva confuso.

Chiedere sostegno o aiuto ad altri era impensabile, non aveva ancora interiorizzato l’accaduto e uscirsene con un “sono diventato padre” non avrebbe giovato di certo.

Le lunghe assenze di Petra e i suoi numerosi rientri a casa, ora acquistavano un significato. Non lo stava allontanando, non lo aveva tradito e questo, seppur poco, lo confortò.

Ma la cosa che più gli premeva capire era il perchè, perche Petra non gli aveva mai detto niente. Non lo riteneva all’altezza del compito di genitore? Temeva che suo figlio rimanesse traumatizzato nel sapere di avere un padre delinquente?

Neanche lui aveva mai avuto un padre, probabilmente si trattava di uno dei tanti clienti della madre, e non aveva idea di cosa significasse essere un buon padre. Di certo Kenny non lo era stato, anche se lo aveva cresciuto e gli aveva insegnato a difendersi dal mondo; lo aveva addestrato ad essere un assassino, ma non un uomo.

Levi non sapeva amare, i sentimenti erano per lui cosa sconosciuta (a parte il dolore e l’odio, quelli li conosceva bene) e forse era tale motivazione che aveva spinto Petra a nascondergli la gravidanza. Era stata brava a occultare il tutto, ammirava la sua forza di volontà e il suo coraggio; non erano cose nuove per lui, sapeva benissimo che la ragazza, dietro quell’aria da cerbiatto dolce, nascondeva una guerriera intrepida. Per questo l’amava.

Perchè lei era riuscita a conservare entrambe le cose, umanità e forza, sapendole dosare perfettamente e al tempo giusto.

Per questo era sicuro che sarebbe stata un’ottima madre.

Ma che dire di lui? Sarebbe riuscito a ricoprire quel ruolo?


Fu il padre di Petra a dissipare ogni suo dubbio.

Dopo la cattura del gigante femmina e la conseguente scoperta che a manovrarlo era Annie, una lettera d’invito arrivò dal Wall Maria: il signor Ral desiderava un incontro col Caporale Rivaille.

Il primo impulso del soldato fu quello di ignorare l’invito e continuare la sua vita come nulla fosse. Se Petra avesse voluto renderlo partecipe dell'inaspettata gravidanza, lo avrebbe fatto da viva, l’occultamento del fatto era chiaro segnale che non lo voleva tra i piedi.

Ma qualcosa dentro di lui premeva e lo spingeva a riconsiderare la cosa più volte nell’arco della giornata. Era curioso e non sopportava l’idea di portarsi nella tomba tutte quelle domande e quei perchè, a cui solo il “suocero” avrebbe potuto dar risposta.

Nel contempo, la verità che si celava dietro quelle risposte, lo spaventava.

Non voleva sentirsi definire “mostro”, voleva continuare a vivere nell’illusione che, almeno una persona nella sua futile vita, lo avesse considerato un uomo. Petra era quella persona ed era terrorizzato all’idea di rovinare quei miseri ricordi che aveva di lei e del loro rapporto.

Fu l’ultima frase della lettera a fargli prendere una decisione definitiva:

“Petra avrebbe tanto voluto che lo conoscessi.”

Non ne era granchè convinto, ma sarebbe stato il suo ultimo regalo, o meglio, la sua redenzione per non essere arrivato in tempo e averla salvata.


Pochi giorni dopo si ritrovò davanti al sentiero che portava all’abitazione, per un momento fu tentato di fare dietrofront e fuggire da quell’assurda situazione, ma raccolse il suo coraggio e scese da cavallo, assicurando le briglie ad uno steccato e proseguendo a piedi per il viale.

Si trattava di una modesta casa in legno, attorniata da boschi e con una piccola stalla nel retro, dalle cui aperture spuntavano due musi lunghi di cavalli.

Levi storse il naso all’odore di muschio e muffa, probabilmente quel posto era culla di germi e batteri di ogni tipo, e la mancanza di donne in casa non lasciava presagire nulla di buono.

Arrivato all’ingresso si preparò a bussare, ma qualcuno lo anticipò e la porta si spalancò di colpo. Un bimbetto dall’aria vispa lo fissava perplesso, mentre Levi non accennò ad alcuna emozione, sentiva solo il fiato mozzato in gola.  Poi, ad un tratto, il bambino gli rivolse un sorriso luminoso e, girandosi verso l’interno della casa, gridò: “Nonno, è arrivato papà!”.

Il Caporale si paralizzò di colpo.

Come lo aveva chiamato quel moccioso? Papà?

E ora gli tendeva la mano paffuta, con tutta l’aria di volersi presentare in modo ufficiale; non potè fare a meno di stringerla.

“Piacere, io sono Amell.”

“Caporale Rivaille....Levi.” la sua voce rimase ferma, senza tradire alcun sentimento, ma il cuore gli martellava nelle orecchie, uccidere giganti non era niente in confronto.

Il signor Ral fece la sua comparsa, tirando fuori Levi dall’imbarazzo e facendolo accomodare in una delle quattro sedie che circondavano il minuscolo tavolino della cucina.

Era un ambiente luminoso, con scarso mobilio, ma ampie finestre che accoglievano i raggi del sole in casa. C’erano ancora elementi femminili, come delle porcellane protette in una vetreria e i tendaggi floreali delle finestre. Era tutto esattamente come Petra gli aveva descritto in uno dei loro incontri notturni. Si sentì quasi a casa.

“Posso offrirle qualcosa Rivaille?”

Si riscosse dai suoi pensieri, accettando una tazza di tè giusto per alleggerire la tensione.

“Perchè avete mandato a chiamarmi?”

“Perchè lei voleva che lo conoscessi.”, fece un cenno verso Amell che aveva preso a dondolarsi su una sedia, non staccando mai gli occhi dal padre.

“Perchè ora? Perchè non prima quando era ancora…”, si bloccò nel vedere il bambino fermarsi e i suoi occhi inumidirsi, “...viva.”.

Capendo la situazione, Ral invitò il nipote ad andare fuori a giocare, mentre lui e il padre avrebbero continuato la loro noiosa conversazione da soli.

Il bambino acconsentì ubbidiente.

Quando uscì, il vecchio porse a Rivaille la tazza fumante di tè e crollò su una sedia stremato.

“La mia bambina...la mia Petra. Non è stato facile per nessuno.” si prese la testa fra le mani e scoppiò in singhiozzi. Il Caporale rimase impassibile, anche lui aveva sofferto, anche lui aveva pianto, seppur in modo controllato, ma se aveva fatto tutta quella strada era solo per ricevere risposte.

“Perchè non me lo ha detto?”

Ral cercò di riprendere il controllo, Petra lo aveva avvertito del carattere freddo e scostante del Caporale, e si rese conto che non esagerava quando lo definiva talvolta “inumano”.

D’altro canto i vari episodi descritti dalla figlia, che lo rappresentavano in veste di paladino della giustizia ed eroe, avevano fatto crescere in lui rispetto per quello strano ometto che chissà come, era riuscito a rubare il cuore della sua bimba.

La freddezza di quella domanda, quindi, non lo colse impreparato.

“Non voleva che tu la odiassi”.

Rivaille si era preparato a tutto: alle accuse di negligenza, a sentirsi definire “inadatto” per il ruolo di padre, ma mai si sarebbe aspettato quelle parole!

Perchè mai avrebbe dovuto odiarla?

Quasi avesse letto nei suoi pensieri, l’uomo continuò:

“Lei...credeva che non lo volessi, che quella situazione ti avrebbe messo in seri guai visto il ruolo che ricopri. L’ha fatto...per proteggerti.”

Dentro di sè Levi scoppiò in una fragorosa risata. Petra voleva proteggerlo, qualcuno voleva proteggere lui, l’uomo meno umano e il più forte dell’umanità.

Lo voleva solo proteggere e c’era riuscita.

E lui?

Non l’aveva protetta ed era morta.

Gli organi gli si contrassero nel corpo, mentre il senso di colpa e la disperazione prendevano il sopravvento, il tutto ben nascosto da una maschera di finta apatia.

“Voglio sapere tutto.”


Ral gli raccontò di quando Petra era tornata a casa, usufruendo delle settimane di permesso per portare a termine la gravidanza e il parto.

Era rimasto scioccato dalle condizioni della figlia, vista la giovane età, e quello che maggiormente lo colpì fu la rivelazione dell’identità del padre del bambino.

Aveva sempre saputo che Petra nutriva un debole per il suo superiore, ma aveva dato scarsa importanza alla cosa, attribuendola ad una classica cotta adolescenziale.

Mai avrebbe pensato che il sentimento fosse così profondo e specialmente ricambiato!

Comunque non l’aveva giudicata, né rimproverata, le era semplicemente rimasto accanto, aiutandola durante tutto il periodo rimasto.

Più volte aveva cercato di convincere la ragazza a parlarne con Rivaille, ma lei si era sempre rifiutata, nella convinzione che l’uomo desse di matto, o che il suo grado venisse revocato. Era stata una scelta coraggiosa, la sua. Specialmente durante il parto, aiutata solamente dal padre e una donna del villaggio vicino.

Un travaglio lungo e faticoso, ma alla fine, con immensa gioia, entrambi stavano bene.

Il piccolo era un maschietto, Petra se lo sentiva e aveva già pronto un nome per lui: Amell Ackerman.

Amell, potenza di un’aquila.

Petra sperava che la vita che portava in grembo fosse all’altezza del mondo che l’attendeva fuori, ma visto e considerato che i suoi geni appartenevano al più forte dell’umanità, aveva buone speranze di poter cambiare la realtà.

Levi faceva volare le ali della libertà, il figlio era la sua potenza.

Non fu facile separarsi dal piccolo quando il periodo di riposo terminò, lo aveva affidato perciò alle cure del nonno, certa di dargli il meglio e così era stato.

Ogni volta che tornava a trovarlo, più volte nel giro di poche settimane, lo trovava sempre più cresciuto, più intelligente e più forte.

La somiglianza con Rivaille era mostruosa, anche se gran parte del carattere solare apparteneva interamente alla mamma.

Fu lei stessa a parlargli del padre, il combattente più grande e valoroso, lo dipingeva come un vero e proprio eroe e il piccolo non vedeva l’ora di incontrarlo.

Non potendolo accontentare, gli aveva procurato una foto di Rivaille che il bambino custodiva gelosamente sotto il cuscino e per tal motivo lo aveva subito riconosciuto alla porta.

Comunque non si era risparmiata neanche di avvertirlo che il suo amato papà aveva un caratterino a dir poco difficile, non doveva aspettarsi coccole e baci da lui, come era invece solita fare lei, ma lo avrebbe sempre amato e protetto a costo della sua stessa vita, di quello era certa.

Amell aveva imparato ad amarlo ancor prima di incontrarlo.


“La morte di mia figlia ha lasciato un grande vuoto nel suo piccolo cuore, per questo ho ritenuto opportuno avvisarti, sapevo che Petra sarebbe stata dello stesso parere.

Spesso mi rivelava che non vedeva l’ora di confessarti il suo segreto e magari, un giorno lontano, vivere insieme come una vera famiglia.

Certo ora non è più possibile, però...però era giusto che lo sapessi, ecco.”

Rivaille non aveva mai proferito parola, assorbendo tutto il racconto e le informazioni come una spugna e provando nuove sensazioni contrastanti.

Non riusciva a capacitarsi del fatto di non essersi accorto di niente in quei tre anni e mezzo, se non dello strano comportamento della donna in sua presenza, che attribuiva ad imbarazzo per la loro relazione clandestina.

Si voltò verso una delle tante finestre della stanza, riuscendo a scorgere Amell che in lontananza correva sul prato, buttandosi a terra di tanto in tanto per rotolare e ridere a più non posso.

“E lui, com’è?”

Ral intercettò lo sguardo del ragazzo e sorrise teneramente nel vedere il nipotino giocare e divertirsi spensierato.

“Particolare. Ci sono giorni in cui non riesce proprio a star fermo, corre e salta dappertutto, si arrampica sugli alberi, è iperattivo. E giorni in cui invece rimane chiuso nella sua camera in contemplazione, perso in chissà quali pensieri. Molto maturo per un bambino della sua età, e credo sia un bene visto il mondo in cui viviamo.”


Perfetto, è perfetto, pensò il Caporale, senza osare dar voce alle sue parole, che già nella sua testa risultavano fin troppo sdolcinate.

Continuando a guardare il figlio, domandò:

“E ora? Cosa dovrei fare?”

Non aveva benchè la minima idea di come crescere un figlio e di certo lui non era un esempio di uomo a cui ispirarsi per crescere.

Si trovavano nel bel mezzo della guerra e Levi era una delle armi più forti in mano all’umanità,  non poteva sottrarsi al suo ruolo.

“Niente, la cosa importante era che vi incontraste. Mi prenderò io cura di Amell finchè la guerra non sarà finita, o fino a che sarà lui a deciderlo. Tu devi continuare le tue missioni, ma sappi che ogni volta che vorrai la porta di questa casa sarà sempre aperta e avrai sempre un motivo in più per tornare a casa, per restare vivo.”

Quelle parole lo colpirono.

Non doveva restare in vita per vedere gli altri morire, la sua sopravvivenza non era la sua condanna. Lui doveva rimanere in vita perchè c’era qualcuno ad aspettarlo, Amell.

Aveva ancora una ragione per esistere e resistere.

Ringraziò il suocero con un cenno del campo, dirigendosi verso l’esterno dove il figlio giocava tranquillo.

Appena lo vide, corse verso di lui con un sorriso sornione stampato in viso, lo stesso sorriso di Petra.

“Non ti dirò mai cose dolci…” prese a parlare l’uomo,

“Lo so.”, rispose il bimbo,

“...non ti darò baci, nè abbracci.”

“Lo so.”

“Non ti prometto di venirti a trovare sempre, o esserci il giorno del tuo compleanno.”
“Lo so.”

“Bene.”

“...”

“Ma di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, ci sono e ci sarò.”

“Lo so, papà.”

Non si dissero altro, Levi rimase incantato a guardare il vento che scuoteva piano le foglie degli alberi, mentre i riflessi del sole mandavano piccoli bagliori attraverso le fronde.

Ad un tratto sentì la mano del bambino afferrargli la sua. Non si smosse di un millimetro, sentendo il corpo che si irrigidiva gradualmente.

Avrebbe voluto togliere subito la mano, ma non riusciva.

Neanche si guardavano, troppo concentrati a contemplare il cielo sopra le loro teste.

Una brezza improvvisa smosse i capelli corvini dei due, accarezzandogli il volto.

Rivaille era certo fosse Petra e sapeva che, in qualunque posto si trovasse,

stava sorridendo.




FINE






°°°

Siamo giunti alla conclusione di questa piccola storia senza pretese che, nonostante ciò, volevo condividere con voi.

Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui a leggere e spero davvero, con tutto il cuore, che abbia suscitato in voi qualche emozione e vi sia piaciuta.

Spero inoltre di essere stata all’altezza di un personaggio profondo e complesso come Rivaille e non essere caduta troppo nell’OC.

Mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate, se è piaciuta o meno, se è arrivata o no, e consigli utili laddove ci sia bisogno di miglioramenti. Ve ne sarei enormemente grata!


Grazie ancora per il sostegno che mi avete dato,

un abbraccio!


   
 
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