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Autore: Mue    16/12/2009    3 recensioni
Quando uno dei concorrenti di una gara clandestina di auto volanti si schianta e finisce al San Mungo senza una gamba, la sua comparsa davanti al Wizengamot sembra inevitabile.
Ma grazie a un celebre avvocato, viene invece spedito a un Magazzino di Disincantamento e Smaltimento Magico per fare otto mesi di lavori socialmente utili.
E qui, in mezzo alle brughiere solitarie di Ilkley Moor, troverà l'occasione per riscattare i suoi peccati e forse, finalmente, perdonare se stesso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Policromia' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Eccomi!
Ringrazio infinitamente chi ha recensito il primo capitolo; vi informo -malvagiamente xD- che il personaggio della corsa in auto non è in realtà la "sorpresa" che figura tra i personaggi di questa storia, o, almeno, non la maggiore ;)
Chiedo perdono in anticipo per eventuali ritardi di aggiornamento, dato che in questo periodo ho diversi impegni a tenermi lontana dal pc, ma cercherò di non farvi aspettare troppo.
Vi ringrazio anche per la fiducia che mi accordate: questa storia è la prima "non leggera" che scrivo, e spero che possa piacervi fino alla sua conclusione.
Buona lettura!
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Capitolo II





San Mungo, 26 agosto

«E’ lei il signor Roger Dominic Davies?»
Roger Dominic Davies rispose senza aprire gli occhi. «No.»
Silenzio.
Poi la stessa voce disse: «Signor Davies, la prego di non fare lo spiritoso. La sua situazione è già abbastanza difficile senza che lei cerchi di aggravarla ulteriormente.»
«Io non faccio lo spiritoso. Mi ha fatto una domanda e io le ho risposto» osservò tranquillo Roger, gli occhi ancora chiusi.
«Signor Davies, se lei nega la propria identità davanti a un legale e a un inviato ministeriale non fa altro che aggiungere alla già cospicua lista dei suoi reati anche l’accusa di falsa testimonianza.»
Roger si decise finalmente ad aprire uno degli occhi, e quello che vide non gli piacque. In piedi di fianco alla sua branda d’ospedale c’erano due uomini, uno giovane e uno più anziano.
Il primo, quello che gli stava parlando, aveva capelli color sabbia, un viso largo e squadrato e un mento dalla linea decisa. Gli sembrava di averlo già visto da qualche parte.
«Signor inviato del Ministero, se lei chiede la mia identità conoscendo già la risposta non fa altro che creare perplessità sulla sua già dubbia intelligenza.»
 L’uomo strinse le labbra ma si controllò. «L’inviato del Ministero non sono io, signore, ma il signor Cattermole.»
L’uomo più anziano, che Roger suppose fosse il signor Cattermole, si fece avanti. «Sono qui per sincerarmi della sua salute, signor Davies. E per concludere un accordo tra il Ministero e il suo avvocato.» E fece un cenno verso l’individuo più giovane.
Roger stavolta aprì tutt’e due gli occhi e si fece attento. «Il mio avvocato? Sarebbe lei?»
L’uomo più giovane annuì. «Mi chiamo Finnigan. Sono stato ingaggiato da sua madre.»
Roger si tirò su a sedere, irritato. «Mi sembra di avere superato la maggiore età da abbastanza anni per scegliermi un legale da solo.»
«Sì, signore» rispose Finnigan, irreprensibile. «Ma il fatto che lei sia stato in coma per circa una settimana e mezza ha spinto sua madre a prendere l’iniziativa. Se non l’avesse fatto, ora lei sarebbe immediatamente convocato davanti al Wizengamot Minore senza difesa.»
Roger inarcò le sopracciglia. «Mi sta forse dicendo che invece non sarà così?»
«Esattamente, signore» intervenne il signor Cattermole. «Grazie all’intermediazione del qui presente signor Finnigan siamo giunti a un compromesso. Io sono qui proprio per sincerarmi del fatto che lo accetterete. Dopotutto in questo periodo il Ministero ha già parecchio da fare senza processi per reati minori.»
Roger guardò da uno all’altro, sospettoso. «Mi credete davvero tanto sprovveduto da credervi così, sulla parola?»
Finnigan parve trovarla un’argomentazione sensata, perché lanciò un’occhiata al signor Cattermole e gli fece un cenno cortese verso la porta.
L’altro annuì. «La lascio solo con il suo legale, signor Davies. E le consiglio vivamente di ascoltarlo, perché è indubbiamente uno dei migliori avvocati che Londra abbia mai conosciuto.»
Uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.
Roger tornò a squadrare Finnigan, diffidente. «Uno dei migliori, eh? Però non so ancora se migliore per i clienti o se per il Wizengamot.»
«Dicono per entrambi» affermò compostamente Finnigan.
«E’ un doppiogiochista?»
«Sono un avvocato, signore, che cerca di conciliare al meglio le due parti nel modo che mi suggerisce la coscienza.»
«Allora è un idealista» replicò Roger con un sorriso sprezzante. «Strano come negli ultimi anni gli idealisti siano volati in alto. Prima della Seconda Guerra Magica pareva che non fossero destinati a una fine così lieta.»
C’era da dire in onore di Finnigan che aveva una pazienza incrollabile. Infatti, invece di reagire o ribattere seccamente, prese una sedia e la avvicinò al letto di Roger.
«Le dispiace se mi siedo? E’ tutto il mattino che corro senza sosta, e sono piuttosto stanco.»
Roger non si degnò di rispondere, anche perché intuì che Finnigan si sarebbe seduto pure senza il suo permesso. «Sto cercando di capire dove l’ho già vista» rivelò, studiandolo con attenzione. «Era a Hogwarts, per caso?»
L’altro annuì. «Sì. Grifondoro, stessa classe di Harry Potter.» Nessuno aveva bisogno di altre spiegazioni.
Roger piegò la bocca in un ghigno. «Dovevo immaginarlo.»
«Bene. E ora, signor Davies, possiamo finalmente venire al dunque? Vorrei portare a termine il lavoro per cui sono qui.»
Roger appoggiò la schiena ai cuscini, rilassato. «Prego, sono tutt’orecchi.»
Finnigan sospirò. «Lei è sospettato di gravi infrazioni alle Leggi sull’Uso Improprio di Manufatti Babbani e di partecipazione ad attività clandestine quali corse su auto volanti, scommesse e gioco d’azzardo. Tuttavia gli Auror non l’hanno mai arrestata per mancanza di prove, fino alla notte del quindici agosto quando è stato colto in flagranza di reato.»
Roger gli fece cenno di continuare.
«Tuttavia non ci sono prove né testimoni per tutti gli altri sospetti su di lei. Il Ministero a questo punto sarebbe costretto ad aprire un’indagine approfondita ma, come ha detto Cattermole, hanno un bel da fare in questo periodo. Perciò mi sono incaricato di fare una sorta di… accordo.»
«Ha patteggiato con il Wizengamot?» chiese Roger, divertito.
«Non è propriamente corretto. Diciamo che il Ministero è disposto a lasciar cadere i sospetti e non indagare oltre, accontentandosi di farle scontare solo la pena minore per la corsa clandestina in cui è stato coinvolto il quindici agosto.»
«E di cosa si tratterebbe? Un soggiorno mensile ad Azkaban?»
«No. Sbatterla ad Azkaban richiederebbe un gran mucchio di scartoffie che per essere compilate hanno bisogno di aprire un’indagine, ed è proprio quello che vogliamo evitare. Perciò per lei si è scelta una… una sana attività di recupero.»
Roger staccò la schiena dai cuscini e si raddrizzò, il sogghigno scomparso tutto d’un colpo. «Che cosa?!»
Finnigan sorrise. «Attività di recupero. O volontariato, se preferisce.»
Roger fece una smorfia. «Volontariato? Signor Finnigan, le assicuro che non farei mai volontariamente niente che…»
«Forse non mi sono spiegato bene» lo interruppe pacatamente Finnigan. «Signor Davies, lei non deve fare nulla volontariamente. Lei deve farlo e basta. E’ l’unica possibilità che ha se non vuole finire dritto per sei mesi ad Azkaban, perché, glielo assicuro, se costringerà il Ministero ad aprire un’indagine, andranno fino in fondo. Non so di preciso cosa abbia fatto lei durante la Seconda Guerra Magica, ma se dovessero scoprire anche solo qualcosa di quel periodo, non saranno indulgenti. E’ una ferita ancora troppo recente perché le venga perdonato tutto così facilmente.»
Roger guardò negli occhi l’uomo che aveva davanti. «Che cosa sa del mio passato?» chiese, atono.
Finnigan sostenne severamente il suo sguardo. «Sono il suo avvocato, signore. Sapere è il mio mestiere. Dia retta a me: accetti.»
Roger strinse i denti e rimase in silenzio per un lungo istante. Poi, alla fine, con uno sforzo enorme annuì.
Finnigan parve sollevato. «Molto bene. Allora vado a chiamare il signor Cattermole; è lui che deve informarvi sulla vostra attività socialmente utile per i prossimi… diciamo otto mesi.»
«Otto mesi?!»
Finnigan sorrise, per la verità con un’ombra di sadismo nel volto, e gli diede le spalle per andare a riaprire la porta.
«Finnigan» lo bloccò Roger.
«Sì?»
«Lei era dell’ES, non è vero? L’esercito clandestino di minorenni a Hogwarts.»
L’uomo annuì. «Sì, e con questo?»
Roger fece un sorriso amareggiato. «E’ fortunato. Era già dalla parte giusta: non ha avuto la possibilità di sbagliare.»
L’altro inarcò un sopracciglio. «Lei sì, invece?»
Lui ricambiò lo sguardo, serio. «Se non l’avessi avuta, crede che sarei ridotto così?»
Finnigan lo guardò.
Roger aveva gli stessi lineamenti attraenti che facevano andare in estasi le ragazzine ai tempi di Hogwarts, ma la loro espressione era molto diversa dalla serena compiacenza di quegli anni. Aveva lo stesso corpo atletico e aitante, ma sotto il ginocchio destro non c’era più una gamba di carne, ma una di acciaio e ferro, saldata con la magia dieci giorni prima, dopo l’incidente in cui l’aveva persa. Aveva gli stessi occhi di quel grigio scuro tempestoso di una volta, ma la loro vitalità sembrava solo un ricordo lontano.
«No, forse no.»
Roger fece un sorriso che non aveva nulla di divertito. «Già. E ora è troppo tardi per chiederne una seconda, vero?»
Finnigan non rispose, ma sapevano entrambi che la risposta era affermativa.
Era troppo tardi, ora. O troppo presto. Forse un giorno il tempo avrebbe cancellato le ferite di quella guerra.
Ma per il momento nessuno lo poteva ancora dire con certezza.

   
 
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