La sveglia suonerà tra cinque minuti.
Lo sa, la sta fissando dal preciso istante in cui si è messo a letto.
Un letto così grande e vuoto, da quando lui non c'è più...
Lampeggiano le 3:55 sul display della digitale.
Ancora cinque minuti...
Serra le palpebre, cercando di trattenervi dentro le lacrime che già minacciano di iniziare a scendergli sul viso.
Non vuole piangere adesso.
Non vuole piangere ancora.

Sapeva che cercare qualcuno praticamente alla cieca in una città come Las Vegas era una partita persa in partenza, ma non gli importava.
L'avrebbe cercato ancora, come del resto aveva fatto sempre in quegli ultimi due anni.
Nel viso di ogni passante, negli occhi di Craig.
Lo cercava da sempre, da quando l'aveva perso.
In ogni ragazzino sotto il palco ai concerti degli Escape, in ogni amante tra le sue lenzuola.
Sospirò mentre, infreddolito, si infilava in uno Starbuck's.
Ronnie adorava gli Starbuck's, magari l'avrebbe incontrato lì.
Oppure - ed era l'ipotesi più verosimile - il suo ex ragazzo aveva già fatto le valige e adesso viveva tranquillo e al sicuro dall'altra parte degli Stati Uniti.
Forse...

Doveva fare due passi, solo due maledettissimi passi.
Solo due passi - attraversare la strada e superare un paio di casette da tipica famiglia americana modello con tre figli adolescenti e un cane - e poi sarebbe stato da lui.
Da lui che, uscito al mattino di prigione, adesso abitava da Monte, in attesa di trovarsi un'altra sistemazione.
Da lui che nemmeno si aspettava di vederlo...
"Su, forza, vai! Oppure hai bisogno di un'invito scritto stampato su carta filigranata?"

E' completamente rovinato.
Peggio di come se lo ricordava, il vecchio parco giochi.
Dappertutto fazzolettini di carta, preservativi usati e siringhe.
Scuote la testa, quasi come a voler scacciare via dalla testa l'immagine dell'ago infilato nel suo braccio, e prosegue verso una vecchia altalena rimasta in piedi per chissà quale ignota legge della fisica.
Quella, in un certo senso, è la loro altalena.
Sua e di Max.
Un pellegrinaggio attraverso i ricordi, o meglio, il ricordo di quell'ultima sera insieme.

Max, reggendo malamente nella mano il vassoio con la super torta di brownies che aveva comprato strada facendo per farsi perdonare il ritardo, suonò il campanello di casa Money.
Cazzo, ma da quando Las Vegas era diventata così fredda?!
Era lì, intento a bestemmiare santi e madonne saltellando a piedi pari come un pugile, quando la porta si aprì.
E la torta di brownies finì spiaccicata sul gradino della veranda.
Voleva sparire.
Suicidarsi.
Sciogliersi.
Qualunque cosa pur di scappare dallo sguardo di Ronnie che lo salutava,imbarazzato ma allegro, sulla porta.

Speranza.
Ecco cos'era Craig per lui.
La speranza di cambiare vita e smettere di drogarsi, la speranza di uscire dall'ombra.
Di liberarsi di Ronnie e di quell'emore autodistruttivo che provava per lui.
Quell'amore che gli aveva fatto ficcare aghi nelle vene e lame nei polsi sottili.

Posò prima le labbra sulla gola calda di Zack, poi vi affondò i denti.
Sentiva la sua paura mischiata al sangue che scorreva veloce dentro la sua bocca affamata.
Urlava e si dimenava Zack, senza speranza, senza successo.
Lo beveva Brian, ascoltando il battito rapidissimo del suo cuore affievolirsi come la fiamma della candelina su una torta di compleanno.
Zack si dimenò ancora per qualche minuto, frustrato, arrabbiato, spaventato, debole.
Un ultimo battito sordo e fu tutto finito.

Ronnie inizia a fare i babysitter a casa di Max, un compagno di scuola. Poco a poco scoprirà di non avere a che fare con una famiglia perfetta e si innamorerà di Max, che viene picchiato dal patrigno perchè "poco uomo".
(Dal capitolo 1)
Sembrava il lavoro più conveniente.
Sorvegliare bambini, blah.
In pratica fare il babysitter.
Gli rompeva terribilmente le palle, ma da quando papà era morto doveva collaborare con Justin, no? Almeno per avere il frigo pieno tutte le settimane...
CAPITOLO SECONDO MODIFICATO,RILEGGETE PER FAVORE!!!!

Craig sospirò. "Perchè non hai voluto ascoltarlo?"
Ronnie fece una smorfia al ricordo di Max alla sua porta ad implorare perdono. "Non sono cazzi tuoi"
"Si che sono cazzi miei. Io lo amo, se non l'hai ancora capito"
Voleva appenderlo al muro.
Gridargli in faccia che gli aveva rubato la vita e che Max non era mai stato suo, ma si limitò a stringere convulsamente i pugni abbandonati lungo i fianchi. "Un consiglio Mabbit: vattene da casa mia prima che ti spacchi la faccia"

Non avrebbe più bucato.
Gliel'aveva promesso.
Si strinse contro al cuscino, con le lacrime che già scendevano copiose dagli occhi verdi.
Gliel'aveva promesso...
Chissà da quanto tempo era già andato via,protetto dal sonno e dal silenzio.
Max si fregò gli occhi con i pugni chiusi, mentre si tirava su a sedere sul materasso.
Gli aveva promesso che non si sarebbe più fatto d'eroina.
Lui...gliel'aveva promesso.

Camminava avanti e indietro per il backstage da almeno mezz'ora, mordicchiandosi le pellicine delle unghie e cercando di canticchiare qualcosa per rilassarsi.
Faceva sempre così Zack. E sul palco alla fine, paranoie pre concerto a parte, era sempre il migliore.
Brian sorrise.
"Agitato?"
Zacky sollevò gli occhioni azzurri dal pavimento, sputacchiando una pellicina sul pavimento ormai quasi consumato dalle suole delle sue scarpe. "Me lo chiedi prima di ogni concerto da almeno undici anni Bry...non si vede che sono nervoso?"
L'altro chitarrista sosopirò. "Si, si vede"
"Allora non farmi domande cretine"
Brian scosse la testa, aprendo le braccia. "Dai, vieni qui"

"Dov'eri?"
Ti chiudi piano la porta alle spalle.
"In un posto dove non prendeva il cellulare"
"Ah ecco perchè non mi hai chiamato"
"Ero in discoteca", dici mentre ti togli le scarpe nel ripostiglio. "Con Near"
Quando lo dici, sento una fitta nel petto e t'immagino infilzarmi il cuore con una spada o un coltello da macellaio.
Direi entrambi insieme, per il male che fa.

"Brian! Psst...Brian!"
Il ragazzo arrossì. "M...Matt..."
"C'è una scala di là", bisbigliò Matt indicandogli con il dito l'enorme scala che i muratori avevano abbandonato quell'estate dopo aver ristrutturato per intero la villetta dei Sanders.
"Io...dovrei arrampicarmi fino alla tua stanza?"
"No, devi salire sul tetto e sistemarmi l'antenna del satellitare"
"Fanculo"
"Dai sbrigati, mia madre ha il sonno leggero!"
Brian, soffocando l'istinto di guardare giù ad ogni gradino, riuscì ad arrivare incolume sul davanzale della finestra di Matt e a saltare nella sua stanza con un balzo leggero.

"Sei...felice, Ron?"
Ti prego mentimi - mentimi bene - , dimmi che è tutto okay, che sei felice, che non hai più bisogno di me.
Dimmi che ami un altro e che mi hai completamente dimenticato.
Ti prego mentimi, perchè se solo tu me lo chiedessi, tornerei da te strisciando, Ron.
"Si, io...sono felice, adesso..."

[...]Sospirò, tirando su dall'esofago un sapore pungente. "Ronnie", biascicò al ragazzo sfatto accanto a lui, "questa roba mi ha lasciato un sapore orribile sulla lingua..." "Piccolo, con questa roba non si scherza...", gli rispose l'altro con voce impastata. "E' molto forte", aggiunse mentre ne sniffava un'altra striscia. "Allora vacci piano anche tu con questa robaccia Ronnie: vorrei ancora avercelo un ragazzo domani mattina..."[...]