Recensioni per
L'occhio nero
di HellSINger

Questa storia ha ottenuto 6 recensioni.
Positive : 6
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
27/11/15, ore 19:20
Cap. 9:

Hai scritto tanto, davvero tanto in questa circostanza. I tuoi versi sembravano volersi non fermare più, sembravano voler continuare ancora, salvo arrestarsi all'improvviso, quando eppure avresti avuto altro da dire, fermarsi perché, rassegnati, sapevano di essere arrivati al limite: era tempo di un punto e basta.
Quei tuoi versi ti somigliano molto. Sono fiumi controllati che a volte fluiscono in maniera improvvisa e abbondante, in altri casi sono rubinetti asciutti da cui non spremi alcuna goccia d'acqua. C'è un po' il tuo paradosso, là in mezzo: aver tanto da dire (fare), ma non avere l'occasione di dirlo (farlo).
Venendo ai tuoi versi, li ho trovati estremamente sensibili e intimi, era come fissare una piccola mappa con pochi riferimenti e una grande croce sul presunto luogo dove il tesoro è seppellito (l'ennesimo paradosso: come un percorso ben delineato, ma in territorio semisconosciuto; o come un fascio di luce - intendevi questo per glimp? - che illumina un punto nascondendo il resto). C'è molta chiarezza nei tuoi versi di oggi, a volte anche tu riesci ad essere chiara per gli altri, pur celando e omettendo.
Inizi con una sorta di ammissione di colpe e di intenti. Sai che puoi far male, sai che sviscerare qualcosa è pericoloso, ma non smetterai, non smetteresti di farlo: vuoi avere la certezza assoluta di capire e sapere, per farlo devi andare fino in fondo. Il modo in cui ti getti in qualcosa è... forse senza tatto? Difficile dirlo, per te, la delicatezza è una questione difficile per una persona come te. Come definire un incrocio di apatia e empatia? Una chimera? Le chimere, però, non esistono (ancora). Lasciamo stare questa definizione, dunque (e lasciamo stare le definizioni, diresti tu).
Ciò che conta è la tua decisione, la tua sincera schiettezza, il tuo modo di immergerti, di farti altro... andare troppo in fondo rischia sempre di trascinarti in fondo. È una missione difficile, la tua: parti nel tentativo e nella speranza non pronunciata di risollevare qualcosa di qualcuno (o viceversa), ma rischi di impantanarti. Non sai se sarai abbastanza forte. Non ne sei sicura. Hai paura di non saper maneggiare ciò che troverai, di fare un passo falso, di rovinare tutto irrimediabilmente. Ti senti come se dovessi correre, anziché poter camminare. Come hanno corso oggi le tue parole. Ne sono uscite troppe prima che potessi arrestarle.
E ti ritrovi ancora senza pace nella tua impresa, nella tua missione interiore. Che è legata, indissolubilmente, a quella persona (perfetta e sbagliata, come te) che è riuscita a farti sentire un'assonanza, di cogliere qualcosa di armonico fra di voi. C'è un sottoinsieme in comune, ti solletica e ti risveglia (a tratti). È quella diversità che lo contraddistingue e che temi rappresenti la tua unica chance, una chance da non fallire. Non capita tutti i giorni d'incontrare la propria persona perfetta e sbagliata. E sei disposta a sopportarne ciò che è sbagliato (almeno per adesso), se solo...
Ritorni a te. O meglio, ritorni alle te che occupano il tuo spazio vitale, che prendono la propria personalità a partire dalle tue cellule, che sorgono da te. Come se per emanazione a volte dessero vita a te, altre volte a HE o a chi per lei. Due riflessi sbagliati, così ne dici, forse perché non hai mai pensato di osservarle dalla prospettiva di una terza persona. C'è chi trova l'abbinamento stupendo, chi apprezza le parole che sorgono quando tu e HE vi imbattete l'una nell'altra senza distinguervi più. L'hai ammesso pure tu, sebbene ridendo di te, dell'ironia che trovi nel non vedere ciò che vedono gli altri. Le cose più semplici ti sono sempre sfuggite, non è forse così? Sono come gli errori di battitura. Non li vedi.
Il tuo sentirti inadatta è straziante, il tuo lamento trascina con sé chi segue il filo conduttore dei tuoi versi (o, almeno, chi tenta di seguirlo), trasmette tutta quell'insoddisfazione e quella logora, tenue e distruttiva attesa per chi potrebbe essere la tua nemesi (sterminandoti) o il tuo messia (salvandoti).
La poesia poi si spezza. Come un singhiozzo che irrompe repentinamente. Personalmente non ho mai creduto a chi scriva così tanto per poi dire "Non ha importanza". Sono bugie, le bugie del tuo alter ego, a parlare per te. C'è di vera la tua stanchezza, ma d'altra parte no, a te non va davvero bene così.

"Non riesco
a fare a meno
di amarti."

Non sarebbe amore, se potessi farne a meno. E non sono le bugie (tue o sue) a poter sovvertire questo stato di cose, a quanto pare.

Che altro dire, adesso? Una splendida poesia, lo sai. Intensa e introspettiva, angustiante e sospesa tra le pulsioni che si sfidano in te.
I tuoi non sono i versi di una persona qualunque.


 

Recensore Veterano
12/11/15, ore 12:48
Cap. 5:

Riuscire a star dietro alla tua vena poetica (e al tuo bisogno di scrivere versi) in questi giorni è quasi difficile.
Trovo questa poesia bellissima (non è una novità, lo so) e molto sfuggente. La figura dell'occhio nero di questa raccolta è inquietante, ma molto promiscua in quanto a risvolti simbolici: quell'occhio nero (che in un certo senso è personificato da HE) può indicare benissimo il tuo baratro interiore, un vuoto così presente in questi versi; la tua presunta capacità di proiettare l'ombra su ciò che ti circonda come dicevi qualche poesia fa, come fossi un buco nero; può indicare benissimo anche quella vena poetica che nasce dentro di te in maniera spesso così tetra; oppure solo indicare quella sorta di velo scuro che al momento crea delle foschie vaghe e scure che ti rendono difficile distinguere e trovare te stessa e il tuo posto.
La tua poesia nasce con un sogno, un desiderio espresso più volte e ancora irrealizzato, affinché il binomio corpo-anima diventi all'improvviso efficiente, ricco di percezioni che non ti attraversino da un capo all'altro come se fossi un fantasma, percezioni che invece diventino indelebili e che si imprimano, che ti si attacchino alla pelle e che ti facciano provare un calore così forte da sciogliere quel giacchio che si è sedimentato tutt'attono alla tua anima così bella. Ma scalfire quell'ammasso è difficile, è candido ma non è puro, non basta la bellezza di un dettaglio o l'incanto di un sogno di mezza inverno; quell'ammasso di paure e di aghi pungenti di ghiaccio è spesso e può far male, tu lo sai. E dunque ti ritrai, non lasci che il calore degli altri ti resti vicino troppo a lungo - forse hai paura di spegnere il loro entusiasmo e la loro passione? Hai paura che il ghiaccio invada anche le loro, di anime? Hai paura di scoprire che anche con loro non provi nulla di più?
Ciò che è certo è che resti in compagnia del tuo occhio nero e di quel gigantesco polo artico da cui è difficile liberarti. Agli altri non resta che osservarti, facendo attenzione alle crepe e alle spine di ghiaccio, mentre dalle profondità del tuo mondo capovolto non trovi la via d'uscita e rifiuti ogni guida, rimpiangendo di non averne mai trovato una adatta.
E io spero di poterti osservare anche il giorno in cui un'ondata di calore ti restituirà la tua libertà liquida.

Sei sempre splendida quando scrivi.

Nuovo recensore
11/11/15, ore 22:14
Cap. 5:

HellSINger ti faccio davvero i mei complimenti per queste cinque poesie molto macabre ma allo stesso tempo belle , davvero.

Recensore Veterano
11/11/15, ore 16:03

Bella, bellissima. Un incrocio di versi brevi che s'alternano ad altri meno brevi, una sorta di danza dettata, forse, dalla apparente confusione delle parole che prendono posto dentro di te e che tu trascrivi in questi versi così belli. Una poesia fatta di ansie e di incertezze, e il suo inizio quasi rassicurante non deve trarre in inganno: quel freddo rischia di non entrare solo tra i tuoi occhi - è questa la tua grande paura, che possa gelare tutto dentro di te - mentre il tuo resoconto d'una semplice passeggiata diventa qualcosa di simile ad un incubo, con il panorama che lentamente muta e sottrae spazio ai colori e ai profumi di un giardino in autunno, per lasciar scorrere i tuoi pensieri, guidati da quel tuo desiderio ricorrente di essere del tutto compresa - sai che non è facile, ma lo desideri ugualmente - senza possibilità d'errore (e non sarebbe perfezione, sarebbe solo un gioco di precise corrispondenze). Così la giornata volge al termine, fra te e te ripensi e riconsideri ciò che sei per te stessa e per gli altri, ripensi a quelle relazioni socchiuse tra una silenziosa foschia che le rende difficili da osservare, forse perché il freddo di oggi ti ha strappato troppe lacrime e la tua vista è affannata. Mentre fuori fa freddo, dentro di te riaffiorano e riaffondano seza tregua i quark ambivalenti e indecisi che a tratti danno vita a te, a tratti danno vita a HE (o a chi verrà dopo di lei), a tratti restano solo in bilico, restando su un inquieto nulla.
Complimenti, un'altra splendida poesia (spero però che la tensione di ieri, che non ti ha fatto finire di scrivere la penultima strofa, si sia affievolita).

Recensore Veterano
10/11/15, ore 11:13
Cap. 3:

La naturalezza con cui scrivi è stupefacente.
Ciò che suscitano questi tuoi versi è difficile da descrivere. Lo sai, è sempre così con i tuoi versi, dagli occhi di chi non riesce ad osservare le cose dal punto di fuga invisibile (e difficilissimo da trovare) da cui lo fai tu. I tuoi versi sono come diamanti grezzi che tu lavori appena, quanto basta per dar loro una parvenza di forma. Non ti importa che siano lavorati meglio, che possano con la forma acquisire più valore; tu sei più un minatore che un artigiano, raccogli come se fossero fiori le tue impressioni, le tue intensissime sensazioni, e fai dei mazzetti che, stancamente, vai riponendo a fianco a te. Hai paura che si accumulino e ti ricoprano, ma non puoi farne a meno.
Conoscere la depressione non significa saperla evitare. Intravedere i suoi orrendi e logori abiti ti immobilizza, ti rende una preda facile. Il suo senso d'oppressione, poi, ti ricopre e tiene lontani gli altri, ti porta da sola a struggerti senza compiangerti, ti porta ad essere (e fare) ciò di cui non vai fiera.
Le ultime tre strofe sono di una tenerezza immensa. Sì, sai come le parole possano affondare il colpo, di come aprirsi sia rischioso.
Non riesco ad andare oltre. L'ultima strofa è meravigliosa. C'è poco da dire.
Non so neanche se devo farti i complimenti per aver scritto una poesia del genere. È bellissima, ma lascia un sospiro così grande...

Ps. Per errore hai inserito tre volte questa stessa poesia nella raccolta.

Recensore Veterano
10/11/15, ore 10:47
Cap. 2:

L'ennesima bellissima scheggia.
Iniziare a scrivere sulle tue poesie è sempre difficile: da cosa partire? Da quel 650 N. su cui mi sono scervellato e su cui ho fatto mille ipotesi? Direi di sì. Tra le altre, ho pensato indicasse 65.0° Nord, ho pensato fosse un dosaggio, ho pensato che N potesse essere un nome di persona o di cosa; ma a cosa non potrebbe sfuggire, l'alter ego di HE? (Oltre che al suo destino?) Non ho alcuna risposta certa.
Ho avuto una confusione del tutto analoga quando ti sei rivolta alla tua Sorella. Sulle prime, ho pensato alla Luna; poi ho pensato al rapporto tra HE e te; poi ho pensato che no, doveva essere una persona diversa (ma quale?).
Forse non importa rispondere a queste domande. Dopotutto, il nodo non sta mica in quei 650-qualcosa o in quella Sorella con cui condividi qualcosa e a cui non avresti voluto... mi interrompo. E se avessi davvero una sorella? Quest'idea mi è appena apparsa in mente, ma mi sembra già poco probabile. Non so.
A prescindere da questi piccoli enigmi posti tra i tuoi versi, c'è un'estrema sensazione di dis-affezione fra questi tuoi versi, c'è una spiccata ansia inquieta che ritaglia il proprio spazio, che ti rende vagabonda in un mondo estraneo e in cui ti senti sprecata - in cui è sprecata la tua anima così incompresa (è come lei si sente), così scheggiata e malridotta. Si sente lontana, quell'anima, da ciò che la circonda, dalle luci innaturali (e sono tante) che feriscono il buio su cui lei s'adagia, su ci si mimetizza in attesa di... marcire, diresti tu. Non sarà così, invece.
Dici di poter proiettare ombre (sembri quasi quel mostro folkloristico di cui parlavi qualche poesia fa), è il tuo sentirti inversa e capolvolta e parlare per te, un parlare inacapace di esprimersi con la chiarezza che desidererebbe. In questa poesia dai giochi di luce e di ombre tutto è sfumato, ma ciò che è ancora in primo piano è abbastanza vivido da privarti della tua essenza vitale, che tu lasci scorrere via come se non dovesse servirti più.
Non abituarti al buio assoluto, HE. Non vedi che le tue parole risplendono di luce propria? Tornerai a splendere anche tu, lasciati prendere per mano dalle tue meravigliose poesie e lascia che siano loro a dover sopportare il peso più grande di ciò che senti.