Recensioni per
A Freak Show
di naisia
Ciao!! *-* |
Un capitolo anche questo ben costruito, con Sh e John che si muovono e ragionano ormai in una sintonia che, progressivamente, si rende sempre più palpabile ed evidente. Hai gestito, davvero con una buona organizzazione, le scene di movimento, per esempio quando i due, di fronte al cadavere, scattano “all’unisono”, sapendo già dove dirigersi, e quella in cui Sh è impegnato ad esaminare il cadavere. Come nelle scene in cui c’è molta gente, per esempio in “Two worlds, one fight”, si nota come tu abbia ben presente il quadro d’insieme e ciò che stai raccontando. Qui, appunto, il tuo sguardo segue contemporaneamente Holmes e Watson, scorre sul cadavere, registra l’arrivo dello sceriffo e gestisce la disperazione e lo shock della sorella della vittima. Tutto con credibilità e decisione. |
Cavolo, questo delitto è ancora più inquietante del primo! |
Ciao!! *-* |
Un bel capitolo, questo, ricco di spunti e di energia. Mi sono molto piaciuti quei richiami al passato delle Serie BBC , come , per esempio, quando Sh , nella concitazione dell'indagine, prende John per le spalle e lo fa girare con sé (TBB) o che definisce come psicosomatica l'origine dei suoi problemi fisici, ma anche la sorprendente reazione di Watson che sa benissimo usare la forza per difendersi, slogando intenzionalmente, appunto, una spalla a Bill Wiggins (HLW). Comunque ci sono anche altre loro caratteristiche, con cui li ritrai, che rimandano chiaramente all'IC e questo lo trovo molto positivo. Hai messo bene in evidenza il “nodo” ingombrante che angoscia John: da una parte la notizia della gravidanza di Mary che lo ha decisamente sconvolto, dall’altra il groviglio di emozioni che Sh gli provoca e che si esprime anche in una confusione linguistica (“…non era suo amico. Lui era…”) che denota, senz’ombra di dubbio, che quell’affascinante individuo è ormai dentro al suo cuore. Secondo me, il punto di forza di questo capitolo, è l’equilibrio che hai saputo creare nel dialogo tra i due, intervallato da momenti d’introspezione o semplice descrizione di gesti ed atteggiamenti. Mi è piaciuto proprio, dal punto di vista tecnico, appunto come hai gestito il loro intercalare e, lo sai, non è semplice scrivere un lungo dialogo senza scadere nel noioso o nel banale. Parallelamente all’approfondirsi del rapporto tra Sh e John, fai proseguire il mistero del delitto, anzi, dei delitti. Adesso, la vittima è una ragazza, il cui cadavere, abbigliato in un modo particolare (“…un abito da fine ottocento…”), è stato lasciato in quella vasca abbandonata con una messa in scena agghiacciante. Ipotizzo il colpevole, capace di così mostruosi atti criminali: Moriarty e chi? Quale misterioso complice l’ha aiutato, se è lui il colpevole? Forse uno dei “bravi” ed “onesti” abitanti di Cornville… |
Ciao!! |
Oh cavolo.. C'è un'altra vittima!! Chissà se il misterioso assassino è Moriarty oppure no... Non vedo l'ora di scoprirlo!! |
Ciao! |
Spero che sia stato Sherlock a trascinare John nel vicolo! |
Ciao!! *-* |
Il capitolo non è assolutamente tedioso, come dici nelle Note finali, ma è diverso dai precedenti: più che un susseguirsi di vicende, è la paziente e dettagliata costruzione di un preciso quadro d'ambiente. La tua è una descrizione attenta ed accurata di ciò che succede nella piazza della chiesa in un caldo afoso, per cui anche la natura partecipa al clima spiacevole che si va creando. Tu, come un abile burattinaio, fai muovere i personaggi con la rappresentazione di caratteristiche individuali molto interessanti. Sentiamo un po' la mancanza di Sh, ma lo scorgiamo nascosto e travestito, che s'infiltra nella massa per indagare attentamente. Molto efficace quel muto gesto d'intesa con cui comunica a John la necessità di "non vederlo". Ciò dimostra come, tra loro, l'intesa si stia approfondendo e non ci sia bisogno di tanti discorsi per farsi capire. Rappresenti una folla irrazionale, tra cui spiccano alcune figure significative. Quello che mi ha provocato un senso di disgusto e d’impotente sdegno, per la sua repellente umanità, è mister Turner, il padre di Owen a cui fai incarnare la grettezza, l 'ipocrisia e la violenza che scaturiscono da un tessuto sociale dove regnano l'ignoranza e l'egoismo. Contrapponi a lui la bella immagine del mangiatore di spade, Greg (“…l’espressione del viso gentile…”), rappresentato nella sua dignità e nella sua dimensione di uomo onesto e nobile d’animo. È, in effetti, dal punto di vista narrativo, un’efficace strategia di luce ed ombra, questa che tu attivi per rendere più evidente il fatto che, dietro all’apparenza di una tranquilla e solidale cittadina di provincia, in realtà Cornville assomigli più ad un nido di vipere. Spicca, nel marasma che si è creato, la figura a me molto simpatica dello sceriffo Harris, accompagnato, nei suoi ingressi in scena, da gesti bruschi e atteggiamenti un po’ chiassosi ma decisi (“…un paio di spari echeggiarono nell’aria…ringhiò rinfilandosi con un gesto secco…”), che richiamano l’attenzione di tutti e riportano l’equilibrio. In questo capitolo ci presenti John spento e come prigioniero della nuova realtà che lo lega a Mary. Ma un dubbio sembra affiorare nelle parole che lo sceriffo gli rivolge, o sono io che desidero ardentemente che quel figlio in arrivo non sia suo?! |
Molto ben scritto e pensato quel tuo mettere in risalto il passato di John e la vera motivazione che l’ha spinto a scegliere Cornville. Il suo “male di vivere” lo sintetizzi perfettamente, definendo la sua inquietudine che, ora più che mai, lo sta tormentando, come un’ “aspettativa malsana”. Ciò si concretizza nell’aspettare che succeda qualcosa che stravolga la vita, in un senso o nell’altro, vivere in bilico tra la paura ed il sollievo di scoprire, non che la battaglia è finita, ma che, al contrario, cominciano le ostilità serie. E allora via, John è consapevole di avere sempre atteso quel momento con l’ansia di sentirsi risvegliare e reso forte da scariche di adrenalina. Innaturale, tutto ciò, questo è il dubbio che l’ha sempre assillato, quel suo desiderare l’azione ed il pericolo come la tensione verso un obiettivo tanto desiderato e la consapevolezza che lo sfidare continuamente la morte, tutto sommato, gli piaceva molto e lo affascina ancora adesso. Ecco, allora, la fuga verso un paese addormentato e, ma è un’opinione che si sta rivelando sempre più errata, che appare un’isola di pace in cui stordirsi con un’assordante normalità.La sua scoperta, dopo l’incontro con Sh, consiste nel fatto che egli è, in realtà, fuggito da se stesso, come dici bene tu ma, ora, tutte le ombre del passato sembrano ritornare da lui per dirgli qualcosa che lo spaventa. E questa rivelazione è il rendersi conto che quella vita così “normale” lo sta rendendo un uomo vuoto e spento. Il terribile omicidio ma, soprattutto, il lampo di nuova energia che gli è arrivato attraverso gli occhi di Sh, lo stanno caricando di una tensione vitale quasi rigenerante per lui. |
Mary è incinta!! Sono più scioccata di John!! Poverino, non ci voleva proprio!! Che tempismo!! Spero tanto che non sia figlio di John, altrimenti quest'ultimo non riuscirà mai a lasciare sua moglie... |
Ciao!! *^* |
La pausa nella roulotte di Martha Hudson ha costituito una piacevole pausa nei suoi impegni “esistenziali”: il trovarsi in quell’atmosfera protetta ed evocativa di tante suggestioni positive ha permesso a John di lasciare fuori dalla porta, per un po’, tutto il peso dei problemi che hanno cominciato a farsi pressanti e da cui si sente assediato. Innanzi tutto c’è tutto il disorientamento provocato in lui dall’incontro con un personaggio così unico come Sh, poi c’è la crisi del suo matrimonio con Mary; non manca, come grossa delusione, la consapevolezza che la gente di Cornville non è certo espressione di una rete di rapporti sociali improntati sempre alla generosità ed alla sincerità negli approcci interpersonali. Si aggiunge, poi, come se non bastasse, la scoperta che un terribile assassino sta circolando indisturbato. Dunque l’uscita da quella roulotte è un rientrare concretamente nella dimensione problematica che ha assunto ultimamente la sua vita. Molto evocativa, a questo proposito, la comparsa di quel verde ramarro che si crogiola beatamente al sole: ricca di una piacevole ironia l’immagine di John che si perde a guardare quella bestiolina come se fosse la rappresentazione ideale di un’esistenza invidiabile, senza preoccupazioni, senza complicazioni. Per lui, invece, il momento di “rigenerazione” interiore è bruscamente finito, si torna nel caos del suo cuore (“…Perché fissi una lucertola?..”); è proprio la voce magnetica di Sh che lo richiama alla tensione della realtà. E qui inserisci un “viaggio” allucinante e fulmineo che il povero John compie, come prigioniero di un incantesimo, nelle più intriganti caratteristiche fisiche di Holmes che culminano nei “ due laghi azzurri” dei suoi incredibili occhi. Con quell’imbarazzo in cui, poi, entrambi si trovano, di colpo, muti ed incapaci di districarsi dal groviglio di emozioni sotterranee, fai sfumare la tinta ironica che mi ha divertito fino a quel momento. Ad interrompere bruscamente la potenziale magia di quell’istante, fai irrompere sulla scena l’odioso, almeno per me e sicuramente per Watson, Victor. Alla fine del capitolo John fugge letteralmente dal campo, di fronte ad una situazione che, per lui, è diventata ingestibile anche a causa della scarica di gelosia che lo ha scosso. E si comporta allo stesso modo del piccolo ramarro che si spaventa per la frettolosità di un gesto del medico (“…che sparì velocissimo…”): fugge senza voltarsi indietro ed avere la possibilità di scoprire che è seguito dallo sguardo di Sh. Ho trovato, in questo capitolo, un bell’intreccio d’ immagini e significati ed una conclusione molto intensa. |