Recensioni per
A Freak Show
di naisia
Ciao! *W* |
La scena del crimine è veramente inquietante! Che morte atroce!! Mi sa che qualcuno vuole far ricadere la colpa dell'omicidio sui circensi, magari proprio su Sherlock!! 😞 |
Lo considererei un capitolo di passaggio, questo, verso una consapevolezza che, a poco a poco, ha preso forma e fattezze precise, cioè quelle di Sh. Infatti il disagio, che John sente farsi sempre più palpabile dentro di sé, ora, dopo quegli attimi così inattesi nel bagno, adesso è perfettamente comprensibile: ciò che lo tormenta è “quello strambo inglese spilungone, maleducato e . . .maledettamente ambiguo…”. Addirittura sospetto che, con una sorta di atto telepatico, ci fosse anche lui, almeno con la sua mente, lì, nel bagno assieme a John, tanta è la nitidezza con cui sono apparsi i suoi occhi, “due lame di azzurro ghiaccio”. Quello che ho apprezzato di più, in questo capitolo, è la tua notevole capacità espressiva con la quale hai trasfigurato un momento umanissimo, come quello che vive Watson dentro la vasca da bagno, quasi inconsapevolmente, in una successione di immagini fantastiche, nelle quali le caratteristiche fisiche di Sh vengono come rese oggetto di magia in una straordinaria successione di colori e di forme indistinte. Quella che ho trovato suggestiva ed evocativa al di sopra di altre, pure scritte con sapiente carica onirica, è quella che riporta a John il fascino della capigliatura di Sh, che tu hai paragonato, per il colore e la lucentezza, al piumaggio del corvo (“…Un'ala nera di corvo si dissolse in volute di fumo, arricciandosi…”): adesso non voglio sembrare troppo complimentosa ed esagerata nel lodarti, ma è un’immagine veramente splendida. Proprio questo tuo trasformare la realtà più delicata ed umana in visione fantastica, ha fatto sì che il raccontare quell’atto così personale ed intimo di John, non scada nel volgare e nell’imbarazzante. |
Ciao! |
Oddio, non può finire così! |
Mai titolo fu più indovinato di quello che hai assegnato a questo capitolo: sconvolto dal clima strano che si è venuto a creare nella roulotte dei circensi, John si ritrova, quasi senza accorgersene, a casa sua. Ed è qui che si rivela il vero significato del suo malessere. Infatti, come primo indizio di quello che gli sta succedendo, comprendiamo che non abbia voluto fortemente farvi ritorno, ma vi sia giunto come per forza d’inerzia, non spinto dal desiderio di andare a casa ma di fuggire dal forte turbamento in cui Sh l’ha gettato con il suo atteggiamento. Trevor fa parte della scena, parte integrante in quanto è un indice di ciò che a John sembra impossibile e cioè il fatto che il sentimento che lo spinge a detestare “quel figurino” (concordo pienamente con l’identificazione del personaggio con Hiddlestone) sia pura e semplice gelosia. Nel descrivere l’incontro con lui, hai “condito” il tutto con una piacevole ironia (“…fluente acconciatura probabilmente a prova di tornado…”), che dimostra come il tutto sia da te organizzato stilisticamente in modo da farci partecipi del punto di vista di John che se la prende perfino con il cestino della bici: sicuramente egli è terribilmente a disagio per quello che gli ha provocato Sh e qualsiasi indizio che potrebbe dargli un che di “femminile” in questi momenti no, non può sopportarlo. Watson non è tornato a casa, infatti la vede con occhi diversi, di lucida analisi e tutto gli appare squallido e scontato, perfino i suoi ricordi, legati all’incontro con la moglie ed al matrimonio, assumono una luce diversa, di deludente piattezza. In questo scenario che tu descrivi con molta accuratezza, spicca, però, Mary che, nel lasciarlo solo in cucina, se ne esce con una frase che non è scontata o banale: è l’azzeccata ipotesi, espressa anche con parole non ovvie, su qualcosa che si agita nell’animo di John. E lei l’ha capito. Hai espresso efficacemente molti aspetti, rendendo sempre più di spessore la tua storia. |
Bellissimo capitolo! John è nei guai!! L'incontro con Sherlock lo ha sconvolto! Sta mettendo in dubbio tutta la sua vita!! |
Ciao! *W* |
Ehilà, eccomi qui, una nuova lettrice u.u |
Non credo che sia casuale l'impressione, che hai voluto trasmetterci, che John ha di cogliere qualcosa del suo passato familiare nella roulotte di Sh, osservando la signora Hudson e studiandola con gli occhi della memoria della sua infanzia. Una sensazione che lo fa sentire stranamente legato a quella gente, e con questo hai acuito il divario che si sta aprendo sempre di più tra l’ambiente di Cornville e quello di cui, inconsciamente, si è messo alla ricerca Watson: non c’è dubbio sul suo rispetto ed il suo affetto per Mary ma la delusione da lui ricevuta, durante e dopo lo spettacolo al circo, ha incrinato una superficie di apparente tranquillità ed appagamento. Indubbiamente John sente un vuoto dentro di sé, un malessere che lo inquieta. Poi c'è il magnetismo di Sh, infido come una serpe nel suo giocare con il medico, mettendolo in imbarazzo. La sua voce bassa e sensuale, gli occhi incredibili, le labbra, i capelli: le caratteristiche in cui si esprime il suo fascino diventano trappole insidiose per la limpida propensione alla solidarietà umana di John. Evidentemente le esperienze negative che Sh ha compiuto relazionandosi con gli altri, gli hanno lasciato un sapore amaro di delusione, facendolo innalzare un riparo costituito da atteggiamenti arroganti ed, in questo caso, veramente insolenti. Ma sembra che quel “dottorino di provincia”, nonostante tutto, abbia smosso in lui qualcosa di particolare (“…E per un attimo gli dispiacque…”). Hai introdotto, ma non da questo capitolo, anche un altro nucleo tematico su cui scorre la tua storia e cioè l’ambiguità dell’atmosfera che già si è intuita riguardo ai personaggi che animano il circo: cominciamo a sospettare che in quell’organizzazione non sia tutto limpido e tranquillo ("...Aveva curato troppe persone per non sapere che i lividi..."). E qui si può iniziare ad avere una sorta di conferma ai nostri sospetti che il proprietario, Moriarty, sia un individuo losco e violento. Storia sempre più interessante. |
Questa storia diventa sempre più intrigante! Sherlock è stato un po' cattivello con John.. Povero dottore, alla fine, per salvare la faccia, è praticamente scappato! |
Ciao! *-* |
"...Osservò per un attimo le lame di luce dorata che filtravano...": trovo questo passaggio molto suggestivo per il modo con cui hai inserito questo momento nella normalità e nella banalità che ora John scopre esserci sempre state in ciò che lo circonda. Qualcosa di magico si è infiltrato nella sua vita, come la luce dorata di quel raggio di sole, dando un altro aspetto alle cose. È un capitolo di raccordo ben scritto, in cui ciò che accade viene spiegato in modo circostanziato, supportato dalla tua singolare capacità di descrivere quello che vuoi farci vedere. Per esempio, infatti, percepiamo perfettamente l'atmosfera quasi sfatta e malinconica della roulotte in cui si trova Sh, circondato, però, da persone che, a modo loro, si prendono cura di lui, o almeno è questo che appare. Invece John vede ciò che è il suo ambiente, Cornville, anche affettivo, in una luce, che forse è quella vera, desolante di ignoranza, ipocrisia, superficialità. E la stessa Mary fa parte, purtroppo, di tutto ciò. Altro momento che mi è piaciuto particolarmente è stato quando ci fai assistere alla trasformazione di Watson, non priva di ironia, da pacato dottore di provincia a superefficiente ufficiale medico: prerogativa di questo passaggio è l'immediato volgersi del registro linguistico ad una sequela di parolacce che sottolineano, senza tanti fronzoli, la drammatica urgenza del caso. Ho trovato ben riuscito questo quadretto, efficace nel convulso svolgersi dei fatti. La deformità di Billy, l'atmosfera fumosa e soffocante della roulotte mettono in risalto la fragilità di Sh, personaggio che appare subito fuori posto in quel luogo così desolante. |
Ciao! Mamma mia, che ansia! John ha salvato Sherlock per un pelo!! Era andato in overdose, incredibile! Gli ci vorrebbe una bella lavata di testa e credo proprio che il buon dottore gliela farà, o almeno lo spero!! |
Ciao! *W* |