Carissima Shilyss,
eccomi qui da te e da questa storia che attendeva da tantissimo di essere letta, e mi dispiaccio anche di essere giunta con tanto ritardo da lei perché è una meraviglia, c’è poco da dire. Le tue storie, soprattutto le fiabe, sono talmente originali e costruite ad arte che mi scordo di essere su un sito amatoriale: sono piccoli capolavori, tratteggiati da uno stile dal sapore poetico e leggendario, costruiti attorno a idee tanto interessanti e originali che davvero sono autonome da qualsiasi base di fandom. Sono originali, punto. E più ne leggo più le amo.
Volevo prendermela con calma nel leggere, ma l’altra notte mi sono ritrovata a non riuscire a dormire e l’ho divorata tutta in pochissimo tempo. Che scrivi divinamente lo sapevo già, ma credo sia una delle tue storie più belle, questa, forse proprio una delle mie preferite tra quelle che ho letto fin ora. Vedrò di andare con ordine!
La storia inizia con l’eco di una leggenda, introdotta da quel “si dice che” proprio dei racconti sospesi tra immaginario e realtà che dà l’impressione di trovarsi davanti a quelle quattro pagine che hanno condotto le ricerche di Sigyn e il padre fino nel bosco belga, alla ricerca della verità sulla “prigione” del dio degli inganni. E qui hai saputo perfettamente creare un mito che si piegasse alla trama della fiaba senza snaturare in alcun modo i personaggi e l’immaginario mitologico: che Loki riesca a venir ingannato a propria volta e costretto a scontare pene – inflittegli da chi sta sopra di lui, nel regno divino – sappiamo che accade, con quella pena che lo vede soffrire in una grotta con Sigyn sempre al suo fianco che raccoglie il veleno che gli dovrebbe colare sulla testa. In questo caso, invece, con i suoi raggiri e lo sprezzo per il mondo dei mortali, si trova confinato proprio su quel regno che tanto disprezza, costretto a passarvi ogni giorno rinchiuso in un castello, in un eterno ripetersi di giorni sempre uguali e solitari.
E su questa leggenda di una bestia confinata in una foresta e a guardia di un tesoro immenso si fondano le ricerche del padre di Sigyn. Ho amato tantissimo quanto, a partire dal primo capitolo, hai inserito di elementi legati al mondo dei testi antichi, della filologia, a partire da quest’edizione seicentesca e il suo confronto con il testo da cui deriva e l’unico altre esemplare fratello, che porta alla scoperta delle pagine aggiuntive che paiono guidare al tesoro del dio degli inganni. Insomma, ogni volta che inserisci simili dettagli nelle tue storie mi illumino d’immenso, anche perché lo fai sempre con una tale cura e verosimiglianza che posso solo amare questi richiami.
Ma, come dicevo, eravamo rimaste al padre di Sigyn che segue, per amor di conoscenza, le parole di queste quattro pagine e non fa più ritorno dalla figlia, come nella fiaba a cui ti ispiri, la quale parte allora alla ricerca del genitore e si inoltra a propria volta nel bosco incantato, che per la collocazione che hai scelto e le atmosfere che suggerisce, con questi tappeti di giacinti che coprono ogni cosa, incantato è per davvero!
Ulteriore divagazione – e perdonami se mi ci soffermo – ma ho apprezzato tantissimo l’inserimento del cervo che appare dalla boscaglia e sparisce poi tra le fronde. Dubito sia proprio un caso il suo inserimento (non mi ricordo accada nel cartone Disney o nella fiaba originale – forse in questo caso sì), dato che si tratta di un topos ricorrente in molte fiabe e leggende di diverse tradizioni e folklori – a partire forse proprio dall’Odissea e il cervo ucciso da Ulisse prima di incontrare Circe –, con l’eroe che incontra un cervo nella foresta in cui poi si addentrerà e dove troverà una donna – a volte vecchia che poi si scopre essere in realtà una bellissima giovane, un po’ come accade alla fata del cartone – con poteri magici, che lo sedurrà o di cui si innamorerà. In questo caso non si parla di una maga, ma di un dio, e a mio parere l’inserimento di questo elemento non è che la conferma – di cui per altro non avevo bisogno, ma che è stato bellissimo trovare, comunque – dell’approfondimento di ogni tua storia e dell’attenzione che sai mettere in ogni singola frase scelta. Ripeto, leggerti dà sempre l’impressione di non essere per nulla in un contesto amatoriale, perché nelle tue storie di amatoriale c’è ben poco: ci sono una grandissima conoscenza di tutto ciò di cui scrivi, ricercatezza e soprattutto più piani di lettura (che io forse non saprò cogliere spesso, ma che le poche volte che riesco a comprendere mi riempiono di ammirazione per i tuoi lavori).
Bene, ora mi decido ad andare oltre questa fugace apparizione di un cervo!
Ancora una volta sono rimasta ammaliata da come hai saputo sfruttare la trama della fiaba per superarla e costruirci attorno un’impalcatura che si regge perfettamente e amalgama mito e fiaba: abbiamo quindi una rosa d’oro, e non una del giardino del castello, parte del tesoro custodito in una grotta che segna il destino del padre di Sigyn, rinchiuso nelle segrete da Loki. Ed è sempre questo favoloso tesoro a condannare gli uomini che accompagnano Sigyn, sbranati da Fenrir – di nuovo, mi è piaciuto moltissimo come tu abbia giocato con la sua figura, quella dei lupi che attaccano Belle e i servitori tramutati in oggetti.
Ma la giovane, pura di cuore, non si lascia corrompere dal tesoro e viene così salvata da Loki che si prende cura di lei. Di questa Sigyn ho amato moltissimo lo spirito positivista che la anima, che crede nella scienza e nel progresso, nel controllo dell’uomo sul mondo e la natura grazie alle conoscenze, e che allo stesso tempo è stata cresciuta da un padre che rincorre miti e leggende, miti che lei stessa conosce e che si trova a dover constatare essere veri. È un incontro/scontro di due “mondi” che la ragazza incarna perfettamente e che mi ha solo fatto innamorare ancora di più della tua Sigyn, sempre così curiosa, ansiosa di conoscere e intelligente. E la sua fedeltà, tratto caratteristico della figura mitologica, si mostra benissimo anche nell’amore per questo padre, di cui non condivide la ricerca e l’aspirazione, ma che ciò nonostante appoggia, difende, insegue fino in Belgio e per il quale si sacrifica, accettando di essere prigioniera ogni giorno che le resta pur di salvarlo e lasciarlo vivere quel poco che gli resta nel mondo, lontano dalle fredde celle di Loki.
Ho sproloquiato abbastanza per questa sola recensione, credo, non vorrei annoiarti troppo quindi rimando a un altro giorno il commento al seguito. Ma ribadisco ancora una volta come io abbia amato tutta questa storia e come essa sia già tra le preferite da quando sono giunta al punto conclusivo. Tu e la tua scrittura non fate altro che stupirmi e ammaliarmi di più a ogni lettura, e questa storia non ne è che la riprova.
Un grande abbraccio e a presto,
Maqry |