Recensioni per
Four.
di PathosforaBeast
Ciao, con mia somma sorpresa scopro che oltre a "Fly" avevi pubblicato anche questa, sempre il 28 dicembre... me ne accorgo soltanto ora e passo rapidamente anche da qui. |
Ciao, sono in un ritardo a dir poco astronomico e soltanto ora mi accorgo che questa storia è del 28 dicembre! Non so come sia possibile che l'abbia tenuta da parte così tanto tempo... Come sempre, per ogni storia che scritta da te, la lettura non è mai banale né semplice. Credo che buona parte del merito sia tuo, ma altrettanto sia dei personaggi che scegli di utilizzare. Il come li ritrai è un altro punto fondamentale, perché tra le tue mani neanche John Watson è banale o piatto. Tu scegli di utilizzare sempre Mycroft come punto di riferimento attorno al quale ruotano personaggi e situazioni più o meno complessi o più o meno drammatiche. In questo caso al centro di tutto c'è la solitudine di Mycroft in quello che sembra essere un viaggio, l'ultimo di zio Rudy. Hai descritto la sua solitudine e il suo dolore, ma soprattutto la sua incapacità di esprimerlo nella maniera corretta, per la morte di un qualcuno che non era semplicemente tanto amato, ma era un vero e proprio punto di riferimento. Ho avuto la sensazione, più volte durante la lettura, che Mycroft avesse perso un qualcuno del calibro di un genitore. Rudy era il suo mentore, questo è chiarissimo da quello che dice. Era quella persona che gli ha insegnato tutto quanto, non soltanto a muoversi nel difficile lavoro che svolge, ma credo anche a essere liberamente se stesso. Questo poi è un concetto che di tanto in tanto torna nelle tue storie, noto che è sempre come se Mycroft cercasse maniere di esprimersi non semplicemente e banalmente al meglio, ma nella maniera che è più da lui possibile. Insoma è sempre un Mycroft che cerca la propria strada, ecco. |
Titolo, questo che hai scelto per la tua storia, che m’ispira molto, perché il volare porta con sè orizzonti infiniti, libertà, voglia di essere al di sopra di ogni problema. Protagonista, ovviamente, ancora Mycroft, a cui affianchi l’affascinante figura dello zio Rudy. Personaggio che viene citato in TFP e non compare ma diventa tassello importante per poter ricostruire i retroscena, a dire poco inquietanti, della famiglia Holmes e del dramma originato dalla tragica diversità di Eurus. A fronte di due figure genitoriali piuttosto impotenti di fronte alla diabolica personalità della piccola di casa, zio Rudy diventa il personaggio indispensabile che “risolverà”, a modo suo, il problema di una mente eccezionale capace solo di fare del male a sè ed agli altri. Sappiamo infatti che Eurus verrà rinchiusa e “sepolta” nell’oblio di un luogo orribile. Ma, ovviamente, Rudy, con il passare del tempo, deve pur “lasciare in eredità” la gestione del terribile segreto di famiglia, è fatidico, lo scorrere della vita impone determinate scelte; è proprio Mycroft il predestinato. Sì, perché è il maggiore, é quello che si dimostra studioso e ligio alle regole. Sh è il minore ed, oltretutto, ritenuto inadeguato a portare il peso della terribile “bugia” degli Holmes. Venendo direttamente alla tua storia, posso dire che è un testo denso e ricco di riferimenti al passato familiare degli Holmes, riferimenti che trovano conferma nel clima teso ed angosciante della S4. Qui, tu, metti in risalto la figura di Mycroft che, secondo me, non è stato un personaggio secondario nel dramma che ha segnato profondamente la psiche di Sh. Infatti è su di lui che è stato scaricato il peso immane di responsabilità familiari e segreti che avrebbero messo a dura prova persone anche con più esperienza e più avanti negli anni. Tu ritrai un giovane Mycroft, tutto sommato affascinato dalla vita e da ciò che potrebbe riservargli il futuro. Questo l’hai espresso perfettamente con quel suo assaporare la carezza del sole, abbandonandosi al movimento dolce dell’altalena. Ma, poi, accendi un duro contrasto tra questa piacevole parentesi e quello che ritengo un sogno, anzi, un incubo, se non ho interpretato male, in cui il peso delle responsabilità prende concretezza in corde che lo costringono su una sedia. E poi quello schiaffo, duro, violento, colmo di cattiveria, che è coerente con l’atmosfera di angoscia derivante dal sentirsi prigioniero di un ruolo e di dover risponderne a persone non adeguate, per esempio, al difficile ruolo di genitori. Hai reso molto bene il senso di oppressione e di pesantezza attraverso immagini efficaci (“...macigni...”). In tutto questo disagio c’è un unico punto fermo, la figura dello zio Rudy che tu connoti con suggestive pennellate intinte nella raffinatezza dei suoi atteggiamenti, nella grande cultura che nutre il suo modo di pensare e di trasmettere al nipote la sua eredità spirituale. Un’eredita, questa, che trascende ogni senso morale, di un’etica condivisa: tutto dev’essere guidato, secondo me, dall’autosufficienza interiore, dal controllo assoluto dei sentimenti, dall’unico giudizio autoreferenziale. Tutto ciò sicuramente giustifica, e così ci ancoriamo solidamente all’IC più completo, il lapidario “Caring is not an advantage” che Mycroft trasmette ad uno Sh sconvolto per la (presunta) morte d’Irene. Zio Rudy, ora non c’è più, non resta che chiudere nella memoria la sua preziosa presenza. Probabilmente le sue ceneri verranno lasciate al vento e questo lo farà volare, libero. |
Penso che il titolo possa tradursi con “desiderio, aspirazione...”. Giusto?! Cioè parli di un tendere, con tutti se stessi verso qualcosa di veramente importante per noi, un obiettivo importante. Ed abbiamo l’impagabile Mycroft come unico protagonista sulla scena. |
Ciao, mi sono presa un po' di tempo prima di fermarmi e lasciarti una recensione perché, a ora, non sono sicura di aver capito di che cosa parla questa poesia. Non ho particolari problemi col formulare delle teorie, anche sbagliate perché errare è umano e soprattutto perché una visione non è mai del tutto sbagliata se è un'interpretazione e soprattutto di un testo così criptico (passami il termine, magari non volevi che lo fosse, ma per me lo è stato davvero), ma volevo essere sicura di avere io un'idea di quello che avevo letto. E quindi ho aspettato e nel frattempo l'ho riletta diverse volte e più la leggevo, più mi si formulava in testa un'idea ben precisa che ora proverò a mettere per iscritto e che potrebbe, lo dico candidamente, essere del tutto sbagliata. |
Ti dirò sinceramente che ho esitato parecchio prima di mettere giù qualche osservazione perché desidero scrivere cose sensate e non inseguire quello che potrebbe essere una mia interpretazione di ciò che hai scritto. |
Un crossover tra “Good Omens” e “Sherlock” BBC è davvero un “piatto” prelibato per me che vedo qui riuniti due mondi che amo molto, perché anche la storia di ‘Zira e Crowley la trovo appassionante e assolutamente diversa ed originale rispetto ad altre proposte. |
Ciao, la prima cosa che voglio dirti è che sono contenta di rivederti da queste parti. Trovare una tua nuova storia è sempre un grande piacere, ma questa volta la sorpresa è stata ancora più grande del solito. Tutto mi sarei aspettata da te, tranne che un crossover con Good Omens! Sul serio, credo di essere rimasta a bocca aperta per un attimo o due intanto che realizzavo quello che stava succedendo. Sono molto contenta che tu lo abbia scritto e che abbia anche scritto quelle note finali, in effetti puntualizzano una o due cose che nella lettura purtroppo si perdono, almeno a un primo sguardo certamente fin troppo distratto come lo è stato il mio intanto che leggevo la prima volta, come il motivo per cui Aziraphale è una donna. Pensavo fosse una fanfiction genderbender!AU in cui i personaggi appartengono a un altro genere, poi ho visto Crowley che sembrava un uomo e allora sono rimasta un attimo confusa. Poi le tue note hanno chiarito tutto e in effetti hai ragionissima, succede anche nella serie, Crowley diventa una donna per fare da tata al piccolo Worlock, una specie di Mary Poppins diabolica tra l'altro. E niente... mi è piaciuto, anche se è stato diciamo strano leggere di questo abbinamento, e qui parlo in generale. Per quanto abbia già letto un crossover tra questi due fandom, resta un qualcosa di inusuale per me da leggere, anche se molto bello come in questo caso. |
Credo che questo sia sicuramente il tuo lavoro più corposo, in termini di lunghezza. Quello insomma con uno svolgimento più ricco e articolato rispetto a quanto pubblichi di solito. Ne sono molto felice, in verità in un primo momento non sapevo bene dove stessi andando a parare e invece guardandola ora e nel suo complesso, la trovo una breve one shot davvero molto carina. |
Grazie a questa tua ff, possiamo dare ancora uno sguardo sulla vita del giovane Mycroft che ci permette di ricostruirne credibilmente le motivazioni che l’hanno portato ad essere “Mister Inghilterra” e le particolarità del suo rapporto con il fratello Sh. |
Ciao, è la seconda volta che scrivo questa recensione (non so come, la prima l'ho cancellata tutta senza neanche rendermene conto) e spero che riuscirò a inviartela correttamente questa volta. Dunque, sono rimasta piacevolmente impressionata da quanto hai scritto, lo dico forse molto spesso e altrettanto spesso ti ho fatto i miei complimenti, così come ti ho detto che hai un modo molto particolare e originale di parlare di questi personaggi, ma a mio avviso certi concetti non li si ripete mai abbastanza. So di avertelo già detto, ma in questo caso non mi faccio problemi a ripeterlo, mi piace molto il modo in cui tratti questi personaggi. Mycroft che di per sé è un personaggio molto complesso e affatto scontato, né semplice da comprendere, riesci a renderlo perfettamente umano. Vicino e distante al tempo stesso. Complicato e semplice nella stessa maniera. Un'altra caratteristica che noto in tutte le storie che scrivi è senz'altro la non banalità dei temi trattati. Non c'è mai niente di ovvio o di scontato e anche quando usi trame più semplici, o che comunque sono già state spesso usate dal fandom, lo fai sempre con un ottica diversa e nuova. Mi piace sempre molto insomma. Anche per questo penso che sarebbe interessante leggerti su storie più articolate e, di fatto, più lunghe. Magari long o corpose one shot. Non che queste brevi non mi piacciano, sia chiaro... più che altro per curiosità mia, perché hai una sensibilità sui personaggi e una delicatezza che sarebbe interessante trovare in qualcosa di differente. Ma prendilo come un invito, ecco perché non vuole essere affatto una critica, anzi. |
Un pezzo, questo, particolarissimo e molto originale, davvero, che accende una luce su quelle che sono le fragilità di Mycroft. |
Dopo una prima lettura della tua intensa ff, stavo giusto riflettendo sul significato del titolo. “Volti”, “facce”… |
Ciao, è sempre un grande piacere ritrovarti da queste parti e specialmente quando ci porti aggiornamenti di questo valore. Come ho già detto credo numerose volte, ho una passione speciale per il personaggio di Mycroft che da pochissime autrici ho visto ritratto in una maniera e che, io e per me, ritengo essere soddisfacente. La tua è senza dubbio una delle mie preferite. Questo Mycroft, quello che ritrai e senza in apparenza fare troppa fatica, è un Mycroft credibilissimo e che vedrei perfettamente anche nella serie. Ce lo hai mostrato, nelle varie storie, in situazioni differenti, in epoche diverse e concentrato anche su fatti e persone diversi. Eppure c'è una costante in tutto questo, in ogni storia che hai scritto e che personalmente immagino come una tesserina di un puzzle, e questa costante è Mycroft. Il suo rapporto con il mondo, su tutto ma anche il suo rapporto con i fatti accaduti. Altra costante infatti è la sua famiglia, molto presente nella sua vita e in un pensiero quasi assillante. Qui Sherlock viene nominato, ma la sua presenza pesa moltissimo anche se non compare. Compare invece lo zio Rudy, di cui sappiamo pochissimo (se non niente) e di cui il fandom ha inventato pressoché ogni cosa. Ma soprattutto c'è Mycroft e il peso che si porta dietro. L'epoca è imprecisata, ma Sherlock ritengo sia sufficientemente grande da essere diventato anche un po' impertinente mentre Mycroft abbastanza da indossare un certo tipo di abiti, da essere già fissato con un certo modo di presentarsi (Ma a questo poi arriverò dopo). Un Mycroft che colloco virtualmente tra i venti e i trent'anni e quindi tanto tempo dopo la morte del piccolo Victor Trevor e la morte di Eurus (o presunta tale). Mycroft porta dentro di sé un peso enorme, che gestisce al meglio delle sue possibilità. In questo non c'è un buono o un cattivo, ma se devo indicare un responsabile direi che questo è lo zio Rudy, che anche in altre tue storie funge da mentore al giovane Mycroft che sarà anche geniale e straordinario, e su questo non discuto, ma che senza dubbio non ha preso certe decisioni da solo. Anzi, le ha subite. Questo Mycroft ci si ritrova, sta dentro a una situazione orribile e dalla quale non sa come fuggire. Viene menzionata l'ansia e io ci credo che ne provi considerando ciò che sa. Trovo sia molto da lui il fare tutto questo per il bene della famiglia, per la stabilità di un nucleo che di stabilità forse non ne ha ancora del tutto trovata e che non ne troverà mai. Mi piace moltissimo il modo in cui hai ritratto Mycroft. Come sei stata attenta alla sua ricerca di particolari, all'immagine che vuole dare di sé. Alla faccia che sceglie di mostrare. Non è falsità, la sua, ma una maniera di proteggersi e di celare i propri segreti che già sono troppi. Questo Mycroft è attento a tutto, dal modo in cui si lava le mani, al vestito che porta. Ho apprezzato tutto il discorso sull'abito che si sceglie di indossare, sulle scelte che si fanno. Un modo per dirgli che lui è ormai padrone di tutto, in realtà io continuo a pensare che lo zio Rudy non so quanto sia positivo come personaggio. Senz'altro ha avuto una pesante influenza sul giovane Mycroft, ma mi chiedo sino a che punto quest sia stata una buona cosa. |
Quello che senza ombra di dubbio viene fuori, da ogni tuo scritto, è la non banalità e di conseguenza l'assoluta complessità dei personaggi da te raccontati e del testo che decidi di proporci. Testo che più o meno verte su concetti simili, anche si di tanto in tanto devii dal tuo tema preferito e ci porti a leggere altro. Ma come ho già detto e come ribadisco, perché certi concetti io penso che non ci si debba mai stancare di ripeterli, sono convinta che Mycroft sia quello che ti viene meglio in assoluto. Non che gli altri siano da meno in quanto a bellezza e ad attinenza con l'originale e non che gli OC (penso a Zio Rudy che OC non lo è del tutto in quanto è un personaggio canon, ma di cui si sa talmente poco che, ora della fine, ci si deve inventare carattere, aspetto e quant'altro) siano da meno. Ma con lui il lavoro che fai è sempre al tuo meglio, tira fuori una dolcezza e una malinconia che sono tratti del suo personaggio che restano un po' nascosti e quasi sfuocati, ma che esistono e che Mark Gatiss riesce a mascherare dietro a una maschera di indifferenza e noia che caratterizzano l'aspetto di "Antartica", così come il suo nome in codice lo definisce. Ma dicevo, tu lo hai analizzato in momenti diversi della sua vita, dalla giovinezza fino all'età più matura, con Mystrade ma anche concentrandoti sull'infanzia e sul rapporto coi fratelli, e non c'è stato un momento in cui non ti sia riuscito il lavoro. Hai una scrittura accurata, precisa, molto corretta da un punto di vista formale (grammaticale, sintattico, lessicale e quant'altro) e grazie alla quale sei capace di tirar fuori dei personaggi calati in situazioni non semplici e, al contrario, spesso emotivamente complesse. In questo caso io credo che tu abbia fatto un lavoro ancora superiore rispetto ai tuoi standard, già molto alti come prima dicevo. Non posso sapere qual è stato il processo di ragionamento che ti ha portato ad accostare questo testo a i: "Poveri in riva al mare" di Picasso. Non so se tu abbia pensato al quadro e poi alla storia o viceversa, ma so che dentro la tua storia c'è tutto. Tutto quello che mi potrebbe mai venire in mente di dire in una recensione e che di certo non dirò, perché non so approfondire abbastanza i concetti o perché più semplicemente me ne dimenticherò mio malgrado. Di sicuro c'è tutto il senso del quadro, il cui soggetto, come dici tu stessa correttamente, è l'incapacità dei personaggi di riuscire a comunicare. Che poi è uno dei tratti principali della famiglia Holmes dopo la faccenda di Eurus e la morte di Victor Trevor. Anche se su questo... Voglio dire, nessuno di noi sa con certezza come siano stati prima che tutti questi fatti accadessero, ma quello che alla fine succede e anche molto drammaticamente mi porta a ritenere che né mamma né papà Holmes fossero sufficientemente attenti a quanto stava succedendo. Le parole di Mycroft in The final problem lasciano suggerire che lui avesse capito che, in Eurus, qualcosa che non andava c'era. E tu infatti qui riprendi il concetto. Anche qui Mycroft si dà parte della colpa di quanto accaduto, ritenendosi in parte responsabile. E anche ingiustamente perché non penso affatto che potesse fare qualcosa per salvare la situazione. Specialmente se si pensa a quanti anni aveva all'epoca. Eppure Mycroft si incolpa di quanto accaduto, del suo non esserne reso conto prima, del non aver esposto i propri dubbi a nessuno... Io penso, e non lo dico con cattiveria, che parte della responsabilità sia dei genitori troppo distratti o disattenti o comunque troppo svagati per comprendere tutto quello che stava succedendo. Sì, è anche vero che una cosa simile da parte di uno dei tuoi figli non te l'aspetti mai e che gestirla non è di certo la cosa più semplice ed è anche vero che la sofferenza del padre e della madre la si vede attraverso le tue parole, ma come dicevo... Beh, i genitori di Sherlock hanno delle profonde lacune e le mostrano proprio nella parte finale di The final problem. La loro non capacità di comunicare, quella di cui è permeata questa storia, è stata ereditata dai figli perché Sherlock e Mycroft hanno finito con l'essere come loro e col non riuscire mai a dirsi le cose importanti, le cose che li fanno soffrire o li rendono felici. Questo è a mio avviso uno degli scogli più grandi nel loro rapporto. E Mycroft di tutto questo ne soffre e questo grido di dolore viene fuori perfettamente in questo tuo scritto. Uno degli aspetti che a mio avviso viene fuori al meglio è l'affetto che nutre verso il fratello. Sherlock che sappiamo finirà col dimenticare ogni cosa, qui è ancora in una fase intermedia. Sappiamo che è intelligente, oltre che molto sottovalutato da Mycroft, ma è talmente piccolo che non penso abbia metabolizzato quanto accaduto. Quello che è sicuro è che la preoccupazione di Mycroft ce l'hai descritta in maniera magistrale, tutta la storia lo è. E ci sono dei passaggi davvero molto intensi, emotivi, scritti con la tua solita mano delicata. |