Recensioni per
La strada che porta a te
di MissAdler

Questa storia ha ottenuto 56 recensioni.
Positive : 56
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
23/02/20, ore 19:42

 

Arrivo sul secondo capitolo...Leggendo la tua risposta alla mia recensione mi sono resa conto di non aver capito bene ciò che hai voluto esprimere relativamente all’ ”errore umano”. Mi rendo conto di averti scritto delle osservazioni che, in effetti, hanno espresso più il mio pensiero che il tuo. Mi scuso ma a volte, anzi, molto spesso, mi lascio trascinare dal corso delle mie riflessioni, senza soffermarmi là dove, invece, bisognerebbe dare più ascolto a chi scrive. Fa parte del mio carattere che tende ad “invadere” spazi che non sono miei. In parole povere non ho capito una m.....a di quello che volevi trasmetterci e me ne scuso di nuovo. Ma, e continuo ad usare il mio “mantra”, cioè il “secondo me”, io penso che, se un’Autrice riesce a liberare le idee di chi legge verso direzioni che potrebbero anche non essere quelle previste, significa che ha l’energia e la capacità di suscitare il desiderio di approfondire di chi legge ed il suo tentativo di fruitore di dare un volto preciso a ciò che s’affaccia alla mente, richiamato dai messaggi della storia. Perciò ti prego di non dare ascolto alle mie elucubrazioni, e di considerarti un vero e proprio “conduttore di luce” che può farci vedere oltre il testo.
Dunque, l’ ”errore umano” è l’innamorarsi, il permettere che un granello, apparentemente innocuo, faccia inceppare un meccanismo di vita.
Scritto questo, PROVO ad interpretare questo tuo secondo capitolo, sperando di non prendere altre cantonate
Il pezzo si apre con un’atmosfera piacevole e stimolante in cui John comincia a considerare davvero il fatto che, tra lui e Sh, ci possa essere più di un’amicizia. Pertanto risponde senza esitazione alle sue chiamate, ne osserva attentamente i comportamenti, crogiolandosi nel notare che l’arrogante saccenteria, destinata agli altri, non rientra nel modo di comunicare del consulting con lui.
Percepiamo, nello scorrere dei suoi pensieri, che John si trova a suo agio nel riprendere la collaborazione con Sh, proprio perché ritrova una consuetudine che, negli anni precedenti, ha sempre caratterizzato il loro sodalizio. Ora, però, gli instilli una nuova consapevolezza che diventa, un po’ alla volta, speranza che qualsiasi cosa li leghi, esca allo scoperto e faccia riconoscere il suo vero volto.
Inserisci qui la figura dell’analista dietro alla quale , nella S4, si celava la terribile Eurus, che, almeno a me, suscita inquietudine ed un senso di preoccupata attesa (“...occhi impenetrabili che per un attimo mi sembrarono vitrei ed inquietanti...”). Apro una parentesi: non so cosa tu abbia previsto come sviluppo del personaggio suddetto, però ti confido che non riesco a scinderlo dalla folle sorella Holmes.
Molto interessante la “filosofia del seitan”, che invita a fare un’esperienza per poi catalogarla con l’etichetta giusta.
Ora, il dubbio di John riguarda il futuro di quello che tu, attraverso le sue riflessioni, chiami il suo “piccolo mondo precario”, che la completa presa di coscienza del sentimento che lo lega a Sh praticamente dal primo istante in cui l’ha visto, e credo fosse reciproco, potrebbe mettere a soqquadro. Il crollo delle sue certezze sul suo orientamento sessuale e la necessità di rimettersi in discussione: tali sono le cose indiscutibili che John mette in evidenza sul “tavolo” di “lavoro” della sua mente e del suo cuore.
In questo terreno sconnesso, in cui è difficile mantenere l’equilibrio, inoltre, la figura della psicoterapeuta, come ho già scritto sopra, con i suoi interventi, certo non sembra stimolarlo verso una risoluzione del problema. Forse John, istintivamente, non ne ha la completa fiducia.
Tu metti bene in risalto la sua convinzione per cui, svelare la meta del suo percorso di presa di coscienza della situazione, porterebbe comunque ad un unico risultato, sempre quello: Sherlock. E questa rivelazione non la vuole condividere con l’analista. Tale atteggiamento, a prima vista, può sembrare incoerente: uno sceglie di andare in analisi e poi si nasconde dietro a mille riserve.
“...mostrando un interesse che non riuscivo a spiegarmi...”: a parte l’ambigua connotazione che dai alla psicoterapeuta, spero di aver capito che la “rivelazione” relativa all’ “errore umano” che ora sta diventando davvero preponderante nel cuore di John, gli è già nota ma troppo abbagliante per delinearne perfettamente i contorni. Ma lui sa già chi c’è, confuso, nella luce delle certezze che non se la sente, per ora, di accettare completamente. Piacevole la rappresentazione della possibile soluzione racchiusa nella “filosofia del seitan”: l’argomento, come tutto qui, del resto, è visto con lo sguardo di John, ovviamente siamo nel suo POV, ed, appunto, c’è il “taglio” sommario e senza particolari introspezioni che è tipico della mentalità maschile. Bello ed intenso l’intercalare dei suoi desideri (“...Perché lui non irrompe...”), connotati appunto da un’energia particolare, che ha l’immediatezza di un esprimersi, come dicevo sopra, privo di filtri.
Una carica di spontaneità e di “ruvidezza” mascolina, in un mix efficacissimo, per esempio l’esprimi anche nella riflessione che John elabora mentre accompagna verso casa Beth, in cui oscilla con leggerezza tra il profumo di lei e l’immagine decisamente più prosaica che la sua mente associa a Sh. Questo è un punto splendido, coerente con il POV che hai scelto e con la situazione che sta vivendo Watson.
Proseguendo nella lettura, però, ci si accorge che la tua attenzione e la tua originale capacità espressiva accompagnano John a casa, come i pensieri che non perdono d’intensità. Ormai il cammino di presa di coscienza è avviato e penso proprio che l’arrivo alla vera e propria consapevolezza non sia molto lontano. Molto suggestiva l’immagine di uno Sh che é elegante persino quando imbocca Rosie, per raggiungere le vette dell’inarrivabile quando si esprime con il suono del violino. E mi piace molto che, ora, John capisca i suoi stati d’animo dal tipo di melodia che esce dallo strumento ed è un senso di malinconia che coglie. La domanda, anzi la constatazione, che Sh gli rivolge circa il suo rientro a tarda ora dopo la cena con Beth, ha su di lui un effetto destabilizzante circa lo stato d’animo del consulting. John si chiede, infatti, se si tratti di semplice curiosità. O quella malinconia che esce dalle note del violino abbia il suo modo d’essere nella convinzione di un suo “tradimento”...
Molto intenso, non unico comunque per intensità, il passaggio in cui Watson si guarda allo specchio e vede ciò che ritiene non all’altezza del fascino e dell’umanità magnetici di Sh (“...Disadattato, mediocre, incasinato....Ero un disastro. Mi sembrava di offenderlo...”). Ma, secondo me, sono passaggi necessari verso l’accettazione di ciò che è davvero successo a partire da quel primo, ormai mitico, incontro al Barts, sotto lo sguardo benevolo di Mike.
Dubbi, domande senza apparente risposta che vorticano nel cuore e nella mente di John che, in realtà, la risposta ce l’ha, eccome. E la conferma è che è sempre stato Sh e che sarà sempre lui.
La prova decisiva, per lui, è in quel momento intimo, in quella decisione di “essere pragmatico”. E, tu dai un valore immensamente più grande a ciò che John sta facendo con l’inatteso e sorprendente dilagare della sensazione travolgente di essere “intercambiabile, speculare, equivalente” nel confronti di Sh. É una liberazione quella che lui raggiunge, verso la completa accettazione di ciò che lo lega effettivamente ad Holmes.
A questo punto cade, inutile, la “filosofia del seitan”, perché non serve più a John ‘provare per credere”, lui sa già che non gli occorre testare l’identità di ciò, o meglio di “chi”, sial’oggetto del suo desiderio, ma è necessario, a questo punto, non perdere tempo. Dunque, brilla luminoso il “se non ora, quando”.
Quello che tu ci mostri anche in questo secondo capitolo, è un magnifico ritratto di John, che riesce a trovare la strada giusta per il suo cuore con le sue forze. Serve sì l’aiuto della terapeuta ma è come uno stimolo a farcela da solo perchè la posta in gioco, cioè Sh, ai suoi occhi è troppo preziosa per condividerla con estranei, oltretutto inquietanti.
Io non so se la mia chiacchierata abbia un senso, ma ti ho espresso ciò che la lettura di questo capitolo mi ha trasmesso
Se non ho mirato bene al centro del tuo messaggio mi scuso, ma il piacere di leggere qualcosa di veramente valido non può essere perso nelle varie interpretazioni. Certo che mi piacerebbe aver capito tutto perché voi che scrivete dovreste avere un soddisfacente riscontro con il parere dei lettori ma questo non sempre succede. Comunque già il fatto che io sia contenta di trovare le tue storie nella Sezione, e non sono l’unica, dovrebbe già costituire motivo di soddisfazione per te.
È una storia, questa, che costruisce ciò che succede attraverso il succedersi dei pensieri di John, attraverso le sue progressive conquiste che riguardano la consapevolezza del vero volto di ciò che lo lega a Sh. Quest’ultimo appare nello sfondo, elegante e pensieroso, apparentemente lontano ed ignaro dei pensieri di Watson e dei suoi “tormenti”. Ma non sono convinta del tutto della sua “ignoranza” rispetto a quello in cui è perso John. Penso, invece, che la sua perspicacia abbia già letto tra le righe qualcosa di particolare.
Un ultimo appunto sul tuo modo di scrivere: è assolutamente coerente con il contenuto che, in questo caso, è filtrato dal POV di John e ne ha mutuato l’immediatezza, la concretezza, la lontananza da sovrastrutture che indugino al “ricamo”. Brava, davvero.

Recensore Master
22/02/20, ore 10:16

Ciao, eccomi di nuovo a lasciarti una recensione. Avevo già letto il capitolo e ora ho appena finito di rileggerlo (anche se devo dirti che l'avevo leggiucchiato qua e là nei giorni passati) e, per riprendere le tue parole o quelle di Aciman... se non ora quando? E quindi eccomi qui e devo già subito dirti una cosa che mi tengo in serbo di dirti fin da martedì scorso, quando ho letto il capitolo per la prima volta. Avevo appena finito di guardare un episodio de "L'amica geniale". Non so se hai visto la serie o letto i libri, ma nella serie la narrazione della protagonista è volta alla prima persona al passato. Appena finito di guardare quei due episodi mi sono gettata subito in questa storia che ha uno stesso tipo di narrazione e mi pareva quasi fosse stato scritto dalla stessa persona. Non voglio paragonarti alla Ferrante, ci mancherebbe, ma la sensazione che ho provato è stata stranissima. Mi pareva di star leggendo un proseguo naturale di quella storia, anche se si tratta completamente di due faccende diverse. Stili molto simili insomma e atmosfere che mi hanno sbalzata da un punto all'altro della storia, dagli anni sessanta fino all'epoca contemporanea, con personaggi diversi e storie che non c'entrano nulla l'una con l'altra, ma con una narrazione molto simile. E niente... è stato un po' strano, ma ci tenevo a dirtelo anche se non so cosa potresti fartene di questa mia "esperienza" che virgoletto perché non è nemmeno un'esperienza.

Ma comunque, per venire al capitolo in sé... cercherò di essere più sintetica dell'altro giorno ma non garantisco niente, anche qui ho troppe cose da dire. E inizio subito da un punto che ritengo importante e che anche tu rimarchi nelle note finali a questo capitolo ovvero la collocazione temporale. Si era già intuito dal primo capitolo che non era esattamente post The Lying Detective, qui ce ne dai la conferma specificandolo tu nelle note, ma facendolo diventare molto chiaro dal fatto che John parli ancora della propria nuova psicologa o di E. come se non fossero la stessa persona. Non mi era del tutto chiaro se avevi intenzione di inserire anche Eurus o se volevi invece creare una sorta di "what if?" in cui Eurus non c'era proprio, ma alcuni dettagli della descrizione della psicologa mi fanno propendere per il sì. John definisce il suo sguardo inquietante, passaggio che ha inquietato molto anche me. E poi definisce anche strana, o quantomeno atipica, la sua insistenza nel voler parlare di Sherlock. Non conosciamo tutti i dialoghi che sono avvenuti tra John e Eurus, ma c'è da pensare che lei lo abbia spinto a parlare molto di Sherlock, dato che era nei suoi interessi (e anche in quelli di John a dire il vero). Ci sono però troppi dettagli che Moffat e Gatiss omettono di dirci, se per esempio Eurus ha spinto John visto che è una manipolatrice, verso la riappacificazione o verso la separazione dei due. Non è mai stato del tutto chiaro questo passaggio. Qui comunque di Eurus ne parli poco, viene citata e basta. Anche se è una presenza inquietante in tutta la storia c'entra più con i ragionamenti che John fa e che hanno a che vedere con il non voler condividere certe cose con lei. Un tratto tipico di John oltretutto, già con Ella condivideva ben poco. Certo sarebbe interessante capire se non vuole condividere con lei perché la trova inquietante, perché sente che c'è qualcosa che non va, o perché è chiuso di suo e come persona. Potrebbe essere per entrambe le ragioni in effetti. Su questo punto non ho altro da dire, ma presumo che alcune risposte ce le darai tu proseguendo con la storia, quindi resto in attesa di capire qualcosa di più.

Il capitolo è estremamente interessante per diversi motivi, continua ad affascinarmi lo stile, la narrazione in sé così come il flusso di coscienza in cui John cade e a cui si lascia andare come un fruire i pensieri continuo, ma qui avvengono anche altri fatti molto interessanti. Il primo c'entra indubbiamente con l'appuntamento di John. John si definisce come disinteressato agli appuntamenti. In effetti però è passato del tempo da quando ha detto a Greg queste esatte parole, allora era primavera adesso è giugno. Molto interessante il concetto che John usi la morte di Mary come scusa, ma che in realtà il suo non voler uscire con nessuno abbia a che vedere con Sherlock. Lui è quello che pensa di tradire, è lui con il quale vorrebbe uscire. E quindi si scopre più interessato ai casi, ama seguirli con Sherlock, ma non è tutto qui. Mi pare evidente che ami anche la sua quotidianità, al punto che preferirebbe essere a casa con Sherlock e Rosie (che inconsciamente identifica come la sua famiglia) che a fare sesso con una bella donna. Un concetto impensabile per un uomo come John, che alla prima occasione ha lasciato a se stessa la moglie incinta, fregandosene di avere una famiglia e anche allora preferendo Sherlock. Qui non è troppo diverso, solo che John è consapevole. Esce con questa donna io credo anche per dimostrare qualcosa a se stesso. John dice di non essere ancora del tutto sicuro di ciò che prova, il capitolo in questo è un'esplorazione del suo sentimento. Prima non ne è sicuro, non come alla fine quando si sveglia dopo una notte agitata. No, prima è confuso. Pensa che non direbbe mai a Sherlock niente che possa far credere che sia attratto da lui. E quindi esplora, a suo modo. Esce con una donna, ma spera che Sherlock entri dalla porta con un caso (anche fantomatico) e lo trascini via. Vuole abbandonare quella bella donna magari anche con una scusa, tutto pur di stare con Sherlock. Poi non solo non sale per fare sesso con lei, non solo è nauseato alla sola idea, ma pensa a Sherlock per tutto il tempo, soffermandosi a ragionare su quanto sia attraente. In realtà buona parte della sua consapevolezza arriva proprio dal sesso, dalla fisicità. John è attratto da lui, c'è sempre nell'aria l'episodio della camicia, che poi è quello scatenante, però poi si sviluppa e diventa più serio. Sherlock è attraente. Eccitante in ogni cosa che fa, anche gesti banali come accavallare le gambe. Forse non se ne rende nemmeno conto, ma non importa. A John piace lo stesso. E quindi ci arriva, matura questa consapevolezza e per farlo passa attraverso un appuntamento, un rifiuto, un ragionamento e infine anche la masturbazione. Quindi sì, passa attraverso il sesso, ma non solo perché ci sono anche i ricordi. Non è un sentimento nuovo e lui alla fine se ne rende conto, c'è sempre stato. L'errore umano è sempre stato lì, solo che si è rifiutato di vederlo e poi di accettarlo. La cosa più importante comunque è che alla fine John acquisti una consapevolezza nuova, non ha bisogno della filosofia del seitan. Del "non puoi sapere se non hai mai provato", lui sa già che lo desidera, sa già che gli piace e quindi basta ammetterlo e meno male che lo fa.

Molto affascinante anche Sherlock. Nel precedente capitolo avevo detto che di lui si intuiva molto poco, qua si vede già qualcosa di più. Anche se John confessa che non ha idea di quello che gli passa per la testa, si notano alcune sottigliezze. Come la malinconia, una certa amarezza e forse anche della preoccupazione. John è pur sempre uscito con una donna, questo fatto avrà messo in allarme Sherlock. Conoscendolo ne sarà stato anche geloso e comunque non l'avrà presa benissimo. Qualcosa come la si nota, a cena con Rosie come cambia velocemente argomento magari per non pensarci più lui per primo. O ancora dopo quando suona il violino... Sherlock forse è meno enigmatico o magari John è più attento a lui, più deduttivo. Forse sono entrambe le cose messe assieme. Forse tutti e due stanno arrivando a una nuova consapevolezza. Quello che mi preoccupa comunque è Sherlock. John sta facendo un percorso molto netto in questo senso, ha soffocato per anni, ora sta capendo e accettando. Ma Sherlock? Lui ha invece sofferto per amore per anni, probabilmente il cuore spezzato e non crede più sia possibile qualcosa con John. Certo anche John si tormenta in questo senso, crede di non meritarsi Sherlock dopo quel pestaggio in obitorio, è convinto di averlo sporcato. Di aver macchiato un'anima santa e pura. John lo idolatra, stravede per lui e al punto da non essere mai pienamente obiettivo. Ma penso che per lui sarà più semplice buttarsi dentro a una possibile relazione, Sherlock invece credo farà più fatica. Anche se spero comunque di no.

Intanto ti faccio i complimenti, di nuovo, per questa storia stupenda. Spero che l'aggiornamento arrivi presto.
Koa

Recensore Master
21/02/20, ore 16:31
Cap. 1:

Ciao, come ti avevo accennato anche su Facebook avevo già letto questa storia. Non subito, questo è vero, ma ho recuperato presto i primi due capitoli. Il problema è principalmente il trovare un attimo per recensirti, specie perché in questo caso più che mai voglio fare le cose per bene. Perché questa storia che hai pubblicato merita un paio di parole in più e un'analisi più attenta di quanto non faccio di solito, sperando di non risultare troppo pesante.

La primissima cosa che mi sento di dirti riguarda l'idea in sé di staccare dall'altra storia e iniziarne un'altra, sebbene più breve, questo mi pare chiaro da quanto hai accennato qua e là. Hai fatto bene se sentivi che era la cosa giusta da fare, io per esempio rimango sempre concentrata su un'unica long, ma le persone così come gli autori di fan fiction o gli scrittori in generale, funzionano in modi diversi. E poi tutto questo è davvero... beh, pazzesco, lasciamelo dire. Quindi grazie per esserti fermata a scriverla, esserti presa un attimo di pausa dall'altra (di cui comunque, ovviamente, mi interessa leggere il proseguo). La seconda cosa che mi sento di dire è essenzialmente che hai fatto un enorme passo in avanti rispetto a quando hai cominciato a pubblicare l'anno scorso. I miglioramenti stilistici, ma anche a livello di contenuti li si nota benissimo. E questa storia ne è l'esempio più plateale, anche e soprattutto a livello di stile e qui passo a un altro punto.

La scelta di usare la prima persona resta sempre una scelta azzardata per qualsiasi scrittore o autore che sia. Credimi, ho abbandonato libri scritti in prima persona da autori che si presume fossero professionisti. Per quanto dia maggior spessore ai personaggi, la fluidità non è affatto scontata. Anzi, è molto più facile incappare in brutture stilistiche. La decisione vincente è senza dubbio il volgere tutto quanto al passato. Scelta sempre indovinata con la prima persona, ti concede come un distacco tra le azioni compiute e la narrazione in sé, distacco necessario quando il narratore è il protagonista. Un distacco che in genere trovi usando la terza persona, ma che si assottiglia in casi come questo. La prima persona al passato è forse una delle forme di scrittura più appaganti per qualcuno che scrive. Lo è perché ti permette di entrare dentro la testa del personaggio, nella sua anima e di scrivere attraverso di lui. Non c'è alcun filtro, non c'è un narratore esterno. Siete soltanto tu e il personaggio e quanto lui ha da dire. Diventi quasi un mezzo con cui il personaggio, John in questo caso, si esprime. E in questo, credimi, hai fatto davvero un lavoro straordinario. La scrittura è fluida, oltre che priva di errori (ma ogni tuo scritto è impeccabile da questo punto di vista), la sintassi rende il tutto molto dinamico, l'azione vibra nonostante sia una storia prettamente introspettiva. Il vagare che John fa con la mente, in quello che è un flusso di coscienza vero e proprio, ha un ritmo serrato, quasi incalzante direi. Non si stacca mai gli occhi dallo schermo, nemmeno per un attimo e quando arrivi alla fine ti dispiace che sia già terminata. Quindi davvero tanti, ma tanti complimenti per la struttura più tecnica, di cui non parlo spesso nelle mie recensioni, ma che in questo caso meritava una menzione d'onore perché te la meriti tutta, a questo giro direi doppiamente rispetto al solito.

E ora veniamo al resto. Partirei da John, che poi è il fulcro della storia. Per prima cosa, e come accennavo anche sopra, comprendo la tua decisione di staccarti da Sherlock completamente. Succede anche a me, quando scrivo per tanto tempo su un punto di vista unico, il distacco viene quasi naturale. Anzi, sono io la prima a sentirne il bisogno. Comprendo la tua decisione e l'appoggio anche in pieno, considerato ciò che ne hai tirato fuori poi... L'ambientazione è tra le tue preferite, ormai lo so perché ne abbiamo parlato tante volte e come saprai io sono completamente d'accordo con te. Abbiamo una visione molto simile dei personaggi, anche per questo è molto facile leggerti oltre che appagante per me. Il post quarta stagione a mio avviso offre una completezza a livello di caratterizzazione che alle altre stagioni invece manca, per un motivo o per l'altro, magari non mancava all'epoca in cui queste sono uscite e in cui noi scrivevamo, ma manca senz'altro scrivendoci adesso, almeno secondo me. Questo tuo John ha passato tutto quello che sappiamo, la morte di Mary, la finta morte di Sherlock, il pestaggio in obitorio ai danni appunto di Sherlock... e ognuno di questi elementi tu lo hai inserito, mostrandoci come non abbia ancora del tutto superato né perdonato completamente, per fare un esempio, gli ormai famosi due anni di separazione. E mi è piaciuto che tu abbia dato una spiegazione a tutto questo. John era innamorato di Sherlock, questo tu ce lo spieghi benissimo. Lui lo ammette così come dice che ha passato i successivi due anni, Mary o non Mary a tentare di convincersi che non fosse vero e che comunque ormai non servisse più a nulla. Tutto ciò che John fa e non fa, a cavallo tra la seconda e la terza stagione, suggerisce che i suoi pensieri e i non pensieri che faceva, fossero tutti collegati a Sherlock Holmes. Il non esser mai tornato al 221b di Baker Street, il non aver chiamato mai Mrs Hudson, il piangere ancora la morte dopo tanto tempo, la proposta affrettata di matrimonio dopo pochissimo tempo o, come ha detto Douglas McKinnon, lo stesso arredamento della nuova casa di John, speculare a quello del 221b, suggeriscono che non ha ancora superato quel tragico lutto. Perché? Moffat e Gatiss istigano, ma non rispondono mai. Non si assumono la briga di offrire una risposta completa, il che fa parte dello stile di Moffat oltretutto, la sua cifra stilistica se così possiamo dire. Lo fai tu però, e con immensa benevolenza (grazie!) facendoci capire che era in realtà molto semplice: John era innamorato di Sherlock. E tutto questo amore non è stato cancellato, è stato seppellito da un matrimonio, da mesi in cui si era convinto che cambiare vita fosse la decisione migliore. Così come lo stare con Mary e affogare in un matrimonio da cui è fuggito alla prima occasione... Niente di ciò che John ha fatto (e non fatto, lo ribadisco) suggerisce che la sua mente fosse lì con Mary, anzi era altrove. E quindi ci ritroviamo qui, poco tempo dopo The Lying Detective, con Sherlock che si è appena disintossicato e Rosie a cui pensare. Potremmo classificare la tua storia come genere "Fix-it" ma la verità è che si tratta di un viaggio nella mente e nel cuore di un uomo distrutto, che ha sofferto tanto in passato per colpa delle azioni altrui, ma che soffre ora soprattutto per se stesso. Non c'è più il fantasma di Mary, tu sei molto chiara in questo. Lei è andata via così come si immagina anche il dolore per la sua perdita. Un superamento molto rapido, e coerente oltretutto. Veritiero rispetto a quanto si visto nella serie. Ora John è concentrato su altro, su Rosie ovviamente di cui si occupa con Sherlock, ma anche su Sherlock stesso. E qui passo all'altro punto.

Ogni parola che corre sullo schermo urla all'amore disperato. Quello di Sherlock resta, per ora, in sordina ma c'è e c'è stato per tanto tempo. Ne sono sicura. Lo si intuisce da alcuni passaggi, si può dire che siano dettagli minimali. Per il momento non ci offri una più chiara visione di lui. John non potrebbe nemmeno darcela, è troppo concentrato su se stesso. Sui propri ragionamenti per comprendere anche Sherlock. A stento comprende se stesso... E quindi ci ritroviamo a compiere un viaggio che in apparenza comincia proprio quando Sherlock si toglie la camicia, in un momento di una giornata qualsiasi tra un caso nuovo a cui pensare, Rosie a cui badare... tutto normale a Baker Street, quotidianità nuova e serena. Ma tutto calmo non lo è. John pensa all'errore umano, a di chi sia questo errore umano. Se suo o di Sherlock. Forse è di entrambi, anzi di questo ne sono sicura. Ma per ora ci concentriamo su John e sull'attrazione, evidentissima, verso Sherlock. Attrazione e palpitazioni. Il desiderio di una vita insieme, d'invecchiare con Sherlock, di non separarsi mai da lui, nemmeno per un giorno, su cui John riflette forse nel momento meno opportuno. Sherlock, John e un cadavere è uno scenario tipico per questa serie. C'è anche Molly sullo sfondo, ma lei viene citata e basta. Non ha rilevanza nel quadro generale, lei sta lì e fa parte del caso. Della loro vita nuova e insieme. Le riflessioni inquietanti che John fa riguardo il voler stare disteso al posto di quel cadavere hanno, io credo, una matrice di natura sessuale. C'è il desiderio che Sherlock gli metta le mani addosso in tutto un altro senso rispetto a quanto sta facendo. Ma c'è anche la volontà che Sherlock lo analizzi e lo scorpori come fa con un caso o, appunto, un cadavere, per comprendere forse cose che di sé John non capisce. E se non si capisce lui, forse Sherlock che è un genio riuscirà a fare chiarezza. John vuole essere analizzato e a me è piaciuta tanto l'idea. La prospettiva che una persona come John che a lungo si è nascosta e repressa, arrivi a volersi mettere nelle mani altrui mi piace tantissimo ed in linea con la persona nuova che sta diventando. Questo lo porta a rendersi conto di un fatto importante, l'errore umano è il suo in questo caso. Non si sta innamorando di Sherlock, già è innamorato di Sherlock! E da tempo immemore anche. Deve solo accettarlo, e andare avanti magari verso un futuro più sereno. Molto più di quanto non stia vivendo adesso. Perché tra una cosa e l'altra, John ancora non ha chiesto scusa a Sherlock per averlo pestato e accusato, oltre che allontanato. Ancora si dà del mostro e non perdona le proprie azioni. Questo sarà un passaggio molto importante nel prossimo futuro, sempre che tu decida di farglielo fare e non bypassarlo (come sarebbe lecito fare).

Ma comunque... questa storia ha tutte le caratteristiche per diventare la mia preferita di questo fandom. Te lo dico fin da ora... se le premesse sono queste e se manterrai quanto dici nelle note (e parlo anche del linguaggio nelle lemon...) beh, allora non vedo l'ora di un aggiornamento.
Alla prossima e tantissimi complimenti.
Koa



PS. Passerò presto dal secondo capitolo, è una promessa e magari farò una recensione un po' meno corposa.
(Recensione modificata il 21/02/2020 - 04:43 pm)

Recensore Junior
20/02/20, ore 19:38

Il problema di John, almeno superficialmente, sembra essere quello di dover accettare la propria natura.
Non sono trascorse neppure ventiquattro ore da quando ho sentito dire l’ultima volta che l’unico tipo di unione consentita è quella tra uomo e donna; le persone che fanno diversamente sono malate e andrebbero curate.
Va da sé che io ho una visione delle cose diametralmente opposta. E, proprio per questa specie di rabbia che ho ancora appiccicata addosso, vorrei prendere John a sberle. In realtà però lo capisco. Watson è stato educato in un certo modo, vive in una società che la pensa in un certo modo; in più, lui è sempre stato molto attento a mostrare una certa versione di sé abbastanza pulita e impeccabile, anche rispetto ad altri ambiti, come quello di piangere la morte della moglie solo perché “così si fa” e non perché lo sente davvero.
Da un lato questa presa di coscienza da parte del dottore c’è già stata, perché nel capitolo precedente ha assodato di essere innamorato di Sherlock Holmes. Era innamorato di lui prima che questi sparisse per due anni e lo è stato successivamente, persino durante il matrimonio. Ora a pochi mesi dalla scomparsa di Mary è libero di esternare questo sentimento. Appunto Greg e la psicoterapeuta insistono con lui chiedendogli “se non ora, quando?”
Penso che John si senta inadeguato. Non crede di essere degno di ricevere amore da Sherlock, e per questo rimanda. Non ho dovuto leggere troppo tra le righe, c’è un passaggio molto bello nel quale è espresso proprio questo: “Certe volte mi pareva di avere ancora il suo sangue sulle mani, la sua carne e le sue ossa sotto le nocche, sulla punta delle scarpe. Avevo riversato su di lui l'odio che provavo per me stesso, l’avevo usato, abusato e profanato. […] Mi sembrava di offenderlo anche solo guardandogli la schiena mentre suonava il violino.”
E ancora mi sono domandata se fosse possibile riprendersi dopo tanto odio, tutto quel dolore… Non voglio ripetermi.
L’ultimo argomento, che in realtà poi è il primo, riguarda questa filosofia del seitan. Fammi prima dire che il titolo, e quindi questa frase che hai coniato è a dir poco geniale. Ti assicuro che “la filosofia dei broccoli” o “la filosofia delle pietanze che mamma dice che fanno bene” non avrebbe sortito lo stesso effetto. La conclusione alla quale perviene John è che non è necessario provare per sapere se ci piace una determinata cosa. Ed è così, ci credo fermamente. Se tutti i bambini storcono il naso avanti a cibi verdi e puzzolenti è perché il cervello li mette in allarme, non sono solo capricci.
John arriva a capire che Sherlock gli piace sul serio, anche se è un uomo, quando si masturba. Ecco la seconda genialata (seconda perché contare tutte le parole mi è sembrato eccessivo, ma è una minilong pazzesca e lo si percepisce fin dai primi righi del primo capitolo!), John non si eccita pensando al corpo perfetto di Sherlock. Perché sarebbe potuto arrivare all’orgasmo anche pensando al David di Michelangelo, alle tre Grazie di Canova o che ne so io; la cosa sconvolgente è pensare di star dando piacere all’altro.
Sono ancora turbata, non credere, ma proprio per questo bramo di poter leggere il continuo, per scoprire in che modo si evolverà la faccenda. Devo sapere se anche in casi così estremi è previsto o meno un “lieto fine”.
A presto,
K.

Recensore Master
20/02/20, ore 00:26
Cap. 1:

 
Arrivo anche qui, perché desidero vedere cos’hai da dirci parallelamente a ciò che riguarda “Your guardian angel”. E tu sai dire molte cose ed assai bene.
M’incuriosisce e, se posso, vorrei lanciare un’ipotesi sul guizzo di creatività che spinge un’Autrice (o Autore, ovviamente) a lasciare, momentaneamente, una strada lunga, ben strutturata e quasi in prossimità della linea d’arrivo, per imboccare un altro percorso, non di un pezzo unico ma di un’altra long.
Io penso che, cercando di dare forma di frasi e di sviluppi narrativi, sullo schermo, alle idee che germogliano, in corso d’opera, su un tracciato già progettato e chiaro nelle sue grandi linee, a chi scrive possa venire in mente di sviluppare un richiamo verso l’approfondimento di un qualcosa che riguardi un personaggio in particolare o una situazione o un’emozione. Pertanto ecco la messa in stand by della long in corso e la deviazione verso un’altra direzione.
Credo sia questo, immaginato da chi non scrive ff ma le legge e le commenta solamente, il  tracciato che tu abbia avuto desiderio di seguire.
Bene, allora vengo anch’io perché mi piace molto conoscere i pensieri che hai reso concreti e visibili in questa storia.
Innanzitutto vedo che hai usato il POV di John, e questa non è stata una grossa sorpresa perché mi sembra di aver notato una tua predisposizione particolare ad esplorare le potenzialità che questo splendido personaggio possiede, senza nulla togliere, ovviamente, alla magnifica ossessione della mia vita di johnlocker che è Sherlock.  
Leggo nelle Note di presentazione che hai tratto ispirazione dai tanti dubbi che la S4 ha lasciato ed hai focalizzato, soprattutto, l’abbraccio visto in TLD che io, personalmente, avrò rivisto, in un patologico rewind, almeno una decina di volte. Sì, perché quel momento è valso tutta la spiazzante superficialità della S3 e l’angoscia della S4, tutto il disorientamento che è stato provocato. Un vero e proprio spartiacque, quel sostenersi l’uno nelle braccia dell’altro, che ci ha gratificato e consolato.
Ma, successivamente, ci si è chiesti, almeno io l’ho fatto, che cosa sia effettivamente seguito a quel gesto catartico, e non è semplice curiosità pruriginosa ma la voglia di sapere se la Johnlock ha un senso. Secondo me, ce l’ha, eccome.
Il titolo della long è quanto di più promettente, da questo punto di vista, si possa pensare perché in esso indichi una direzione, un orizzonte da raggiungere che c’è sempre stato. Però, di mezzo, c’è l’ “errore umano” che annebbia la vista, che interrompe dolorosamente il cammino. Ed è questo sbaglio che ha impedito, fino ad ora, l’auspicabile lieto fine. Non è semplice denominare esattamente l’errore che continua a frequentare i pensieri di John perché è un’ombra che, durante gli anni, ha assunto forme diverse, sempre rendendo quasi impossibile il potersi vedere chiaramente l’un l’altro. All’inizio l’errore, probabilmente, è stato lasciarsi fuorviare dall’energia negativa e contraria dei pregiudizi, il non sentirsi adeguato, il posticipare, forse un po’ codardamente, l’accensione di una luce che si riteneva troppo abbagliante. Poi, con il passare del tempo ed il succedersi di fatti tumultuosi ed imprevedibili, l’inganno che tormenta John ha preso il volto della rabbia, del rancore per essere stato lasciato indietro, dei sensi di colpa nei confronti di una moglie che, forse, non avrebbe dovuto esserci. Ora descrivi un John che ci racconta la sua inquietudine e la disistima che prova verso di sè per essere stato, e continuare ad essere, voltato dall’altra parte di fronte ad un grande interrogativo che il suo cuore gli pone da anni, ormai, fin dal loro primo, fatidico incontro al Barts, sotto lo sguardo benevolo di Mike.
Lì era successo qualcosa, John lo sa bene ma è ancora a testa bassa, incapace di guardare in faccia la verità.
A “testa bassa”, come tu lo descrivi in un’immagine molto significativa quando rientra, dopo la morte di Mary e la soluzione del “problema finale”, al 221B.
Intenso, infatti, a questo riguardo, il tuo mostrarcelo “ad occhi bassi, a disagio”, mentre, dopo aver afferrato il mazzo di chiavi che Sh gli lancia, varca la soglia di quella che è sempre stata la vera “casa”. Ricco di significato il sorriso con cui viene accolto, mentre porta con sè i bagagli di una vita, compresa una bambina. Di nuovo a Baker Street, di nuovo l’uno di fronte all’altro. Ma i pensieri che fluiscono nel tuo racconto ci dicono che l’ “errore” è ancora lì, a dividerli. Però ci fai intravvedere uno spiraglio verso l’accettazione e, quindi, verso la speranza di quello che potrebbe essere.
Intanto la presenza di Mary che è, di per se stessa, un ulteriore complesso di colpa per John, si va, via via attenuando con la progressiva consapevolezza che le lacrime notturne che lui versa per la sua morte sono, molto probabilmente, frutto di una consuetudine sociale per cui, chi è rimasto senza il coniuge prematuramente e per morte violenta, deve necessariamente soffrire molto. John si accorge, invece, che il vuoto nel letto, vicino a sè, non ha senso di esserci, perché, con il
221b, Mary non ha mai avuto a che fare, se non in visite sporadiche o per quella specie di “processo”, visto in TEH, cui John l’ha sottoposta dopo il ferimento di Sh per mano sua.
Così, con una scelta di termini appropriata (“...in punta di piedi...pian piano svanendo...se n’erano andata...”), fai sfumare la sua figura, di fronte alla forza inarrestabile del legame che s’intreccia da anni tra i due di Baker Street. Così ritorna la possibilità di riprendere un qualcosa che è stato interrotto.
Un particolare stilistico che mi è piaciuto molto è stato l’uso che fai di quel mazzo di chiavi, che diventa simbolo di una condivisione scontata, di un’intesa senza parole, di un essere “loro due contro il resto del mondo”. Perciò, anche la proposta di Sh, di essere accompagnato da John in un caso, viene da te paragonata in modo molto efficace al lancio dell’oggetto in questione, cioè al sentirsi a casa, al sentirsi insieme.
Un altro punto forte di questo capitolo e fonte di particolari emozioni è quando John si perde ad osservare i particolari del viso di Sh (“...avevo notato alcune piccole rughe...”). E qui inserisci una sua splendida e commovente riflessione sul travolgente desiderio di rimanere accanto ad Holmes fino a che la vita fosse durata. Avere il privilegio di stargli accanto fino all’ultimo, per accompagnarlo in un’avventura finale.
Un’ultima osservazione sul presente capitolo: qui c’è anche un magnifico ritratto di Sh, che tu assembli con gesti, sguardi, atteggiamenti in cui si racchiude il suo fascino ineguagliabile.
Guarda, non è retorica, ma hai fatto parlare davvero il cuore. Brava.

Recensore Junior
19/02/20, ore 16:14
Cap. 1:

Lo so, ho in sospeso altre mille recensioni. Sono pessima, ma giuro che rimedierò. Per il momento ho avvertito la necessità di lasciarti due parole su questa nuova storia.
Te l’ho detto appena l’ho letta: sono rimasta senza parole. Ci ho impiegato un po’ a metabolizzare quanto hai scritto.
Questa tecnica narrativa, con un vero e proprio flusso di coscienza, l’ho trovata raramente, se non mai, nelle fanfiction che ho letto. E i pensieri di John ci raccontano quasi una storia parallela a quella che sta vivendo il dottore. Non è importante cosa stia mangiando Rosie o quale sia il giallo sul quale stanno lavorando John e Sherlock; è invece importante capire come Watson stia affrontando la vedovanza, come si senta a essere tornato a vivere al 221B, e ancora di più come sta reagendo all’aver quasi ucciso Sherlock con le proprie mani.
 
Nella serie tv ci sono delle scene nelle quali viene inquadrato John dalla psicoterapeuta, o a casa ecc. e lui è in silenzio. Tu hai riempito quei vuoti. Ci stai permettendo di scoprire il mondo segreto di John, quello che abbiamo sempre solo potuto immaginare.
I pensieri di John sono così dolorosi, e violenti, tormentati, crudi, e anche raccapriccianti. Per la prima volta in assoluto, da quando ho cominciato a pensare a Sherlock e John impegnati in una relazione di tipo romantico, mi è sfiorata l’idea che sia tutto un grosso errore. Per la primissima volta ho visto quanto male si sono fatti reciprocamente e quanto sia malato il rapporto che li lega. Ho sempre ritenuto che fosse tutto più o meno superabile. Una toppa qui, un colpo di spugna lì e si va avanti. Ovviamente non sto parlando del mondo delle favole con il lieto fine dietro l’angolo, ma sono rimasta seriamente scioccata da questa full immersion nell’animo di John Watson.
 
E dopo trecento parole mi sono resa conto di aver parlato solo di come mi ha fatto sentire la tua storia, senza dire veramente nulla su di essa.
Adoro il modo in cui spiccano le qualità di Sherlock. È il pov di John, non c’era da aspettarsi diversamente. Sherlock che si impegna con Rosie, che legge libri di pedagogia e la fa mangiare; impressionante come l’amore possa portare a mutare qualsiasi tipo di atteggiamento, tanto da “rammollire” quel sociopatico (mai creduto che lo fosse realmente) e farlo preoccupare di un altro essere umano. Sherlock che con la sua sola presenza ha salvato in passato e salva di nuovo John dal morso della morte. Sherlock che è brillante e lavora su crimini efferati per scovare i colpevoli. Sherlock che si denuda e scatena reazioni di iperventilazione ai lettori e a John perché mostra il suo corpo perfetto.
Insomma, questo racconto è diverso, eppure al tempo stesso riconosco quelle caratteristiche che ho imparato ad apprezzare nei tuoi scritti, nei temi e nel modo di esporli.

Recensore Master
19/02/20, ore 13:33

Allora, devo dirti che io trovo questa tua nuova storia assolutamente fantastica.
La narrazione è cruda, esplicita, diretta. Mi piace da morire perchè è sostanzialmente VERA. Non so come spiegarlo in altro modo. Ogni frase sa di qualcosa che un uomo potrebbe pensare, dal lessico al modo in cui lo utilizzi. Non so come tu possa passare da una fiaba a questo. Sono di parte probabilmente, ma io adoro questo genere. Per me è così che si deve scrivere dei pensieri di un uomo, virile, maschio. Sei stata eccezionale. Perchè l'amore e la fascinazione sono evidenti, ma allo stesso tempo è evidente il desiderio nudo e crudo.

I dubbi che ha John sono leciti e comprensibili. Quelli che qualunque uomo che provi qualcosa per qualcuno del suo stesso sesso potrebbe avere, la prima volta che gli succede. Gli uomini in queste situazioni credo che abbiano una pressione sociale molto più alta delle donne, perchè il loro mondo è pisellocentrico. E soprattutto, non è accettato che il pisello possa andare altro che verso una donna. John deve superare un grosso ostacolo che è la morale condivisa dagli esseri di sesso maschile che vivono sulla terra, quindi circa 3 miliardi di persone che potrebbero pensare che quello che prova sia sbagliato e contro natura.
E' un muro di pregiudizi che non è facile da abbattere, soprattutto per chi si ritrova ad avere oltre 40 anni e a non aver mai pensato di poter provare attrazione per un altro uomo. Ma Sherlock è qualcosa che va oltre, sicuramente, ognuno di questi dubbi che John ha. E questo è evidente nel momento della masturbazione, quando poi le barriere cedono e lui si trova a pensare proprio a Sherlock, a godere dell'idea di possederlo, di toccarlo. E infine, quando l'orgasmo è così forte da scuoterlo dalle fondamenta.

L'idea della filosofia del Seitan è stupenda. Ed è vero: se non provi, non puoi saperlo se ti piace o meno. Credo che questo termine lo utilizzerò nella mia vita privata, citandoti. Sei stata geniale!

Insomma... Credo che al momento questo stile che usi per questa raccolta sia in assoluto il mio preferito. Non tolgo nulla alle tue altre storie, ma credo che mi sia congeniale e vicino, e che risuoni nella mia mente e mi faccia vibrare più degli altri. La trovo splendida. Bravissima.

Recensore Veterano
17/02/20, ore 20:43

Ciao!ho letto questo capitolo, john comincia a capire che vuole davvero non una donna o un uomo o meglio uno im particolare...
Alla buon'ora!!
Attendo ovviamente il prossimo capitolo ;)

Recensore Master
16/02/20, ore 19:34
Cap. 1:

Capisco il desiderio di cambiare registro, ma anche l'esigenza di iniziare qualcosa di nuovo, vivere scene diverse, scrivere di desiderio e attesa e impostare tutto in altro modo.

Mi piace il fatto che sia John a parlare in prima persona. Leggiamo qui una sorta di diario mentale, il flusso dei suoi pensieri. E' molto bella l'immagine per cui John pensa che lui e Sherlock si sono salvati a vicenda. Io credo che - johnlock a parte - questo sia vero anche senza nessun riferimento a un rapporto romantico tra di loro. L'amore che c'è è innegabile che sia di tipo amicale o fisico, ed è tangibile, potentissimo. Che poi noi ci "ricamiamo" sopra anche una storia differente è un discorso diverso, ma il rapporto che hanno è di profonda interconnessione, di interdipendenza, di un amore profondo e puro, che io penso vada oltre ogni definizione.

Un amore così grande e intenso che spazza via anche il dolore per la morte di Mary, che salva la vita a John perchè la presenza di Sherlock è talmente "invasiva" nella sua mente da togliere spazi a tutto il resto. E' un concetto molto bello e che anche qui richiama un misto di amicizia ed amore che mi è molto caro.

La cosa che mi è piaciuta di più è il momento in cui John nota le rughe sul volto di Sherlock. Il pensiero sull'invecchiamento e il desiderio di poter vedere l'altro invecchiare con lui. E' di sicuro, in assoluto, la più grande dimostrazione d'amore questa che si possa fare. E' una dichiarazione d'intenti, una promessa a lunghissimo termine. E' il desiderio di esserci per quell'altra persona, quasi un matrimonio, anche senza alcuna celebrazione.
Davvero, mi ha commosso.

Ho davvero voglia di leggere ancora di questa tua nuova impresa, perchè già vedo le basi per una storia piena di amore, di desiderio e passione, gli stessi che ci metti tu nello scriverla :)

Recensore Master
16/02/20, ore 12:09
Cap. 1:

Tesoro!
Questo primo capitolo è bellissimo, davvero. Come hai usato il POV di John è davvero fantastico, tra l'altro sono passata dall'angst, all'erotismo, al fluff, all'inquietudine, ho provato tante emozioni diverse e tutto ciò in un solo capitolo. L'introspezione di John è magnifica dall'inizio alla fine: all'inizio quando inizia ad avere il dubbio (anzi, il dubbio lo aveva già, diciamo che è tornato a tormentarlo) che Sherlock possa piacergli. E piacergli in quel senso, considerando tutte le sensazioni che gli provoca. Mi è piaciuto tanto anche il suo sentirsi in colpa per non provare dolore per la morte di Mary. Che poi non è che non provi dolore, è che semplicemente le sue lacrime sono più una cosa che "deve fare" piuttosto per una cosa che sente di esternare. E mi piace, perché in un certo senso è come se si sentisse in colpa nello star "andando avanti" anche dopo che lei è morta. Qui una sensazione angstissima. Altra parte che mi è piaciuta tanto: quando si trova insieme a Sherlock e Molly ad esaminare il cadavere. Formula dei pensieri che sono sì inquietanti, ma che mi hanno tenuta incollata allo schermo. Si chiede come sarebbe se fosse lui al posto del cadavere, gelido e morto, se il suo cuore fosse preso e tirato fuori, se fosse magari Sherlock e tenere il suo cuore... sono robe molto forti e che ho adorato un sacco.
Il nodo in gola che deriva dal fluff/malinconico mi è venuta per l'ultima volta, quando John si chiede... e dopo che succederà? Con il passare degli anni che succederà? Le cose cambieranno? Lui e Sherlock invecchieranno insieme, cambieranno, rimarranno INSIEME? Non lo so, mi ha messo tantissima malinconia questo pensiero, anche perché immaginarmi John e Sherlock che invecchiano insieme e magari muoiono pure insieme PER CORTESIA PIANGO AL SOLO PENSIERO DEVO STARE ZITTA.
COMUNQUE John sembra bloccato, non può andare avanti e nemmeno indietro. Io di solito leggo di Sherlock che si fa mille problemi e mi chiedo adesso come questa situazione si sbloccherà. Hai fatto bene a seguire il flusso dell'ispirazione. Si prospetta essere una bella storia T_T
Un abbraccio <3

Nao

Recensore Junior
14/02/20, ore 23:33
Cap. 1:

Uau non ci credo sono la prima a recensire? In primo luogo non mi aspettavo che saresti uscita con un'altra long dato che siamo tutti col fiato sospeso per YGA :D Che sorpesa!! Appena visto che era apparsa una nuova rossa mi sono buttata subito sulla sinossi senza prestare attenzione all'autore e solo quella mi ha intrigato tantissimo... Poi ho visto che eri tu l'autrice e allora sono corsa a leggere perché sapevo che avrei trovato qualcosa di qualità elevata... e infatti non ti smentisci, ottimo inizio, il POV di John ci voleva proprio dopo tutta l'adorazione di Sherlock verso di lui che ci stai mostrando nell'altra... adesso giustamente è il turno di Sherlock di essere un po' adorato *_* Sono proprio grata alla tua vena creativa così feconda... cosa aggiungere? Aggiorna, aggiorna! Aggiorna quella che vuoi tanto mi piacciono entrambe, ma aggiorna presto! :D <3

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