Arrivo sul secondo capitolo...Leggendo la tua risposta alla mia recensione mi sono resa conto di non aver capito bene ciò che hai voluto esprimere relativamente all’ ”errore umano”. Mi rendo conto di averti scritto delle osservazioni che, in effetti, hanno espresso più il mio pensiero che il tuo. Mi scuso ma a volte, anzi, molto spesso, mi lascio trascinare dal corso delle mie riflessioni, senza soffermarmi là dove, invece, bisognerebbe dare più ascolto a chi scrive. Fa parte del mio carattere che tende ad “invadere” spazi che non sono miei. In parole povere non ho capito una m.....a di quello che volevi trasmetterci e me ne scuso di nuovo. Ma, e continuo ad usare il mio “mantra”, cioè il “secondo me”, io penso che, se un’Autrice riesce a liberare le idee di chi legge verso direzioni che potrebbero anche non essere quelle previste, significa che ha l’energia e la capacità di suscitare il desiderio di approfondire di chi legge ed il suo tentativo di fruitore di dare un volto preciso a ciò che s’affaccia alla mente, richiamato dai messaggi della storia. Perciò ti prego di non dare ascolto alle mie elucubrazioni, e di considerarti un vero e proprio “conduttore di luce” che può farci vedere oltre il testo.
Dunque, l’ ”errore umano” è l’innamorarsi, il permettere che un granello, apparentemente innocuo, faccia inceppare un meccanismo di vita.
Scritto questo, PROVO ad interpretare questo tuo secondo capitolo, sperando di non prendere altre cantonate
Il pezzo si apre con un’atmosfera piacevole e stimolante in cui John comincia a considerare davvero il fatto che, tra lui e Sh, ci possa essere più di un’amicizia. Pertanto risponde senza esitazione alle sue chiamate, ne osserva attentamente i comportamenti, crogiolandosi nel notare che l’arrogante saccenteria, destinata agli altri, non rientra nel modo di comunicare del consulting con lui.
Percepiamo, nello scorrere dei suoi pensieri, che John si trova a suo agio nel riprendere la collaborazione con Sh, proprio perché ritrova una consuetudine che, negli anni precedenti, ha sempre caratterizzato il loro sodalizio. Ora, però, gli instilli una nuova consapevolezza che diventa, un po’ alla volta, speranza che qualsiasi cosa li leghi, esca allo scoperto e faccia riconoscere il suo vero volto.
Inserisci qui la figura dell’analista dietro alla quale , nella S4, si celava la terribile Eurus, che, almeno a me, suscita inquietudine ed un senso di preoccupata attesa (“...occhi impenetrabili che per un attimo mi sembrarono vitrei ed inquietanti...”). Apro una parentesi: non so cosa tu abbia previsto come sviluppo del personaggio suddetto, però ti confido che non riesco a scinderlo dalla folle sorella Holmes.
Molto interessante la “filosofia del seitan”, che invita a fare un’esperienza per poi catalogarla con l’etichetta giusta.
Ora, il dubbio di John riguarda il futuro di quello che tu, attraverso le sue riflessioni, chiami il suo “piccolo mondo precario”, che la completa presa di coscienza del sentimento che lo lega a Sh praticamente dal primo istante in cui l’ha visto, e credo fosse reciproco, potrebbe mettere a soqquadro. Il crollo delle sue certezze sul suo orientamento sessuale e la necessità di rimettersi in discussione: tali sono le cose indiscutibili che John mette in evidenza sul “tavolo” di “lavoro” della sua mente e del suo cuore.
In questo terreno sconnesso, in cui è difficile mantenere l’equilibrio, inoltre, la figura della psicoterapeuta, come ho già scritto sopra, con i suoi interventi, certo non sembra stimolarlo verso una risoluzione del problema. Forse John, istintivamente, non ne ha la completa fiducia.
Tu metti bene in risalto la sua convinzione per cui, svelare la meta del suo percorso di presa di coscienza della situazione, porterebbe comunque ad un unico risultato, sempre quello: Sherlock. E questa rivelazione non la vuole condividere con l’analista. Tale atteggiamento, a prima vista, può sembrare incoerente: uno sceglie di andare in analisi e poi si nasconde dietro a mille riserve.
“...mostrando un interesse che non riuscivo a spiegarmi...”: a parte l’ambigua connotazione che dai alla psicoterapeuta, spero di aver capito che la “rivelazione” relativa all’ “errore umano” che ora sta diventando davvero preponderante nel cuore di John, gli è già nota ma troppo abbagliante per delinearne perfettamente i contorni. Ma lui sa già chi c’è, confuso, nella luce delle certezze che non se la sente, per ora, di accettare completamente. Piacevole la rappresentazione della possibile soluzione racchiusa nella “filosofia del seitan”: l’argomento, come tutto qui, del resto, è visto con lo sguardo di John, ovviamente siamo nel suo POV, ed, appunto, c’è il “taglio” sommario e senza particolari introspezioni che è tipico della mentalità maschile. Bello ed intenso l’intercalare dei suoi desideri (“...Perché lui non irrompe...”), connotati appunto da un’energia particolare, che ha l’immediatezza di un esprimersi, come dicevo sopra, privo di filtri.
Una carica di spontaneità e di “ruvidezza” mascolina, in un mix efficacissimo, per esempio l’esprimi anche nella riflessione che John elabora mentre accompagna verso casa Beth, in cui oscilla con leggerezza tra il profumo di lei e l’immagine decisamente più prosaica che la sua mente associa a Sh. Questo è un punto splendido, coerente con il POV che hai scelto e con la situazione che sta vivendo Watson.
Proseguendo nella lettura, però, ci si accorge che la tua attenzione e la tua originale capacità espressiva accompagnano John a casa, come i pensieri che non perdono d’intensità. Ormai il cammino di presa di coscienza è avviato e penso proprio che l’arrivo alla vera e propria consapevolezza non sia molto lontano. Molto suggestiva l’immagine di uno Sh che é elegante persino quando imbocca Rosie, per raggiungere le vette dell’inarrivabile quando si esprime con il suono del violino. E mi piace molto che, ora, John capisca i suoi stati d’animo dal tipo di melodia che esce dallo strumento ed è un senso di malinconia che coglie. La domanda, anzi la constatazione, che Sh gli rivolge circa il suo rientro a tarda ora dopo la cena con Beth, ha su di lui un effetto destabilizzante circa lo stato d’animo del consulting. John si chiede, infatti, se si tratti di semplice curiosità. O quella malinconia che esce dalle note del violino abbia il suo modo d’essere nella convinzione di un suo “tradimento”...
Molto intenso, non unico comunque per intensità, il passaggio in cui Watson si guarda allo specchio e vede ciò che ritiene non all’altezza del fascino e dell’umanità magnetici di Sh (“...Disadattato, mediocre, incasinato....Ero un disastro. Mi sembrava di offenderlo...”). Ma, secondo me, sono passaggi necessari verso l’accettazione di ciò che è davvero successo a partire da quel primo, ormai mitico, incontro al Barts, sotto lo sguardo benevolo di Mike.
Dubbi, domande senza apparente risposta che vorticano nel cuore e nella mente di John che, in realtà, la risposta ce l’ha, eccome. E la conferma è che è sempre stato Sh e che sarà sempre lui.
La prova decisiva, per lui, è in quel momento intimo, in quella decisione di “essere pragmatico”. E, tu dai un valore immensamente più grande a ciò che John sta facendo con l’inatteso e sorprendente dilagare della sensazione travolgente di essere “intercambiabile, speculare, equivalente” nel confronti di Sh. É una liberazione quella che lui raggiunge, verso la completa accettazione di ciò che lo lega effettivamente ad Holmes.
A questo punto cade, inutile, la “filosofia del seitan”, perché non serve più a John ‘provare per credere”, lui sa già che non gli occorre testare l’identità di ciò, o meglio di “chi”, sial’oggetto del suo desiderio, ma è necessario, a questo punto, non perdere tempo. Dunque, brilla luminoso il “se non ora, quando”.
Quello che tu ci mostri anche in questo secondo capitolo, è un magnifico ritratto di John, che riesce a trovare la strada giusta per il suo cuore con le sue forze. Serve sì l’aiuto della terapeuta ma è come uno stimolo a farcela da solo perchè la posta in gioco, cioè Sh, ai suoi occhi è troppo preziosa per condividerla con estranei, oltretutto inquietanti.
Io non so se la mia chiacchierata abbia un senso, ma ti ho espresso ciò che la lettura di questo capitolo mi ha trasmesso
Se non ho mirato bene al centro del tuo messaggio mi scuso, ma il piacere di leggere qualcosa di veramente valido non può essere perso nelle varie interpretazioni. Certo che mi piacerebbe aver capito tutto perché voi che scrivete dovreste avere un soddisfacente riscontro con il parere dei lettori ma questo non sempre succede. Comunque già il fatto che io sia contenta di trovare le tue storie nella Sezione, e non sono l’unica, dovrebbe già costituire motivo di soddisfazione per te.
È una storia, questa, che costruisce ciò che succede attraverso il succedersi dei pensieri di John, attraverso le sue progressive conquiste che riguardano la consapevolezza del vero volto di ciò che lo lega a Sh. Quest’ultimo appare nello sfondo, elegante e pensieroso, apparentemente lontano ed ignaro dei pensieri di Watson e dei suoi “tormenti”. Ma non sono convinta del tutto della sua “ignoranza” rispetto a quello in cui è perso John. Penso, invece, che la sua perspicacia abbia già letto tra le righe qualcosa di particolare.
Un ultimo appunto sul tuo modo di scrivere: è assolutamente coerente con il contenuto che, in questo caso, è filtrato dal POV di John e ne ha mutuato l’immediatezza, la concretezza, la lontananza da sovrastrutture che indugino al “ricamo”. Brava, davvero. |