Se tutto è scritto, tutto può essere letto, anche i documenti più ostici e irraggiungibili. Non vi è nulla che non sia alla portata dei nostri occhi, basta saper guardare nel posto giusto. Ma quando la noia ci ferma la mano e gli occhi, tenendoci incollati alle nostre poltrone e impedendoci così di accedere a fonti di conoscenza che non potrebbero che accrescere il nostro sapere e innalzare alle stelle le nostre menti, ecco - quasi sempre - sopraggiungere in nostro soccorso il filologo.
Costui, con un lavoro da certosino, insensibile alla polvere degli archivi e alla fragilità di vecchie scartoffie ormai destinate a sfaldarsi in mille pezzi differenti, si destreggia al nostro posto tra frasi smozzicate, frammenti di tempi andati, ricordi lontani di epoche passate, interpretando, cucendo e ricostruendo, per restituire a noi pigri ma desiderosi di sapere il vero volto della Storia, ciò che accadde nel passato e che, tramite l’immortalità delle parole, sopravvive nel presente per approdare nel futuro, futuro a cui, grazie proprio al nostro filologo, tutto giungerà intatto come la prima volta.
Tutto, sotto il suo sguardo bonario e tramite la forza della sua penna irrequieta che svolazza sul foglio di carta tracciando segni rapidi e potenti, riprende lentamente forma: vite, morti, amori, dolori, piaceri, odi, passioni, pace, guerra e tutto ciò che uomini e dèi portarono con sé fin dall’alba dei tempi. Ricordi, ricordi di un tempo che fu e che ancora vivono, impressi nelle parole chi venne prima di noi.
Del resto, che cosa saremmo noi, senza testimonianze del passato? Polvere, niente altro che polvere. Se esistiamo, è soltanto perché la Storia segna il passo, insegnandoci ciò che accadde e ponendo così le basi per ciò che accadrà. Dipende tutto da noi e da nessun altro, eppure è tutto lì, già visto, già accaduto, già scritto, libero per essere interpretato. Guardiamo al passato, capiamo il presente e plasmiamo il migliore dei futuri. Ma come faremmo, senza la Storia?
Siano i fatti del passato a guidarci, e non culliamoci nell’illusione che il tutto sia soltanto una lunga freccia lanciata da un punto all’altro, una retta che mai si ferma, che mai torna indietro. Tutto ruota su se stesso, non soltanto il globo terracqueo su cui ci è data facoltà di muovere i nostri passi, ma anche noi stessi, che siamo i componenti della Storia; e, di conseguenza, ogni azione è ripetuta, ogni avvenimento è già accaduto, e sta alla nostra intelligenza fare sì che quel cerchio eterno e inarrestabile sia migliore a ogni nuovo passaggio.
Certo è che, quando le parole scritte appartengono a un archivio di tale portata, non è certo un semplice e normale filologo colui che possa aiutarci nell’impresa della comprensione o della lettura. In quel momento siamo soli e, voglia o meno, dobbiamo arrangiarci completamente nella lettura e nella sua interpretazione. Limitiamoci dunque ad accontentarci di leggere e, se poi si potrà capire, allora si capirà, altrimenti ci si limiterà a constatare di avere letto, ché leggere non fa mai male. E potersi perdere in un epistolario proveniente direttamente dal mondo dell’aldilà non è esperienza che possa essere definita quotidiana, anzi è più facile che una tale testimonianza possa essere considerata molto più unica che rara. Un’esperienza, quindi, di cui tutti dovremmo approfittare, non potendo sapere quando e se sarà possibile ripeterla.
P.S.
Scusa per la recensione delirante, ma quando ho letto la prefazione degli editori rivolta ai lettori non ho saputo resistere dal lasciarvi un “commento” a tema.
Ma, che dire in verità? Pare davvero di avere tra le mani uno di quei tomi di dimensioni gigantesche in cui sono racchiuse le più disparate esperienze di vita che un uomo - o più d’uno, come in questo caso, sempre che di uomini si possa parlare - lascia come testimonianze di sé attraverso lettere, biglietti e qualsiasi altro tipo di scrittura. Ed è proprio la tipica prefazione condita da paroloni roboanti con cui, a un certo punto, ci si trova a tale segno disorientati da rischiare di perdere il filo del discorso, quelle parti introduttive con cui editori e curatori cercano - per qualche loro stravagante e misteriosa ragione - di disorientare il lettore, quasi volessero fare sfoggio di una loro conoscenza sconfinata nei riguardi dell’intero scibile umano a scapito della bassa istruzione del malcapitato di turno, costretto a soccombere alla lettura prima ancora di iniziare a confrontarsi con l’autore vero e proprio.
È stata una lettura inaspettata e tutto sommato piacevole, perché l’ho accolta come una sorta di parodia, appunto, di quelle interminabili introduzioni a cui, il più delle volte, si è costretti a rinunciare per non perdere del tutto il piacere della lettura.
Comunque è scritto tutto benissimo, con una perfetta e direi anche piuttosto rara padronanza della grammatica, e mi è piaciuto moltissimo trovarmi a faccia a faccia con una fanfiction così differente da tutte le altre in cui mi sia mai capitato di imbattermi fino ad oggi, che si presenta proprio come un libro stampato e consultabile soltanto in una qualche biblioteca silenziosa e lontana. Hai messo in campo qualcosa di davvero originale e sorprendente, costruendo il tutto in maniera così perfetta che sembra veramente di avere di fronte a sé l’estratto di un libro che sarebbe più probabile trovare tra le mani di un docente che non su questo sito: insomma, c’è sempre qualche perla nascosta nei meandri di queste pagine elettroniche, perle che si nascondono ma che, di quando in quando, riemergono alla luce - e in questo periodo di forzata inattività sto avendo la fortuna di riscoprire davvero molti gioiellini.
E, per questo, non ti posso che fare i complimenti, dispiacendomi soltanto di non aver potuto rilevare tutti i diversi riferimenti e dettagli - qualcuno, in verità, anche se in minima parte, l’ho colto - che di certo hai inserito e che io, per ignoranza della serie, non ho potuto in nessuna maniera cogliere.
Un saluto! |