Ciao!
(Sto riscrivendo questa recensione per la terza volta, spero che il mio pc decida di collaborare questa volta XD)
Sono molto felice di poter fare la tua conoscenza come autrice, e sono felice di aver trovato un fandom in comune e che fosse proprio Hunger Games: un tempo ero molto attiva sulla sezione, ma negli ultimi anni la apro pochissimo, e senza la sfida di lettura mi sarei persa questa storia sulla mia otp (sono contentissima di trovare qualcun altro che ama Katniss e Peeta!), il che sarebbe stato un vero peccato perché mi è piaciuta tanto.
Parto col rassicurarti, perché secondo me hai fatto davvero un buon lavoro con la resa della coppia. Capisco il timore quando si scrive delle proprie OTP, anche io ogni volta mi sento quasi incapace di scrivere di personaggi e dinamiche che amo tanto, quasi che di colpo non sapessi più le cose che me li fanno amare, ma nella tua fic non ho trovato nulla di tutto questo. Hai scelto un momento particolarmente delicato della vita dei due personaggi e della loro storia come coppia (quel tanto agognato finale che aspettavamo), la transizione dalla perdita e dalla distruzione della guerra verso la vita che ricomincia, e sei andata a toccare anche quello che rappresentano l’uno per l’altra: la rinascita, il bello che fiorisce anche tra le macerie, come loro riescono a fare nell’epilogo, ma anche quello che sono stati nel resto della saga, una luce per l’altro, a cui aggrapparsi negli incubi, su cui fare affidamento negli orrori delle due arene. E hai saputo scegliere le immagini giuste per veicolare tutto questo e farlo in modo efficace. Ho amato ad esempio l’immagine di Peeta che tira fuori dal proprio cuore boccioli gentili e che porta la primavera per Katniss: è così vero, tutto questo! Credo tu abbia saputo affrontare il dolore – che per loro due non se ne va purtroppo mai, è sempre lì negli incubi di Katniss, nel depistaggio di Peeta, e lo dici bene a più riprese nel testo – e poi la rinascita a piccoli passi, il lasciarsi alle spalle il dolore più grande che immobilizza per imparare a convivere col resto e scoprire che una vita li aspetta (la, perché è soprattutto Katniss che qui parla e non sempre è certa di meritarsela, questa vita in cui Prim è morta e non lei), e il trovare gioia nelle piccole cose, come un fiore che sboccia sotto una finestra o una torta di compleanno.
Il punto forte per la riuscita della coppia sta tanto anche nei personaggi, e io li ho trovati entrambi ben caratterizzati. Peeta è proprio lui, visto dagli occhi di Katniss: il dolce ragazzo del pane, le cui mani dispensano carezze, decorano torte, piantano fiori, emergeva dai piccoli gesti, quasi in modo silenzioso (il Peeta dei grandi discorsi forse è rimasto a Capitol, ma non il suo cuore, che sotto le torture non se ne è andato, l’essenza del suo io, che tanto hanno tentato di strappargli, se l’è riuscita a tenere incollata, un po’. Ed è lì che rinasce con lui), ma che sempre è accanto a Katniss e fa di tutto per farla stare bene, per farle sapere che è amata.
Katniss non è da meno. È il personaggio spigoloso che abbiamo conosciuto – e l’edera che le cresce dentro e pare soffocarla lo rende benissimo –, che tende sempre a chiudersi in sé stessa, e che all’inizio troviamo ripiegata sui suoi ricordi, persa in un mondo fatto ormai di cenere. Una Katniss che non smette di colpevolizzarsi: per essere lei la sorella sopravvissuta, per essere così soffocata dal dolore e incapace di reagire, quando quello che è stato torturato è Peeta, non lei, eppure lui, per come la vede lei, è una persona migliore che riesce ad andare avanti a differenza sua. Ho trovato questa considerazione molto adatta al personaggio: Katniss è difficile, dura, si sente sempre meno buona di Peeta, di Prim, ingiustamente salvata al posto loro. E la tua è una Katniss ancorata ai ricordi e ai rimorsi – di Prim e Gale, di come si sia comportata in passato con Peeta facendolo soffrire –, che fosse per lei rimarrebbe tra tutta la cenere che il suo passato le ha lasciato. Ma poi arriva Peeta, pianta quelle primule, e nonostante il quasi fastidio iniziale – perché lui riesce ad andare avanti e io no? (ed è davvero così da Katniss esserne quasi infastidita!) – Katniss si lascia condurre dal ragazzo verso la primavera.
Mi è piaciuto come pian piano i ricordi, che nella prima parte della fic opprimono Katniss, poi pian piano si facciano più radi, ci sono sì oggetti che li ricordano, come quella torta, ma il ricordo doloroso pian piano si fa più lieve, meno difficile, e Katniss passa dal concentrarsi sul passato a pensare pian piano sempre più al presente, a Peeta che la sta aiutando ad andare avanti (e anche se non lo crede, lei sicuramente sta facendo lo stesso con lui, perché è quello che fanno, no? Proteggersi a vicenda), al dente di leone e alla primavera che è dentro di lei. Hai reso bene il passaggio graduale, sfumando le sensazioni e i pensieri.
Ho poi apprezzato il dettaglio dei diversi fiori e piante che tornano più volte nel testo, che siano le primule, l’edera, le margherite delle coroncine d’infanzia, quelli di zucchero di una torta, il dente di leone… È un dettaglio che ha fatto un po’ da filo conduttore, almeno per me, unendo i diversi momenti e pensieri, e soprattutto l’ho trovato ben sfruttato per la caratterizzazione (anche se non so quanto la cosa sia voluta, ma mi ha comunque fatto sorridere!): il pov principale della fic è quello di Katniss, e sappiamo quanto lei conosca piante ed erbe.
Anche lo stile è curato e scorrevole, delicato come serviva per raccontare di questo momento particolare. Ho soprattutto apprezzato che tu più che raccontare ci abbia fatto vedere il percorso di Katniss e Peeta verso la rinascita, come si aiutino e il loro legame si rafforzi, tramite flash di immagini: le hai scelte molto bene e hai saputo ricreare la giusta atmosfera, soprattutto grazie al simbolismo dei fiori che hai sfruttato per costruire la fic e rappresentare spesso lo stato d’animo dei personaggi.
Ora la smetto di sproloquiare. Grazie per la bella lettura, e complimenti per il lavoro fatto. Mi ha fatto tanto piacere passare di qui e leggere proprio sugli Evelark.
Alla prossima,
Maqry |