Amichetta mia , qui ci siamo andati giù pesante, le confessioni delle ragazze sono state davvero esilaranti, poi però è arrivata la doccia fredda per Lucy, ha scoperto il passato di Nastu e Lisanna, quei due si dovevano sposare, e lei l'ha mollato per non si sa quale cazzata, adesso però lei vuole fargli la morale, visto che lui è preso in maniera pazzesca dalla sua specializzanda, la mia piccola adesso sta soffrendo da cani, riusciranno ad arrivare in tempo i nostri Boys...... questo pezzo mi fatto letteralmente piangere:Natsu aspettava l’arrivo della prossima paziente seduto dietro la scrivania con stretta tra le mani la cartella clinica che avrebbe volentieri incenerito.
Bussarono alla porta e invitò la persona a farsi avanti.
“Eccomi Natsu! Scusa, ho fatto prima possibile. Ero impegnata con un mio paziente.” Minerva sgambettò sui suoi tacchi alti verso la scrivania, dove dietro era seduto il suo sogno erotico a occhi aperti.
“Figurati! Accomodati, la paziente sta arrivando.” e manco se si fossero accordati, la segretaria del reparto ne annunciò l’arrivo.
“La faccia entrare, grazie.” disse gentilmente Natsu, evitando lo sguardo da sanguisuga di Minerva. Gli dava il voltastomaco.
Cercò Lucy con il cercapersone, invitandola a raggiungerlo.
Poco dopo la porta si aprì. Lisanna, ancóra più magra e malata, fece il suo ingresso insieme alla segretaria, che si accomiatò con un: “Con permesso” appena accennato.
Natsu notò subito l’eccessivo pallore, le occhiaie, le borse sotto gli occhi, le mascelle scavate, il fisico debilitato.
Soffocò un sospiro, cercando di mantenere i nervi saldi.
“Buonasera” quando Lisanna aveva accettato, non si sarebbe aspettata altre persone oltre lei e Natsu. Chi era quella donna dal falso sorriso che la guardava con pietà?
Si voltò, attirata dalla porta che si apriva ancóra, e una ragazzina sbucò da essa, più attonita di lei di essersi trovata davanti tutta quella gente.
“Salve” Lucy era corsa per il richiamo di Natsu, stupidamente aveva pensato che sarebbero stati soli, casomai per coccolarsi un po’, invece… dentro quella stanza c’era fin troppo sfoggio di bellezza matura che la faceva sentire insignificante.
“Lucy, vieni, siediti vicino a me.” la chiamò, riportandola tra loro.
Non rimase sorpresa solo Lucy da come Natsu le si fosse rivolto, dandole del tu davanti a una collega e una paziente.
Minerva si stava mangiando i gomiti. Perché quella stupida ragazzina sì e lei no? Lei era una famosa oncologa, e di diritto sarebbe spettato a lei sedere vicino a Natsu, non un’insignificante specializzanda.
D’altronde, il rosato era un uomo buono e molto professionale e sicuramente aveva chiesto alla propria specializzanda di seguire il caso per ampliarne il vasto curriculum scolastico.
Si aggrappò a questa magra consolazione.
Lisanna, invece, che sapeva vedere oltre, aveva notato con che sguardo Natsu avesse accolto e chiamato quella Lucy.
Arrivati tutti, e con Lucy al suo fianco, Natsu fece le presentazioni: “Lisanna, loro sono: Lucy, la mia specializzanda, e Minerva, l’oncologa che seguirà insieme a me il tuo caso.”.
Lucy rammentò subito dove avesse già sentito quel nome. Era il caso di cui Natsu le aveva parlato giorni addietro, chiedendole aiuto per convincere la paziente a sottoporsi alle cure.
Sorrise affabile alla donna, provando una profonda tristezza per lei; così giovane e prossima alla morte.
Ma non tutto era perduto, dovevano provare il tutto per tutto. Non perdere la speranza, la voglia di lottare.
“Piacere di conoscerla, Lisanna.” Lucy si spostò in avanti per stringerle la mano, che percepì tutt’ossa sulla pelle.
“Piacere mio” rispose cordiale Lisanna. Quella ragazzina era molto carina e gentile, ma pur sempre una ragazzina.
Cosa stai combinando, Natsu? Si disse che non era affar suo, non più purtroppo, e fu costretta ad ascoltare un’ora ininterrotta i discorsi filosofici e scientifici dell’oncologa che voleva prenderla in cura, e quelli di Natsu che le aveva chiesto di volerla operare al più presto dopo i risultati della tac e della risonanza.
Non c’erano speranze per lei, possibile che non volessero capirlo?
Da una parte, meritava di morire per espiare i suoi peccati, le sue colpe. Cercava la redenzione nelle vie del Signore.
Natsu doveva farsene una ragione, come se l’era fatta lei.
Il rosato le aveva elencato tutti i possibili rischi nell’asportare il tumore, tra i quali la morte.
Allora perché tanto disturbo? Probabilmente sarebbe morta comunque.
“Lisanna, per favore, non essere così ottusa. Lasciati aiutare.” la scongiurò ancóra una volta il suo ex.
Lucy trovò nelle parole di Natsu una grande sofferenza che le fece domandare cosa rappresentasse per lui quella donna. Non era una semplice paziente…
Qualcosa le suggerì che non le sarebbe piaciuto saperlo.
“Natsu, ne abbiamo già parlato.”.
Era inutile insistere! Aveva preso la sua decisione, l’albina, e Lucy sapeva riconoscere la testardaggine in quegli occhi blu, così simili a quelli di…
Minerva si alzò, posò una mano sulla spalla della donna e disse: “Diamole fino a lunedì per pensarci. Se entro quel giorno non avrà cambiato idea, le prometto che non insisteremo più.”.
“Le ho concesso fin troppo tempo, non ne abbiamo più.” ruggì Natsu, battendo un pugno sulla cartella clinica, dimostrando pure a un cieco quanto ci fosse immischiato.
Minerva lo guardò con attenzione.
“Natsu, non possiamo decidere per lei. Sono certa che farà la scelta giusta. Ci vedremo lunedì, Lisanna.” detto questo, balzò i tacchi sul pavimento per lasciare lo studio.
Lucy non sapeva che fare, o che dire.
La reazione di Natsu l’aveva spiazzata. Cominciando a sentirsi di troppo, sorrise alla donna e si alzò con una scusa. “Ho promesso alla signora Naomi di passare a salutarla prima di andarmene. Se non c’è altro che io possa fare, le chiedo il permesso per andare, dottore.”.
Natsu la guardò malamente.
“Lucy…” ma poi si ricordò che la signora Naomi ci teneva davvero al saluto della bionda. “Va bene. Va’ pure.”.
“Grazie. Le auguro buona serata.” non lo guardò, e si rivolse all’albina con tono dolce: “La prego Lisanna, si faccia aiutare. Non demorda e non si abbatta. A lunedì.” .
Scappò dalla stanza prima di scoppiare in lacrime.
Chiuse la porta e vi trovò appoggio con la schiena.
Respirò profondamente per calmarsi, pentendosene subito di non essersene andata.
Quello che ascoltò la ferì come un colpo di sciabola, come una legnata, una pugnalata in pieno petto…
“Liz, lasciati operare e sottoponiti alla chemioterapia.”.
“Natsu, no! Giuro, non ti capisco. Ti ho lasciato, ti ho umiliato, ho mandato a monte il matrimonio che tanto avevamo sognato, eppure tu continui a darti pena per me. Perché lo fai?”.
Le gambe minacciarono di lasciarla a piedi.
Lucy portò una mano sulla bocca e chiuse gli occhi per non permettere alle lacrime di uscire.
Quei due erano stati insieme, amandosi tanto da progettare il matrimonio. Poi però lei lo aveva lasciato e…
“Perché sei una parte importante della mia vita. Ti ho odiata, è vero, ma non per questo ti lascerò morire senza nemmeno averci provato.”.
Basta! Aveva origliato abbastanza.
Il suo mondo meraviglioso aveva cominciato a sfaldarsi, risucchiandola dentro una voragine di sofferenza.
Corse via, stavolta sul serio…
***
“Non importa se ho pianto e sofferto, questa vita fa tutto da sé. Nella musica ho solo scoperto il bisogno d'amore che c’è. Chi lo sa che cosa è vero in un mondo di bugiardi, non si può cantare il nero della rabbia coi miliardi; siamo tutti conformisti travestiti da ribelli, siamo lupi da interviste e i ragazzi sono agnelli che ti scrivono il dolore nelle lettere innocenti, e la loro religione è di credere ai cantanti. Ma li trovi una mattina con la foto sul giornale in quell'ultima vetrina con la voglia di gridare al mondo: VAFFANCULO! Vaffanculo! Vaffanculo!” mentre cantava la canzone di Masini, Lucy si sentiva una sfigata. Aveva impegnato al massimo le corde vocali sul primo vaffanculo, scaricando –o almeno provandoci– tutta la frustrazione su di esso. Non era servito a un bel niente, e lo constatò con amarezza. Si era giurata di non deprimersi più, lo aveva promesso a sua sorella prima che morisse; ed eccola a intonare parole da laccio emostatico, con tanto di dose, per colpa del destino che si divertiva a renderla infelice.
“Mi dimetto da falso poeta, da profeta di questo fans club; io non voglio insegnarvi la vita perché ognuno la impara da sé. Me ne andrò nel rumore dei fischi, sarò io a liberarvi di me, di quel pazzo che grida nei dischi il bisogno d'amore che c’è. Ora basta, io sto male, non è giusto. Vaffanculo!” avrebbe cantato fino a sentire la gola bruciare.
“Nello specchio questa sera ho scoperto un altro volto, la mia anima è più vera della maschera che porto; finalmente te lo dico con la mia disperazione, caro mio peggior nemico travestito da santone: vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo.”.
Pretendeva troppo nel chiedere di essere felice come tutti? Al fato non era bastato strapparle sua sorella, si divertiva a renderle la vita un inferno.
Tratteneva le lacrime con coraggio solo per non rovinare la serata a Rebecca e alle altre.
La colpa era sua, mica di Natsu! Natsu non le aveva fatto promesse, né si erano chiariti su cosa fossero. Questo è il secondo:Lisanna si prese un momento per osservare Natsu, immerso a guardare il panorama fuori dalla grande parete a vetro della pizzeria dove tante volte avevano mangiato da fidanzati.
Si era sempre distinto per il suo modo di vestire elegante, ma quella sera era davvero impeccabile con il maglione a collo alto e jeans scuro.
Era bello più di prima, più maturo, più uomo.
Teneva la fronte corrucciata, le sopracciglia strette al centro e le labbra dischiuse. Stava pensando, ed egoisticamente sperava potesse essere lei la fautrice di un tale estraniarsi dal mondo.
“A cosa pensi?” gli chiese, strappandolo chissà da dove o da chi, mentre aspettavano l’arrivo della pizza.
Bella domanda! In realtà, la sua mente era un groviglio di immagini che ritraevano Lucy alla festa, bella da mozzare il fiato, a divertirsi con le altre, accerchiata quasi sicuramente da aitanti uomini facoltosi, desiderosi di infilarsi nelle sue mutande.
Niente riusciva a togliergli dalla testa l’idea che Lucy avesse intuito qualcosa nel suo studio. Si era dileguata in fretta con una scusa ben studiata.
O forse era lui che si stava fasciando la testa prima di rompersela.
Si ricordò di dovere una risposta a Lisanna. “A una persona che sto frequentando” la fissò negli occhi e trovò tanto rimpianto.
“Me ne sono accorta, sai!” delineò un sorriso, Lisanna: “E forse posso anche indovinare. Se fosse chi penso che sia, credo che dovresti troncare subito, Natsu.” era ancóra innamorata di lui, inutile negarlo, non aveva mai smesso di farlo, al contrario di quello che voleva fargli credere.
Saperlo perso dietro a una ragazzina non rispecchiava l’immagine del Natsu che ricordava.
Lo irritarono le parole di Lisanna. Chi credeva di essere per dispensargli consigli sul chi dovesse frequentare? Lo aveva lasciato pochi mesi prima del matrimonio e adesso se ne usciva così?
Era stato male per lei, non le avrebbe permesso di intromettersi, non su quel tasto.
“Non sono affari tuoi, Lisanna.” il tono asprito ebbe successo, lei spostò lo sguardo verso il basso, forse resasi conto della gaffe appena fatta.
“Scusami. Mi preoccupo per te. Puoi avere tutte le donne che vuoi ai tuoi piedi, non dovresti correre dietro a una ragazzina, per di più una tua specializzanda.” il danno era stato fatto; tanto valeva essere sincera del tutto: “Non negarlo. È lei. Ho visto come l’hai guardata appena è entrata nel tuo studio.”
“Liz!” Natsu prese una lunga boccata d’aria per non arrabbiarsi. “Ciò che faccio della mia vita non è più affar tuo. Siamo rimasti amici, è vero, ma non tali da permetterti tanto. Sono venuto a cena con te per convincerti a curarti, a provarci, non per discutere della mia vita sentimentale.”.
Non gliene fregava un bel niente se gli altri lo avrebbero saputo. Non gli era mai importato dei pareri altrui.
Lucy lo prendeva in maniera folle, sconsiderata. Grazie a lei aveva ricominciato a credere all’amore, ai suoi benefici, al sapore amaro della gelosia. Tutte cose che aveva aberrato lontane dal suo cuore, per la stessa persona che si permetteva di criticarlo.
Gli occhi di Natsu risplenderono di rabbia.
Lisanna si arrese, non avendo diritto di continuare.
“Non mi farò operare, Natsu, né curare.”.
Stufo di parlare a un muro di amianto, Natsu spostò la sedia all’indietro e si alzò. Tirò fuori dal portafoglio delle banconote e con stizza le poggiò sul tavolo. Prese la giacca, se la infilò, e disse: “Fa’ come ti pare.”.
Si voltò, andandosene.
Lisanna non tentò nemmeno di fermarlo.
Natsu non le apparteneva più. Un bacione grandissimo ciao *________________________________________________________* |