Recensioni per
575
di Vandevoorde
Direi che finiamo in bellezza, se non fosse che "bellezza" è uno sgarbo all'amarezza indifferente di questo componimento, al modo in cui il titolo si allaccia alla scena che presenti in tre versi. Ancora una volta, noto come la situazione viene presentata da un narratore esterno che si rivolge in prima persona al lettore e quasi ne analizza lo stato d'animo, ne fa una diagnosi metodica, medicinale. Eppure, a differenza di tante altre volte, qui non mi pare esserci nessuna ironia, nessun sarcasmo, nessuna derisione bonaria in quel finale "lo sai". Solo una certa dolce, irritante compassione. |
Domanda stupida: hai mai ascoltato "I Don't Wanna Miss a Thing" degli Aerosmith? Per qualche ovvia ragione, non riesco a sentire nient'altro mentre leggo questo componimento che, con tutto il rispetto per "La Fine Di Un Amore" e "Dopo Una Lite, Cuori In Pace", ha appena conquistato il posto di mio haiku preferito della raccolta. |
Ho deciso di lasciar stare ufficialmente tutta la questione della distribuzione delle sillabe, avendola sottovalutata (o avendo sopravvalutato il mio grezzo intelletto contadino), il ché mi ha dato la possibilità di tornare a concentrarmi soltanto sul componimento in sé. |
Va bene, magari il titolo non è granché creativo, però secondo me ci sta. Dà l'impressione, ora chiaramente casuale ma a suo tempo geniale, di essere un pensiero fisso, di quelli che ti ripeti quattro volte in testa per cercare di interpretare alla maniera giusta. E l'intero componimento ha un po' l'aria di essere una riflessione mezza lucida. |
L'avrò già detto mille volte da quando ho iniziato a recensire la tua raccolta di haiku, ma mi sento in dovere di ripeterlo: se non sapessi che hai scritto e pubblicato tutto questo la bellezza di nove anni fa, direi che stai facendo un commentario piuttosto dettagliato della mia vita. C'è una rassegnazione stanchissima in questo componimento, un'indifferenza astrale rispetto a qualcosa che comunque hai qui davanti. Non c'è alcuna scena da immaginare in questo caso. Né è necessaria alcuna interpretazione. Mi sembra di essere io stessa la scena. |
Dall'alto della mia vaghissima conoscenza di metrica e distribuzione delle sillabe negli haiku, mi sento di dire che questa disposizione non mi dispiace affatto. Ammetto che foneticamente mi è suonato un po' strano, all'inizio. Ma una volta che te lo sei rigirato dieci volte sulla lingua, tutto riesce a suonare bene e anche qui mi sono abituata. |
Ecco qualcosa di davvero interessante. Sai? Uno dei motivi per cui amo tanto la tua raccolta di haiku è che il tuo è un vero e proprio mosaico di vita. Non c'è un tema principale o un filo logico che attraversa tutti i componimenti. Si parla di tempo e di dolore e di amore in modi sempre diversi e originali. |
Di nuovo, non so bene cosa scriverti e temo di scrivere più di quanto dovrei circa cose che neanche io so comprendere a pieno. |
Wow. Penso di avere un preferito assoluto. |
Di nuovo, e per fortuna dopo lo scorso componimento che mi ha messo i brividi, mi fai pensare alla mia cara nonna. Innanzitutto, fatti fare i complimenti per la musicalità e la vera e propria poesia dell'espressione "geografia di un viso". Ha una dolcezza che neanche sto qui a descriverti, tanto è leggera e soffice. E poi, soprattutto, è il titolo perfetto per quello che hai scritto. |
Meglio non dirti a cosa sto pensando in questo momento. |
Questa sì che è una sfida. Ecco, forse la cosa che più amo in assoluto degli haiku è che lasciano un mondo di interpretazione soggettiva al loro lettore, con appena un paio di indicazioni vaghe sul come e sul perché.+ |
"La Fine Di Un Amore" è forse l'unica cosa, in questo haiku, che suscita un sentimento di finalità. Il resto è tutto un testardo ancorarsi non solo a ciò che è stato (ai "tempi migliori" dell'intelletto) ma anche a ciò che ancora è, per quanto imperfetto e doloroso. |
Ed ecco che torniamo sul triste riflettere. Ahimé, non riesco neanche a rammaricarmene perché questo componimento è dolce a suo modo, o forse ho ancora il retrogusto del precedente. "Eravamo" sembra il classico inizio di una storia di vita della mia nonna. In quel "sai?" mi figuro il suo stesso sorriso. Obliquo, a metà, amaro, nostalgico. E questa impressione la rafforza il modo in cui il discorso viene lasciato perdere, abbandonato là senza una fine, come se di finali potessero essercene a centinaia, a migliaia. E, in fondo, non sono una miriade le possibilità di racconto? La mia adorata nonna non sa raccontare la stessa storia due volte. Quando si sente in vena di rimuginare sul passato, lo fa con il medesimo sorriso e parole sempre diverse. Il discorso lasciato in sospeso mi fa pensare tanto a lei. |
C'è una malinconia dolcissima in questo componimento. Mi pare di aver davanti un'atmosfera volutamente retrò, quasi un filtro caldo sugli occhi mentre leggo. Oltre la sfumatura vintage del lagrimare che hai scelto e la morbidezza del verbo lambire, qualcosa mi riporta distintamente a una qualche scena della mia tenera infanzia. |