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Autore: Pwhore    24/03/2012    2 recensioni
Gerard e Frank sono fidanzati da anni ormai, e quasi ogni sera il più piccolo è costretto ad aspettare l'altro fino a tardi per assicurarsi che torni a casa sano e salvo. Ma se un giorno tutto cambiasse e l'alcol che dà tanto rifugio a Gee diventasse un mostro incontrollabile?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Coma etilico.
Fino a pochi giorni prima quella parola non significava niente per lui, neanche si ricordava della sua esistenza, e ora aveva segnato il suo destino per sempre.
Si sporse in avanti, accarezzando la mano di Gerard con tocco leggero. I dottori erano positivi, si sarebbe ripreso presto, ma al ragazzo bruciava che i motivi per cui il suo fidanzato si trovava in una stanza d'ospedale erano la sua gelosia e la sua apprensività. Non riusciva a non incolparsi di tutto, a credere che fossero solo i cattivi vizi di Gee, la sua ossessione per lo spingersi sempre oltre e la sua spensieratezza eccessiva ad aver fatto sì che il ragazzo sprofondasse in coma. Aveva bisogno di qualcuno da incolpare, e chi più si adattava a quel ruolo se non lui stesso?
- Hey, Gee, come va? Ti senti meglio? - sussurrò. Prese la sua mano tra le sue e la baciò dolcemente, accarezzandola.
- I dottori dicono che ti stai riprendendo velocemente, che sei forte. Spero davvero che non mentano, mi manca averti fra i piedi - scherzò.
- Sai.. - s'interruppe per un attimo, respirando a fondo e radunando le parole con aria affranta.
- Ora che non ci sei mi sto rendendo conto di tutti i miei errori, delle stronzate che ho fatto. Avevi ragione tu, non sono io che devo decidere per te, ma devi essere in grado di fare le tue scelte senza che ti stia costantemente col fiato sul collo. Scusa, mi dispiace. Però devi ammettere che non avevo tutti i torti, quando ti dicevo che stavi esagerando con l'alcool - disse, poi abbozzò un sorriso. L'ansia aveva ancora il controllo su di lui, ma voleva assolutamente alleviare la tensione che aleggiava dentro quella stanza. Lo faceva sentire oppresso, come se ci fosse qualcosa a impedirgli di respirare, e quel qualcosa probabilmente era la vista di Gerard. Era sdraiato sul letto, incosciente, ma non era attaccato al respiratore, e questo, avevano detto i medici, era un buon segno.
- Sai, honey, dicono che il tuo cervello non sia rimasto danneggiato. E' per questo che puoi ancora respirare da te, e probabilmente nel giro di poco tempo riuscirai anche a parlare di nuovo, senza contare che ora le tue canzoni avranno qualcosa di nuovo da raccontare - sorrise.
- E poi, dai, poteva andarci peggio. Potevi ingurgitare qualche litro in più e rimanere così per sempre. In quel caso, non so davvero cos'avrei fatto - ammise.
- Ti amo, Gerard. Scusa se non te lo dimostro abbastanza - mormorò. Rimase in silenzio, le parole che echeggiavano e lottavano nella sua mente. Lo amava, già, ma tutto quello che faceva era opprimerlo e riempirlo di divieti, solo che non se n'era mai reso conto. Si prese la parte alta del naso tra le dita e sospirò a fondo, ricacciando indietro le lacrime. Sì, era decisamente colpa sua. Aveva ragione Gerard, era lui il motivo per cui lui beveva. Era una merda.
Si alzò silenziosamente in piedi e si appoggiò allo stipite della porta, voltandosi per guardare meglio quella squallida stanza d'ospedale.
- Sarebbe successo se non ci fossi stato io? - chiese al nulla, in un sussurro appena udibile. Guardò ancora il ragazzo, riverso sul letto senza alcuna espressione sul volto. Sembrava un sonno qualunque, normale; e invece era una prigione orribile in cui lui stesso lo aveva rinchiuso, dopo anni di tentativi impercettibili e mai notati. Era difficile pensare che non fosse colpa sua, qualunque cosa in quella stanza lo accusava e scherniva la sua preoccupazione.
''E' colpa tua,'' dicevano gli oggetti. ''Sei stato tu a fargli questo. Se non ci fossi stato sarebbe stato meglio per tutti, soprattutto per Gerard!''
Frank si circondò lo stomaco con le braccia, trattenendo un conato di vomito.
Era vero, era tutto vero.
La causa di tutto era lui e solo lui.
Le sue allucinazioni avevano ragione.
Annaspò per garantire un po' d'aria ai suoi polmoni doloranti, ma la sua bocca era impastata dal senso di colpa e dalle troppe lacrime, e non riusciva a respirare bene. Si lasciò scivolare sul pavimento e si abbracciò le gambe, affondando il viso nelle ginocchia tremanti.
Era come se la notizia l'avesse appena colpito, come se avesse appena realizzato che il suo fidanzato era in coma e che non stava semplicemente dormendo. Eppure lo sapeva, l'aveva sempre saputo -- Gerard era in coma dalle cinque di mattina, e così sarebbe rimasto per tanti, tanti giorni.
Non sapeva spiegarsi neanche lui il perché, ma gli era caduto improvvisamente il mondo addosso, e il colpo l'aveva preso dritto in mezzo agli occhi.
Si raggomitolò su se stesso, piangente, e rimase immobile, a mordersi le labbra e tranquillizzare il respiro.
E se Gerard non si fosse più svegliato?
E se ci avesse messo più di due settimane ad aprire gli occhi?
Cos'avrebbe fatto lui, cos'avrebbe raccontato alla band?
L'avrebbero accusato tutti di sicuro, gli avrebbero detto che non sapeva prendersi cura neanche del suo ragazzo e gli avrebbero voltato le spalle con disprezzo.
Sarebbero stati disgustati da lui, non avrebbero nemmeno ascoltato le sue ragioni e l'avrebbero rimosso dalle loro vite senza troppa fatica.
Si strinse le ginocchia, strizzando gli occhi fino a farsi male.
Non era colpa sua, lui amava Gerard con tutto se stesso. Era la sua ragione di vita, tutto ciò che faceva lo faceva per lui, solo per lui.
Si portò le mani alla testa e la scosse, cercando di cacciare tutta la tristezza che la velava.
Le parole cominciarono a prendere forma dentro la sua mente, a roteare e urlargli contro frasi di odio e delusione.
- Non è colpa mia, io.. io non volevo, volevo solo che stesse bene - singhiozzò. - Andatevene, andatevene via tutti! Io non volevo, non volevo -.
Scattò in piedi, la testa che gli girava e la nausea che gli bruciava nel petto, e corse in corridoio, piangendo, sotto lo sguardo incurante degli altri pazienti.
Perché proprio lui? Voleva solo il meglio per il suo ragazzo, perché doveva sentirsi così?
Continuò a correre, gli occhi appannati e brucianti.
Va bene, non era il fidanzato perfetto ed era colpa sua se Gerard era all'ospedale, ma si sentiva già abbastanza in colpa senza il suo stupido subconscio.
Strinse i pugni, inforcando il corridoio di destra e strizzando le palpebre fino a non vedere più niente.
- Ehy, attento, è pericoloso! - sentì qualcuno urlargli contro.
"....Eh?"
Frank riaprì gli occhi di scatto, giusto in tempo per vedere le rampe di scale davanti a lui.
Fu questione di secondi.
Cercò di fermarsi, ma l'unico risultato fu inciampare rovinosamente sui suoi stessi piedi, cadendo in avanti. Si portò le mani davanti al volto per proteggersi e chiuse gli occhi, poi il dolore e poi più niente.


Gerard si svegliò di soprassalto con un urlo, la fronte imperlata di sudore. Si voltò verso destra, ansimando, e cercò di intravedere la figura magra del suo ragazzo nella luce fioca del mattino. Chiuse e riaprì gli occhi, spostando la mano per sentire se c'era davvero. Con un sospiro di sollievo, sentì le dita di Frank chiudersi attorno alle sue, prima che il fidanzato gliene baciasse il dorso.
- Hai fatto un brutto sogno, Gee? - gli domandò con voce impastata dal sonno. Il moro annuì, abbracciandolo.
- Già. Tu eri me e... Domani vado a disintossicarmi - disse. Frank gli baciò il mento, respirando silenziosamente.
- Sei sicuro? - mormorò, appoggiando la testa contro il petto dell'altro. - Non voglio farti sentire in obbligo. -
- Sono sicuro. Ti amo - ripeté, accarezzando il viso del più piccolo.
- Ti amo anch'io - farfugliò quello, sbadigliando. Gee sorrise e gli scompigliò i capelli, poi gli baciò la fronte e aspettò che si addormentasse tra le sue braccia. A quel punto si alzò, si avvicinò alla finestra e guardò fuori, circondandosi la vita con le braccia. Se non fosse stato per quel sogno.. Si voltò verso il letto e sorrise col cuore. Caro piccolo Frankie, si era sempre preoccupato per lui, anche se non se lo meritava.
- Da domani ti renderò fiero di me, Frank - sorrise. - Stanne certo -.
   
 
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