Capitolo 1
Contro la
tempesta del mondo
Se
vi mettete in riva al
mare prima di una tempesta, potete sentire esattamente il momento in
cui il
vento cambia, quell’impercettibile rumore che fa presupporre
una bufera. É una
sensazione dell'animo oltre ché dei sensi.
E
fu quella la sensazione
che provai esattamente un attimo prima che il mio cellulare iniziasse a
squillare mentre, seduta nell'enorme e lussuoso salotto di casa Cullen, sfogliavo senza troppo
entusiasmo, accanto ad
Alice e Rosalie, una rivista di Abiti da sposa. Mancava meno di un mese
al
matrimonio mio e di Edward.
Katrina,
Diana … gli
uomini tendono a dare un nome ai più grandi disastri della
natura quasi che,
così impersonificati e resi umani, possano essere spiegati.
Ma la realtà è che
nessuna spiegazione sarà mai sufficiente per il dolore e la
tragedia che in un
attimo ti travolge, andando a frantumare tutte le certezze e le
convinzioni che
con fatica nella tua vita hai cercato di costruire.
Il mio telefono
squillò e la tormenta si
scaraventò su di me, abbattendo tutto quello che
trovò al suo passaggio e la
tempesta, anche stavolta, aveva un nome specifico. Un nome di donna. Il
nome di
mia madre.
Sul
mio cellulare di
ultimissimo modello, dono del mio futuro marito, lampeggiò
il nome del mio
patrigno;
quella
strana sensazione
provata poco prima riprese a stringermi lo stomaco. Phil non mi aveva
mai
chiamato e ora quel nome non prometteva niente di buono. Con mano
tremante e
dandomi mentalmente della cretina - perché sì,
probabilmente si trattava solo
di mia madre che, sbadata com’era, aveva sicuramente
dimenticato il suo
cellulare - risposi alla chiamata. Le poche parole scomposte e senza
senso
dall’ altro lato del apparecchio pronunciate fra le lacrime
cancellarono per
sempre quella che era stata Isabella Marie Swan.
Il
cellulare e la rivista,
che ancora tenevo nell’altra mano, caddero con un tonfo secco
a terra e
sarebbero stati seguiti da me pochi istanti dopo, se non mi fossi
trovata in
una casa piena di vampiri rapidi e dai sensi ipersviluppati.
Ancora
adesso, a distanza
di cinque anni, non ricordo con esattezza che cosa successe in quegli
attimi
infernali. So solo di essermi ritrovata nell’abbraccio gelido
di Edward con la
gola che bruciava -probabilmente dopo aver urlato con tutto il fiato
che avevo
in corpo - e le orecchie ovattate che ronzavano, riproponendomi
insistentemente
quelle poche parole pronunciate da Phil:
“Renèe…morta…
camion… strada bagnata…
morta.”
Lo
smarrimento iniziale e
lo shock furono presto sostituiti dalla frenesia. Non sapevo di preciso
cosa
dovessi o potessi fare, ma ero sicura di non dover restare in quella
casa.
Sentivo, con una certezza mai avuta prima , che quello non era il mio
posto.
Volevo solo credere che fosse un altro dei miei brutti sogni, volevo
lasciarmi
cullare dalle braccia rassicuranti di mio padre come facevo sempre da
bambina
dopo uno dei miei tanti incubi ricorrenti, volevo sentire i suoi
sussurri
rincuorarmi.
Mi
precipitai fuori da
casa Cullen, e in un momento di razionalità che mai avrei
creduto possibile,
ricordai che Charlie la mattina mi aveva detto che avrebbe trascorso la
giornata a casa di Sue Clearwater per aiutarla in alcune faccende
domestiche:
un lavandino che perdeva, delle tegole da sistemare.
Ero
quasi arrivata alla
macchina quando sentii la
mano di Edward
stringersi al mio polso. Mi girai verso di lui, guardandolo con gli
occhi
sconvolti da qualcosa che, ora so, essere stata molto simile alla
follia.
“Non
puoi guidare in
questo stato, Bella, lascia fare a me.”
“
Edward, sto andando a La
Push, non puoi venire, dovresti fermarti al confine
e…”
“
Allora chiama tuo padre
e fallo venire qui, gli spiegheremo insieme quello che è
successo, lascia che
mi prenda cura di te, amore.”
Razionalmente
sapevo che
aveva ragione, ma in me oramai non era rimasto più niente
che rispondesse alla
parola razionalità. Edward si stava solo preoccupando per
me, ma per la prima
volta nella mia vita le sue parole mi dettero fastidio. Mi stava impedendo di fare
quello che volevo,
quello che io ritenevo la cosa più giusta in quel momento e
questa volta non si
trattava della mia amicizia verso di Jacob.
Stavolta,
ancor meno dei
mesi scorsi, non avrei accettato interferenze da parte sua. Così con una
voce fredda che non mi
apparteneva gli dissi solamente:
“Lasciami
andare subito.
Ho bisogno di mio padre. Cos’è che non ti
è chiaro?”
Lui,
con un misto di
sconforto e rassegnazione nello sguardo, lasciò andare il
mio braccio
permettendomi di salire in quel carro armato che si ostinava a chiamare
macchina, e che aveva preso il posto del mio amato pick- up.
Pigiai
il piede
sull’acceleratore come non avevo mai fatto in vita mia,
proprio io che odiavo
la velocità, e così facendo non ci misi molto ad
arrivare. Strinsi più forte il
volante fra le mani, cercando fra gli alberi ai lati della strada gli
occhi
ambrati di Edward, ero certa che almeno fino a quel punto mi avrebbe
seguita. Dopo
averli trovati, provai con uno sguardo a scusarmi per il dolore che gli
avevo
inflitto pochi minuti prima quando, per la prima volta da quando ci
conoscevamo, non era stato la mia priorità.
Entrai
nel territorio
della riserva, varcando l’invisibile confine fra i miei due
mondi: il
territorio dei vampiri e quello dei licantropi. Erano settimane che non
ci
mettevo più piede e nonostante tutto quello che stessi
provando in quegli
istanti, mi stupii della sensazione di familiarità che mi
colpì all’istante. La
casetta rossa, che per molto tempo era stata il mio rifugio felice
dalla
depressione, entrò nel mio campo visivo.
Poche decine di metri più avanti
c’era la macchina di Charlie
posteggiata sotto un albero di fronte al portico dei Clearwater.
Entrai
come una furia
senza bussare, quasi travolgendo Seth che, seduto comodamente sul
pavimento,
era intento a giocare una partita alla playstation. Dalla porta della
cucina
fece capolino la testa di Sue, seguita da mio padre.
Finalmente
mi ritrovai fra
le sue braccia. Stretta
in quell’abbraccio
familiare e rassicurante, piansi cercando di dare una spiegazione a
quello che
non potevo accettare fosse accaduto davvero.
Correvo
nel bosco,
probabilmente ben oltre il territorio del Canada e non avevo ancora
nessuna
intenzione di fermarmi. Nella mia testa finalmente ero solo.
Da
quando avevo ricevuto
quel foglio bianco che mi aveva strappato la vita, avevo lasciato che
il lupo
prendesse il sopravvento sull’uomo. Ma, purtroppo, gli attimi
di completa
solitudine che io agognavo non erano molti, per cui ero intenzionato a
godermi
fino in fondo quella bolla di completo niente che vagava nei miei
sensi. Solo
io e il lupo. Istinto e risposta.
Ma
come tutte le cose
belle anche quella sensazione durò poco.
La mia mente all’ improvviso fu attraversata da
immagini confuse, credo
proiettate da Seth, ma non ne potei essere sicuro, perché
quello che vidi
annebbiò tutto il resto: Bella che piangeva, Bella piegata
dal dolore, Bella
che soffriva.
Smisi
di correre. E poi
ricominciai nella direzione opposta. Tornavo a casa, tornavo dalla
fonte del
mio dolore, perché solo lei era più importante
anche di me stesso.
NOTE
AUTRICE:
con questo
capitolo inizia davvero la storia.
Grazie davvero
per le belle recensioni del prologo e a chi legge sempre.
Orami sono un po’ ripetitiva, ma come al solito con tutto il cuore grazia aniasolary e Maria_Black quest ultima ha scritto una bella shot Jacob /Bella
A chi mi dice |
A chi mi dice
|
dateci un occhio.
Ho fatto il trailer di questa fan fiction. Se volete guardarlo lo trovato a questo link.
http://www.youtube.com/watch?v=m0f2ixKP1S0&context=C4f84c15ADvjVQa1PpcFNyHyA5q59_M14A7KOgLq-0ARweYDsMzcI=ieri ho pubblicato una piccola flash fich.... per farvi due ristate con jake e i suoi due compari quil e embry la trovato qua
I consigli di Cosmo
Infine prossimo capitolo domenica otto aprile.
a presto noemi.