PROLOGO
Stava
seduto davanti alla finestra spalancata di un appartamento decisamente
squallido, coi piedi appoggiati al davanzale, e guardava fuori. Era pallido,
Draco Malfoy, aveva la barba un po’ sfatta e i capelli gli ricadevano sulla nuca
e sulla fronte, nascondendo in parte gli occhi stanchi, di chi non riposa bene
da troppo tempo.
Era un inizio giugno bollente, ma in lontananza si
sentiva tuonare e si vedevano dei nuvoloni neri carichi di pioggia avvicinarsi.
Stava arrivando un temporale.
Estrasse il pacchetto che aveva in tasca. Erano quattro
anni che faceva quella vita ormai, e l’unica cosa che aveva imparato ad
apprezzare era il vizio del fumo. Probabilmente era per via di quel messaggio,
IL FUMO UCCIDE.
“Me lo prometti?” si disse da solo leggendo la scritta
stampata a caratteri cubitali, e si accese una
sigaretta.
Era schifato. Aveva passato i suoi primi ventitre anni a
cercare di diventare qualcuno e guadagnarsi il rispetto degli altri; gli ultimi
quattro, invece, li aveva passati così, nascondendosi tra i babbani come un
vigliacco. Non era mai riuscito a concludere nulla, sapeva solo scappare. Forse
era davvero un vigliacco.
Tirò qualche boccata avida di
fumo.
“Ma come facevo a stare senza prima? Non pensavo che i
babbani potessero avere delle idee così illuminanti in fatto di autodistruzione”
commentò con sarcasmo mentre il vento tipico delle burrasche estive gli
spettinava i capelli. Una bella sensazione. Chiuse gli
occhi.
…
Era quello, morire? Beh, non era poi così male. Come
galleggiare nell’ovatta. Cominciava anche a sentire sempre meno dolore.
Aspettate! Ma
non aveva urlato. Aveva a malapena aperto la bocca. Tanto le ombre se ne erano
andate, e anche le voci. Lo avevano lasciato indietro. Non che gli importasse,
poi, stava cominciando a diventare quasi piacevole, l’ovatta. Bastava solo
lasciarsi andare… lasciarsi andare invece che aggrapparsi a quel briciolo di
vita rimasta. Affondare nell’ovatta.
Affondare. O Vivere.
Una figura, un ultimo pensiero lucido, prima di
affondare.
O prima di vivere.
…
“Stupido, stupido
catorcio! Proprio adesso doveva mollarmi a piedi! Merda!”
Questa frase lo riportò alla realtà: giù in strada una
ragazza stava imprecando contro la sua auto. Del resto è noto che le macchine si
aggiustano insultandole. Malfoy si sporse a guardare, incuriosito da quello
sfogo; cominciavano a cadere le prime gocce di
pioggia.
“Perfetto! Anche la pioggia ci mancava. grandioso!” Esclamò stizzita la
giovane donna.
Non credeva ai suoi occhi. “Questa poi…” pensò, e un
attimo dopo, inspiegabilmente, il ragazzo uscì di
casa.
~~~~~~
“Ecco, tu guarda quel cretino! EHI, LO STOP!”
Hermione si spostava spesso in automobile; viveva in una
città piena di babbani, mica poteva smaterializzarsi e materializzarsi a destra
e a sinistra indisturbata. E poi non poteva fare molto facilmente a meno di
certe cose, come l’elettricità o gli elettrodomestici.
Era diventata guaritrice, ma da qualche anno si era
trasferita negli Stati Uniti e aveva deciso di dedicarsi alla ricerca di nuove
pozioni e incantesimi. Sì, come giovane donna di ventisette anni, la sua vita la
soddisfaceva. Era indipendente, aveva un buon lavoro, degli affetti e degli
amici.
“Ora che succede?” Il motore la stava abbandonando. “No,
non fare così, piccola, su! Non morire così… oh porca vacca!” accostò di fretta
mentre l’auto emetteva gli ultimi rantoli, e scese.
“Stupido, stupido
catorcio! Proprio adesso doveva mollarmi a piedi! Merda!”
inspiegabilmente si mise a imprecare contro la macchina; si sentiva un po’
stupida, sapeva che le macchine non si aggiustano così, però prima ci stava pure
parlando, quindi era giustificata.
“Perfetto! Anche la pioggia ci mancava. grandioso!” Brontolò stizzita, mente
sentiva le prime gocce d’acqua bagnarle il viso. Si sarebbe inzuppata e sarebbe
arrivata in ritardo. Ottimo!
Si guardò in giro, non c’era nessuno nelle
vicinanze.
“Ma sì, dai, non c’è nessuno. Non posso rimanere in panne
sotto la pioggia.” Afferrò la borsa e ne estrasse la sua bacchetta con fare
furtivo.
“Reparo” bisbigliò, nascondendosi alla meglio.
Tutta soddisfatta rimise la bacchetta a posto.
“Granger, non ti facevo così sprezzante delle regole.
Avrebbero potuto vederti. Io ti ho vista.”
Quella voce. Assurdo.
Hermione alzò lo sguardo. Nel vederlo sbucare dal nulla
sbiancò e si appoggiò all’auto, giusto per non sbattere per terra.
“M-M-Malf…?”
“Mi ricordavo una ragazza più eloquente.”
“Ma tu… da dove…” balbettò la
ragazza.
“Si dà il caso che abbia sentito una voce familiarmente
irritante imprecare contro un’auto.” Sembrava divertito Malfoy, aveva il suo
solito ghigno compiaciuto stampigliato sulla
faccia.
“Quattro anni…” disse con un filo di voce
Hermione.
“Mi sposto spesso. Tu, piuttosto, che ci fai qui?” ma lei
non rispose nulla, era troppo sconcertata. “Ci stiamo inzuppando, te ne rendi
conto?” disse lui con una smorfia, vedendo che la ragazza lo fissava lì
impalata.
“Cosa? Ah sì… sali.” Detto ciò aprì la portiera dell’auto
e i due si ripararono dentro, anche se ormai erano già mezzi fradici. Ci fu
qualche attimo di pausa, o qualche minuto, il tempo necessario alla ragazza per
riprendersi dallo shock. Poi fu lui a parlare per
primo.
“Cosa ci fai negli Stati Uniti, dunque?” le chiese con
un’assurda sbadatezza, come se quella fosse una normalissima conversazione tra
due vecchie conoscenze, sfilando una sigaretta dal pacchetto e portandosela alla
bocca.
“Lavoro qua da un paio d’anni, sono ricercatr- ehi! Non
fumerai nella mia macchina, spero!”
Malfoy la guardò di sbieco e si accese la
sigaretta.
“Apri il finestrino,
almeno.”
Si voltò verso di lei e soffiò fuori il fumo con
prepotenza. “Sta piovendo.”
“E chi se ne frega, se vuoi fumare, tiri giù il
finestrino e ti bagni! Tanto ormai…” ribatté. Malfoy alzò un sopracciglio, ma
alla fine obbedì. Granger era sempre Granger.
I due restarono qualche momento in silenzio, poi Hermione
parlò per prima.
“Perché continui a nasconderti? La guerra è finita poco
dopo che tu…” ma le parole le morirono in bocca. Lui rimase zitto a fissare
fuori, mentre la pioggia entrava a inzupparlo ulteriormente dal finestrino un
po’ abbassato.
“Mi piove in macchina.” Hermione gli strappò di mano la
sigaretta, spazientita, e poi la buttò fuori.
“Ma che…?”
“Ti ho fatto una domanda.”
“Ho sentito, non sono
sordo.”
“Senti, se è per le
conseguenze…”
“MA NON CAPISCI?!” fece all’improvviso lui, voltandosi
così di scatto che la ragazza sobbalzò sul sedile per lo spavento. “Il mio
problema non è certo la paura di Azkaban! Chi se ne frega! Sono io che mi faccio
troppo schifo, con che faccia pensi che potrei rifarmi vivo dopo tutto questo
tempo, eh?! E poi ti creerei solo altri problemi.”
Hermione lo fissò, immobile. “Ti credevamo morto.
Tutti lo credevamo…” Balbettò. Non c’era molto altro da aggiungere,
dopotutto.
“Probabilmente non eravate solo voi a crederlo. O magari,
per lui ero un problema di cui occuparsi dopo. Ma non essendoci
stato nessun dopo… “
“Malfoy…” cominciò, ma lui la interruppe, evidentemente
arrabbiato. Con se stesso. Parlava come se non avesse aspettato altro per tutti
quegli anni, come se avere un interlocutore fosse una scusa per sputare fuori
tutto quelle cose che gli affollavano la mente.
“Volevo solo essere rispettato, dimostrare di valere
qualcosa. E adesso guardami. Guarda come mi sono ridotto. Ti sembro forse una
persona da rispettare? Sono anni che continuo a scappare, scappo dal mio
passato, scappo dal mio futuro.
Scappo dal vigliacco che sono. E tu mi dici di fami
vivo…”
Lei tentò di dire qualcosa, tentò di fargli notare che
forse stava esagerando, che dopotutto aveva chiuso col suo passato, ma non c’era
molto da dire. Per la prima volta nella sua vita, Hermione non trovava le
parole, e decise che era meglio ascoltare.
Come se le potesse leggere dentro, lui scrollò la
testa.
“In passato non mi è mai importato di chi avesse ragione
o torto, volevo solo diventare qualcuno e ho scelto la strada più semplice per
me, anche se era quella sbagliata. Poi, la vita mi ha regalato una seconda
possibilità, senza che me la meritassi tra l’altro, e io cosa faccio? Quello che
ho sempre fatto. Scappo. Scappo perché ho paura, scappo perché è più facile
aggirarli, i problemi, piuttosto che affrontarli.”
Hermione lo guardava, lo guardava perché non poteva fare
altro. Si concentrava su quei lineamenti che non avrebbe mai potuto dimenticare,
neanche volendolo. Su quello sguardo freddo e distaccato che adesso, però,
sembrava più che altro stanco, disilluso.
“Sei ingiusto con te stesso. Eri cambiato, e lo sappiamo
entrambi.”
“Non sono stato io a ribellarmi, è stato il caso ad
avermi concesso una gentilezza…”
…
Era più giovane, ma anche più sola e più stufa di vivere
di adesso. Era schifata dalla guerra, da tutte quelle persone che amava ma che
continuavano a morire, proprio come quella notte. Gli scontri avevano assunto
dimensioni più imponenti, ossia, c’erano più corpi senza vita a
terra.
“Andiamo, ormai non c’è più nulla da fare per dei
guaritori…” disse con tono piatto un suo collega più anziano, rialzandosi
sconsolato dal corpo di qualcuno che fu un Auror. Hermione si guardò attorno,
mentre gli altri si smaterializzavano poco a poco verso il San Mungo. Era
davvero disgustata, da tutto. Poi un lamento, debolissimo, poco distante. Si
avvicinò, voltò il corpo e si trovò davanti due occhi grigi che la morte non
aveva ancora opacizzato. Non era possibile.
Lui.
“Hermione…”
Hermione? E da quando? Uno sguardo, un veloce incantesimo
di emergenza e poi…
Non sarebbe mai stata in grado di spiegarsi il perché di
quel suo comportamento, ma afferrò il braccio del Mangiamorte e si concentrò su
casa sua. Stava commettendo un crimine.
…
Tornò la voce dell’uomo a riportarla al presente. “E
comunque, avrei potuto riscattarmi un minimo, collaborando, ma ho preferito fare
quello che so fare meglio: me la sono data a gambe. Che
schifo.”
Malfoy era letteralmente lacerato. Hermione sapeva che in
fondo non era realmente malvagio: era stato il desiderio di affermarsi a
portarlo a fare quello che aveva fatto, non una vera convinzione, e ora stava
pagando per tutti gli errori commessi.
“E’ comprensibile che abbia avuto paura.” Ma la sua voce
tradì un po’ di titubanza. Forse lui la stava convincendo? In un certo senso era
vero. Avrebbe potuto pentirsi ufficialmente, ma preferì continuare a
nascondersi, fino al giorno della sua fuga. Aggirarli, i problemi, piuttosto che
affrontarli, parole sue.
“Non tutti scappano davanti alle difficoltà. Tu non sei
scappata.”
“Io non…”
“O vuoi farmi credere che prendersi in casa un
Mangiamorte, salvargli la vita, nasconderlo, è stata una decisione facile da
prendere? Smettila!”
“NON E’ STATO FACILE!” La giovane donna non avrebbe più
sopportato che lui la zittisse, nessuno lo faceva. “Io ho solo fatto quello che
il mio istinto mi ha detto di fare. Avrei dovuto lasciarti morire? Perché
saresti morto se ti avessi ignorato, quella notte!” disse la ragazza al limite
dell’esasperazione.
“Avresti dovuto denunciarmi, ne avresti avuto ogni
diritto, anzi, ogni dovere.” Le suggerì con una prepotenza assolutamente
inutile, al momento.
“Il perché del mio comportamento non ti riguarda,
Malfoy.”
“Già… ad ogni modo, come vedi non tutti fuggono davanti
alle difficoltà.”
“Adesso
basta compatirti perché ti senti un fallito!” Hermione sbuffò e si aggiustò i
capelli umidi che teneva raccolti con una pinza; i due rimasero in silenzio
mentre la pioggia picchiettava forte contro la carrozzeria. Lui sfilò un’altra
sigaretta dal pacchetto, ma questa volta la ragazza non protestò per il fumo, o
per l’acqua che entrava dalla fessura del finestrino leggermente abbassato.
Dopo qualche minuto ricominciò a parlare, più
calmo.
“Sono scappato da tutto, anche da
noi.”
Fu certa che il suo cuore perse qualche colpo, sentendolo
parlare di quello.
Sono
scappato anche da noi.
Non pensava che tirasse fuori quella storia. Non pensava
vi avesse mai dato davvero peso. Si voltò lentamente e vide che la stava
scrutando, da dietro il suo ciuffo.
…
“Cos’è questa cosa che ci è capitata,
Malfoy?”
“Sei pentita?”
“No. Tu?”
“È la prima cosa di cui non mi sia pentito in troppi
anni.”
“E adesso che
succederà?”
“Non lo so, Granger…”
…
Chiuse gli occhi. “Quella è stata una cosa strana… le
circostanze in cui noi ci siamo trovati, tutta la situazione in sé… è stata una
cosa inaspettata. Coinvolgente, certo, ma senza un futuro.” Cercava di restare
distaccata, ma era molto difficile.
“Avrai anche ragione, ma non dirmi che se ne fosse valsa
la pena, non avresti lottato. È nella tua indole, combattiva fino in fondo. Per
fortuna ho provveduto anche a quello, e ti ho risparmiato la fatica” disse con
sarcasmo, lanciando fuori il mozzicone di sigaretta.
Hermione prese un gran respiro, giusto per schiarirsi le
idee e ripetergli le conclusioni a cui era con fatica arrivata in
passato.
“Non saremmo arrivati a nulla, e avremmo dovuto risolvere
solo dei gran problemi. ENORMI.
Tu saresti sempre stato un Mangiamorte, un Malfoy, e io…” e fece una
piccola pausa, “la mezzosangue Granger.” E inspiegabilmente
sorrise.
“Come fai ad esserne
sicura?”
“Perché la gente può cambiare, ma certe convinzioni non
si sradicano mai totalmente. Prima o poi, avresti pensato di nuovo di essere
superiore a me, magari solo per un attimo, ma sarebbe bastato a farti sentire in
colpa. E anche io, prima o poi, avrei dubitato della tua indole e ti avrei
guardato come un assassino. E saremmo stati entrambi infelici.”
La ragazza si voltò a guardare fuori dal finestrino.
Doveva restare calma, impedire che troppe emozioni prendessero il sopravvento
sulla sua forza d’animo.
Ti avrei guardato come un
assassino.
“è quello
che sono, in fondo.” Disse improvvisamente Malfoy. “Anche in questo sono stato
debole, non ho avuto il coraggio di cercare la mia strada e ho lasciato che
altri lo facessero per me, senza preoccuparmi del fatto che forse non era ciò
che volevo, ma preoccupandomi solo di raggiungere le mie ottuse ambizioni.”
Hermione lo guardò seria, e scosse la testa. “Eri un
adolescente ossessionato dal desiderio di emergere. Hai fatto quello che tutti
si aspettavano da te, quello che ti è sempre stato insegnato come la cosa giusta
da fare…”
“Eravamo tutti
adolescenti.”
E poi nessuno dei due disse più nulla. Hermione guardò il
cruscotto dell’auto, erano le sei passate, la
aspettavano.
“Devi andare, non ti trattengo più.” Le disse, e fece per
scendere. Fuori, la pioggia stava rallentando, quella parentesi si sarebbe
presto richiusa.
Aveva già poggiato un piede sul marciapiede quando
improvvisamente si fermò, richiuse la portiera dell’auto e si avventò sulle
labbra della ragazza. Lei non se lo aspettava minimamente e d’istinto si staccò
da quel bacio con gli occhi sgranati.
“Scusa, non…” ma non fece in tempo a finire la frase.
Un indice tremante era andato a poggiarsi sulle labbra
del ragazzo. Poi, la mano cominciò a sfiorargli la guancia e negli occhi stanchi
ricomparve quel guizzo d’argento vivo che sembrava essersi spento per sempre.
Lentamente, forse troppo, Hermione strinse la presa sulla
sua nuca e gli si avvicinò. Sempre di più, finché le punte dei loro nasi si
sfiorarono leggermente, come altrettanto leggermente si sfiorarono le loro
labbra. E poi chiuse gli occhi, e di nuovo tutte quelle sensazioni che credeva
dimenticate a riportarla indietro di quattro anni, quando le loro vite erano
così diverse, quando questa persona, questo sapore, era l’unica cosa che non la
faceva affondare.
Dopo un periodo di tempo imprecisato, ma prima che fosse
troppo tardi, Malfoy si allontanò dalla ragazza, e i due sguardi tornarono a
incrociarsi, a fissarsi vicini, vicinissimi, come una
volta.
“Eri morto…” disse poi lei, piano, appoggiando la fronte
alla sua.
“Forse sarebbe stato meglio. E comunque, non fa molta
differenza.”
Ci fu una breve pausa. Un attimo che sembrò un’eternità
in cui lei scoprì di nuovo quanto potessero essere taglienti, quegli occhi
grigi. Grigi come due lame affilate.
“Te ne stai per andare, vero?” Domanda retorica.
“Addio.”
Detto questo aprì la portiera, ed Hermione lo guardò
allontanarsi a mani in tasca dalla macchina, e dalla sua
vita.
Cosa sarebbe successo se lui non fosse scappato di nuovo?
Cosa sarebbe successo se si fossero rivisti ancora? Non voleva neanche pensarci,
era passato troppo tempo ed erano successe troppe cose. Ad ogni modo, era
inutile tormentarsi con simili questioni, perché se ne era andato.
Spuntò un raggio di sole.
Anche questo temporale, improvviso come era arrivato, si
stava allontanando e lei sarebbe ritornata alla realtà, quella vera.
Quella realtà che aveva due taglienti occhi
castani, liscissimi capelli biondi e che la chiamava mamma. Ma che soprattutto,
aveva il sorrisetto più impertinente che Hermione avesse mai visto su di una
bambina di poco più di tre anni.
Forse non era vero che non aveva concluso mai nulla in
tutta la sua vita, Malfoy. Forse l’aveva salvata.
Ma questo, lui non poteva
saperlo.
FINE
***
Vi prego non sparatemi, l’ho scritta parecchissimo tempo fa e mi sono decisa solo ora a pubblicarla… io per prima non so che dirne.
L’accenno a una piccola Malfoy vi disgusta? Non convince particolarmente neanche me, un po’ banale e melenso, ma che dire a mia discolpa… ho provato a proiettare un piccolo spiraglio di luce sulla storia, come per dire che dopotutto quello che è successo non è stato tutto inutile e non andrà mai perso.
Che altro, dite la vostra (ma come si chiamano la ship D/Hr e i loro fan? Boh, ditemelo se recensite!)